La Voce 68 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - luglio 2021

Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

La lotta di classe in Cina e la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti

Il ruolo della RPC nel sistema delle relazioni internazionali e il ruolo del PCC nel movimento comunista internazionale

La celebrazione del centenario della fondazione (Shanghai 1° luglio 1921) del Partito Comunista Cinese è stata l’occasione perché il ruolo del PCC nel movimento comunista internazionale e della Repubblica Popolare Cinese nel sistema delle relazioni internazionali divenissero anche in Italia oggetto dell’attenzione di molti partiti e organismi che si dicono comunisti.

La RPC è stata fondata dal PCC nel 1949 e si estende su un paese con 9.6 milioni di kmq di superficie e 1.4 miliardi di abitanti. Da circa vent’anni è al centro non solo degli interessi e delle attività economiche, politiche e militari della Comunità Internazionale (CI) dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti, ma anche, in ogni paese imperialista, del loro sistema di controrivoluzione preventiva, di diversione delle masse popolari dalla lotta di classe e di mobilitazione reazionaria. Questo sistema presenta alle masse popolari dei paesi imperialisti la RPC come una minaccia economica e militare. La denigrazione della RPC ha ampio spazio in tutti i mezzi di comunicazione borghesi, dalla destra fino alla sinistra: l’articolo di Raimondo Bultrini su il manifesto del 9 luglio (Guarda al mondo il “ringiovanimento” di Xi Jinping) e quello di Roberta Zunini su il Fatto Quotidiano del 2 luglio (Guai a chi sfida il Dragone. La grande muraglia di Zio Xi) sono casi esemplari per l’Italia. La CI appoggia e promuove in modo sempre più spregiudicato i gruppi di opposizione e persino gruppi terroristici operanti nella RPC.

A noi comunisti l’attività del PCC e la natura e l’attività della RPC interessano principalmente per il ruolo che hanno ai fini della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti e quindi anche della rivoluzione socialista che promuoviamo in Italia.

La RPC è il più importante tra i paesi socialisti creati nel corso della prima ondata mondiale di rivoluzioni proletarie (1917-1976) che non sono stati travolti dalla dissoluzione del campo socialista (1989-1991) quando l’Unione Sovietica e le democrazie popolari dell’Europa Orientale passarono dalla seconda alla terza delle fasi indicate nel nostro Manifesto Programma (cap. 1.7.3). Tutti quelli che trattano della RPC considerandolo oggi un paese imperialista o antimperialista non tengono conto di questo dato di fatto discriminante.(1) Il potere nella RPC è nelle mani del PCC, erede del PCC che, capeggiato da Mao, ha diretto e portato alla vittoria nel 1949 la rivoluzione di nuova democrazia e ha diretto la RPC fino al 1976 con il proposito di costruire il socialismo. Nel periodo 1976-1981 il PCC ha cambiato direzione e linea. La Risoluzione su alcune questioni della storia del nostro partito, adottata il 27 giugno 1981 dall’Assemblea Plenaria del CC eletto dall’XI congresso del PCC (agosto 1977), ha sanzionato la svolta e la descrive.

Essa in sintesi comporta

1. l’apertura al passaggio dalla dittatura del proletariato allo Stato di tutto il popolo,(2)

2. l’attenuazione della gestione pianificata dell’economia a favore dell’introduzione di relazioni mercantili tra le aziende pubbliche e della libertà di iniziativa economica (come produttori autonomi di merci e come capitalisti) dei cittadini cinesi,

3. la maggiore apertura, sotto controllo del governo della RPC, del territorio del paese alle attività di aziende dei capitalisti stranieri,

4. l’abbandono del tentativo compiuto dal PCC capeggiato da Mao di far assumere alla RPC il ruolo di “base rossa” mondiale del movimento comunista, ruolo che il PCUS capeggiato da Krusciov aveva fatto abbandonare all’URSS con la svolta decisa al XX Congresso del PCUS (1956). Il nuovo corso, che nel PCC è attualmente indicato come la riforma, seguita all’abbandono della Rivoluzione Culturale (1966-1976),(3) ha dato luogo anche a un tentativo di passaggio dalla seconda alla terza fase (MP cap. 1.7.3). Il tentativo venne stroncato con la repressione della dimostrazione controrivoluzionaria in piazza Tienanmen (15 aprile-4 giugno 1989) e la designazione a capo del CC del PCC e del governo della RPC di Jiang Zemin al posto di Zhao Ziyang (designato solo due anni prima dal XIII Congresso del PCC tenuto nel 1987). L’insediamento di Jiang Zemin verrà confermato dal XIV Congresso del PCC (1992). Da allora le cose nella RPC sono procedute con relativa stabilità nonostante scontri tra le varie tendenze nel PCC e già all’inizio del XXI secolo la RPC era diventata una delle grandi potenze economiche mondiali. Il suo ruolo internazionale in campo economico, commerciale, scientifico, tecnologico, politico e militare è da allora cresciuto con continuità.


