La Voce 64 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXII  marzo 2020

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Antifascismo popolare, non antifascismo padronale!  

Quando il 24 e 25 febbraio in Hitachi Rail a Pistoia operai e impiegati hanno votato per il rinnovo delle RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie) e dei RLS (Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza), l’UGL (Unione Generale dei lavoratori) è risultata il primo sindacato tra gli operi con 2 delegati nelle RSU e 1 RLS. UGL è notoriamente il sindacato legato agli ambienti nostalgici, che si richiamano al fascismo, quelli che Berlusconi ha sdoganato con Alleanza Nazionale di Massimo Fini e ora Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

I capifila dei sindacati sconfitti hanno gridato contro la vittoria della UGL in nome dell’antifascismo. Esponenti della sinistra borghese hanno indicato nei risultati delle elezioni la conferma dell’avanzata del fascismo tra le masse popolari, dell’arretratezza delle masse. A noi la vittoria della UGL in una zona storicamente “rossa” non ci spaventa. Qui come in mille altri contesti bisogna distinguere tra antifascismo popolare e antifascismo padronale. L’antifascismo popolare è sostanzialmente lotta contro l’oppressione dei capitalisti, del clero e delle loro autorità che si esprime in sentimenti, idee, manifestazioni e cerimonie contro l’oppressione padronale e clericale che il regime fascista e Mussolini hanno incarnato per più di vent’anni e contro la Repubblica Sociale Italiana - la Repubblica di Salò (1943-1945) nazifascista. L’antifascismo padronale è invece sfruttamento di questo a fini elettorali, clientelari e affaristici. Chiamiamo antifascismo popolare l’insieme dei sentimenti e delle idee, dei simboli, delle manifestazione, degli organismi e delle istituzioni derivati dalla lotta che le masse popolari hanno condotto contro il fascismo per liberarsi dall’oppressione dei capitalisti e del clero. Mussolini, il suo movimento fascista e il suo regime fascista hanno imposto e incarnato l’oppressione dei capitalisti e del clero in un periodo, nel Biennio Rosso (1919-1920) e negli anni successivi, in cui essa era gravemente minacciata dalla mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari in Italia e dall’esempio e dall’impulso dell’Unione Sovietica e dell’Internazionale Comunista nel mondo. Lotta contro il fascismo era lotta contro il regime dell’oppressione padronale e clericale.

 

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Nella letteratura del (n)PCI chiamiamo

mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari la mobilitazione delle masse contro la borghesia e le altre classi reazionarie per togliere loro il potere e instaurare il potere delle masse popolari organizzate con alla testa il partito comunista, cioè la dittatura del proletariato, espressione politica del socialismo?

mobilitazione reazionaria delle masse popolari la mobilitazione delle masse popolari diretta da gruppi della borghesia imperialista, da esponenti della borghesia imperialista o del clero, contro altre masse popolari facendo leva su contraddizioni reali in seno alle masse popolari oppure abilmente sfruttando motivazioni razziali, nazionali, di religione o altre.

Vedere Manifesto Programma pag. 63 e gli altri passaggi indicati alle voci mobilitazione rivoluzionaria e mobilitazione reazionaria in Indice analitico del MP pag. 309.

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Dopo la vittoria della Resistenza, a causa dei limiti del movimento comunista cosciente e organizzato e dell’influenza che la borghesia e il clero esercitavano nelle sue file, soprattutto tramite i revisionisti moderni (Palmiro Togliatti in testa), borghesia e clero sono riusciti a impedire l’instaurazione del socialismo e a ristabilire in un tempo relativamente breve un loro regime, la Repubblica Pontificia sotto tutela USA. Ufficialmente la Repubblica Pontificia era antifascista, nella Costituzione del 1948 erano scritti a chiare lettere sia il divieto di ricostituire organizzazioni ispirate al fascismo di Mussolini sia alcuni diritti delle masse popolari incompatibili con la dominazione della borghesia e del clero. In realtà pur condannando il regime di Mussolini, ripudiando spesso anche con ostentazione i suoi simboli e le sue parole d’ordine e i nostalgici dichiarati del vecchio regime, gli esponenti della Repubblica Pontificia hanno ristabilito le sue istituzione e le sue procedure, la vecchia oppressione contro le masse popolari. Gli esponenti del PCI e del PSI, le loro organizzazioni sindacali (CGIL anzitutte), culturali e di ogni genere (Case del Popolo, Camere del lavoro, cooperative, circoli ricreativi, ecc.) si sono ufficialmente professati antifascisti. Nella realtà è cresciuta nel corso degli anni la collusione dei loro dirigenti e anche delle stesse organizzazioni con le istituzioni statali e professionali padronali e con gli stessi capitalisti e gli alti prelati. Il nucleo della UGL all’Hitachi Rail di Pistoia si è formato da operai FIOM quando la FIOM rifiutò di promuovere una lotta efficace contro l’inquinamento da amianto in fabbrica.

La Risoluzione anticomunista votata il 19 settembre 2019 al Parlamento Europeo è stata votata anche dagli esponenti del PD. Persino le celebrazioni delle foibe e di altre ricorrenze mirate a riabilitare il fascismo di Mussolini sono state sostenute e partecipate anche dagli esponenti dell’antifascismo padronale. L’antifascismo padronale è diventata una maschera per attaccare il movimento comunista e ostacolare la sua rinascita.

Bisogna smascherare l’antifascismo padronale, denunciare e mostrare la collaborazione dei suoi esponenti con capitalisti, con alti prelati e con le loro autorità. L’antifascismo padronale in realtà è anticomunismo e va a vantaggio delle organizzazioni padronali, anche di quelle che apertamente si dichiarano fasciste (gruppi di scimmiottatori del fascismo del secolo scorso e di veneratori di Mussolini e della Repubblica Sociale Italiana, la Repubblica di Salò) e di organismi affini come l’UGL, Fratelli d’Italia e altri. Bisogna diffondere la storia, i sentimenti e le idee della Resistenza e celebrare i suoi eroi. Bisogna far rinascere il movimento comunista cosciente e organizzato.

Anna M.