La Voce 65 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII - luglio 2020

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I comunisti e le elezioni di settembre

Il 20 e 21 settembre dovrebbero tenersi in contemporanea (election day) le elezioni per rinnovare i presidenti di 7 regioni (Valle d’Aosta, Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania, Puglia), le elezioni per rinnovare i consigli comunali in 1.149 comuni su un totale di 7.903 (la maggior parte, 1.101 su 1.149, hanno meno di 15.000 abitanti, ma si vota anche in 18 capoluoghi di provincia di cui 3, Aosta, Venezia e Trento, capoluoghi di regione) e il referendum sul taglio dei parlamentari.

Il condizionale è più che mai d’obbligo. Nei paesi imperialisti come il nostro, le elezioni sono diventate una “camicia di forza” sempre più stretta per le classi dominanti: borghesia e clero infatti sempre meno riescono a orientare (nonostante il sistema di diversione e intossicazione dell’opinione pubblica, l’acquisto di pennivendoli e altri operatori del sistema, la compravendita di voti, i programmi elettorali confezionati da esperti di marketing, ecc.) il voto delle masse popolari. E la gestione della pandemia ha accentuato questa situazione. Il flop di La Republique en Marche, la formazione del presidente francese Emmanuel Macron, al secondo turno delle elezioni comunali (5 luglio) è un monito per tutti i suoi compari europei. Il coronavirus, la crisi economica, le difficoltà della ripresa scolastica o altro possono quindi diventare motivo di ulteriore rinvio delle elezioni, tanto più che la data del 20 e 21 settembre a oggi non è ancora stata formalizzata dal governo. Sono inoltre pendenti i ricorsi contro l’accorpamento del referendum alle elezioni amministrative presentati dal Comitato per il NO al taglio del Parlamento ai tribunali di 11 regioni, quelle dove è presente l’avvocatura dello Stato competente in materia. Quindi per ora non è sicuro né quando le elezioni si terranno né cosa riguarderanno. Tuttavia, che si tengano a settembre o siano rinviate, le prossime elezioni hanno a che fare con due aspetti importanti della lotta di classe nei prossimi mesi. Da una parte il sommovimento in corso nei partiti e le organizzazioni derivanti dalla frammentazione del PRC (in cui sono coinvolte, a vari livelli, qualche centinaia di migliaia di persone che nel nostro paese si dichiarano comunisti e aspirano in qualche modo al comunismo: a questo è dedicato l’articolo Sul regime politico dei paesi imperialisti. Dall’altra la piega che prenderà la crisi del sistema politico borghese nel nostro paese: a questo è dedicato l’articolo Usare le elezioni di settembre per rafforzare il sistema politico delle masse popolari organizzate e andare verso il Governo di Blocco Popolare.

 

Sul regime politico dei paesi imperialisti

Il ruolo che ha la partecipazione alle elezioni nella costruzione del partito comunista e nella sua azione di massa e il modo in cui partecipare alle elezioni sono due questioni su cui si è consumata la rottura tra Alessandro Mustillo e il Fronte della Gioventù Comunista da una parte e il Partito Comunista di cui è segretario Marco Rizzo dall’altra e sulle quali tra le due aree è in corso un acceso dibattito. Quanto più questo dibattito supererà i toni dello scontro tra individui e “opposte tifoserie” e si svilupperà in lotta ideologica aperta sulla strategia e sulla tattica dei comunisti nella situazione attuale, tanto più sarà fecondo: per tutti quei compagni nei quali la pandemia ha rafforzato la convinzione che il comunismo è il futuro dell’umanità, per quei lavoratori avanzati in cui l’esempio di Cuba e della Repubblica Popolare Cinese ha suscitato l’idea che “l’altro mondo possibile” a cui aspirano è il socialismo, per tutti quei giovani, donne, anziani delle masse popolari che la situazione ha spinto e spinge a darsi da fare perché “così non si può andare avanti”. Per impostare in modo solido, su basi scientificamente fondate, il ragionamento sul qui e ora e non andare a naso, bisogna partire dal regime politico esistente nel nostro come negli altri paesi imperialisti e dal ruolo che in esso hanno le elezioni e le assemblee elettive. Su questa base noi comunisti possiamo impostare la nostra tattica in modo da ricavare da ognuno degli attori in campo quanto più è possibile per far avanzare la mobilitazione delle masse popolari che sfocerà nell’instaurazione del socialismo, in modo che le azioni degli attori in campo giovino alla nostra causa quali che  siano le loro intenzioni e aspirazioni, in modo da spingere ognuno di essi a fare quello che più giova alla rivoluzione socialista. A questo serve la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la storia, che Marx ed Engels hanno fondato.

