La Voce 68 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - luglio 2021

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La mancata rivoluzione socialista in Italia dopo il 25 aprile 1945

Imparare dall’esperienza, ricavarne insegnamenti per l’oggi

Usciti da un’esperienza come la lotta di Liberazione, abbiamo visto tutto rosso, tutte le bandiere, tutte le sezioni, tutto andava bene così, il padrone era con noi, ci faceva concessioni! Una villa così, è nostra! Il teatro Regio, se ci fosse stato, era nostro anche quello! Però non siamo stati capaci di mantenere queste cose, non le abbiamo ipotecate bene. Abbiamo pensato: tanto fra sei mesi o un anno ci saranno le elezioni e saremo al potere. E lì ci siamo caduti, come dei pesci. Oh! - dicevamo - il mondo è nostro. E invece, con queste loro concessioni, gli avversari hanno preso fiato, hanno permesso ai loro alleati di mescolarsi fra noi e noi non siamo stati capaci di isolarli” (da Il Lingotto. Storia di un quartiere operaio - Torino 1922-1973, Giorgina Levi, Gruppo Editoriale Piemontese 1975).

1. Introduzione

Nel nostro paese, dopo il 25 aprile 1945 la Resistenza non si è trasformata nel rivoluzionamento generale della società italiana che avrebbe fatto dell’Italia un paese socialista.(1) Questa trasformazione non è avvenuta. Perché? La Carovana del (n)PCI tira un bilancio diverso dai partiti e organismi che si dicono comunisti, secondo i quali il PCI non poteva fare diversamente da quello che ha fatto.

Il PCI non riuscì a fare la rivoluzione socialista per limiti del suo gruppo dirigente e non

- per la forza della borghesia imperialista italiana,

- per la forza del clero,(2)

- perché gli angloamericani erano in grado di impedire militarmente la trasformazione:(3) è la tesi ad esempio di Marco Rizzo e che serpeggia anche negli ambienti di Patria Socialista ed è una delle concezioni che aprono la via all’attendismo e al disfattismo,

- perché i Partigiani in armi non volevano più combattere e nessuno voleva arruolarsi.


1. Non è avvenuto neanche in Francia nel 1945-1947 né prima con il governo del Fronte Popolare (1936-1937), né in Spagna (1936-1939) con il governo del Fronte Popolare.


2. La Corte Pontificia aveva addirittura considerato l’eventualità di dover sgomberare da Roma e dall’Italia.


3. “In realtà ogni misura del complesso militare-industriale USA che ritardava il “ritorno a casa” dei soldati incontrava grande opposizione tra i soldati americani stessi e negli USA, dove il movimento comunista e il prestigio dell’URSS allora erano molto forti. In effetti i soldati angloamericani incominciarono a sgomberare prima ancora della firma del trattato di pace (Parigi, 10 febbraio 1947) e gli ultimi lasciarono il suolo italiano il 14 dicembre 1947” (La Voce 67, pag. 58).


Il gruppo dirigente della Resistenza, del quale il PCI era il centro imprescindibile, lo Stato Maggiore, non prese (nei modi adeguati alla situazione, giocando sulle condizioni concrete) le misure politiche, finanziarie, economiche e sociali adeguate alla trasformazione generale del paese. Per misure politiche intendo quelle relative alla composizione e all’attività delle istituzioni apicali dello Stato e della Pubblica Amministrazione. Per misure finanziarie intendo la presa di possesso delle riserve auree e il cambio della moneta. Per misure economiche intendo la direzione delle aziende. Per misure sociali intendo la mobilitazione e l’organizzazione di massa adeguate alla trasformazione generale del paese. In ultimo, ma non per importanza, non epurò le regie forze armate (esercito, marina, aviazione) e le regie forze dell’ordine (polizia politica, polizia con commissariati e questure, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria), fece deporre le armi ai Partigiani e li indusse a ritornare al lavoro di prima.