1. Contro l’idea che un paese socialista potesse diventare di colpo un paese capitalista (o socialimperialista) perché i revisionisti moderni avevano preso il sopravvento nel partito comunista, leggere La restaurazione del modo di produzione capitalista in Unione Sovietica in Rapporti Sociali 8 (novembre 1990).


2. Chiamiamo dittatura del proletariato il potere nelle mani delle masse popolari aggregate nel movimento comunista cosciente e organizzato capeggiato dal partito comunista. Con “Stato di tutto il popolo” i revisionisti moderni indicano l’accesso al potere degli esponenti della varie classi presenti nel paese: in realtà in un paese capitalista il potere è dittatura della borghesia.


3. In proposito vedere Cronologia della costruzione del socialismo in Cina - La Rivoluzione culturale proletaria (1966-1976) in Opere di Mao Tse-tung vol. 23 pagg. 16-22. Della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria del popolo cinese si occupano molti testi dei volumi 23, 24 e 25.


Oggi la RPC è diventata una potenza economica mondiale seconda solo agli USA e in alcuni campi addirittura li ha già sorpassati. La gestione della pandemia da coronavirus Covid-19 ha mostrato la grande superiorità del sistema sociale della RPC rispetto a quello degli USA e degli altri paesi imperialisti sia nella gestione interna sia nel sistema delle relazioni internazionali. Per questo la borghesia imperialista mondiale la indica alle masse popolari dei rispettivi paesi come il nemico: la causa di tutti i mali dei quali le masse popolari dei paesi imperialisti sono sempre più indignate e insofferenti.

Opporsi alla denigrazione della RPC e del PCC è un aspetto della nostra lotta contro il sistema di intossicazione e confusione delle menti e dei cuori delle masse popolari del nostro paese. A questo scopo dobbiamo far leva sia sulle smentite che di caso in caso siamo in grado di far valere sia sull’inaffidabilità e il carattere volutamente menzognero del sistema di informazione della classe dominante: non di informazione si tratta ma di intossicazione e di diversione dalla lotta di classe. Il sistema imperialista mondiale ha eretto la RPC a suo nemico, a giustificazione del catastrofico corso delle cose che esso impone al mondo.

Quanto al ruolo reale della RPC e del PCC (forte oggi di circa 92 milioni di membri, circa il 6.6% della popolazione: una percentuale dello stesso livello di quella del PCI negli anni della sua massima estensione, nonostante che nella RPC ci sia una selezione rigorosa e più dell’80% delle domande di adesione non siano accettate), è di esso che dobbiamo occuparci ai fini della nostra opera in Italia e nel mondo.

Il cambio di indirizzo intrapreso con la riforma successiva alla morte di Mao e all’arresto delle “banda dei quattro” nel 1976, fu simile a quello fatto in URSS nel 1956, tre anni dopo la morte di Stalin. Perché il corso delle cose che ne venne in URSS portò in 35 anni alla decadenza economica, politica e culturale dell’URSS che sfociò nella sua dissoluzione nel 1991, mentre il corso che ne venne nella RPC ha portato nei circa 45 anni trascorsi (1976-2021) la RPC a far tesoro dei grandi progressi economici e culturali compiuti a favore della nazione multietnica cinese nel periodo (1949-1976) della direzione di Mao e, fino ai primi anni ’60, dell’aiuto sovietico e arrivare al vertice del sistema economico mondiale, cosa che ne ha fatto il bersaglio contro il quale oggi i gruppi imperialisti cercano di mobilitare le masse popolari dei rispettivi paesi?