Oggi per i comunisti che si propongono di instaurare il socialismo in Italia è di fondamentale importanza comprendere la reale natura del regime politico borghese vigente nel nostro paese: instaurare il socialismo vuol dire infatti anche instaurare il potere delle masse popolari organizzate aggregate nel movimento comunista cosciente e organizzato che ha alla testa il partito comunista (dittatura del proletariato) al posto dell’attuale sistema di potere della borghesia (dittatura della borghesia).

La democrazia è un articolo di fede proclamato e professato dalla borghesia dei paesi imperialisti da quando nel 1945 è fallito il suo tentativo di stroncare la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria con l’aggressione nazifascista dell’Unione Sovietica, anche se a volte professato con difficoltà: Kissinger nel 1973 disse che “gli USA non potevano accettare di perdere il Cile solo perché i cileni si erano sbagliati a votare e avevano eletto Salvador Allende presidente del Cile”.

Dalla “svolta di Salerno” (1944) in qua, il vecchio PCI e i suoi derivati professano la fede che in Italia vige un “regime democratico”. La democrazia è diventata in tutto il mondo un articolo di fede per la borghesia di sinistra e per la sinistra borghese:(1) anche in Italia nonostante tutti i “segreti di Stato”, le misteriose “stragi di Stato” e le plateali violazioni delle parole e dei principi (incontestabile ed esemplare l’art. 11 - NATO e guerra) della Costituzione del 1948 ancora ufficialmente in vigore.

 

1. Indichiamo come borghesia di sinistra i gruppi capitalisti che sono in grado di far prevalere i propri interessi nei confronti delle masse popolari con accordi e concessioni, di contro ai gruppi capitalisti che per far valere i propri interessi nei confronti delle masse popolari ricorrono all’uso della forza. Indichiamo come sinistra borghese uomini politici, intellettuali e altri notabili della società civile che auspicano un corso delle cose meno dannoso per le masse popolari ma restando nell’ambito del capitalismo.

 

In Italia (come, con sfumature diverse, negli altri paesi imperialisti) la democrazia attualmente consiste nel fatto (si è ridotta al fatto) che i gruppi finanziari e industriali italiani e gli altri vertici della Repubblica Pontificia restano vincolati a governare il paese con l’assenso di assemblee elettive e che queste assemblee elettive sono sistematicamente il risultato della manipolazione dell’opinione pubblica da parte della borghesia e del clero e per la borghesia e il clero comportano la necessità di manipolare sistematicamente l’opinione pubblica e l’esclusione della massa della popolazione dalla conoscenza e dagli strumenti necessari per pensare e conoscere lo stato delle cose.

Chi afferma che in Italia “il potere appartiene realmente al popolo” è o un ingenuo o un imbroglione. Chi si propone di cambiare il sistema economico e sociale del paese conquistando il potere tramite elezioni, per via elettorale e pacifica, condanna le masse popolari a sottostare alla borghesia e al catastrofico corso delle cose che essa impone e deve imporre in ogni campo per garantire la valorizzazione del capitale.