Perché il primo PCI non prese le misure necessarie per fare la rivoluzione socialista? Nel gruppo del PCI

- alcuni (Palmiro Togliatti & C.) erano convinti che non era possibile fare in Italia il socialismo, che essi concepivano come sistema di relazioni sociali e politiche eguale a quello sovietico. In realtà questo era avanzato per la Russia ma non adatto all’Italia che aveva una storia ben diversa da quella russa. Lenin lo aveva chiaramente detto che loro russi non pensavano di potersi mettere alla testa della rivoluzione proletaria mondiale: avevano preso il potere perché erano in condizione di poterlo prendere e lo tenevano in mano a ogni costo perché la loro resistenza vittoriosa avrebbe aperto la strada alle masse popolari dei paesi più avanzati della Russia.(4) La Russia era un paese dove lo sviluppo delle forze produttive restava arretrato rispetto a quello già compiuto dai capitalisti dei paesi più avanzati e si prestava quindi alla formazione di una nuova borghesia che avrebbe persino potuto prendere il sopravvento nel movimento comunista cosciente e organizzato e puntare verso il capitalismo: come di fatto avvenne con il XX Congresso del 1956;

- alcuni (Giorgio Amendola è il rappresentante esemplare, a cui si aggiunsero Franco Rodano e tutta una schiera di neocomunisti come Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano e affini) più che comunisti erano antifascisti arruolati nelle file del PCI perché era l’unica formazione politica fermamente antifascista quanto a concezione e coerentemente, efficacemente e sistematicamente antifascista nella pratica: essi non avevano mai concepito né concepivano una società senza proprietà privata, senza clero e senza padroni;

- altri (Pietro Secchia & C.) volevano ed erano disposti a combattere per un mondo senza padroni e di libertà e progresso per i lavoratori, ma non avevano mai pensato abbastanza a fondo a come ci si arrivava;(5)

- altri ancora erano diventati dirigenti della Resistenza sulla spinta dell’odio di classe e delle personali capacità di impegnarsi e lottare, ma erano lungi dall’aver assimilato la concezione comunista del mondo al punto da essere in grado di prendere la direzione del PCI. Bisogna ricordare che dopo l’arresto di Gramsci nel 1926 il PCI aveva cessato di essere un partito nell’ambito del quale si elaborava la strategia e la tattica della rivoluzione socialista in Italia ed era rimasto un partito “eroicamente” attestato sulla difensiva come era già dalla sua fondazione sotto la direzione di Amadeo Bordiga ma ligio ora all’Internazionale Comunista come invece Amadeo Bordiga non era stato.


4. Lenin, L’estremismo, malattia infantile del comunismo, in La Voce 57 del (n)PCI, pag. 42: “(…) Sarebbe altresì un errore trascurare il fatto che, subito dopo la vittoria della rivoluzione proletaria almeno in uno dei paesi progrediti, avverrà verosimilmente una brusca svolta, cioè la Russia cesserà di essere il paese modello e sarà di nuovo un paese arretrato (dal punto di vista “sovietico” e socialista)”.


5. Vedi Pietro Secchia e due importanti lezioni, La Voce 26 del (n)PCI.


In sostanza le masse popolari si trovarono in armi ma senza un gruppo dirigente adeguato a dirigerle ad avanzare verso l’instaurazione del socialismo. Né potevano dirigersi da sole perché il senso comune delle masse popolari era quello formato 1. dalla loro storia di obbedienza, di resistenza elementare ai padroni e di esplosioni cieche ed effimere che finivano nella repressione, 2. dall’influenza intellettuale e morale dei padroni e dei preti, 3. dal messaggio di un mondo libero e civile, di eguaglianza ed emancipazione degli oppressi (lavoratori, donne, giovani, popoli, minoranze, ecc.) che il movimento comunista nazionale e internazionale mandava loro.

