La Voce 58 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XX marzo 2018

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Dall’ultimo piano del grattacielo

L’attuale società borghese e l’opera di Marx


Tra gli intellettuali (studiosi, professori, scrittori, dirigenti politici, ecc.) che oggi si professano marxisti bisogna distinguere due correnti: da una parte quelli che non hanno capito il materialismo dialettico e dall’altra quelli che l’hanno assimilato e lo usano.

I primi leggono Il capitale di Marx come una descrizione della società borghese attuale o come un libro di storia della società borghese. Essi si preoccupano di verificare se quello che leggono nei volumi dell’opera di Marx corrisponde o no a quello che constatano o ai fatti che conoscono della storia.

I secondi invece leggono Il capitale di Marx come un manuale di materialismo dialettico applicato al modo di produzione capitalista. Essi cioè nel leggere l’opera principale di Marx usano quello che Marx stesso aveva annotato nel 1857 sul metodo dell’economia politica (Grundrisse, Introduzione, Il metodo dell’economia politica in Opere complete vol. 29, ER 1986 pagg. 33-41 - rinvenibile come allegato ad Avviso ai naviganti 58 - 21 gennaio 2016, www.nuovopci.it) e quello che Engels illustra nella sua recensione [Friedrich Engels, Karl Marx - Per la critica dell’economia politica in Opere Complete vol. 16, ER 1983 pagg. 472-481 e anche in www.nuovopci.it] dell’anticipazione della prima sezione (Merce e denaro) di Il capitale pubblicata da Marx nel 1859 con il titolo Per la critica dell’economia politica (in Opere Complete vol. 30, ER 1986 pagg. 295-452).


Marx aveva spiegato che l’elaborazione dell’esperienza porta alla definizione di categorie astratte (cioè ricavate dal mondo reale prescindendo dagli aspetti di esso irrilevanti ai fini del processo che studiamo) via via più semplici e alla scoperta 1. delle relazioni di sinergia o di concatenazione tra di esse e 2. della relazione tra le categorie più semplici proprie di una fase primitiva e le categorie più concrete proprie di fasi più avanzate di un processo.Sembra giusto incominciare con ciò che è reale e concreto, incominciare cioè con il presupposto reale [dell’attività di cui trattiamo]; quindi ad esempio nell'economia politica incominciare con la popolazione, che è la base e il soggetto della complessiva attività produttiva di una società. Eppure, considerando le cose più da presso, ciò si rivela sbagliato. La popolazione è un'astrazione [nel senso che nella realtà ogni popolazione esiste solo articolata in date classi, in un dato ambiente naturale, ecc.] se, ad esempio, non tengo conto delle classi di cui si compone. Queste classi a loro volta sono una parola priva di significato, se non conosco gli elementi sui quali esse si fondano: ad esempio il lavoro salariato, il capitale, ecc. Questi presuppongono lo scambio, la divisione del lavoro, i prezzi, ecc. Non ha senso, ad esempio, parlare di capitale senza lavoro salariato e parimenti senza valore, denaro, prezzi, ecc. Se dunque incominciassi [l’esposizione dell’economia politica] con la popolazione, avrei una rappresentazione caotica dell’insieme e solo attraverso un’indagine più fine perverrei, tramite l’analisi [cioè la scomposizione di una cosa negli elementi che la compongono], a concetti via via più semplici. Dovrei a partire dall’immagine del concreto andare verso astrazioni sempre più sottili, fino a giungere ai concetti più semplici. A quel punto dovrei percorrere nuovamente il viaggio, ma ora a ritroso, fino a giungere finalmente, di nuovo, alla popolazione. Questa volta però non sarebbe più la rappresentazione caotica di un insieme, bensì una ricca totalità di molti elementi e relazioni. (...) Il concreto è concreto perché è sintesi di molti elementi, dunque unità di elementi distinti. Nel corso del pensiero, esso [il concreto] compare quindi a conclusione di un processo, come risultato e non come il punto di partenza, benché sia il reale punto di partenza e quindi anche il punto d'avvio dell'intuizione e della rappresentazione. (...) Ma queste categorie semplici [ad es. il denaro] non hanno esse [oltre all’esistenza come elementi particolari della moderna società borghese e nostre astrazioni da essa] anche un'esistenza storica o naturale indipendente, prima delle categorie più concrete [prima delle società più sviluppate]? (...) Le categorie più semplici [ad es. il possesso] sono espressione di relazioni nelle quali il concreto meno sviluppato può essersi realizzato [essere effettivamente esistito] senza avere ancora posto la relazione o connessione più complessa che nella mente è espressa nella categoria più concreta [la proprietà]; mentre il concreto più sviluppato conserva quella stessa categoria [semplice, il possesso] come una relazione subordinata.