Per comprendere la storia della rivoluzione promossa dal PCC in Cina e il ruolo attuale del PCC e della RPC bisogna tener conto che l’impero zarista era l’anello debole, ma pur sempre un anello della catena imperialista mondiale, la Cina era una semicolonia. Per la borghesia imperialista mondiale (e anche secondo le analisi e speranze dei bolscevichi di Lenin) la vittoria dell’Ottobre 1917 in Russia e la costruzione del socialismo in URSS erano il primo atto della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti stessi. Quindi i gruppi imperialisti, compresa la borghesia russa, si posero l’obiettivo di soffocare sul nascere, ad ogni costo, la rivoluzione socialista vittoriosa in Russia come avevano fatto con la Comune di Parigi del 1871. Al governo sovietico che proponeva coesistenza pacifica tra paesi a sistemi sociali diversi e sollecitava investimenti stranieri (nell’ambito della nuova politica economica - NEP - del 1921), i gruppi e Stati imperialisti (compreso il Vaticano che allora creò il Russicum)(4) risposero con l’aggressione e creando e foraggiando in URSS reti di sabotatori, assassini di dirigenti e spie. Solo grazie alla linea ispirata dal materialismo dialettico seguita dal PCUS capeggiato da Stalin l’URSS riuscì a costruire in solo 20 anni (1921-1941) da un paese devastato dalla guerra mondiale e dalla guerra civile, un paese economicamente molto sviluppato. Nello stesso tempo l’URSS svolse il ruolo di “base rossa” mondiale del movimento comunista che sollevò nel mondo un’ondata di rivoluzioni, di cui anche la costituzione nel 1949 della RPC fu uno dei risultati, e riuscì, facendo leva sull’Internazionale Comunista, a impedire che i paesi dominati dai nazifascisti, i paesi imperialisti “democratici”, il Vaticano, ecc. si combinassero per aggredire congiuntamente l’URSS. Dopo la vittoria dell’URSS nel 1945, vennero

1. la dimostrazione di incapacità rivoluzionaria dei partiti comunisti dei paesi imperialisti (clamorosi i casi della Francia e dell’Italia) che si lasciarono estromettere dal governo dei rispettivi paesi;

2. la guerra fredda contro l’URSS dei gruppi e paesi imperialisti che dopo il 1945 non erano in grado di lanciare una nuova guerra;

3. la riduzione da parte dei partiti comunisti dei paesi imperialisti dei loro obiettivi a rivendicazioni di civiltà e di benessere alle quali la borghesia imperialista rispose combinando concessioni (che la fine della prima crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale rendeva possibili) e repressione;

4. lo sviluppo delle rivoluzioni di nuova democrazia nei paesi coloniali e semicoloniali;

5. lo sbandamento causato dai limiti del movimento comunista internazionale nella comprensione del corso delle cose. Uno degli effetti di questo sbandamento fu la divisione nel gruppo dirigente del PCUS esplosa dopo la morte improvvisa di Stalin (1953) in una lotta conclusa con il prevalere dell’ala destra che impose la svolta sanzionata dal XX Congresso (1956).


4. Su proposta del gesuita francese Michel D’Herbigny, nel 1929 Pio XI istituì a Roma il Pontificio Collegium Russicum, tuttora diretto dai gesuiti. Compito del Russicum era progettare e dirigere l’attività del Vaticano contro il movimento comunista e, in particolare, istruire spie e agenti da infiltrare in Unione Sovietica. Primo rettore fu il gesuita slovacco Vendeln Javorka.


In URSS la sostituzione della coesistenza pacifica tra paesi a sistemi sociali diversi con la competizione economica e politica tra l’URSS e i paesi imperialisti, l’attenuazione della pianificazione economica a favore di rapporti commerciali tra aziende che tuttavia erano e restavano proprietà pubblica e le altre riforme politiche ed economiche proprie della svolta imposta dalla destra con il XX congresso portarono

1. al crescente distacco tra masse popolari e dirigenti con la connessa trasformazione del PCUS al potere in un aggregato di gruppi d’interesse e di clientele,

2. alla crescente corruzione finanziaria e morale dei dirigenti,

3. al crescente predominio negli scambi commerciali dei gruppi imperialisti galvanizzati dalla fine (grazie alle due guerre mondiali e all’ondata mondiale di rivoluzioni) della prima crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale,

4. alla crescente influenza intellettuale e morale della borghesia imperialista nei paesi socialisti,

5. al caos e alla decadenza economica.

