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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - novembre 2018

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Lenin - Lettera ai comunisti tedeschi

14 agosto 1921 - Opere Complete vol. 32

  

Presentazione della redazione di La Voce

Pubblichiamo un ampio stralcio (la versione integrale è reperibile su www.nuovopci.it) della Lettera scritta da Lenin nell’agosto del 1921 ai comunisti tedeschi nell’imminenza del Congresso del Partito comunista unificato della Germania (VKPD), reduce dalla fallita insurrezione del marzo 1921.

Ai fini della lotta che conduciamo in questo periodo la Lettera di Lenin è importante principalmente per due motivi.

1. Lenin nella sua lettera mette ben in chiaro che i partiti comunisti costituitisi nei paesi imperialisti negli anni ’20 del secolo scorso e riuniti nella IC (Internazionale Comunista) non erano capaci di fare la rivoluzione socialista, nonostante le aspirazioni, la generosità e l’eroismo che già distinguevano la gran parte dei loro membri. Dovevano imparare a farla.

Chi conosce gli avvenimenti degli anni 1920-1950 e la linea seguita dai partiti comunisti dei paesi imperialisti, sa che essi non impararono a fare quello che Lenin anche in questa Lettera dice che dovevano imparare. Per questo la prima ondata della rivoluzione proletaria iniziata con la Rivoluzione d’Ottobre si è esaurita senza aver instaurato il socialismo in tutto il mondo. Alla lunga abbiamo perso anche molto di quello che avevamo inizialmente conquistato. Nello stesso periodo in cui scrisse questa Lettera, nel Rapporto sulla tattica del Partito comunista russo presentato al III Congresso dell’Internazionale Comunista il 5 luglio 1921 Lenin mise in luce il legame tra la rivoluzione russa e la rivoluzione nei paesi imperialisti e indicò la linea di “salvaguardare, in tutte le circostanze e a ogni costo, il sistema sovietico, perché sapevamo di lavorare non soltanto per noi, ma anche per la rivoluzione internazionale” (vedasi a pag. 1 e 2 di questo numero di La Voce).

Il Partito comunista russo, guidato prima da Lenin e poi da Stalin, persistette per anni in questa linea, nonostante la lentezza con cui la rivoluzione proletaria procedette nel mondo. Riportò grandi vittorie sia nella difesa dell’URSS, base rossa della rivoluzione proletaria mondiale, dall’aggressione delle potenze imperialiste, sia nell’aiuto alla rivoluzione proletaria che avanzò in tutto il mondo ma in particolare nei paesi coloniali e semicoloniali con in testa la Cina, la Corea, il Vietnam, Cuba, sia facendo progredire in tutti i campi gli stessi popoli sovietici. L’URSS incominciò a declinare solo quando la destra del Partito comunista sovietico (PCUS), capeggiata da Kruscev, a partire dal 1956 riuscì a imporre la propria direzione nel PCUS e nell’URSS. E la destra riuscì a imporsi nel PCUS anche perché nei paesi imperialisti d’Europa e d’America la rivoluzione socialista non avanzava nonostante la sconfitta del nazifascismo e anzi molti partiti comunisti (tra di essi quello italiano e francese) avevano adottato una linea di collaborazione di fatto con la borghesia imperialista. La vittoria della destra nel PCUS portò definitivamente fuori strada i partiti comunisti dei paesi imperialisti e diede l’avvio all’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria iniziata nel 1917 con la Rivoluzione d’Ottobre. Infatti il Partito comunista cinese guidato da Mao Tse-tung cercò, con la Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976), di far assumere alla Repubblica Popolare Cinese il ruolo che l’URSS aveva svolto nel mondo fino al 1956, ma questo tentativo venne sconfitto alla morte di Mao, con l’avvento al potere, anche nel PCC, della destra capeggiata da Teng Hsiao-ping. L’integrazione di gran parte dei primi paesi socialisti nel sistema imperialista mondiale e il declino di gran parte dei movimenti rivoluzionari che erano in corso in vari paesi hanno aperto nella storia mondiale una nuova fase: la rinascita del movimento comunista è diventato il fattore decisivo per il futuro dell’umanità.

  La rinascita del movimento comunista consiste principalmente nel costituire nei paesi imperialisti partiti comunisti capaci di dirigere il proletariato e il resto delle masse popolari a fare la rivoluzione socialista e instaurare il socialismo nel proprio paese, traendo insegnamento dall’esperienza della prima ondata.

