La Voce 61 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXI - marzo 2019

Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

Consolidamento e rafforzamento del (nuovo)PCI

Alla ricerca di embrioni di organizzazioni operaie e popolari!


Porto a tutti i compagni del Partito e della Carovana la mia esperienza condotta nell’ultimo anno nell’individuare gli embrioni di organizzazioni operaie nelle aziende capitaliste e di organizzazioni popolari nelle aziende pubbliche (OO-OP), nel farli crescere e consolidare fino a “uscire dalla fabbrica” per legarsi al movimento di lotta generale, alla resistenza opposta dalle masse popolari al catastrofico corso delle cose e agire nella loro zona come centri (agenzie) del nuovo potere, cioè come nuove autorità pubbliche.

Questo contributo serve per elaborare metodi, strumenti e criteri e ricavare insegnamenti utili ad avanzare nel trattare quello che è il principale nodo da sciogliere in questa precisa fase politica e storica. Infatti, senza una capillare e ramificata rete di organizzazioni operaie e popolari nelle principali aziende del paese, ogni discorso sulla presa del potere e sull’instaurazione del socialismo è vuota propaganda alla maniera della sinistra borghese, sono chiacchiere che la classe operaia e le masse popolari respingono al mittente: non servono loro nemmeno a far fronte alle loro “esigenze” immediate di bloccare la chiusura e il ridimensionamento di aziende e servizi. Quello che fa la differenza siamo noi comunisti con l’analisi e la concezione che portiamo ai lavoratori avanzati partendo dal bilancio della loro pratica (quella che chiamiamo scuola di comunismo), con la trasformazione delle idee dei più avanzati attraverso lo studio della concezione comunista del mondo. Lo studio è fondamentale! [il ragionamento del compagno pecca di unilateralismo. Con i lavoratori più generosi e avanzati, più protesi a capire come va il mondo e cosa fare per trasformarlo, che vogliono diventare comunisti, dobbiamo concentrarci sull’elevazione della loro coscienza, e lo studio è uno strumento fondamentale e sulla loro conquista al Partito. In altri casi dobbiamo concentrarci sull’organizzazione degli elementi più avanzati, sulla mobilitazione dei loro organismi ad assumere passo dopo passo un ruolo dirigente verso il resto dell’azienda e fuori, sull’elevazione della coscienza resa possibile ad ogni passo dell’esperienza. All’argomento è dedicato l’articolo Fare da subito di ogni azienda un centro del nuovo potere! di pag. 22, ndr ]

Ho portato avanti questo lavoro di sperimentazione approfittando dell’attività in uno dei sindacati di regime che, nonostante il loro deperimento e la collusione con la classe dominante, sono ancora un importante centro di riferimento e aggregazione della classe operaia, facilitano l’entrata in fabbrica e la presa di contatto con i lavoratori, hanno un’inchiesta piuttosto dettagliata del tessuto produttivo del paese: tutti elementi preziosi di cui usufruire.

Per non disperdermi nei tanti contesti lavorativi presenti in città di media grandezza del nord del paese dove opero, ho scelto le aziende su cui intervenire seguendo criteri ben definiti: il loro ruolo oggettivo nell’economia territoriale, la tradizione di lotta sindacale e politica, la preesistenza di un embrione di organizzazione, quanto la formazione di una OO avrebbe influenzato dialetticamente il territorio circostante. Quest’ultimo criterio è stato particolarmente importante per lo sviluppo di un embrione di coordinamento cittadino, al momento ancora da consolidare e sviluppare, che è partito grazie all’intervento mirato su una OO che ha fatto da traino alla formazione e sviluppo di altre. È oggettivo che alcune aziende hanno un peso specifico maggiore nella lotta di classe rispetto alle altre: pensiamo alle fabbriche ex FIAT, ai portuali di Napoli e Genova, all’Arsenale di La Spezia e ai cantieri navali di Palermo. Ciò non toglie che altre situazioni più piccole possono, grazie all’intervento dei comunisti, fare altrettanto come emerge bene dalle vicende della Rational di Massa descritte nel n. 58 di La Voce.

Partendo con questi presupposti sono venuto in contatto con i comitati degli iscritti, i circoli aziendali di partiti orientati dalla sinistra borghese (ma mi è capitato di trovarne anche uno “informale” diretto dalla Lega), le salette sindacali, i singoli soggetti. Questi sono gli “organismi unicellulari” da cui partire che aprono la via allo sviluppo collettivo, la mole di informazioni di dettaglio che ho ricavato da questi, spesso è stata superiore a quelle fornite da delegati e RSU vari, a dimostrazione che non è affatto necessario essere in tanti per cominciare a fare.