La grande differenza della RPC rispetto all’URSS fu che

1. quando alla metà degli anni ’70 la destra capeggiata da Teng Hsiao-ping (5) impose la svolta, la rivoluzione promossa dal PCC aveva già per più di mezzo secolo mostrato che il socialismo rendeva possibile la rinascita della Cina e la rinascita della Cina fu la piattaforma su cui la destra del PCC impose il suo potere;

2. i gruppi imperialisti erano in preda ai primi morsi della nuova crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale e alla ricerca di terreni di investimenti industriali e finanziari;

3. gli ultimi sussulti della prima ondata della rivoluzione proletaria mantenevano vivo il contrasto politico e militare della CI con l’Unione Sovietica per il predominio nei paesi ex coloniali. La mobilitazione della borghesia nazionale cinese e le difficoltà dei gruppi imperialisti stranieri (USA ed europei) favorirono quindi la via patrocinata dalla destra del PCC: riduzione della proprietà pubblica, zone economiche speciali, investimenti industriali e finanziari dall’estero e apertura alla proprietà privata, allo sviluppo capitalista e ai rapporti mercantili. La decadenza dell’URSS diede forza alla destra del PCC nel perseguire questa via, ma diede forza anche alla sinistra del PCC favorevole a una forte direzione pubblica (dello Stato centrale e degli organismi dirigenti delle regioni, delle zone e dei distretti) sullo sviluppo economico e alla salvaguardia della natura e del ruolo del PCC. Il punto al quale è arrivata la RPC oggi è frutto della combinazione e dei contrasti tra le due vie e due linee. La borghesia nazionale cinese si è rafforzata e punta sullo sviluppo economico all’estero (Belt and Road Initiative (2013), Banca Internazionale per lo Sviluppo (2014), ecc.) che le offre grandi possibilità. Ma qui si scontra sempre più con la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, USA e sionisti.


5. In proposito vedere Criticare Teng Hsiao-ping e respingere il vento deviazionista di destra (26 giugno 1976) in Opere di Mao Tse-tung vol. 25. La sintesi della valutazione che Mao dava di Teng era che “non capiva la lotta tra le classi”.


Il discorso pronunciato da Xi Jinping il 1° luglio 2021, così come il Rapporto dallo stesso presentato al XIX congresso del PCC (2017), illustra chiaramente la strada che oggi il PCC vorrebbe seguire e propugna buoni propositi di pace, convivenza pacifica, mutuo vantaggio, salvaguardia dell’ambiente, ecc. Ma non dice come farà fronte alla mobilitazione reazionaria che i gruppi imperialisti promuovono per fra fronte alla crisi per sovrapproduzione di capitale e al malessere economico e spirituale, al malcontento, all’insofferenza, alla disobbedienza e alla ribellione crescenti delle masse popolari dei rispettivi paesi. Il motivo conduttore del discorso di Xi Jinping non è il socialismo in Cina e nel mondo, ma la rinascita della nazione multietnica cinese: in sintesi, il socialismo è necessario in Cina perché senza socialismo la rinascita della nazione multietnica cinese è impossibile. Il marxismo ha mostrato e Lenin, Stalin e Mao hanno illustrato che il socialismo è necessario perché è la transizione dal capitalismo al comunismo e il comunismo è il futuro dell’umanità (come la maturità è il futuro della gioventù), dello sviluppo delle forze produttive e del dominio sulla natura che la borghesia ha creato nel periodo positivo del suo sviluppo, iniziato in Europa circa otto secoli fa. Se il fervore di studi del marxismo oggi diffuso nelle istituzioni accademiche della RPC in una certa misura coinvolge anche individui di altri paesi esponenti della sinistra borghese e di organismi che si dichiarano comunisti, non è escluso che questo contribuisca alla rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato in corso nel mondo. I comunisti devono promuovere questo sviluppo.

Come si svilupperà nel prossimo futuro la lotta tra le classi nella RPC e come si svilupperà la lotta tra le classi nei paesi imperialisti, dipende dalla capacità dei comunisti di comprendere abbastanza a fondo le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe per instaurare il socialismo nel proprio paese e, sulla base del socialismo, convogliarlo in un sistema internazionale di solidarietà, collaborazione e scambio con gli altri paesi, prevalendo sulla mobilitazione reazionaria, la concorrenza, la distruzione dell’ambiente e la guerra verso cui, per prolungare l’esistenza del modo di produzione capitalista che essa incarna, la borghesia imperialista porta inevitabilmente l’umanità.

Umberto C.