2. 1945. La storia del quartiere Lingotto di Torino

La storia della Liberazione degli stabilimenti FIAT e della città di Torino è esemplificativa del ruolo assunto dal PCI con la lotta partigiana, delle potenzialità che si erano venute a creare perché il PCI instaurasse il socialismo in Italia e dei limiti che l’hanno portato alla sconfitta. La storia della Resistenza della classe operaia a Torino sotto la direzione del PCI mostra lo spirito d’iniziativa e la forza delle organizzazioni di massa dirette dal PCI, il ruolo dei CLN aziendali che si occupavano delle aziende e uscivano dalle aziende per occuparsi della vita cittadina, mostra come in quella fase la forza della classe operaia organizzata era prevalente su quella della borghesia imperialista italiana. Ma il PCI non aveva una strategia adeguata per instaurare il socialismo, anzi aveva fiducia nelle elezioni borghesi e riduceva così il ruolo che aveva assunto di Stato Maggiore della classe operaia al ruolo di partito più a sinistra tra quelli dello schieramento borghese.(6)

Ma andiamo con ordine...

Il 30 aprile 1945 l’edizione straordinaria del periodico La Mirafiori (7) usciva con un articolo intitolato “Vittoria!” e che diceva “(…) Il coraggio, lo spirito d’abnegazione, la tenacia dimostrati dai Partigiani in un anno e mezzo di resistenza eroica, hanno avuto riscontro nell'azione del proletariato industriale. L’occupazione della Mirafiori è partita con un armamento iniziale di tre moschetti (di cui uno faceva cilecca), quello del Lingotto con tre rivoltelle! Questi episodi, narrati ai nostri figli, avranno un giorno sapore di leggenda eroica. La Mirafiori, nella notte tra il 26 e il 27 [aprile 1945, ndr], ha resistito a tre assalti nemici, mettendo fuori uso un carro armato. Il tricolore nazionale e la bandiera rossa della libertà sventolano vittoriose alla Mirafiori, al Lingotto, alla RIV, alla Microtecnica, alla Ricambi, sulle aziende minori!

Compagni! Italiani della città e della campagna! La gioia e l’entusiasmo di oggi non devono far dimenticare i compiti immediati e futuri. Non si dia tregua al nemico fino a che tutta l’Italia non sia libera! Fino a che non potremo iniziare la grande opera di ricostruzione. L’unione fraterna di tutti gli Italiani, come ci ha condotti alla liberazione, ci farà vincere la difficoltà immane della riedificazione della Patria, distrutta dal fascismo e che risorgerà libera e democratica, più degna e più bella. Il compito è grande, ma l’unità popolare vincerà anche questa nuova impresa”.


6. A tal proposito vedi La Voce 67, Le due linee nel PCI tra il 1943 e il 1947.


7. Si tratta di un giornalino degli operai della FIAT di Torino e militanti del PCI dell’epoca.


Dopo la Liberazione a Torino, come in molte altre città italiane, nacquero o risorsero circoli ricreativi operai che portavano avanti la tradizione popolare e democratica dei vecchi circoli dei lavoratori distrutti dal fascismo o assorbiti dall'organizzazione Dopolavoro fascista fondata nel 1926. Nel quartiere Lingotto il problema della creazione della Casa del Popolo fu posto e discusso immediatamente tra i comunisti, i socialisti e i partigiani della locale sezione del CLN. Una commissione esaminò le possibilità che offriva il quartiere, in cui le bombe avevano seminato vaste distruzioni, per scegliere la Villa Robilant. I terreni che i conti Niccolis di Robilant avevano posseduto al Lingotto si estendevano per una vasta area agricola del quartiere operaio. La villa era stata molto danneggiata dai bombardamenti: un'ala era sfondata, il tetto sconquassato e l'interno colmo di macerie. Gli operai partigiani la occuparono e la FIAT, in considerazione del momento politico, non poteva opporsi all’occupazione.(8) Né avrebbe potuto agire diversamente, in quanto dopo la Liberazione l’amministrazione del patrimonio FIAT era stato affidato a una nuova struttura aziendale, la Direzione Servizi Sociali,(9) a capo della quale il CLN aveva nominato uno dei più popolari e valorosi operai torinesi, il comunista Battista Santhià. Ciò rispondeva all’esigenza dei lavoratori di sostituire la vecchia direzione dell'azienda con strutture democratiche e organi dirigenti e decisionali eletti direttamente da essi stessi.