2. Cos’è che i partiti comunisti dei paesi imperialisti non impararono a fare nel periodo 1920-1950? Anche su questo punto la Lettera di Lenin ci fornisce un’indicazione preziosa, precisamente a proposito della relazione tra la coscienza e l’attività pratica nella rivoluzione socialista, tra il ruolo del partito comunista e l’attività spontanea della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari.

Noi comunisti sfruttiamo ogni mezzo per elevare la coscienza degli operai, ma il fattore principale di elevazione della loro coscienza e di vittoria della rivoluzione socialista è la loro esperienza pratica, diretta della lotta di classe sostenuta e illuminata dalla propaganda del Partito. La funzione organizzatrice e dirigente della teoria comunista è svolta principalmente dal Partito comunista. La comprensione avanzata delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe è il fattore principale della capacità del Partito comunista di promuovere la rivoluzione socialista e quindi indichiamo la riforma intellettuale e morale come aspetto essenziale del rafforzamento del Partito comunista. Gli idealisti invece dicono che il fattore decisivo della rivoluzione socialista è l’elevamento della coscienza della classe operaia che noi comunisti dovremmo compiere in concorrenza impari con l’opera di confusione, diversione e intossicazione della coscienza delle masse, opera a cui la borghesia e il suo clero si dedicano con tutte le risorse di cui le classi dominanti dispongono.

Lenin critica sia i comunisti che aspettano una rivoluzione che le masse dovrebbero fare di loro iniziativa, quindi una rivolta generale che dovrebbe scoppiare, che i comunisti preparerebbero principalmente con la propaganda e promuovendo lotte rivendicative, sia i comunisti che cercano di impadronirsi del potere con colpi di mano (putsch) e, più in generale, che cercano di sostituire l’attività del Partito all’attività delle masse. Egli indica l’attività tesa alla conquista del potere condotta dal Partito che mobilita su questo obiettivo la classe operaia come la via maestra, la forma principale della rivoluzione socialista nei paesi imperialisti: quella che noi oggi sulla scia del maoismo chiamiamo guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

In particolare Lenin dice che per il Partito la conquista del grosso degli operai “è possibile anche quando la maggioranza del proletariato formalmente segue ancora i capi della borghesia o i capi che fanno una politica borghese (...), o quando la maggioranza del proletariato tentenna. Tale conquista progredisce ininterrottamente e in tutti i modi nel mondo intero. Prepariamola più saldamente e più accuratamente, non lasciamoci sfuggire nessuna occasione seria in cui la borghesia costringe il proletariato a sollevarsi per lottare, impariamo a determinare con esattezza i momenti nei quali le masse del proletariato non possono non insorgere insieme con noi. Allora la vittoria sarà assicurata, per quanto siano ancora dure le singole sconfitte e le singole tappe della nostra grande marcia”.

Le note inserite nel testo tra parentesi quadre in corpo minore sono della redazione di La Voce.

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Lenin - Lettera ai comunisti tedeschi

Cari compagni,

[...] Per quanto posso giudicare, la situazione del partito comunista è in Germania particolarmente difficile. Ciò è del tutto comprensibile. [...]

  Non perdere il sangue freddo e il dominio di se stessi, correggere sistematicamente gli errori del passato, procedere ininterrottamente alla conquista della maggioranza delle masse operaie, sia nei sindacati che fuori dei sindacati, organizzare pazientemente un partito comunista forte e intelligente, capace di dirigere veramente le masse quale che sia la piega presa dagli avvenimenti, elaborare una propria strategia che sia al livello della migliore strategia internazionale della borghesia più avanzata e più “istruita” (istruita dall’esperienza secolare in generale e dall’“esperienza russa” in particolare): ecco quello che si deve fare ed ecco quello che farà il proletariato tedesco. [...]

Per prima cosa, i comunisti dovevano proclamare davanti al mondo intero i loro principi. Ciò è stato fatto al I Congresso dell’Internazionale Comunista (1919). È stato il primo passo.

Il secondo passo è stata la costituzione organizzativa dell’Internazionale Comunista e l’elaborazione delle condizioni di ammissione all’Internazionale stessa, le quali esigono la separazione effettiva dai centristi, dagli agenti diretti o indiretti della borghesia in seno al movimento operaio. Ciò è stato fatta al II Congresso dell’IC (1920).

