La Voce 68 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXIII - luglio 2021

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Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI

Due commenti all’articolo Un errore di dialettica di La Voce 67

Nel nostro Comitato di Partito abbiamo discusso l’articolo Un errore di dialettica a firma di Maria P., pubblicato lo scorso marzo sul n. 67 di La Voce (pagg. 72-74). L’articolo ha il pregio di illustrare alcuni errori di dialettica che compiamo nel nostro lavoro esterno e interno. Qui riporto la sintesi delle considerazioni del CdP su due passaggi dell’articolo, relativi uno al lavoro sull’intellettualità borghese di sinistra, l’altro alla direzione di altri membri del Partito, considerazioni che hanno l’obiettivo di precisare e integrare quanto scrive Maria P. e, una volta definite le tendenze da evitare, gettare luce sui percorsi da fare.


Il modo di porsi rispetto agli intellettuali borghesi di sinistra

Maria P. parla del modo in cui gli intellettuali borghesi di sinistra si fanno carico dei mali del mondo. A pag. 73 scrive che “l’intellettualità borghese di sinistra (…) si vanta di reggere nella propria coscienza questa ‘croce’ morale della contraddizione, cioè di ‘volere cambiare il mondo e sapere che non si può’”. Maria P. è particolarmente critica verso questa intellettualità, perché essa semina tra i proletari vocazione al martirio, al disfattismo, all’inazione, a non ricercare e praticare il metodo per costruire il mondo nuovo e costruire uomini nuovi, attivi e solari. Proletari condotti in questi vicoli ciechi perdono la salute psichica e fisica e i più deboli soccombono anche, cosa che in definitiva va bene alla borghesia e al clero impegnati come sono a diffondere tra le masse rassegnazione, abbrutimento, depressione e altri sentimenti negativi affinché la loro resistenza agli effetti della crisi della società borghese non si trasformi in attacco, in costruzione dello Stato socialista, per distoglierli dalla lotta di classe.

Maria P. nella sua critica probabilmente pensa al fatto che questi intellettuali sono premiati dalla classe dominante con rapide carriere e fama per il danno che arrecano ai proletari, in particolare pensa a quel genere di intellettuali che sono i più ascoltati da giovani delle masse popolari. Nel suo articolo però la compagna fa essa stessa un errore di dialettica, che consiste nel considerare questi intellettuali (cantanti, narratori, autori di fumetti, cineasti, filosofi, autori di serie televisive, ecc.) in modo unilaterale. Si attesta a quello che distingue noi dalla sinistra borghese, non considera anche ciò che essa ha di positivo e che è appiglio per il nostro intervento su di essa e per giovarci di essa. Con questo rischia di fomentare il settarismo nelle nostre file. In questa fase del nostro lavoro limitarci a dire cosa ci distingue dagli altri accentua la tendenza a ripiegarci su noi stessi. In questa fase del nostro lavoro invece dobbiamo mettere in luce cosa ci distingue da questi intellettuali borghesi ma per stabilire con essi una relazione che consiste nel combinarli con le organizzazioni operaie e popolari per costituire il Governo di Blocco Popolare. Per la costituzione del GBP contiamo sulla partecipazione anche di intellettuali borghesi che si dichiarano di sinistra, magari perfino anticapitalisti, e che godono di prestigio e fiducia tra le masse popolari. Oggi essi in molti casi godono di prestigio più di quanto ne godiamo noi e altri esponenti del movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO). Teniamo presente che il MCCO ha iniziato da poco (da pochi decenni) a occuparsi di aspetti dell’essere sociale prima lasciati appunto a intellettuali come quelli descritti sopra, dato il pregiudizio che i comunisti dovrebbero occuparsi solo delle cose “materiali” essendo essi “materialisti” e che le stesse masse popolari sarebbero interessate solo alla soddisfazione dei bisogni materiali, pregiudizio della classe nemica e che la classe nemica diffonde in modo capillare e ossessivo.

Le masse popolari invece non solo “hanno anima”, ma di tale “anima” la borghesia e il clero si occupano con dispendio enorme di energie per impedire che in essa si formi un complesso di pensieri e sentimenti utili alla loro elevazione materiale e spirituale, che è la partecipazione alla rivoluzione socialista. Parliamo del primo pilastro del sistema di controrivoluzione preventiva (Manifesto Programma cap. 1.7.3). Allo scopo arruola intellettuali di sinistra. Anch’essi, però, possono diventare diversi da ciò che sono e fare altro da ciò per cui la borghesia li paga. Lo mostra la storia che abbiamo alle spalle: molti degli intellettuali formatisi sotto il regime fascista diventarono antifascisti, come Roberto Rossellini (Roma, 1906 - 1977), amico di Vittorio Mussolini, figlio di Benito, che nel 1941 produceva un primo film di una Trilogia della guerra fascista, nel terzo dei quali esaltava la figura del prete fascista Reginaldo Giuliani (Torino, 1887 - Warieu Pass, Etiopia, 1936) e nel 1943, a due mesi dalla liberazione di Roma, produceva Roma città aperta, primo film di una Trilogia della guerra antifascista cui seguirono Paisà e Germania anno zero. In definitiva, se oggi le masse popolari seguono questo o quell’intellettuale o quell’artista è perché non trovano nel movimento comunista qualcosa di cui hanno bisogno. Se cercano il senso della vita in cantautori come Vasco Rossi, il quale risponde loro che un senso la vita non lo ha, è perché ancora il movimento comunista non ha dato loro un senso, non ha dato loro una direzione. La soluzione del problema quindi è nell’elevazione dei comunisti, della loro capacità di “elaborare i concetti più universali, le armi ideologiche più raffinate e decisive” (A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 11, Nota 70).

