La Voce 61 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXI - marzo 2019

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Centenario della fondazione dell’Internazionale Comunista e del Biennio Rosso



Le celebrazioni del centenario della fondazione nel marzo 1919 dell’Internazionale Comunista (IC) e del Biennio Rosso (1919-1920) in Italia sono un’ottima occasione per elaborare e propagandare gli insegnamenti che le esperienze della prima ondata (1917-1976) ci forniscono per la nuova ondata mondiale della rivoluzione socialista e per la rivoluzione socialista in corso in Italia promossa dal (n)PCI, insegnamenti indispensabili per la nostra vittoria e l’instaurazione del socialismo.

È questo lo scopo che dobbiamo fissarci nelle celebrazioni: elaborare e propagandare gli insegnamenti che l’esperienza della prima ondata della rivoluzione socialista ci fornisce. Quindi

1. in primo luogo promuovere iniziative per le celebrazioni del centenario e partecipare a quelle, promosse da altri, che riuniscono base rossa e più in generale masse popolari, in particolare lavoratori impegnati nell’attività delle organizzazioni operaie e popolari;

2. in secondo luogo nelle celebrazioni praticare e favorire la lotta tra le linee:

- tra chi vuole ricavare insegnamenti dall’esperienza (quindi lega il passato al presente) e chi si limita all’esaltazione e alla narrazione degli avvenimenti;

- tra chi lega le intenzioni e le linee ai risultati e chi si limita a ricostruire le lotte tra diversi orientamenti del passato ed esporre le buone ragioni degli uni e degli altri;(1)

- tra chi lega l’azione dei dirigenti alle attività delle ampie masse (i comunisti promotori dell’attività delle masse) e chi si limita o alla prima o alle seconde.


1. Nello scontro tra linee, ognuno dei sostenitori di linee anche opposte e incompatibili trova buoni argomenti a sostegno della linea che sostiene perché la realtà è fatta di tante relazioni. Solo la comprensione del corso generale delle cose consente di capire quale delle linee favorisce e quale contrasta il corso che dobbiamo dare alle cose per arrivare a instaurare il socialismo e avanzare verso il comunismo che è l’orizzonte nel quale si svolge oggi la storia dell’umanità.


2. Riducono il capitalismo attuale a produzione e circolazione di merci promosse dai capitalisti (cioè riducono il funzionamento del capitalismo a economia mercantile sussunta [vedere in questo numero, pag. 42] nel capitale) nascondendo che nella fase imperialista la produzione di merci è diventata un’appendice del capitale finanziario e speculativo: le grandi opere speculative (TAV, ecc.) sono l’esempio più evidente di questa inversione dei ruoli.

I dogmatici più estremi riducono ancora oggi il funzionamento del capitalismo a produzione e scambio di merci a parità di tempo di lavoro socialmente necessario a produrle (sintetizzata nella formula C = c + v + pv, anche se assumono come pv per la singola merce il profitto medio, quindi il costo di produzione invece del valore).


A questo fine dobbiamo anzitutto da materialisti dialettici collocare l’attività dell’IC e i suoi risultati nel contesto della prima crisi generale del capitalismo, risultante dalla sovrapproduzione assoluta di capitale e dalle attività svolte dalla borghesia per farvi fronte, attività che costituiscono la fase imperialista del modo di produzione capitalista. Queste attività hanno profondamente cambiato il modo di funzionare del capitale e della società umana, al punto che quelli che si ostinano a interpretare le sue manifestazioni attuali in base alle categorie semplici dell’analisi marxista delle origini storiche e logiche del modo di produzione capitalista e del funzionamento del capitale (quelli che nel n. 60 di La Voce pagg. 5-15 indichiamo come “i dogmatici”) travisano completamente la realtà e quindi

- nella teoria sono dogmatici: ripetono le verità marxiste, riducono il funzionamento del capitalismo alle categorie semplici dell’analisi marxista (2) e cercano di adattare la realtà ad esse;

- nell’attività politica (quelli che la fanno) sono empiristi, navigano a vista: parlano di socialismo ma hanno come orizzonte il ritorno a un capitalismo che non può tornare (perché non c’è più il terreno su cui è nato), indicano alle masse obiettivi che andavano bene per ripararsi da una pioggia (crisi cicliche del capitalismo pre-imperialista, capitalismo dal volto umano), ma sono inutili per far fronte a una tempesta (crisi generale).

Sono come medici che trattano le malattie di un anziano con le nozioni dei pediatri.

