La Voce 59 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX - luglio 2018

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Il partito comunista e la massa dei proletari

Sul corso delle cose e il salto epocale che l’umanità deve compiere

 

La società borghese, con il suo modo di produzione capitalista, ha reso universale la produzione mercantile (la produzione per lo scambio e la vendita) dividendo la società tra i capitalisti che comprano la forza-lavoro e i proletari che la vendono e trasformando la massa della popolazione in proletari e ha legato indissolubilmente su larga scala (al livello di interi paesi e, per alcuni prodotti e lavori, addirittura al livello del mondo intero) gli individui l’uno all’altro per la produzione e riproduzione delle condizioni materiali, basilari, anche elementari della loro esistenza: quella che costituiva l’originaria lotta della specie umana contro il resto della natura per strapparle quello di cui i suoi membri hanno bisogno per vivere e proteggersi.

La società borghese ha cancellato la compartimentazione esistente nelle società precedenti tra unità lavorative: che fosse il servo della gleba o la “libera” famiglia contadina che pagava tributi e faceva prestazioni gratuite al proprio signore (ma di regola tutto quello che essa consumava ivi compresi gli utensili che usava, lo produceva essa stessa), il villaggio caratteristico del modo di produzione asiatico o altri tipi di “comunità locali”.

Nella società borghese i singoli individui o vendono la propria forza-lavoro (i proletari) o producono per vendere (i lavoratori autonomi) o sono capitalisti ognuno dei quali è proprietario e amministra (impersona) un’unità produttiva (un’azienda) o sono per altra via ricchi in denaro (da qui la spinta oggettiva e multilaterale a procurarsi denaro, quindi anche alla corruzione e alla criminalità: il denaro è potere sociale (comando di lavoro altrui) e potere d’acquisto (sicurezza economica), quale che sia la sua provenienza). Ogni individuo e ogni unità produttiva acquista quello che consuma e che impiega per la produzione, è enormemente aumentata la quantità di prodotti ad uso collettivo (ferrovie, linee di trasporto aereo, edifici pubblici, reti stradali, reti di distribuzione di servizi e di smaltimento rifiuti, armi, ecc.), ogni individuo dipende dal mercato. Questo è composto da tutti gli individui e le unità produttive che vendono e comperano. Tutti gli individui vi partecipano ma in modo diverso. Ogni capitalista anima autonomamente (cioè di propria iniziativa, nella misura in cui lo crede conveniente per il suo capitale) il movimento generale (ha un potere sociale oggettivato nei mezzi di produzione e nel denaro), ma a sua volta anch’egli ne dipende per la valorizzazione del suo capitale (che esiste nella forma di mezzo di produzione o di denaro). Ogni proletario vende la sua forza-lavoro e acquista merci nella misura del suo salario.

Quando diciamo che il capitalismo rende sociale, collettivo il processo produttivo, ci riferiamo a tre aspetti:

1. al fatto che il singolo bene o servizio destinato all’uso, per lo più prodotto in un’azienda, è frutto del concorso di un certo numero di lavoratori (per cui la parola d’ordine “a ognuno il prodotto del suo lavoro” ha perso senso) e impiega ingredienti (energia, materie prime, strumenti e macchinari) acquistati dall’azienda,

2. al fatto che ogni azienda è alimentata da altre e a sua volta ne alimenta altre: è il nodo di una rete di relazioni locali, nazionale o internazionale,

3. al fatto che gli individui e le aziende per il proprio funzionamento dipendono ognuno dal mercato.

Contemporaneamente, mentre creava la dipendenza di ogni individuo dalla società, la società borghese ha dissolto i vari legami (familiari o servili) di dipendenza personale di un individuo da altri individui e ha creato l’individuo libero da legami personali. Essa ha trasformato l’intera popolazione in un insieme composto da individui liberi l’uno dall’altro ma indissolubilmente legati tra loro e ha reso la vita della società (e di ogni individuo) dipendente dal comportamento  dell’insieme degli individui, quindi dal comportamento di milioni di individui, pur divisi in classi (capitalisti e proletari) antagoniste e in individui contrapposti l’uno all’altro nell’esercizio della compra-vendita.