Al III Congresso dell’IC si doveva iniziare un lavoro costruttivo, determinare concretamente - tenendo conto dell’esperienza pratica della lotta comunista già iniziata - come precisamente, dal punto di vista della tattica e dell’organizzazione, bisognava proseguire il lavoro. E noi abbiamo fatto anche questo terzo passo. Abbiamo un esercito di comunisti in tutto il mondo. Esso è ancora male istruito, male organizzato. Dimenticare questa verità, o aver paura di riconoscerla, sarebbe di grandissimo danno alla nostra causa. Bisogna esercitare su se stessi il controllo più attento e severo, studiare l’esperienza del proprio movimento, lavorare attivamente per educare quest’esercito come si deve, per organizzarlo come si deve, addestrarlo a ogni specie di manovre, in combattimenti diversi, in operazioni offensive e difensive. Senza questa scuola lunga e difficile, non è possibile vincere.

Nell’estate 1921 il “nodo” della situazione nel movimento comunista internazionale consisteva nel fatto che alcune tra le migliori e più autorevoli sezioni dell’Internazionale Comunista non avevano capito questo problema in modo del tutto giusto, avevano esagerato un tantino la “lotta contro il centrismo”, avevano oltrepassato un tantino il limite oltre il quale questa lotta si trasforma in uno sport, il limite oltre il quale s’incomincia a compromettere il marxismo rivoluzionario.

Questo era il “nodo” del III Congresso. L’esagerazione non era grande. Ma il pericolo da essa rappresentato era immenso. Lottare contro questa esagerazione era difficile poiché essa era opera degli elementi migliori, che sono effettivamente i più devoti, senza i quali, forse, non esisterebbe neppure l’Internazionale Comunista. Negli emendamenti alle tesi sulla tattica, pubblicati [gli emendamenti] nel giornale Mosca, in tedesco, in francese e in inglese, con la firma della delegazione tedesca, austriaca e italiana, questa esagerazione si è manifestata in modo del tutto preciso, tanto più preciso in quanto gli emendamenti si riferivano a un progetto di risoluzione già terminato (dopo un lavoro di preparazione lungo e multilaterale). Respingendo quegli emendamenti abbiamo raddrizzato la linea dell’Internazionale Comunista, abbiamo riportato una vittoria sul pericolo dell’esagerazione.

L’esagerazione, se non l’avessimo corretta, avrebbe certamente rovinato l’Internazionale Comunista. Perché “nessuno al mondo è in grado di inguaiare i marxisti rivoluzionari se non si inguaiano essi stessi”. Nessuno al mondo può impedire la vittoria dei comunisti sulla II Internazionale e sull’Internazionale due e mezzo [associazione dei socialdemocratici tedeschi, francesi e austriaci centristi (kautskiani), costituita a Vienna nel febbraio 1921 e ironicamente chiamata dai comunisti Internazionale due e mezzo, perché pretendeva di essere a metà strada tra la II Internazionale e la III Internazionale (l’Internazionale Comunista)] (e, nelle condizioni dell’Europa occidentale e del Nordamerica del secolo XX, dopo la prima guerra imperialista, ciò significa la vittoria sulla borghesia) se gli stessi comunisti non l’impediranno.

Ed esagerare, anche soltanto un tantino, significa appunto impedire la vittoria. Esagerare la lotta contro il centrismo vuol dire salvare il centrismo, consolidare la sua posizione, la sua influenza sugli operai.

  Noi abbiamo imparato a condurre, su scala internazionale, una lotta vittoriosa contro il centrismo nel periodo che va dal II al III Congresso dell’Internazionale Comunista. Ciò è dimostrato dai fatti. Continueremo questa lotta (espulsione di Levi [dal VKPD. Paul Levi (1883-1930) dirigente della SPD, diventato bolscevico in Svizzera durante la Grande Guerra, capo del KPD dal 1919 dopo l’assassinio di K. Liebnecht e Rosa Luxemburg] e del partito di Serrati [il PSI, dall’Internazionale Comunista]) fino alla fine.

Ma non abbiamo ancora imparato a condurre, su scala internazionale, la lotta contro le esagerazioni nella lotta contro il centrismo. Abbiamo tuttavia capito questo nostro difetto, come dimostrano l’andamento e l’esito del III Congresso. E appunto perché abbiamo riconosciuto il nostro difetto, ce ne sbarazzeremo.

E allora saremo invincibili, giacché la borghesia dell’Europa occidentale e del Nordamerica, se non avrà un appoggio in seno allo stesso proletariato (attraverso gli agenti borghesi della II Internazionale e dell’Internazionale due e mezzo), non sarà in grado di conservare il potere.

Una preparazione più accurata, più seria per nuovi combattimenti decisivi, tanto difensivi quanto offensivi: ecco quello che è essenziale e fondamentale nelle risoluzioni del III Congresso.

Tali sono i punti essenzialissimi della risoluzione del III Congresso sulla tattica.