L’attività della IC e i suoi risultati vanno quindi esaminati alla luce del fatto che la prima crisi generale poneva all’ordine del giorno

- nei paesi imperialisti, la rivoluzione socialista, cioè l’organizzazione del proletariato per il suo sviluppo come classe dirigente (l’assalto rivoluzionario contro i governi capitalisti, la guerra civile contro la borghesia, l’instaurazione e la costruzione del socialismo) e non più il “lavoro preparatorio, di organizzazione delle masse proletarie nel lungo periodo ‘pacifico’ della più crudele schiavitù capitalista e del più rapido progresso capitalistico” (Lenin, La situazione e i compiti dell’Internazionale Socialista, 1914);

- nei paesi oppressi, il subentro della classe operaia alla borghesia nella direzione della rivoluzione democratico-borghese (superamento dei rapporti schiavisti, feudali, patriarcali, ecc.) che la borghesia era diventata incapace di dirigere, cioè la rivoluzione di nuova democrazia.

La celebrazione del centenario della fondazione dell’IC, l’aggravarsi della crisi generale del capitalismo e l’opera particolare che il (n)PCI svolge in Italia e nel movimento comunista internazionale, concorrono nel promuovere il bilancio dell’esperienza in tutti i partiti comunisti che oggi si pongono come eredi del vecchio movimento comunista e si ritengono suoi continuatori, quindi un bilancio critico del passato. È una tendenza positiva che dobbiamo sostenere.

Il 16 e 17 febbraio 2019, ospiti del Partito Comunista di Turchia (segretario generale Kemal Okuyan), 31 partiti e organismi di 26 paesi europei hanno tenuto una conferenza sul tema Lotta per il comunismo - Cento anni di eredità politica. Erano gli organismi aderenti alla Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa, tra i quali il più autorevole è il Partito Comunista di Grecia (KKE). Ognuno degli organismi ha presentato un suo bilancio della lotta condotta dai partiti comunisti membri dell’Internazionale Comunista nel rispettivo paese nel corso della prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria. L’impostazione comune ai bilanci era: “I nostri predecessori non sono riusciti a instaurare il socialismo e, dove vi erano riusciti (Russia e paesi dell’Europa Orientale), hanno finito comunque per perdere la guerra: oggi non esistono più paesi socialisti. Ma il comunismo è necessario: noi continuiamo o abbiamo ripreso con fiducia e determinazione la lotta e riusciremo a portare a termine l’impresa”. Come a dire: i nostri predecessori hanno provato a scalare la montagna. Non ce l’hanno fatta, sono solo arrivati a un certo livello e poi sono ruzzolati in basso: noi ritentiamo l’impresa. Ma senza aver capito perché non ce l’hanno fatta: nelle relazioni presentate alla conferenza che abbiamo potuto consultare manca completamente l’indicazione degli insegnamenti, universali o particolari, che ogni singolo partito aveva tirato dall’esperienza passata a garanzia del successo della lotta nuovamente in corso.

Tuttavia nelle conclusioni della Conferenza Kemal Okuyan ha detto (traduzione nostra): “Sulla scia di quelli che nel marzo del 1919 hanno fondato il partito mondiale dei comunisti, noi guardiamo al passato con la ferma convinzione che la borghesia sarà sconfitta e ci chiediamo: ‘Perché la lotta è durata tanto a lungo, perché la vittoria tarda tanto?’. Non si tratta solo e neanche principalmente di stabilire quali sono stati i nostri errori. Certamente noi non possiamo esimerci dallo stabilire quali sono stati, ma per imparare dal passato dobbiamo soprattutto legare il nostro bilancio del passato alla questione: ‘Come possiamo raggiungere la vittoria?’. Se ci poniamo da questo punto di vista, non avremo paura del nostro passato, non getteremo nell’oblio il nostro passato come alcuni fanno, vergognandosene. Nel secolo XX il proletariato è arrivato al potere in alcuni paesi: nel secolo XXI andremo molto più avanti. Noi ripercorriamo il passato cercando la strada per raggiungere questo obiettivo e ne tiriamo insegnamenti adeguati. (...) In questa conferenza abbiamo imparato molto l’uno dall’altro. I nostri partiti hanno presentato bilanci differenti tra loro: le differenze nei bilanci presentati non provengono solo dalle differenze nelle condizioni in cui si trovano i nostri paesi, ma anche da differenze nell’approccio dei singoli partiti alle questioni fondamentali della nostra lotta comune. (...) Dobbiamo continuare la discussione senza trascurare queste differenze. (...) Se non tiriamo conclusioni e non impariamo dalla discussione che abbiamo fatto, la conferenza sarà stata inutile. In questa conferenza non abbiamo solo discusso di varie questioni, ma abbiamo anche imparato a discutere e a sviluppare con profitto la discussione tra noi.”

Queste conclusioni sono di buon auspicio, indice di una tendenza ad affrontare con scienza e coscienza il bilancio della prima ondata, dei motivi per cui il movimento comunista non ha instaurato il socialismo in alcun paese imperialista e degli insegnamenti da ricavarne per la lotta in corso. Una tendenza che dobbiamo appoggiare tra i comunisti del nostro paese e a livello internazionale, portando il bilancio in ogni sede adatta. È per questo che abbiamo elaborato e diffondiamo I quattro temi principali da discutere nel movimento comunista internazionale.