Queste sono le premesse che rendono storicamente superate e distruttive la proprietà privata dei mezzi di produzione e la produzione mercantile e rendono necessario al progresso e perfino alla sopravvivenza del genere umano il salto epocale illustrato nell’omonimo articolo di La Voce 56, pagg. 37-41: detto in sintesi, rendono necessario che l’attività di ogni individuo sia coordinata a livello nazionale e mondiale alle attività multiformi che la società complessivamente deve svolgere (produzione secondo un piano) e che siano poste in atto le condizioni materiali perché ogni individuo sia educato intellettualmente e moralmente a svolgere le prestazioni di cui la società ha bisogno (partecipazione crescente alle attività di gestione della società). È questa la filosofia della storia scoperta da K. Marx e che la sinistra borghese rifiuta in cento modi.

Come gli uomini compiono questo salto? È quello che Marx ha scoperto nella parte della sua opera dedicata al socialismo e che la prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria ha pienamente confermato.

I proletari sono diventati, per il posto e il ruolo loro assegnati nel meccanismo stesso della società borghese, la classe che determina, con il proprio comportamento e il proprio orientamento, quelli delle altre classi oppresse e sfruttate della società borghese. Tra le classi oppresse e sfruttate il proletariato è la più capace di organizzazione e di iniziativa collettiva e ad ampio raggio.

Quando la massa dei proletari non è organizzata, ai fini dell’orientamento degli individui e del loro insieme (quindi dell’orientamento e della condotta della massa dei proletari) diventano decisivi gli individui e gli organismi che, per qualche circostanza o abitudine, quale che essa sia, godono di prestigio, sono autorevoli e influenti (dal prete all’artista all’industriale di successo). I singoli proletari, come i membri di tutte le classi oppresse e sfruttate dal passato, non hanno né gli strumenti, né il tempo, né l’abitudine di pensare e di organizzare oltre un livello elementare (e le classi dominanti li distolgono dalle attività di pensare e organizzare, li educano a lavorare e obbedire). Pensare e organizzare sono capacità che i proletari acquistano organizzandosi. Il movimento comunista cosciente e organizzato è l’inizio di questa loro trasformazione generale: una trasformazione che è una novità nella storia dell’umanità. Il partito comunista è il centro promotore di questa trasformazione e la personifica in una specifica distinta organizzazione.

La società borghese ha inquadrato negli istituti, nelle procedure e nelle istituzioni della democrazia borghese il ruolo socialmente determinante della massa della popolazione. Le elezioni di organismi rappresentativi preposti alla gestione dello Stato sono l’istituto principale della partecipazione della massa della popolazione alla democrazia borghese. Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria (prima parte del secolo XX) il movimento comunista cosciente e organizzato ha costretto in tutti i paesi imperialisti la borghesia a introdurre il suffragio universale (abolizione dei limiti di censo, di istruzione, di genere e di razza). Quanto meno la massa dei proletari è organizzata, tanto più ai fini dell’orientamento degli individui e del loro insieme, quindi anche dell’orientamento e della condotta della massa dei proletari e dei membri delle altre classi oppresse e sfruttate nelle elezioni, giocano un ruolo determinante individui e gruppi di individui che indico genericamente come “notabili”: il papa, i notabili tradizionali, il Beppe Grillo di turno, i ricchi capaci (e qui entra in gioco il ruolo della personalità nella storia) di usare la loro ricchezza per assoldare abili propagandisti, imbonitori e persuasori e altri ancora. La storia di Berlusconi, la storia di Beppe Grillo, la storia di Matteo Renzi, la storia di Umberto Bossi e di Matteo Salvini: ecco cinque casi di storie individuali che hanno giocato un ruolo politico dopo che si sono dissolte le organizzazioni politiche delle masse (cioè specificamente addette a orientare la partecipazione delle masse alla democrazia borghese) derivate dalle vicende della prima ondata della rivoluzione proletaria (PCI, DC, PSI e minori).

