La Voce 66 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII - novembre 2020

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Gli insegnamenti di un Comitato di Partito

1. Introduzione

A fine luglio 2020 in Piemonte si è costituito il Comitato di Partito Antonio Gramsci del (nuovo)Partito Comunista Italiano. L’esistenza e l’attività di questo CdP hanno attirato l’attenzione della stampa borghese locale e nazionale e della polizia politica: in particolare a inizio ottobre la diffusione di un comunicato e di un manifestino di denuncia dei vertici della repressione del movimento NO TAV ha sollevato la rabbiosa reazione degli apparati repressivi torinesi. Polizia e magistratura hanno reagito colpendo nel mucchio, perquisendo e denunciando due compagni del P.CARC, il nostro partito fratello. Ma l’operazione non ha sortito gli effetti sperati e l’attività del CdP è proseguita. Esprimiamo la nostra solidarietà ai compagni Andrea Gozzi e Alessandro Della Malva del P.CARC: ai due compagni va il nostro plauso per aver resistito ad un attacco che mirava a fiaccare la loro militanza nel P.CARC e colpire la simpatia di cui il (nuovo)PCI gode nelle file del P.CARC, che non fa segreto di condividere con il (n)PCI concezione del mondo, bilancio del movimento comunista, analisi della fase e linea generale.(1) In questo articolo, steso con il contributo dei compagni del CdP Antonio Gramsci, tiriamo alcuni insegnamenti dall’esperienza accumulata da questo CdP dalla sua costituzione nel mese di luglio ad oggi, a beneficio e come fonte d’ispirazione per il consolidamento, rafforzamento e allargamento della rete dei CdP.

1. Vedasi a questo proposito “P.CARC e (n)PCI si rafforzano l’un l’altro nella lotta comune” (VO 50 - luglio 2015) e “A proposito dell’unità dei comunisti - Relazioni tra comunisti in Italia e nel mondo” (VO 59 - luglio 2018).

 

2. Una ricostruzione logica della costituzione e dell’attività del CdP

Il CdP Antonio Gramsci si è costituisce nel mese di luglio 2020 dopo un percorso preparatorio di circa 2 anni. Sono quattro le fasi (tappe) della storia di questo CdP.

1. Prima fase: l’attività di semina. Il primo passo fatto dai compagni che hanno dato vita al CdP è consistito nello svolgere individualmente attività di propaganda della concezione e della linea del Partito e nello sperimentare la mobilitazione di altri compagni di loro fiducia in questa attività. Queste attività di propaganda sono state svolte

- in parte utilizzando la “maschera” delle organizzazioni, dei sindacati e dei movimenti pubblici di cui i compagni facevano parte (ad esempio promuovendo la lettura di comunicati e altri testi del (n)PCI nell’ambito di riunioni e iniziative pubbliche di altri organismi, realizzando propaganda murale a sostegno del (n)PCI nell’ambito di uscite di propaganda di altri organismi, ecc.);

- in parte proponendo direttamente a dei compagni di dare una mano, di contribuire all’opera del (n)PCI e realizzando queste attività con modalità protette (quindi appuntamenti clandestini e senza telefono).(2)

2. Sono molti i modi in cui un compagno può contribuire alla nostra azione pur non candidandosi nel Partito: i principali sono indicati in Mobilitare simpatizzanti - La nostra opera è grande, il contributo di ognuno prezioso (La Voce 55 - marzo 2017).

Questo lavoro ripetuto per circa 1 anno ha permesso ai compagni che poi hanno dato vita al CdP di costruire una piccola rete di collaboratori di provata fiducia per la propaganda, per la logistica e più in generale di retroterra dell’attività clandestina.

2. Seconda fase: costituzione del CdP di fatto. Il secondo passo è consistito nell’iniziare a svolgere un’attività da CdP senza ancora averlo costituito “ufficialmente”. In questa fase, oltre a continuare le attività indicate sopra, i compagni che hanno poi dato vita al CdP

- hanno stabilito un canale di comunicazione protetta con il Centro del Partito, a cui mandavano aggiornamenti e rapporti sulla loro attività e da cui ricevevano orientamento e indicazioni per avanzare nel percorso di costruzione del CdP (premessa di ciò è stata la dotazione da parte dei compagni dei sistemi PGP e TOR e dell’attrezzatura informatica necessaria per operare al riparo dalle attenzioni poliziesche);

- hanno avviato un lavoro interno fatto di 1) studio collettivo di La Voce e della letteratura del Partito, 2) analisi della situazione politica nazionale e locale, 3) ragionamento sul progetto d’intervento del CdP a livello locale, 4) trattazione e risoluzione dei problemi di funzionamento organizzativo che via via emergevano (relativi ai sistemi di comunicazione con il Centro e tra gli aspiranti fondatori del CdP, allo svolgimento di riunioni e altre attività in condizioni protette).