Questa capacità ha doppia funzione: 1) consente ai comunisti di porsi come punto di riferimento per le masse popolari, dando loro risposte di livello superiore per efficacia rispetto a quelle che trovano presso gli intellettuali borghesi e 2) consente ai comunisti maggiore autonomia ideologica rispetto alla sinistra borghese. Quando i comunisti sono autonomi sul piano ideologico, politico e organizzativo, sono forti e la sinistra borghese li segue. La sinistra borghese non ha autonomia: segue la destra borghese quando il movimento comunista è debole e segue il movimento comunista quando questo è forte. Quando è forte, “il partito comunista può e deve utilizzare i riformisti e in generale la sinistra borghese sia per allargare il suo lavoro di massa e per mobilitare i settori delle masse popolari più succubi della borghesia e quindi più refrattari all’azione diretta del partito, sia per indebolire la borghesia allargando le sue contraddizioni interne di cui i riformisti e la sinistra borghese sono espressione” (Manifesto Programma del (nuovo)PCI, ed. Rapporti Sociali, Milano 2008, pagg. 174-175). L’intellettualità borghese in questo modo in generale svolge un ruolo nella rinascita del movimento comunista e oggi in particolare nel ruolo che le assegniamo nel progetto della costituzione del Governo di Blocco Popolare. È mossa a farlo ed è diretta a farlo dai comunisti che sono promotori del progresso della società, ancora prima che “punta”, come li definisce Maria P., quindi costruttori della rivoluzione socialista prima che sua espressione più avanzata.


La concezione unilaterale del ruolo della spiegazione

Maria P. nel suo articolo ci descrive un compagno che non riesce a fare sì che chi ha di fronte si trasformi. Quando non riusciamo a fare sì che qualcuno si trasformi, pensiamo che o siamo noi incapaci o lui non è trasformabile. In generale, tra le masse popolari, da cui i comunisti provengono, è diffuso il pregiudizio che ognuno è quello che è, ognuno ha una determinata natura o una determinata personalità che è fissa. L’idea di cambiare gli uomini sarebbe un’illusione. Questa idea appartiene alla concezione clericale del mondo, secondo la quale questa sostanza immutabile che noi saremmo è l’anima creata da dio. Appartiene anche alla concezione borghese del mondo, secondo la quale i membri delle masse popolari sono poco più che bestie da sfruttare: gli uomini dinamici e capaci di trasformarsi e di trasformare il mondo sono loro, i capitalisti.

Se ciascuno di noi fosse sempre uguale a se stesso e immutabile allora sarebbe immutabile anche il compagno di cui Maria P. dice che non ha fiducia nel cambiamento degli altri. Un simile compagno in definitiva non è convinto che qualcosa possa cambiare e quindi neanche che noi possiamo fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Maria P. sa che non è così, sa che quel compagno può cambiare e concepire gli altri e se stesso come uomini nuovi. Due cose fa Maria P.: una è pensare che il compagno può cambiare, l’altra è spiegargli che può cambiare. Spiegare è uno dei metodi per indurre il cambiamento. Preso come unico metodo però non funziona e può benissimo riprodursi all’infinito senza risultato. Infatti non basta spiegare per convincere, tanto meno per far fare. La trasformazione di un uomo o di una donna include lo spiegare, ma è un processo che deve combinare teoria e pratica, riforma intellettuale e riforma morale secondo i punti indicati in VO 66, novembre 2020 pag. 33, i sette punti riferiti alla “direzione complessiva” di un compagno. Essi sono

1. la definizione dei compiti,

2. la formazione intellettuale continua,

3. la critica, autocritica e trasformazione,

4. la programmazione del lavoro,

5. l’informarsi sugli avvenimenti correnti nazionali, internazionali e locali,

6. lo stile di vita, inclusivo dello stato di salute e dell’esercizio fisico, della resistenza alle “tre trappole” (vedi VO 54, novembre 2016), della gestione delle relazioni sentimentali e personali, della gestione della situazione economica, fiscale e abitativa, la mobilitazione nella raccolta economica su basi politiche.

Lo spiegare fa parte del punto 2, anche se la materia della spiegazione (la concezione comunista del mondo) è guida per l’azione in ciascuno degli altri punti. Lo spiegare è parte costitutiva della scienza. Tuttavia quando noi spieghiamo, è chi ci ascolta che decide se trasformarsi o no. Nessuno può farlo per lui. Lui decide se intraprendere il suo percorso di emancipazione e di liberazione, se assimilare ciò che gli viene spiegato e insegnato e sperimentarne l’applicazione.

Spiegare è necessario, ma non sufficiente. La spiegazione non induce direttamente la trasformazione come fosse una bacchetta magica: la chiave della riforma intellettuale e morale è nel fatto che il soggetto trasforma se stesso, è nel fatto che da passivo diventa attivo. Possiamo spiegare all’infinito cos’è l’acqua ma chi ci ascolta non saprà di cosa stiamo parlando fino a che non la beve o fino a che non vi si immerge. Quindi oltre a spiegare dobbiamo portarlo a bere o a immergersi nell’acqua. Così io oggi qui su questa rivista, nei nostri comunicati e nei nostri discorsi posso spiegare varie delle materie che la lotta di classe implica, che seguire la linea indicata dal (nuovo)Partito comunista italiano è il miglior modo per vincere, che essere nel (nuovo)Partito comunista italiano è un modo di essere uomini assolutamente nuovo. A te che leggi sta decidere di intervenire nella lotta di classe come membro del Partito per vincere e per sperimentarti come uomo nuovo.

Luca R.