Il motivo principale per cui nel secolo scorso non abbiamo instaurato il socialismo in tutto il mondo e in particolare in nessuno dei paesi imperialisti, sta nei limiti della nostra comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta del proletariato contro la borghesia. Nel secolo scorso, nonostante i grandi risultati raggiunti, abbiamo condotto la lotta senza una comprensione adeguata

1. della fonte e della natura della crisi generale in corso;

2. del sistema di controrivoluzione preventiva che la borghesia aveva messo in atto a partire proprio dai principali paesi imperialisti per ostacolare l’egemonia dei partiti comunisti nelle classi e nei popoli oppressi;

3. della forma della rivoluzione proletaria;

4. della particolare trasformazione che i comunisti devono compiere nella scuola del Partito per differenziarsi dalle masse popolari e sfuggire al sistema di controrivoluzione preventiva e per unirsi ad esse come dirigenti della resistenza che esse oppongono al corso delle cose;

5. della natura della classe dirigente e dello Stato nella società socialista;

6. della lotta tra due linee che bisogna condurre ripetutamente nel Partito e nelle organizzazioni delle masse popolari per arrivare all’estinzione della divisione dell’umanità in classi e all’estinzione dello Stato.

Nel secolo scorso per alcuni aspetti importanti della nostra lotta abbiamo quindi agito alla cieca (ossia senza la comprensione concretamente necessaria delle condizioni e delle forme della nostra lotta) pur seguendo una linea sostanzialmente giusta: infatti il mondo ha cambiato faccia, per decenni la borghesia imperialista ha dovuto rincorrere il movimento comunista che aveva preso la direzione del corso delle cose. Ma avendo agito alla cieca, siamo stati sorpresi dai risultati della nostra azione, non ne abbiamo tirato i frutti e non abbiamo fatto i passi in avanti che quei risultati rendevano necessario e possibile fare. In vari casi siamo giunti ad uno stadio superiore (es. in Italia: oscillazioni nelle Forze Armate durante il Biennio Rosso, crollo del fascismo nel 1943, Consigli di Fabbrica e Organizzazioni Comuniste Combattenti negli anni ’70) e ci siamo trovati a “navigare a vista”. Da qui l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e il sopravvento della borghesia imperialista: da quarant’anni a questa parte la borghesia ha ripreso la direzione del corso delle cose. I risultati disastrosi della sua direzione confermano la nostra scienza.

Sta a noi imparare dal corso delle cose, superare i nostri limiti e riprendere la direzione. La coscienza e la combattività delle masse popolari non sono e non possono essere l’inizio della ripresa. L’inizio della ripresa è la coscienza e la combattività dei comunisti, sta nella direzione che essi esercitano nel movimento di massa, praticando la “linea di massa”. Dalla direzione dei comunisti verrà la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari. La loro coscienza e la loro combattività saranno frutto della direzione dei comunisti e lo strumento della vittoria della rivoluzione socialista.

Questa è la lezione dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, della quale l’Internazionale Comunista è stata promotrice.

Il bilancio del Biennio Rosso conferma, per il nostro paese, questa lezione. La resistenza delle masse popolari al corso delle cose che la borghesia imperialista impone alle masse popolari per far fronte alla crisi generale del suo sistema, può andare oltre un certo limite solo se cessa di essere resistenza spontanea e diventa movimento diretto dal Partito comunista che a sua volta è all’altezza del suo compito di dirigente della loro resistenza. La sconfitta delle masse popolari nel Biennio Rosso è la conferma dei limiti del Partito socialista e del partito comunista che nacque dalla scissione della sua ala sinistra.(3) La storia del Biennio Rosso e del fascismo con cui la borghesia italiana riuscì a soffocare la rivoluzione proletaria con una sua “rivoluzione passiva” (rivoluzionamento delle condizioni delle masse senza autonomia di esse dalla classe dominante), fino alla caduta del fascismo a causa principalmente di contraddizioni interne al regime e alla classe dominante, è parte essenziale della storia della prima ondata della rivoluzione proletaria nel nostro paese. La celebrazione del centenario offre l’occasione per verificare e propagandare gli insegnamenti che ne abbiamo ricavato ai fini della comprensione di quale partito comunista occorre per condurre alla vittoria la rivoluzione socialista. A tutti quelli che si dedicano senza riserve alla causa della vittoria del proletariato contro la borghesia, la storia del Biennio Rosso insegna che dedicarsi alla costruzione del Partito è logicamente la premessa per dedicarsi alla mobilitazione e organizzazione delle masse popolari con scienza e coscienza, quindi con la certezza di portare il proletariato alla vittoria e all’instaurazione del socialismo.

Anna M.

3. Per la storia del Biennio Rosso vedere Proletari senza rivoluzione di Renzo Del Carria, Storia del Partito comunista italiano di Paolo Spriano e agli scritti di Antonio Gramsci, in particolare Il movimento torinese dei Consigli di Fabbrica (1920, reperibile in L’Ordine Nuovo 1920-1921 ed. Einaudi).