Questo è servito ad amalgamare gli aspiranti fondatori del CdP in un organismo politico capace di lavorare clandestinamente e di applicare la linea del Partito nella propria zona operativa;

- hanno elevato di livello il loro lavoro esterno: dalle attività di sostegno al (n)PCI per come venivano svolte nella prima fase i compagni hanno iniziato a fare esperimenti di lavoro di squadra in attività esterne, per l’attività di propaganda murale, per il reclutamento, ecc.

Il risultato di questo lavoro di “rodaggio” è stato, nel mese di giugno, il maturare delle condizioni (previa valutazione del Centro del Partito) per la costituzione in forma ufficiale del Comitato di Partito Antonio Gramsci.

3. Terza fase: costituzione del CdP ed elaborazione del piano d’azione. Maturata la decisione di costituire ufficialmente il CdP e create le condizioni per farlo, i compagni si sono anzitutto concentrati sull’elaborazione delle direttrici del lavoro esterno. Questo li ha portati ad individuare i principali filoni della lotta di classe della propria zona operativa su cui innestare l’intervento del CdP e a definire gli organismi pubblici su cui impostare un intervento di Partito. Su questa base il CdP ha sviluppato un’attività esterna su due livelli:

- un’attività di propaganda in grande stile: a fine luglio, nella ricorrenza dei 2 anni della morte di Sergio Marchionne, con l’operazione “Al non compianto Marchionne” finalizzata a denunciare la morte lenta dell’industria automobilistica e a orientare la resistenza e il malcontento degli operai avanzati di Torino contro il corso delle cose nelle aziende del gruppo Agnelli-Elkann; ad ottobre l’operazione di propaganda contro la mafia del TAV e per la liberazione dei NO TAV agli arresti;(3)

3. Per entrambe le operazioni, vedasi la sezione “Comitati di Partito” del sito www.nuovopci.it.

- un’attività di propaganda e organizzazione rivolta alla rete dei collaboratori del CdP (per cementare e verificare la loro collaborazione) e alla sinistra degli organismi pubblici (organizzazioni politiche, sindacati, comitati, movimenti, ecc.) individuati dal CdP come proprio terreno d’azione.

Parallelamente a questo il CdP ha portato avanti un’attività ordinaria di propaganda tramite la propria rete di collaboratori (affissione autoadesivi del Partito, propaganda murale dei simboli del (n)PCI, ecc.) nonché il proprio lavoro interno.

In questo modo i compagni del CdP hanno iniziato a svolgere, in piccolo ma con risultati significativi, il loro apprendistato all’agire da Partito, da Stato Maggiore della Guerra Popolare Rivoluzionaria che il (n)PCI promuove, da corpo scelto della rivoluzione socialista specializzato nel rafforzare, innalzare e apportare al movimento spontaneo la coscienza necessaria ad incanalarlo nel fiume della rivoluzione socialista. Ciò è valso in particolare per l’operazione di ottobre contro la mafia del TAV, che ha portato un orientamento alla sinistra del movimento NO TAV rispetto ai suoi compiti nella resistenza alla repressione e ha contribuito a contrastare titubanze e illusioni legalitarie alimentate dalla destra del movimento NO TAV stesso. Allo stesso tempo questa operazione ci ha mostrato che una forza pur piccola se animata da una giusta comprensione del corso delle cose, della lotta di classe in corso nella sua zona operativa e dei metodi e degli strumenti con cui intervenire, può mettere in campo iniziative che creano un subbuglio, nel campo nemico come nel campo delle masse popolari, molto superiore alle proprie forze.

