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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII  marzo 2020

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Per la crisi attuale la soluzione è solo politica

L’umanità non è diretta da un dio misterioso. È dominata da una classe di finanzieri, banchieri e speculatori (spesso la stessa persona è tutte e tre le cose) a cui sono subordinati i capitalisti imprenditori (industriali, produttori di merci (beni e servizi) che spesso sono personalmente anche finanzieri e speculatori - vedi gli Agnelli e la storia della FIAT negli ultimi 30 anni) e dalla corte di preti, ricchi ed esponenti della criminalità organizzata che sguazza attorno a questa classe e la serve in varie mansioni. Questo è il loro mondo e la loro civiltà. Il corso della cose che subiamo è quello che corrisponde alla loro direzione, alle loro abitudini, alle loro relazioni, agli imperativi della loro natura. Essi non concepiscono altro mondo all’infuori di questo. Chi vuole abolire questo mondo, per questo solo fatto per loro è un matto o un terrorista.

Da parte delle masse popolari, cioè di quei loro esponenti che più o meno professionalmente riflettono sulla situazione e hanno un pubblico (chiamiamoli genericamente intellettuali), è inutile continuare a dirsi l’un l’altro che bisogna avere una prospettiva, che bisogna indicare una prospettiva. La prospettiva c’è ed è una sola: è il socialismo.

La borghesia e il clero vi si oppongono con le unghie e con i denti: non la vogliono, lede i loro interessi e la loro concezione del mondo, è contro la loro natura. Gli esponenti della sinistra non comunista o addirittura francamente anticomunista a forza di non osare contravvenire al “pensiero unico”, esporre e proclamare quella prospettiva, non riescono neanche più a concepirla.

Molti intellettuali semplicemente sono oramai corrotti moralmente e intellettualmente dal lungo periodo di soggezione al revisionismo moderno e alla sinistra borghese. A forza di non assumersi le loro responsabilità sociali, cioè l’impegno di promuovere, organizzare e dirigere i lavoratori organizzati a realizzare il socialismo che pure proclamavano, sono ridotti a parlarne ognuno solo quando a lui garba e infine anche a immaginarselo ognuno come a lui garba.

Altri sono spaventati dalle difficoltà del socialismo che sono emerse nell’esperienza dei primi paesi socialisti. Non hanno ancora capito (e forse non capiranno mai più) che erano i problemi del nuovo ordine delle cose, i problemi particolari o concreti che l’umanità deve imparare ad affrontare per instaurare un nuovo sistema sociale e farlo progredire: gli uomini non possono vivere diversamente restando intellettualmente e moralmente quelli di prima. Ma non possono neanche trasformarsi prima di incominciare a vivere diversamente. Le due trasformazioni si combinano contraddittoriamente. Dobbiamo imparare a trattare bene questa nuova contraddizione. Il nuovo mondo deve via via imparare a svolgersi sulla sua propria base, cioè comprendendo e risolvendo i suoi propri problemi, man mano che viene meno il suo ruolo di base rossa della rivoluzione perché questa si è estesa a tutto il mondo. Noi comunisti dobbiamo da subito smettere di pensarlo confrontandolo con il vecchio mondo e di trattarlo con i criteri sviluppati per questo. Non è possibile comprendere né trattare un essere superiore con le categorie di un essere inferiore, ragionare del socialismo con le categorie del capitalismo.

Nelle nostre condizioni oggi il primo passo su questa strada, che non richiede ancora una radicale trasformazione della concezione del mondo, ma solo iniziative di lotta dettate dal buon senso e dalle necessità immediate, è “promuovere la costituzione di un governo d’emergenza che prenda misure d’emergenza adatte alla situazione”. Al di fuori di questo non c’è che l’agitarsi a vuoto ed essere travolti nel si salvi chi può della mobilitazione reazionaria o essere coinvolti e trascinati da chi promuove la costituzione del Governo di Blocco Popolare.