Il denaro può esistere ed è storicamente esistito prima che esistessero il capitale, le banche, il lavoro salariato, ecc. In questo senso si può quindi affermare che la categoria più semplice [il denaro] può esprimere o relazioni che dominavano in una società meno sviluppata [cioè ancora senza il capitale, le banche, il lavoro salariato, ecc.] o relazioni subordinate in una società più sviluppata [quella borghese del 1857], [la categoria più semplice , il denaro, può esprimere] relazioni che storicamente esistevano ancor prima che la società si sviluppasse nella direzione espressa da una categoria più concreta [la società borghese immediatamente percepibile nel 1857]. In questo senso il movimento del pensiero astratto, che dal più semplice risale al complesso, corrisponde al processo storico reale”.


Marx mostra che il modo di produzione capitalista è cresciuto attraverso fasi successive, ognuna nata e sviluppatasi come sovrastruttura di quella che l’ha preceduta. Engels spiega la differenza tra il percorso storico di ogni attività umana e il suo percorso logico che astrae dagli accidenti che ne turbano, deviano momentaneamente, rallentano o accelerano il percorso reale. Il percorso logico è costituito dal punto di partenza, dal punto di arrivo e dalle principali indispensabili tappe tra i due, in ognuna delle quali le premesse del punto di arrivo, che sono allo stato di germi nel punto di partenza, hanno la natura di realtà sviluppate, punto di partenza per la tappa successiva (come nell’ascensione di una montagna il campo base, la meta e i campi intermedi). Il percorso storico è costituito dalla successione dei passi che di fatto si compiono per passare dal punto di inizio al punto di arrivo, ivi compresi i passi sui quali si deve ritornare perché hanno portato a un punto morto, le deviazioni che hanno inutilmente allungato il cammino, le pause che si sono rese necessarie per incidenti sopravvenuti, i ritorni all’indietro dettati da momentanei scoraggiamenti, ecc. Il percorso logico è quello che si comprende solo dopo che si è compiuta l’ascensione e si considera il percorso che si sarebbe potuto fare se si avessero fin dall’inizio avute le conoscenze del terreno, delle difficoltà e dei risultati delle varie parti del percorso storico, conoscenze acquisite grazie al compimento del percorso storico. Il percorso storico della trasformazione della nostra società lo compiamo anche senza conoscerlo ed è fonte di sensazioni e di narrazioni. La conoscenza del percorso logico è frutto della mente che elabora l’esperienza del percorso storico.


Tra quelli che pur professandosi marxisti non hanno capito il materialismo dialettico vi sono due scuole.

La prima comprende quelli che dicono che il mondo attuale funziona ancora secondo la legge del valore-lavoro (vedi ad esempio Guglielmo Carchedi), cioè che, in definitiva, i prezzi e i valori si equivalgono. Secondo loro lo scambio delle merci avviene ancora oggi, dietro lo schermo dei prezzi in denaro, tra valori uguali (cioè sulla base del tempo di lavoro socialmente necessario per produrle). Cosa questa che è assurda: basta vedere le variazioni del prezzo del petrolio che non corrispondono a cambiamenti nelle modalità di produzione del petrolio (tempo di lavoro socialmente necessario per produrlo), basta vedere il prezzo dei prodotti in saldo, ecc.

La seconda comprende quelli che dicono che la legge del valore è di fatto (non solo storicamente) superata (vedi Toni Negri). Cosa assurda anche questa, come spiega Lenin a Bukharin all’VIII Congresso del Partito bolscevico (18-23 marzo 1919, in OC vol. 29, ER 1967 pag. 150): l’imperialismo è una sovrastruttura del vecchio capitalismo industriale, il quale a sua volta era nato come sovrastruttura del capitalismo delle manifatture, a sua volta sovrastruttura della piccola produzione di massa, come ben mostra Marx a conclusione del capitolo 12 del vol. 1 di Il capitale (Editori Riuniti 1974 pag. 412).

Quelli che hanno capito e usano il materialismo dialettico dicono che la legge del valore non è superata di fatto, ma gli scambi di merci non avvengono sulla base del tempo socialmente necessario per produrle (prezzo e valore sono categorie diverse).

Il modo di produzione capitalista si è sviluppato come un grattacielo dai molti piani, che è stato costruito su un dato terreno (l’economia mercantile semplice, caratterizzata dallo scambio tra produttori diretti, dove effettivamente le merci sono scambiate secondo il loro valore). Esso ha delle fondamenta e un piano terra, poi ha un primo piano, un secondo piano, ecc. A ogni piano si trasforma: le categorie che erano principali al primo piano, non sono più più principali al secondo piano ma vivono, se vivono, in aspetti secondari del secondo piano. E così da un piano a quello superiore. Però se il piano superiore per qualche motivo si sbriciola, si torna al piano inferiore e ridiventano principali ai fini del funzionamento categorie (aspetti) che al piano superiore erano secondari.


Questa concezione è indispensabile per usare il marxismo e grazie ad esso comprendere i processi reali attuali, anche se il loro funzionamento non è riconducibile direttamente al funzionamento del primo piano del grattacielo che Marx illustra nei capitoli 1 - 10 del Libro I di Il capitale.

Mario L.