Il socialismo è anche impiego delle risorse del paese per promuovere la partecipazione di ogni individuo nella massima misura di cui è capace alle attività specificamente umane (politiche, culturali, creative e ricreative): questa è la sostanza della democrazia proletaria. Per questo la via al socialismo indicata e praticata dal (nuovo) Partito comunista italiano, stante la debolezza del movimento comunista cosciente e organizzato risultata dall’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976) e stante la resistenza che spontaneamente (in base al senso comune) le masse popolari hanno opposto e oppongono agli effetti della direzione della borghesia imperialista nell’epoca oramai più che quarantennale di nera reazione che ne è seguita, è la mobilitazione degli elementi avanzati in ogni azienda capitalista a formare organismi operai e in ogni azienda pubblica e no profit e in ogni territorio a formare organismi  popolari che si oppongono agli effetti della crisi generale, economica, sociale e ambientale, mobilitano il resto delle masse popolari che ognuno di essi influenza a prendere da subito le misure che hanno già la forza di praticare, si coordinano con gli organismi che svolgono lo stesso ruolo in altre aziende e località, si giovano dell’opera e del contributo degli esponenti dei “tre serbatoi”(2) disposti a darlo e a lavorare al servizio della creazione del Governo di Blocco Popolare grazie al quale, resistendo vittoriosamente all’aggressione della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti, le masse popolari passeranno all’instaurazione del socialismo.

 

2. I “tre serbatoi” sono costituiti dagli esponenti della sinistra sindacale, dagli esponenti realmente democratici delle amministrazioni locali, dagli esponenti non anticomunisti della sinistra borghese (vedi La Voce 51 pag. 7).

 

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L’analisi dell’esperienza storica e del corso delle cose mostra al di là di ogni ragionevole dubbio che

- la concezione che la borghesia cederebbe il potere al movimento comunista cosciente e organizzato che prevalesse nelle elezioni è da ingenui o da imbroglioni;

- il voto delle masse popolari nelle elezioni è di regola il risultato dell’azione di confusione, diversione e intossicazione delle idee e dei sentimenti delle masse popolari di proposito predisposta e alimentata dalla borghesia imperialista e dal suo clero con abbondanza di mezzi e per quanto loro è possibile con scienza;

- che la borghesia e il clero distolgono con abbondanza di risorse e per quanto loro è possibile con scienza le masse popolari dall’accesso alle condizioni e agli strumenti necessari per conoscere e pensare;

- che la via democratica e parlamentare al socialismo (elettoralismo) è una delle tre deviazioni storiche del movimento comunista dei paesi imperialisti, assieme all’economicismo (la rivoluzione socialista sarebbe una rivolta generale delle masse popolari che scoppierebbe a seguito di un crescendo di rivendicazioni sindacali e politiche e di proteste) e al militarismo (riduzione dell’egemonia della borghesia sulle masse popolari alla forza delle armi e alla repressione);

- che anche nei paesi imperialisti la mobilitazione delle masse popolari per sfociare nell’instaurazione del socialismo deve assumere la forma della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

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Basta con il pregiudizio da fedeli credenti, vittime del senso comune determinato dall’opera di confusione, diversione e intossicazione dei sentimenti e delle idee condotta della borghesia, secondo il quale una popolazione di individui che non hanno potere per dirigere l’azienda in cui lavorano e il quartiere o paese in cui abitano, sarebbe però depositaria del potere sull’intero paese! La democrazia proletaria è anzitutto potere nell’azienda in cui si lavora e nel territorio in cui si abita.

La democrazia borghese e la democrazia proletaria, la dittatura della borghesia e la dittatura del proletariato sono le forme diverse e opposte con cui due classi antagoniste esercitano il potere: la borghesia contro le masse popolari, il proletariato alla testa delle masse popolari.

Uno dei maggiori contributi che Donald Trump sta dando alla storia dell’umanità è la distruzione nel senso comune di larghe masse del mito della democrazia USA. La distruzione del mito della democrazia del regime politico vigente in Italia, regime che a ragione chiamiamo Repubblica Pontificia,(3) è anche uno dei contributi dei governi Conte. La via parlamentare e democratica al socialismo è uno dei pregiudizi con cui la sinistra borghese crea confusione e deviazioni nel movimento con cui le masse popolari lottano per cambiare il corso delle cose. Trattando del regime politico dei paesi imperialisti il nostro Manifesto Programma spiega che dall’entrata del capitalismo, negli ultimi decenni del secolo XIX, nella sua fase imperialista, la controrivoluzione preventiva è diventata il nuovo regime politico dei paesi borghesi  più avanzati, cioè dei paesi imperialisti.(4)

 