  

Il partito comunista, costituito da organismi e individui organizzati che assimilano e mettono in pratica la scienza comunista, si propone di diventare il centro dirigente della massa dei proletari (e tramite loro del resto delle masse popolari): operai, altri proletari, altri settori delle masse popolari. Il partito comunista assurge per stadi (attualmente noi siamo nel secondo stadio)(1) al suo ruolo di promotore della rivoluzione socialista fino all’instaurazione del socialismo e poi della transizione al comunismo. Come vi assurge? Il criterio generale è che il partito diventa il centro dirigente della classe operaia e delle masse popolari via via che mostra che, sotto la sua direzione, esse riescono a risolvere i loro problemi e sottomettere la borghesia e il clero. In questo campo si dispiega e deve dispiegarsi la creatività e l’intelligenza del partito, la sua capacità di sperimentare e selezionare metodi e di accumulare forze. Ogni membro e ogni organismo del (n)PCI deve derivare dalla nostra scienza la lungimiranza e la costanza per condurre, per un tempo di cui non possiamo prevedere la durata, un lavoro interno di raccolta di forze e formazione teorica e pratica e un lavoro esterno (linea GBP) di moltiplicazione e rafforzamento di OO e OP, di orientamento generale (propaganda e agitazione), di azione sulla seconda gamba: un lavoro assiduo, multiforme e in cui far valere sinergia e concatenazione, ma senza grandi risultati immediati e quindi, per chi non è animato dalla passione per l’instaurazione del socialismo, di non grande soddisfazione (analogo per alcuni aspetti ma diverso dal lavoro fatto dal PCI dal 1926 al 1943). Questo lavoro porterà il partito a un salto di qualità: il passaggio dal secondo al terzo stadio.

 

1. Il primo stadio è la costituzione dei comunisti in partito sulla base della loro unità ideologica e della riunione delle condizioni organizzative minime indispensabili.

Il secondo stadio è il consolidamento e rafforzamento del partito comunista tramite la conquista di operai avanzati al partito comunista: il partito diventa così l’avanguardia organizzata della classe operaia.

Il terzo stadio è il partito comunista che oramai è diventato e opera come Stato Maggiore effettivo della classe operaia, guida la classe operaia a realizzare la linea per la conquista del potere e l’instaurazione del socialismo, linea che il partito comunista ha elaborato ed elabora dall’esperienza della classe operaia stessa compresa grazie alla concezione comunista del mondo.

Ogni stadio si sviluppa nel successivo. La verifica e la conferma della bontà della linea seguita dal partito comunista in uno stadio sono date dal raggiungimento dello stadio superiore.

Sull’argomento vedasi anche il Manifesto Programma del (n)PCI pag. 184-185.

 

 

La divisione tra uno stadio e l’altro non è un muro: è una divisione logica necessaria per guidare in modo giusto l’attività pratica. Ogni teoria la costruiamo a partire dalla percezione della realtà e astraendo dalla realtà: nel senso che consideriamo ogni cosa ma astraiamo da aspetti che per capire la logica del processo che stiamo studiando non sono necessari (anzi, se li considerassimo, perturberebbero e devierebbero il percorso della nostra elaborazione, il corso delle nostre idee, diventeremmo chiacchieroni o sofisti). Invece nell’azione che, guidati dalla nostra teoria, conduciamo per trasformare la realtà, dobbiamo tener conto anche di questi aspetti particolari (che distinguono una cosa dalle altre della stessa categoria: ad esempio gli abitanti di una zona da quelli di altre zone) e concreti (di tempo e contesto). Ogni comunista e ogni organismo comunista attua la linea generale del Partito traducendola nel particolare e applicandola concretamente. Assimilare la linea generale del Partito, tradurla nel particolare, attuarla nel concreto e contribuire all’elaborazione della linea generale fa di lui un promotore della rivoluzione socialista, un comunista.

Umberto C.

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