“... Il comunismo diventerà in Italia un’attiva forza di massa se il Partito comunista italiano lotterà senza tregua, inflessibilmente contro la politica opportunista di Serrati e avrà, nello stesso tempo, uno stretto legame con le masse proletarie nei sindacati, durante gli scioperi, nella lotta contro il movimento controrivoluzionario dei fascisti, se esso unificherà le azioni di massa della classe operaia e trasformerà le esplosioni spontanee in combattimenti accuratamente preparati...”.

“...Il Partito comunista unificato della Germania saprà tanto meglio condurre le azioni di massa quanto più adatterà le sue parole d’ordine di lotta alla situazione reale, quanto più accuratamente studierà la situazione e quanto più queste azioni saranno concordi e disciplinate...”.

  

La conquista della maggioranza del proletariato da parte nostra “è il compito principale” (titolo del paragrafo 3 della Risoluzione sulla tattica).

La conquista della maggioranza non è certamente intesa da noi in modo formale come la intendono i paladini della “democrazia” perbenista dell’Internazionale due e mezzo. Quando nel luglio 1921, a Roma, tutto il proletariato - il proletariato riformista dei sindacati e il proletariato centrista del partito di Serrati - ha seguito i comunisti contro i fascisti, è avvenuta la conquista della maggioranza della classe operaia da parte nostra [probabilmente Lenin si riferisce alla lotta degli Arditi del popolo contro i fascisti che nel luglio 1921 raggiunse grandi risultati, tra cui la vittoria di Sarzana del 21 luglio: fino al divieto diffuso il 7 agosto 1921 dal Comitato Esecutivo del PCd’I, i comunisti erano parte decisiva degli Arditi del popolo e trascinavano socialisti, anarchici e senza partito].

Eravamo ancora lontani, ben lontani dalla conquista decisiva; si trattava soltanto di una conquista parziale, momentanea, locale. Ma era la conquista della maggioranza. Tale conquista è possibile anche quando la maggioranza del proletariato formalmente segue ancora i capi della borghesia o i capi che fanno una politica borghese (come tutti i capi della II Internazionale e dell’Internazionale due e mezzo), o quando la maggioranza del proletariato tentenna. Tale conquista progredisce ininterrottamente e in tutti i modi nel mondo intero. Prepariamola più saldamente e più accuratamente, non lasciamoci sfuggire nessuna occasione seria in cui la borghesia costringa il proletariato a sollevarsi per lottare, impariamo a determinare con esattezza i momenti nei quali le masse del proletariato non possono non insorgere insieme con noi.

  Allora la vittoria sarà assicurata, per quanto siano ancora dure le singole sconfitte e le singole tappe della nostra grande marcia. I nostri metodi tattici e strategici sono ancora inferiori (guardando le cose sul piano internazionale) all’eccellente strategia della borghesia, la quale ha imparato dall’esempio della Russia e non si lascerà “cogliere di sorpresa”. Ma forze maggiori, immensamente maggiori, sono con noi; noi studiamo la tattica e la strategia; noi abbiamo fatto progredire questa “scienza” in base all’esperienza degli errori commessi durante l’insurrezione del marzo 1921 [tentativo senza successo fatto dal VKPD di sollevare in armi contro il governo socialdemocratico tedesco la classe operaia proclamando lo sciopero generale a seguito di un’operazione provocatoria montata dal prefetto socialdemocratico della Sassonia ai danni dei minatori del distretto di Mansfeld-Eisleben]. Noi ci impadroniremo completamente di questa “scienza”.

I nostri partiti - nella stragrande maggioranza dei paesi - sono ancora lontani, molto lontani dall’essere quel che dovrebbero essere, dei veri partiti comunisti, delle vere avanguardie della classe effettivamente rivoluzionaria, dell’unica classe rivoluzionaria; dall’essere, cioè, dei partiti i cui membri partecipano tutti alla lotta, al movimento, alla vita quotidiana delle masse. Ma noi conosciamo questo nostro difetto e lo abbiamo messo in piena luce nella risoluzione del III Congresso sul lavoro del partito. E lo correggeremo.

[...] Oggi conosciamo i nostri compiti in modo più chiaro, più concreto, più evidente di ieri. Non abbiamo paura di denunciare i nostri errori per correggerli. Consacreremo ormai tutte le forze del partito a una migliore organizzazione, a un miglioramento della qualità e del contenuto del suo lavoro, alla creazione di un legame più stretto con le masse, all’elaborazione di una tattica e di una strategia della classe operaia sempre più giuste e più precise.

Saluti comunisti. N. Lenin