4. Quarta fase: consolidamento e rafforzamento del CdP. Il lavoro del CdP sopra illustrato non si è sviluppato secondo una progressione lineare. Costante è stata la lotta tra due linee nei processi di Riforma Intellettuale e Morale (RIM) (4) dei singoli compagni e all’interno del gruppo promotore stesso. Vediamoli:

4. Sulla trasformazione della concezione, mentalità e anche personalità (RIM) che il partito comunista deve promuovere nei suoi membri per essere all’altezza del suo compito, per essere cioè capace di dirigere la guerra popolare rivoluzionaria, vedasi il Comunicato CC 30 del 3 ottobre 2014 e gli articoli in La Voce 30, 33, 35, 56 e 59.

a. nella prima fase, la lotta era tra sciogliere le attività di supporto al (n)PCI nell’attività pubblica che i compagni svolgevano, come parte “dura e pura” del lavoro pubblico (linea arretrata), oppure concepire le attività di supporto al (n)PCI in funzione della costruzione di un CdP clandestino, quindi svolgerle nell’ottica di educarsi ed educare all’attività clandestina (linea avanzata);

b. nella seconda fase, la lotta tra due linee è stata tra il “rodaggio” inteso come moltiplicare la propaganda murale organizzata in forma clandestina (linea arretrata) e il “rodaggio” inteso come sperimentazione e messa a punto del lavoro necessario minimo per la costruzione di un organismo clandestino (linea avanzata);

c. nella terza fase, la lotta tra due linee è stata tra mantenere un’attività di CdP estemporanea, che vive e si sviluppa ai margini degli altri impegni politici e personali dei compagni del gruppo promotore (linea arretrata) e dal lato opposto lottare per ricavare tempo e mezzi per svolgere un minimo lavoro ordinario del CdP (linea avanzata);

d. nella quarta fase, quella in cui il CdP si trova adesso, la lotta è per l’elevazione qualitativa dell’attività del Comitato e il suo rafforzamento quantitativo, in modo da valorizzare l’attenzione e le aspettative che la sua azione in questi mesi ha suscitato. È una lotta che attiene direttamente alla RIM dei membri del CdP, che ha come oggetto una più profonda assimilazione della concezione comunista del mondo per accrescere la loro capacità di agire da Partito nei contesti in cui operano, in cui rientra anche l’assimilazione del lavoro clandestino come concezione, stile di vita e tecnica.(5) Questo è il guado che oggi i compagni del CdP si trovano a dover superare: le due linee che si scontrano sono da un lato concepire l’attività del CdP come una parte delle proprie attività politiche, quella più impegnativa e da cui se ne ricavano spunti e idee per il resto ma pur sempre una parte (linea arretrata) e dall’altro concepire l’attività di CdP come parte speciale e dirigente dell’insieme delle proprie attività politiche (linea avanzata).

5. In che senso la clandestinità è una concezione, uno stile di vita e una tecnica è spiegato nell’articolo “Clandestinità e Stato Maggiore della guerra rivoluzionaria popolare” (La Voce 57 - novembre 2017). Vedasi anche “Orientamento generale sul funzionamento clandestino” (La Voce 59 - luglio 2018) e la raccolta di articoli sulla tecnica del lavoro clandestino (La Voce 60 - novembre 2018).

 

3. Alcuni insegnamenti: criteri e metodi di lavoro

I principali criteri e metodi di lavoro che il Comitato ha sperimentato nella sua attività sono i seguenti.

Sul processo di costruzione di un CdP. “Da cosa cominciare per costruire un CdP?”. È una domanda che i compagni si sono posti e hanno oscillato tra due risposte. La risposta sbagliata consisteva nel cercare in tempi rapidi un paio di “compagni d’avventura” per costituire il CdP: in sostanza mettere avanti la forma e poi badare alla sostanza. La risposta giusta, quella che poi i compagni hanno praticato, consisteva invece nell’iniziare ad adoperarsi individualmente per coltivare il terreno, quindi educare se stessi al lavoro clandestino e allo stesso tempo sondare, verificare, provare compagni da valorizzare in questo genere di attività. Il principale insegnamento dell’esperienza del CdP è che esso non nasce per accordo di un gruppo di compagni che più o meno simpatizzano per il (n)PCI. Il punto d’inizio della costituzione di un CdP attiene alla RIM del compagno deciso a cimentarsi nell’impresa e alla sua disponibilità ad assimilare concezione comunista e linea del Partito (compresa la concezione, lo stile di vita e la tecnica del lavoro clandestino). La relazione tra il compagno volenteroso e il Centro del Partito è d’inizio del processo. Quanto più i compagni che vogliono arruolarsi nel Partito e costituire CdP mettono questo al centro dei loro sforzi e tanto più la loro opera per costituire un CdP procederà speditamente. A queste condizioni è possibile fare un lavoro migliore anche di quello fatto dai compagni del CdP Gramsci ai quali, come abbiamo illustrato, fase per fase è occorso del tempo prima di afferrare il bandolo della matassa.