8. Nel novembre del 1944 Valletta (amministratore delegato FIAT dal 1939 e già dal 1928 direttore generale) fu denunciato dal CLN per collaborazionismo con il regime fascista. Il 23 marzo 1945 la Commissione provinciale di epurazione del CLN lo deferiva alla Commissione di Giustizia e lo estrometteva dalla FIAT.


9. Dalla “svolta di Salerno” (1944) la linea del PCI diretto da Togliatti è di rendere i CLN organi della collaborazione strategica (a tempo indeterminato) delle masse popolari con quella parte della borghesia e del clero che, vista la mala parata della guerra, hanno rotto con il nazifascismo che avevano coltivato fino al giorno prima e si sono schierati con gli angloamericani. Il PCI propone e costituisce i Consigli di Gestione come organi della collaborazione degli operai con quei capitalisti che accettano di collaborare con gli angloamericani. Ma questa linea venne applicata in modo tale che sfociò nella situazione del 1947: estromissione di PCI e PSI dal governo De Gasperi, conferma degli alti funzionari fascisti nell’apparato militare e civile dello Stato (prefetti e questori compresi), estromissione e inizio della persecuzione dei Partigiani.


Nel 1945 i dirigenti del nascente Circolo furono i responsabili del “Comitato di agitazione” della FIAT Mirafiori, costituitosi durante la Resistenza. Il complesso del Circolo (che copriva un’area di novemila metri quadrati) ospitava tutte le organizzazioni democratiche della zona: la sezione dell’ANPI, i circoli dell’Unione delle Donne Italiane (UDI), del Fronte della Gioventù, dei Pionieri, le organizzazioni cooperative, le associazioni d'arma degli ex internati, dei pensionati, degli inquilini, degli operai del PSIUP e del PCI. Oltre che dei lavoratori della FIAT, le sale furono lasciate a disposizione anche dei lavoratori delle altre fabbriche della zona per riunioni sindacali e politiche. Di fatto il Circolo Robilant era diventata sede delle nuove autorità pubbliche delle masse popolari della città.

Ma la coabitazione di partiti e associazioni di massa fu fin da subito motivo di scontro tra organizzazioni: mancava lo Stato Maggiore o meglio, il PCI di fatto agiva e si comportava come una delle organizzazioni che riempivano lo spazio di attività, mancava di autonomia ideologica e di linea per perseguire la strada della rivoluzione socialista. Emblematiche le parole di Marco Liboi (militante del PCI di Torino di quegli anni): “Usciti da un'esperienza come la lotta di Liberazione, abbiamo visto tutto rosso, tutte le bandiere, tutte le sezioni, tutto andava bene così, il padrone era con noi, ci faceva concessioni! Una villa così, è nostra! Il teatro Regio, se ci fosse stato, era nostro anche quello! Però non siamo stati capaci di mantenere queste cose, non le abbiamo ipotecate bene. Abbiamo pensato: tanto fra sei mesi o un anno ci saranno le elezioni e saremo al potere. E lì ci siamo caduti, come dei pesci. Oh! - dicevamo – il mondo è nostro. E invece, attraverso queste loro concessioni, gli avversari hanno preso fiato, hanno permesso ai loro alleati di mescolarsi fra noi e noi non siamo stati capaci di isolarli”.(10)

L’estromissione dal governo del PCI e del PSI nel 1947, i risultati delle elezioni politiche del 18 aprile 1948,(11) l’attentato a Togliatti (14 luglio 1948), la scissione sindacale (1948) e sul piano internazionale il Patto Atlantico (1949), furono contemporaneamente causa ed effetto della ripresa di un violento anticomunismo, dell’esacerbarsi della repressione nelle fabbriche, della violazione dei principi di libertà sanciti dalla stessa Costituzione: tutti indirizzi nefasti di cui l’ispiratore più noto fu Mario Scelba (dal febbraio 1947 Ministro degli Interni dell’allora governo De Gasperi).


10. Il Lingotto. Storia di un quartiere operaio - Torino 1922-1973, op. cit., pag. 62.


11. L’esito del voto fu il seguente: la Democrazia Cristiana prese il 48,51% (pari a 12 milioni e 700 mila voti), il Fronte Democratico Popolare (alleanza PCI-PSI) prese il 30,98% dei voti (pari a 8 milioni e 136 mila voti).