3. Le buone ragioni della denominazione sono esposte nel nostro Manifesto Programma cap. 2.1.1.2.

 

4. Il cap. 1.3.3 nel nostro Manifesto Programma illustra il regime di controrivoluzione preventiva vigente nei paesi imperialisti. Approfitto per attirare l’attenzione del lettore sul fatto che, nella sua celebre opera del 1917 L’imperialismo, fase suprema del capitalismo (in Opere, Ed. Riuniti 1966, vol. 22) in cui analizza la trasformazione della società borghese a livello mondiale, al di là del contesto della Russia zarista, Lenin dice esplicitamente che egli si è occupato solo delle caratteristiche economiche dell’imperialismo e non di quelle politiche. Nel Rapporto presentato al VII Congresso dell’Internazionale Comunista (1935) G. Dimitrov accenna a questa trasformazione fin dall’inizio, ma non con l’enfasi necessaria per alimentare con successo nei partiti comunisti dei paesi imperialisti la lotta contro la storica deviazione parlamentarista che essi avevano ereditato dai partiti socialisti. Afferma che anche nei paesi imperialisti che, di contro ai regimi fascisti (Italia, Germania, Austria, Polonia e altri), si dicevano democratici, il regime politico non era più la democrazia borghese quale si era affermata in Europa nel corso degli ultimi secoli fino alla Comune di Parigi (1871). 11 Rapporto era rivolto al movimento comunista cosciente e organizzato e indica giustamente la linea che i comunisti dovevano seguire per contrastare con successo la manipolazione sentimentale e intellettuale delle masse popolari da parte dei settori reazionari della borghesia imperialista fautori di regimi fascisti, ma non dà abbastanza rilievo al fatto che la manipolazione sentimentale e intellettuale delle masse popolari era diventata un aspetto essenziale dei regimi politici di tutti i paesi imperialisti, anche di quelli che si dichiaravano democratici. Non li mobilitò quindi a sufficienza a superare uno dei loro limiti; la non comprensione della natura del regime politico dei paesi imperialisti rimase, assieme alla non comprensione che la crisi generale delle società imperialiste derivava dalla sovrapproduzione assoluta di capitale e che la rivoluzione socialista doveva assumere anche nei paesi imperialisti la forma della guerra popolare rivoluzionaria, uno dei principali limiti che impedirono ai partiti comunisti dei paesi imperialisti di instaurare il socialismo nel proprio paese nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria (1917-1976).

 

Far diventare senso comune delle masse popolari che il regime politico del paese imperialista in cui vivono è una democrazia, nel senso che la massa della popolazione è chiamata a decidere dell’attività dello Stato tramite rappresentanti che essa periodicamente elegge, è uno degli imbrogli più gravidi di conseguenze pratiche: i riformisti dei partiti socialisti prima e i revisionisti dei partiti comunisti poi se ne sono infatti serviti in lungo e in largo per distogliere le masse popolari dalla lotta per instaurare il socialismo.

All’VIII Congresso (dicembre 1956) il gruppo dirigente del PCI, aggregato attorno a Palmiro Togliatti, si senti finalmente libero, stante la svolta impressa nel febbraio dello stesso anno (XX Congresso) al PCUS dai revisionisti sovietici capeggiati da Kruscev, di proclamare la “via pacifica e democratica (o parlamentare) al socialismo tramite le riforme di struttura” come linea generale del Partito. Era la linea che Togliatti aveva imposto a partire dal suo arrivo a Napoli il 27 marzo 1944 (la svolta di Salerno) forte del prestigio che gli derivava dal ruolo che aveva avuto nel Centro dell’Internazionale Comunista più ancora che dalla sua carica di segretario nazionale del Partito, ma che nei congressi precedenti aveva dovuto in vari modi camuffare. Per intenderci senza equivoci su cosa Togliatti & C intendevano per riforme di struttura ricordiamo che esempi di esse furono la nazionalizzazione e unificazione di tutte le aziende del settore della produzione e distribuzione dell’elettricità (creazione dell’ENEL, 1962), la promulgazione dello Statuto dei lavoratori (1970), l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (1978).