Sull’attività di propaganda. Il CdP ha sperimentato le indicazioni contenute nell’articolo Elevare il livello della nostra propaganda murale per avanzare nel consolidamento e rafforzamento del Partito di VO 65. L’applicazione creativa di quelle indicazioni è alla base dell’elaborazione di uno specifica forma di propaganda, che il CdP ha chiamato “metterne dieci contro uno” e che consiste nell’associare comunicati, prese di posizione, manifesti, ecc. rivolti alla conquista del cuore e della mente degli elementi avanzati delle masse popolari con materiali di agitazione che prendono di mira (indicandone volti, nomi, cognomi, residenza e ogni informazione utile) esponenti della classe dominante responsabili di aspetti del programma comune della borghesia imperialista contro cui sono mobilitati gli organismi di resistenza su cui il CdP interviene. È il metodo impiegato nell’operazione di ottobre contro la mafia del TAV e l’esperienza fatta conferma che simili iniziative, al netto delle ovvie intossicazioni e strumentalizzazioni messe in campo dal nemico e dai suoi servi sciocchi (alcuni dei quali arrivano perfino a frequentare le redazioni di giornali che si definiscono comunisti, come Contropiano della Rete dei Comunisti), hanno l’effetto di incutere timore nel campo nemico, creare sentimenti positivi, di lotta e di riscossa nel campo delle masse popolari, dissipare la confusione e l’interclassismo ed elevare la coscienza con cui le masse popolari portano avanti le proprie lotte (sono iniziative che spezzano o comunque incrinano l’illusione che dietro il persecutore del movimento NO TAV ci sia un uomo di legge al di sopra delle parti, che dietro il padrone che chiude la fabbrica ci sia un manager che nulla può per impedire un destino ineluttabile). Insomma sono operazioni che favoriscono uno schieramento in campo politico, nella lotta politica conforme agli interessi della classe di appartenenza. Inoltre, per il clamore che suscitano, creano un ampio bacino di attenzione attorno al Partito, che in questo modo fa conoscere la sua esistenza e la sua attività a un circuito sempre più ampio.

Operazioni “metterne dieci contro uno” sono replicabili in ogni contesto, previa accurata inchiesta da parte dei CdP che le organizzano e preparazione del CdP stesso a rispondere al contraccolpo repressivo che, come dimostra l’azione del 30 settembre contro il P.CARC, queste operazioni possono avere.

Il presupposto per attuare iniziative di questo tipo è assimilare la concezione della propaganda che in VO 65 è trattata in relazione alla propaganda murale e che in estrema sintesi consiste nel combinare un lavoro di orientamento dall’alto della concezione comunista del mondo e della strategia che il Partito promuove con un lavoro di orientamento che fa leva su quanto di più avanzato vi è nel senso comune delle masse popolari (come è ad esempio, per il movimento NO TAV, l’odio di classe verso il magistrato che assolve bancarottieri e padroni e perseguita Dana Lauriola e gli altri NO TAV).

Sulla resistenza alla repressione. L’esperienza fatta dal CdP dimostra praticamente un principio più volte illustrato nella nostra letteratura. Cioè che la clandestinità del Partito è condizione dello svolgimento della sua politica rivoluzionaria. Grazie alla sua organizzazione clandestina, il CdP ha potuto organizzare un’azione che difficilmente un organismo, sindacato, movimento pubblico avrebbe osato mettere in campo visto che i suoi esponenti sono noti agli apparati repressivi, i quali quindi avrebbero potuto facilmente scagliarsi contro il gruppo responsabile. Non solo, il CdP nel corso del mese di ottobre ha proseguito indisturbato la sua attività di diffusione del manifesto contro la mafia del TAV anche dopo l’attacco repressivo ai danni dei compagni del P.CARC. In secondo luogo la clandestinità del Partito pone il nemico di fronte alla contraddizione tra colpire nel mucchio per tentare di acciuffare il nucleo di Partito, ma con il rischio di incentivare l’afflusso di compagni al partito clandestino (la repressione dei compagni attivi in organismi pubblici è una spinta, di fatto, ad organizzarsi clandestinamente) oppure lasciar correre, consentendo però in questo modo al Partito di agire e svilupparsi liberamente. Ovviamente la nostra resistenza alla repressione non può contare soltanto sulle contraddizioni che la nostra attività clandestina crea nel nemico. Occorre attrezzarsi per resistere e per farlo occorre lavorare in profondità sulla formazione dei membri del CdP al lavoro clandestino. Accanto a questo è poi fondamentale darsi i mezzi per un’attività clandestina che non lasci tracce e che possa contare su quanto necessario per essere sviluppata (attrezzature informatiche, posti per riunioni, logistica, tipografie, ecc.).

Dario B.