Naturalmente i sommovimenti nazionali ebbero ricadute sulla lotta di classe alla FIAT e a Torino: tra il 1948 e il 1952 (12) negli stabilimenti FIAT e nel Circolo Robilant emergevano le due linee dell'intervento disgregatore della FIAT. Una era di carattere apparentemente finanziario e si esprimeva, per esempio, con le richieste di pagamento dell'affitto e del rimborso delle spese. L’altra linea consisteva nel ricercare tutti i pretesti più cavillosi per paralizzare il Circolo. Sabato 29 dicembre 1951 Valletta convoca Battista Santhià per comunicargli il licenziamento poiché la sua posizione nell'azienda è incompatibile con il ruolo di dirigente nazionale del PCI: era la rottura definitiva dei rapporti tra i capitalisti e la Resistenza. Lo stesso Battista Santhià dirà: “La FIAT non voleva nel modo più assoluto le sedi del Partito nei suoi locali, perché non voleva il Partito nella fabbrica, come era stato subito dopo la Liberazione”. Lo stesso avvenne con il Circolo “Bravin” della zona di Mirafiori, scacciato dai locali che prima erano stati di un circolo fascista, e ora sono occupati dal Commissariato della Polizia. Come principio, la FIAT prima parte per togliere tutte le sedi nella fabbrica, si batte e lentamente riesce. Poi si rivolge contro il “Bravin” e contro il “Robilant”.(13)


12. Valletta riprende la direzione della FIAT già dal 1946.


13. Il Lingotto. Storia di un quartiere operaio - Torino 1922-1973, op. cit., pag. 70.


Quando la FIAT portò a fondo l’attacco alle commissioni interne, liquidò definitivamente anche il loro Circolo Robilant fino a demolirlo.

La storia del Circolo Robilant è emblematico della lotta di classe e delle due concezioni antitetiche: dall’anno in cui l’avevano acquistata fino alla Liberazione, i padroni della FIAT avevano lasciato la villa inutilizzata, abbandonata. Quando nel 1945 vi fecero il loro ingresso i partigiani, gli operai, tutta la popolazione lavoratrice del Lingotto, essa si trasformò in centro delle nuove autorità pubbliche del proletariato cittadino e testimoniava la potenzialità della classe operaia. Appena gli operai uscirono dal palazzo, il padrone ridusse tutto in macerie.

3. Conclusioni

Per comprendere i limiti del PCI bisogna ripercorrere la sua storia fin dalle sue origini. Antonio Gramsci nel 1923, nel suo scritto Che fare?,(14) a proposito della fallita instaurazione del socialismo durante il Biennio Rosso (1919-1920) dice che quello che è necessario fare, per riprendere il cammino, è una spietata autocritica della debolezza del PCI per comprendere i motivi della sconfitta. E la principale ragione della “debolezza dal punto di vista rivoluzionario dei partiti proletari italiani”, secondo Gramsci, sta nel non aver avuto una concezione del mondo autonoma da quella borghese e clericale, nel non averla diffusa tra i suoi militanti e conseguentemente non averla resa guida per l’azione dei comunisti.


14. Il testo è pubblicato integralmente a pag. 58 di questo numero della rivista ed è reperibile anche sul sito del (nuovo)PCI al link http://www.nuovopci.it/classic/gramsci/letaredvocegiov.html.


Il partito comunista e il conseguente movimento comunista cosciente e organizzato si formano (devono formarsi) sulla base di questo bilancio. È un’illusione oggi pensare che partito comunista e movimento comunista cosciente e organizzato acquistino nuovamente prestigio e seguito tra le masse popolari italiane se i loro promotori e via via i loro membri non danno prova, e quindi le masse popolari non si rendono conto per loro esperienza, che i comunisti hanno superato i limiti che li portarono a sprecare prestigio e seguito e la grande dedizione con cui le masse popolari nel periodo 1945-1975 erano disposte a lottare.

Questa opera è possibile e necessaria, ma richiede dedizione e lotta da parte dei comunisti!

Achille P.