Dal 1956 anche nel movimento comunista cosciente e organizzato italiano venne consacrato il pregiudizio, che fino allora il sistema di manipolazione alimentato dalla borghesia, dalla Chiesa Cattolica e dai loro padrini USA avevano cercato di far prevalere nel senso comune delle masse popolari, di considerare democratico per le masse popolari il sistema politico dei paesi in cui sono legali più partiti che presentano propri candidati alle elezioni dei membri di assemblee (parlamenti o consigli che si chiamino) dai quali determinate decisioni del governo e degli altri organi esecutivi devono essere approvate per avere forza di legge che è obbligatorio osservare e a cui contravvenire costituisce un reato passibile di sanzioni. I più precisi e i sinistri si premurano di precisare che si tratta comunque di “democrazia borghese”, espressione con la quale intendono indicare che in realtà la vita della società è comunque, in definitiva, determinata dalla borghesia (la classe dei capitalisti).

 

La lotta per la democrazia è stata in Europa una delle bandiere con cui la borghesia a partire dal XIII-XIV secolo ha  passo dopo passo affermato la sua direzione sulla società, fino a diventare con le grandi rivoluzioni dei secoli XVII, XVIII e XIX la classe dirigente anche dell’attività politica nei principali paesi dell’Europa, delle Americhe e in Australia.

Il materialismo dialettico, metodo di conoscenza e di azione di noi comunisti, ci indica, tra l’altro, che ogni cosa (quindi anche ogni istituto) cambia nel tempo, che trasformazioni quantitative accumulandosi danno luogo a trasformazioni qualitative, ecc. Lo stesso termine, la stessa espressione finisce con l’indicare cose che da un’epoca all’altra, da un luogo e contesto all’altro sono di natura qualitativamente diversa. Una delle accuse che correntemente gli avversari e i critici del movimento comunista ci fanno è che noi comunisti non siamo democratici, che i primi paesi socialisti hanno avuto regimi politici dittatoriali, che il socialismo instaurato nei primi paesi socialisti è stato un regime totalitario: nei paesi socialisti in effetti i vecchi capitalisti avevano perso la direzione delle loro aziende e nuovi proprietari di aziende non avevano la libertà di formarsi.

I malcontenti del corso delle cose che vorrebbero meno penoso per le masse popolari (quelli che noi indichiamo come esponenti della sinistra borghese) e altri benpensanti pongono la democrazia e la libertà d’iniziativa economica (libertà di costituire aziende capitaliste) come condizione irrinunciabile di ogni movimento per trasformare la società. E tuttavia evidente che la democrazia vigente nei paesi imperialisti come l’Italia, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, gli USA e simili ha poco a che fare sia con il significato etimologico del termine derivante dal greco antico (potere del popolo), sia con la democrazia obiettivo dichiarato delle grandi rivoluzioni borghesi.

Le assemblee elettive introdotte dalla borghesia hanno avuto un ruolo importante nel decidere delle attività dello Stato finché il diritto di voto era stabilito sulla base del censo (patrimonio sottoposto a tributo) e quindi riservato alla borghesia, agli agrari e a pochi altri cittadini loro agenti (alti funzionari, alti intellettuali, ecc.). In quelle condizioni le assemblee elettive raccoglievano solo rappresentanti delle classi effettivamente dirigenti del paese ed erano il contesto in cui esse verificavano e sanzionavano un indirizzo comune. Il censo garantiva che si trattava anche della parte che godeva nella misura più ampia delle condizioni necessarie per conoscere e pensare. Uno degli argomenti principali di cui le assemblee elettive si occupavano, se non il principale, erano le imposte con cui lo Stato prelevava il denaro necessario a finanziare le sue attività. Queste erano limitate al mantenimento e al funzionamento delle forze armate, delle forze dell’ordine, della magistratura e di un numero limitato di opere pubbliche: le attività che erano state tradizionalmente prerogativa dei re e delle loro corti e per questo dette anche “regaliane”.

Il sistema politico originario creato in Europa dalla borghesia nella sua lotta plurisecolare contro il feudalesimo è stato modificato principalmente da due processi.