Gli ambienti sopra citati sono tutti luoghi fisici concreti in cui i lavoratori discutono, si confrontano e cercano di agire, ma non mi sono fermato a questi perché mi scontravo spesso con le chiusure di capetti e delegati sindacali protesi a difendere i propri orticelli e privilegi, una soffocante attenzione del padrone con telecamere e spioni di vario tipo, ma soprattutto con la diffidenza e la scarsa partecipazione di tanti lavoratori verso strutture sindacali ritenute colluse e inutili: preferivano aggregarsi in altri modi. Ho scovato un gran numero di lavoratori che si uniscono per soddisfare altre esigenze che non sono quelle strettamente sindacali, conoscendo operai non in prima linea a livello sindacale né con la falce e martello nel cuore, ma intellettualmente vivaci: che fanno spettacoli teatrali o suonano in gruppi rock, organizzano rassegne di film e documentari e presentazioni di libri, a dimostrazione che “vogliono anche le rose oltre che il pane” come diceva un vecchio adagio, che non sono quegli animali da soma a cui li riducono in modo caricaturale gli economicisti quando dicono che non si può parlar loro d’altro che del salario e delle condizioni che vivono dietro ai cancelli. Ho visto che tanti lavoratori si organizzano in gruppi di ciclismo, trekking, nuoto, altre attività sportive. Alla fine, nonostante possa sembrare che siano attività ben lontane dai nostri obiettivi e propositi, si torna sempre a parlare della vita in azienda, dei problemi e delle contraddizioni quotidiane: la lotta di classe, il motore della storia e la contraddizione principale che vivono quotidianamente, riemerge sempre.


 

La parte principale e decisiva del nostro lavoro

Il lavoro sulle organizzazioni operaie e popolari (OO-OP) è il principale lavoro esterno di tutta la Carovana del (n)PCI, è la sintesi di tutto il nostro lavoro esterno e la verifica della sua qualità. Il lavoro interno è premessa del lavoro esterno e funzionale ad esso: i risultati nel lavoro esterno sono la verifica anche della sua qualità.

Compito principale dei Comitati di Partito è individuare gli embrioni di OO-OP, rafforzarli e portarli ad agire, tappa dopo tappa, da nuove autorità pubbliche. Le OO-OP sono le fondamenta del nuovo potere delle masse popolari organizzate.

È svolgendo questa attività che i CdP “imparano a combattere combattendo” e si trasformano in Stato Maggiore, per la loro zona di competenza, della rivoluzione socialista in corso e reclutano nuovi compagni.

 


Sono stati tutti bacini importanti in cui ho pescato lavoratori per portarli a lavorare comunque sull’azienda, che rimane la loro principale fonte di sostegno economico e il luogo dove passano metà della loro giornata, il contesto in cui crescono insieme agli altri e di cui parlano anche negli altri ambienti. L’insegnamento che ho ricavato è quello di partire dal dato oggettivo dell’aggregazione che sta alla base dello sviluppo dell’embrione, come le cellule che si aggregano e si moltiplicano per creare un organismo più grande. A noi interessa che questo avvenga e non dobbiamo porci limiti nell’individuare il punto di partenza: può essere il più lontano dai classici dettami sindacali e politici, sta a noi comunisti portarlo nella giusta direzione.

Con i più avanzati e interessanti ho cominciato a parlare del Partito, facendo leva sul legame dialettico della clandestinità con alcune situazioni di fabbrica che, con la repressione aziendale sempre più estesa, sono all’ordine del giorno: pensiamo a guardiani e spioni di ogni genere, telecamere e videosorveglianza del Jobs Act, obbligo di fedeltà aziendale, la necessità di adottare forme di lotta a sorpresa. I lavoratori capiscono facilmente e ho trovato porte aperte all’introduzione del discorso che occorre organizzarsi senza che il padrone lo sappia o quantomeno facendo sapere il meno possibile, facendo leva sul fatto che insieme ai sindacati il padrone decide tutto nelle “segrete stanze” e quando i lavoratori arrivano a sapere di delocalizzazioni, aumenti di ritmi e diminuzione delle pause, ecc. è sempre tardi e non se ne può discutere: alla faccia della democrazia borghese. Ho fatto leva anche sull’organizzazione clandestina del vecchio PCI per resistere sotto il fascismo e il nazismo e per i lavoratori avanzati con cui ne ho trattato è abbastanza naturale muoversi al riparo di tutto ciò. La natura clandestina del Partito non era un argomento alieno e diversi di loro hanno chiesto, con cautela e con sana diffidenza, di avere altre delucidazioni.

