La Voce 65 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII - luglio 2020

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Sulla gestione della pandemia nella Repubblica Popolare Cinese

 

La Cina all’inizio di luglio conta 85.366 casi diagnosticati, di cui 4.648 morti. Nella provincia dell’Hubei, dove sono stati individuati i primi casi di Covid-19, per numero di abitanti paragonabile all’Italia (58 milioni contro i 60 milioni dell’Italia), i casi diagnosticati sono 68.132, di cui 4.512 morti, a fronte dei 240.760 casi diagnosticati e 34.788 morti in Italia. Il primo dato oggettivo riguarda l’efficacia delle misure di contenimento e cura del virus, rimasto principalmente confinato nell’Hubei, con il risultato di una mortalità nella RPC di molto inferiore rispetto ai paesi capitalisti.

Stando al rapporto redatto dall’OMS a giugno, la gestione del Covid della RPC “si è fondata su un approccio basato sulla scienza, con l’applicazione di misure mirate, che ha protetto la vita, la sicurezza e la salute delle persone, dando un contributo significativo alla salvaguardia della salute nazionale e globale”. Le priorità in base a cui sono state pianificate e applicate misure e azioni sono state: la cura e prevenzione del contagio e la produzione e distribuzione dei beni e servizi necessari alle masse popolari. In base a queste priorità il PCC ha quindi diretto la sanità, la produzione e l’intera società secondo un piano organico che mettesse ogni settore in coordinamento ai fini degli obiettivi e che mobilitasse le organizzazioni di massa ad attuarlo in ogni parte del territorio (tramite i comitati di partito presenti nella maggior parte delle aziende, strutture sanitarie e quartieri).

 

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Alcune delle misure particolari adottate dalle autorità della RPC

Tutti i test per il Covid-19 sono stati, fin dal primo giorno, completamente accessibili e gratuiti.

Sono stati rapidamente costruiti nuovi ospedali e altri adattati impiegando lavoratori in turni di 24h su 24.

Strutture e stabili su tutto il territorio nazionale sono stati riconvertiti per il trattamento dei malati di Covid-19.

Tutte le prestazioni ospedaliere non urgenti sono state posticipate e il 50% delle visite sono state fatte online per via telematica.

I trasporti pubblici e quelli privati “da” e “per” le zone rosse sono stati quasi totalmente soppressi.

Tutte le persone che reputavano di avere il virus potevano recarsi in uno dei tanti ospedali dedicati sul territorio nazionale al trattamento delle malattie da virus.

Interi reparti ospedalieri sono stati isolati completamente per il contenimento del contagio del virus.

Sul territorio nazionale è stato dispiegato un sistema che mira a tracciare ogni singolo caso di Covid-19.

Sono state impiegate tecnologie di tracciamento sociale già utilizzate nel 2002 con la SARS.

Nonostante il confinamento nel proprio domicilio, è stato relativamente facile ricevere cibo e beni di consumo.

Molti cittadini hanno cambiato lavoro durante la pandemia.

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Nel campo della sanità questo si è tradotto: nella costruzione di nuovi ospedali e impiego di ospedali da campo e nella  requisizione di strutture private e hotel; nell’organizzazione e invio nella provincia dell’Hubei di oltre 330 squadre di medici per un totale di oltre 41.600 tra medici e infermieri; infine nella mobilitazione e coordinamento di ricerca e produzione ai fini dell’individuazione tempestiva e della mappatura del virus, dello sviluppo e perfezionamento rapido dei kit diagnostici e nell’impiego di farmaci antivirali, fino alla ricerca del vaccino che le autorità dichiarano sarà messo in comune con il resto del mondo. Tutto questo ha permesso da un lato la strutturazione di percorsi sanitari differenziati tra contagiati di diversa gravità che ha prodotto cure specialistiche per tutto il percorso di malattia e soprattutto un percorso di prevenzione per contagiati con sintomi lievi o assenti (nella sola provincia dell’Hubei sono stati più di 3mila gli ultraottantenni curati e 7 gli ultracentenari); dall’altro ha conseguito l’obiettivo di azzerare i contagi all’interno delle strutture sanitarie proteggendo con DPI adeguati e sufficienti il personale sanitario e addirittura con sperimentazioni di intelligenza artificiale in loro sostituzione per limitare le occasioni di contagio.

In campo economico si è tradotto da un lato nella conversione di aziende e nel loro coordinamento e collaborazione ai fini della gestione dell’emergenza, dall’altro in una gestione della chiusura delle aziende non essenziali fondata sui bisogni effettivi di consumo (e non sugli interessi delle singole aziende). Allo stesso modo è stata gestita centralmente la riapertura (senza il balletto di autocertificazioni e codici ATECO!). A tutt’oggi le aziende devono chiudere per almeno 14 giorni anche con un solo caso Covid. Nelle aziende per l’attuazione delle misure di sicurezza, per l’igienizzazione e la maggior tutela del personale addetto alla sanificazione, sono stati mobilitati i capi reparto, i capi turno e ogni lavoratore.

Per garantire le necessità delle masse popolari, è stata pianificata l’allocazione delle risorse di tutto il paese alla gestione dell’emergenza, in particolare verso la provincia dell’Hubei (dove sono arrivate 62.000 tonnellate di materiali). Sono state prese misure atte ad assicurare la produzione, le scorte e la stabilità dei prezzi; è stato istituito un meccanismo di coordinamento per assicurare la fornitura di tali prodotti, che ha coinvolto nove province e 500 imprese e squadre di trasporto. In aiuto alle famiglie isolate in casa, ai gruppi a rischio di povertà e agli anziani, gli organismi di base del Partito si sono mossi in prima linea mobilitando le organizzazioni di massa (dai sindacati, alla Gioventù Comunista, alla Federazione delle Donne) e le comunità di quartiere come unità di base per fornire a ogni nucleo familiare un servizio di approvvigionamento. Le masse popolari, dalle comunità di quartiere, alle fabbriche e fino alle scuole sono state quindi mobilitate a prendere parte all’organizzazione e all’attuazione delle misure necessarie.

Nadia B. e Berto C.