1. Da una parte l’estensione delle attività economiche dello Stato: opere pubbliche connesse con la vita economica e l’urbanesimo, viabilità stradale e ferroviaria, servizi pubblici, sanità, istruzione, regolazione della produzione e circolazione della moneta fiduciaria (cioè non consistente di oro o argento), incentivi alle aziende e spesa pubblica, estensione nazionale e internazionale delle relazioni commerciali, dilagare della borghesia europea nel mondo creando semicolonie, colonie e colonie di popolamento, ecc. Un processo che culmina nella transizione del capitalismo alla fase imperialista e nella costituzione del capitalismo monopolistico di Stato.(5) La democrazia è una rivendicazione che la borghesia inscrive nella propria bandiera fin dagli inizi del suo sviluppo in Europa quasi mille anni fa. Artigiani e commercianti rivendicano contro nobili e clero, contro re e principi il diritto di decidere l’ammontare delle imposte che re e principi possono esigere da loro per finanziare le loro funzioni regaliane. La democrazia borghese culmina nella divisione dei poteri: esecutivo (il governo con la Pubblica Amministrazione che da esso è reclutata e diretta), legislativo, giudiziario.

2. Dall’altra la nascita e lo sviluppo del movimento operaio e del movimento comunista cosciente e organizzato. Nel  processo di trasformazione della società borghese sopra descritto, in Europa e negli USA si inseriscono il movimento operaio (che nasce nei primi decenni del secolo XIX in Gran Bretagna con il movimento cartista), la sua transizione dall’utopia alla scienza grazie all’opera di Marx ed Engels e della I Internazionale (1864-1872) e la sua espansione come movimento rivendicativo sindacale (nei confronti dei proprietari delle aziende) e politico (nei confronti delle pubbliche autorità e dello Stato) con la II Internazionale (1889-1914). Questa fu fondata nel centenario della Rivoluzione Francese (1889) e diede la dimostrazione della sua impotenza rivoluzionaria nella prima Guerra Mondiale (1914-1918), ma da essa (per divisione dell’uno in due) nacquero la prima rivoluzione socialista vittoriosa (1917) che creò l’Unione Sovietica, l’Internazionale Comunista (o III Internazionale) e la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria.(6)

Il sistema politico democratico creato dalla borghesia in Europa e nelle colonie di popolamento (le due Americhe e l’Australia) fu un contesto molto importante ai fini dello sviluppo del movimento comunista. I promotori del movimento comunista cosciente e organizzato di scuola marxista approfittarono su grande scala del contesto della democrazia borghese. Contro l’indirizzo dei militaristi e degli economicisti (A. Blanqui, M. Bakunin e in generale gli anarchici e anarcosindacalisti) essi promossero in ogni paese la costituzione di grandi e capillari organizzazioni di massa (partiti politici) che raggruppavano gli operai, li educavano all’attività sindacale e culturale e rivendicavano anche il diritto universale di voto per la formazione degli organismi elettivi dello Stato borghese.(7)

 

5. Vedasi in questo numero l’articolo Il ruolo dello Stato nell’economia, da pag. 48.

 

6. In proposito rimando allo scritto di Engels L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza (1882), Ed. Riuniti febbraio 1976 (reperibile anche in altre edizioni) e all’articolo Storia del movimento comunista in La Voce 51, novembre 2015.

 

7. Lenin in Stato e rivoluzione del 1917 (Opere, Ed. Riuniti 1967, vol. 25) illustra la concezione marxista dello Stato contro le molte e opposte revisioni e deformazioni teoriche e deviazioni pratiche emerse fino allora in seno ai partiti della II Internazionale e nella multiforme opera di intossicazione intellettuale condotta dalla borghesia imperialista.

 

Un po’ alla volta la borghesia dovette cedere, sia pure gradualmente, alla rivendicazione del diritto universale di voto indipendentemente dal censo e dall’istruzione. Esso in molti paesi europei appena prima o subito dopo la prima Guerra Mondiale divenne universale per i maschi. Per le donne, a parte l’Unione Sovietica dove ogni discriminazione a danno delle donne venne dichiarata illegale subito dopo l’instaurazione del potere del proletariato, il diritto di voto arrivò molto più tardi: in Italia nel 1946 (e ancora oggi vi sono cantoni della Svizzera dove le donne sono escluse dal voto).