Una volta individuati i primi nuclei li ho indirizzati nel consolidamento che quasi sempre consiste nel trovarsi con un minimo di regolarità per fare il punto della situazione in azienda e fuori, “accogliere” i nuovi arrivati e tracciare i passi da fare: il principale è portare la fabbrica fuori dai cancelli.

Ho spinto la OO di un’azienda metalmeccanica di medie dimensioni che era senza particolari problemi di produzione a riflettere sul processo di morte lenta che comunque li riguarda (in dieci anni sono passati da 600 a circa 400 operai), per farli uscire dai cancelli lasciando sbrigare ai professionisti delle carte bollate i malloppi di carte che i padroni sottoponevano loro con cadenza quotidiana, per portare al resto delle masse popolari le loro preoccupazioni legate alla situazione generale di crisi economica, chiamandole a vigilare insieme sulle mosse del padrone: la chiusura avrebbe sicuramente ripercussioni anche sulle loro vite! Sono andati in alcuni mercati cittadini a portare un volantino che parlava di ciò e ha avuto un grande successo e clamore sui quotidiani locali.

Il secondo passo che quasi sempre propongo è quello di chiamare in causa gli eletti del “governo del cambiamento”, chiedendo conto delle promesse fatte in campagna elettorale: nonostante le belle parole, i morti e infortunati sul lavoro continuano ad aumentare insieme alle malattie ergonomiche, i padroni continuano a dettare le loro leggi in fabbrica e a chiudere per delocalizzare, come alla Pernigotti e alla Bekaert. Questo movimento ha influito anche sui residuati dello sgretolato sistema delle Larghe Intese e sugli stessi sindacati confederali, che hanno provato a cavalcare il malcontento per l’attuazione parziale o nulla delle misure promesse dal governo M5S-Lega. Nella pratica, abbiamo fatto toccare loro con mano che possono farsi correre dietro dagli attori istituzionali quando fanno valere la loro forza e prendono l’iniziativa. Hanno toccato con mano gli effetti pratici della breccia che si è aperta il 4 marzo grazie alla LORO resistenza. Questo è un esempio concreto di come si comincia ad agire da nuove autorità pubbliche, le loro parole d’ordine sono quelle seguite dagli altri lavoratori, dalle masse popolari e dalla seconda gamba e sono una piccola dimostrazione di potere: quello che dicono vale!

Il terzo passo che promuovo è il confronto e lo scambio di esperienze con altri gruppi di lavoratori che si organizzano in forme simili. Spesso sono stati incontri molto informali, al bar e al circolo, in mezzo o a margine di cortei e altre iniziative pubbliche, senza un’organizzazione particolare: averle fatte in modo così spontaneo e disorganizzato è servito a non dare adito al timore che qualcuno voleva “mettere il cappello” sulla loro iniziativa e ha comunque rafforzato la solidarietà e il coordinamento, ponendo le basi di legami più solidi fra lavoratori. Legami che poi si sono sedimentati e continuano anche a prescindere da noi, tanto che in occasione di uno sciopero della fabbrica X quelli della fabbrica Y si sono subito mossi pubblicamente senza il nostro intervento e costringendo i sindacati all’ennesima, affannosa rincorsa. È importante ragionare sugli effetti di lungo corso di interventi che ci possono sembrare quasi insignificanti.

Sempre nell’ottica dell’allargamento della breccia sto portando avanti altri “esperimenti”, in particolare su operai e lavoratori che hanno votato Lega, per spingerli a incalzare i loro amministratori locali, per alimentare le contraddizioni interne a cominciare dalle misure più reazionarie come le parti antioperaie del Decreto Sicurezza.

Un altro intervento che farò riguarda una OO da poco formata e li spingerò ad andare ai cancelli di una nota azienda del loro comprensorio per portare la loro esperienza e invitare a replicarla, proprio come le cellule che si moltiplicano: che mille OO e OP nascano, a noi comunisti il compito di farle crescere fino a diventare le nuove autorità pubbliche della futura società socialista!

Alberto