L’introduzione del diritto universale al voto obbligò in ogni paese borghesia e clero a costituire sistemi efficienti (visto che le chiese non lo erano più abbastanza) di manipolazione delle menti e dei cuori delle masse popolari, per creare un senso comune che combinato con la propaganda elettorale favorisse l’elezione dei loro candidati.

Quando dopo la sconfitta del nazifascismo (1945) dovettero far fronte al pericolo dell’instaurazione del socialismo, la borghesia e il suo clero, che la Comune di Parigi (1871) aveva già spinto ad allearsi sulla piattaforma della borghesia, fecero un gran gridare alla democrazia, perché le masse popolari si avvalessero di essa e desistessero dall’instaurare il socialismo. In questo ebbero l’appoggio dei revisionisti moderni (membri del partito comunista che rivedevano il marxismo, divenuto marxismo-leninismo) e della sinistra borghese.

In realtà la borghesia aveva anche provveduto a eliminare di fatto i poteri delle assemblee parlamentari (in Italia, Camera e Senato) riducendole a organismi che dovevano approvare decisioni che venivano prese in altre sedi (organismi informali della classe dominante, che in Italia includevano oltre ai grandi gruppi capitalisti industriali, bancari e finanziari, anche i vertici della Chiesa Cattolica facente capo alla Corte Pontificia e gli esponenti dei gruppi imperialisti USA e di altri paesi, compresi negli ultimi decenni anche i sionisti d’Israele). Stando alla Costituzione  approvata alla fine del 1947 (che formalmente ha subito poche modifiche) le Camere elettive hanno grandi poteri legislativi, eleggono il Presidente della Repubblica e il governo designato dal Presidente della Repubblica deve avere l’approvazione delle Camere anche quanto alla sua composizione. Di fatto sono diventate un ufficio di registrazione delle decisioni che il governo sottopone loro e della designazione del Presidente della Repubblica.

Tolte le particolarità della situazione che ogni partito comunista deve studiare per il proprio paese e nella congiuntura concreta, la democrazia in ogni paese imperialista consiste oggi nel fatto che periodicamente si tengono elezioni di camere parlamentari e che il governo deve far registrare da esse le proprie decisioni. Vincono le elezioni i gruppi che sono in condizioni di manovrare a proprio favore il sistema di condizionamento e intossicazione delle idee e dei sentimenti delle masse popolari e hanno soldi a sufficienza per acquistare una parte adeguata degli operatori del sistema, fermo restando che il governo reale del paese ha limiti di tolleranza che nessun governo deve superare, stante che la regolare riproduzione dell’attività economica condiziona la vita sociale di ogni paese e lo stesso funzionamento dello Stato e della Pubblica Amministrazione e che la riproduzione dipende sostanzialmente dalla libera iniziativa economica dei capitalisti e ogni governo deve per forza di cose assecondarla. Da qui ne viene che centri ed esponenti politici che si accapigliano tra loro e si lanciano reciprocamente le peggiori accuse, di fatto collaborano o si alternano nel governo del paese, attuando all’incirca lo stesso programma. Era il caso in Italia, prima della breccia aperta dall’esito delle elezioni del 4 marzo 2018, del Partito Democratico (PD) [sorto dalla confluenza del grosso del vecchio PCI trasformato durante le segreterie di Enrico Berlinguer e di Achille Occhetto in partito della sinistra borghese con i residui della Democrazia Cristiana (Romano Prodi)] e della coalizione raccolta da Silvio Berlusconi. È ancora oggi il caso negli USA del Partito Democratico e del Partito Repubblicano formatisi dopo la guerra civile (1861-1865) contro la secessione del Sud: di fatto si alternano a formare governi che seguono lo stesso programma. Per i governi italiani, greci e di altri paesi confluiti nell’Unione Europea, l’ex presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha coniato l’espressione di “pilota automatico”. Le maggioranze parlamentari, i programmi e le promesse elettorali cambiano, ogni gruppo fa la sua specifica campagna pubblicitaria, cambiano gli esponenti del governo, ma la linea resta la stessa.

I gruppi della sinistra borghese che stanno al gioco della democrazia borghese si erano ridotti ad agitarsi e gesticolare, ognuno recitando la sua parte nel “teatrino della politica borghese” creato per le masse popolari. Ora non hanno più né prestigio né seguito tra le masse popolari deluse e amareggiate da una sequela di movimenti, molto diversi tra loro, in cui si erano impegnate e che si sono dissolti senza neanche aver combattuto fino in fondo: la via pacifica e parlamentare al socialismo di Palmiro Togliatti, il compromesso storico di Enrico Berlinguer, il movimento dei Consigli di Fabbrica degli anni ’70, la lotta armata delle OCC dissolta dalla dissociazione più che dalle esecuzioni, dagli arresti e dalle torture,(8) il movimento dei movimenti di Fausto Bertinotti. Le rivendicazioni, le proteste e le esercitazioni intellettuali riassumono tutta la loro attività.

 

8. Per la spiegazione di questa affermazione, apparentemente paradossale, rimando a Pippo Assan, Cristoforo Colombo, Edizioni Nuove 1988, reperibile in www.nuovopci.it.

 

L’economicismo (la promozione di lotte rivendicative e di attività mutualistiche) è diventato il campo d’attività sociale di organismi ed esponenti della sinistra borghese di vecchio tipo (prodotto diretto dell’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria), che restano ancorati alla democrazia borghese.

La sinistra borghese di nuovo tipo, sostanzialmente il M5 S, è espressione del malcontento e della ribellione di fronte al catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista deve imporre alle masse popolari e non ha un suo programma di attività sociale: arrivata al governo si barcamena nell’ambito delle Larghe Intese, succube prima della Lega di Matteo Salvini, ora del PD di Nicola Zingaretti.

 Ma la lotta di classe continua e il corso delle cose che la borghesia impone al mondo è sempre più catastrofico. La resistenza delle masse popolari agli effetti della crisi economica, sociale e ambientale e oramai anche sanitaria è inestinguibile. Le masse popolari sono certo sottoposte al sistema di confusione, diversione e intossicazione delle idee e dei sentimenti manovrato dai gruppi imperialisti, ma questi sono sempre più contrapposti tra loro, le masse popolari imparano anche dalla loro esperienza diretta e sono mobilitabili dal movimento comunista cosciente e organizzato. Qui sta la possibilità di mettere fine all’epoca di nera reazione seguita all’esaurimento della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria. A noi comunisti sta il compito non solo di gettarci anima e corpo nella mobilitazione delle masse popolari per formare, rafforzare e allargare il loro sistema di potere (come avvenuto nel Biennio Rosso del 1919-1920, nella Resistenza contro il nazifascismo del 1943-1945, negli anni ’70), ma soprattutto di andare a fondo nello scoprire e far valere la linea della vittoria, cioè di farlo diventare il nuovo sistema politico dell’intera società (instaurazione del socialismo).

L’Unione Sovietica ha dato a noi e a tutti quelli che hanno la volontà e la capacità di avvalersi della sua esperienza e dell’esperienza della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (1917-1976) lezioni salutari, che ci fanno essere fiduciosi nell’avvenire della nostra opera. La democrazia con cui le masse popolari costruiranno il loro futuro è l’intesa tra i lavoratori e gli altri esponenti avanzati delle masse popolari dell’azienda o istituzione in cui lavorano e della località in cui abitano per imparare a far fronte assieme agli effetti immediati della crisi economica, sociale e ambientale e alle misure delle autorità politiche responsabili dei disastri causati dai reali detentori del potere, creare una rete sempre più estesa e più solida di centri di potere che impongono caso per caso misure appropriate che attenuano gli effetti del catastrofico corso delle cose e rendono il paese sempre meno governabile dalle autorità espresse dalla borghesia e dal clero e andare così verso la costituzione del Governo di Blocco Popolare e tramite esso verso la seconda delle tre fasi della guerra popolare rivoluzionaria illustrate nel cap. 3.3 del nostro Manifesto Programma.

Rosa L.