La Voce  57 - anno XIX, novembre 2017 - in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

del (nuovo)Partito comunista italiano

consolidamento e rafforzamento del (nuovo)Partito comunista italiano 

Combattere la tara del militarismo

Combattere nelle nostre file, nelle FSRS, nella “base rossa” e gli altri elementi avanzati della masse popolari, tra i prigionieri politici la deviazione verso la concezione militarista

 

L’economicismo (inteso come limitazione della lotta delle masse popolari a rivendicazioni sindacali o movimentiste) e il riformismo (inteso come riduzione della lotta politica delle masse popolari alla partecipazione all’attività politica della borghesia, al ruolo di corrente di sinistra nel teatrino della politica borghese e a sponda delle masse popolari nelle istituzioni politiche della Repubblica Pontificia - secondo la linea della sponda politica), le due tare universali che il movimento comunista dei paesi imperialisti ha ereditato dalla storia, hanno fortemente ostacolato negli anni passati la costruzione del sistema dei Comitati di Partito. Esse ovviamente continueranno ad ostacolarla perché sono profondamente radicate nelle masse popolari del nostro paese e quindi anche nelle file della Carovana a causa della tradizione socialista e ancora più dei risultati (le conquiste) ottenuti nel periodo (1945-1975) del “capitalismo dal volto umano” sotto la supervisione dei revisionisti moderni e della sinistra borghese (da Togliatti a Berlinguer a Natta) e della sinistra clericale (ACLI, CISL, FIM, ecc.). Riusciremo a venirne a capo e a creare un sistema potente di CdP solo con una lotta accanita, sistematica e consapevole tra le due linee, sostenuta dalla Riforma Morale e Intellettuale dei membri del nostro Partito, del Partito dei CARC e degli altri organismi che via via si accosteranno alla concezione comunista del mondo e almeno in qualche misura la faranno propria. Bando all’illusione che basti aver rilanciato la costruzione dei CdP regionali, di zona e di base e aver definito il lavoro ordinario dei CdP. Tutto questo lo avevamo già da tempo - si veda ad esempio Il lavoro dei CdP in VO 8, luglio 2001 e la ricca letteratura circolata in proposito. O che basti aver introdotto il programma di lavoro ordinario (vedi VO 55 pag. 35 Attività ordinarie dei CdP) e adottare la pratica del piano (mensile o settimanale) di attuazione.

Ma oltre alle deviazioni verso l’economicismo e il riformismo, nel nostro paese dobbiamo porre attenzione anche all’ostacolo costituito dalla deviazione verso il militarismo. Le due deviazioni, verso l’economicismo e verso il riformismo, hanno preso forza particolare, come ostacolo al nostro lavoro, dopo la costituzione del P.CARC (2005) nell’ambito della Carovana, l’inizio (2007) della fase acuta e terminale della crisi generale del capitalismo e la definizione e la pratica della linea del Governo di Blocco Popolare. Ma la deviazione verso il militarismo è stata l’ostacolo principale nel periodo precedente, durante il primo stadio della costruzione del Partito (vedi Manifesto Programma pag. 184).

In cosa consiste la deviazione verso il militarismo nelle nostre file e nelle file dove noi raccogliamo forze: Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista (FSRS), “base rossa” (quelli che hanno la falce e martello nel cuore) e altri elementi avanzati delle masse popolari, prigionieri politici?

Anche su questo tema la letteratura del Partito è abbondante. In particolare invitiamo i nostri lettori a studiare Dieci punti per lottare contro la confusione tra ricostruzione del partito comunista e terrorismo, tra comunismo e militarismo di VO 8 e Le tre deviazioni - Dalle FSRS al (nuovo)Partito comunista italiano in VO 9.

La deviazione verso il militarismo è in generale il risultato delle concezioni che sopravvalutano il ruolo della violenza e l’importanza delle armi nella lotta di classe in generale e nella società borghese in particolare. Sono le concezioni di  cui ha esaurientemente trattato F. Engels nel suo Anti-Dühring (seconda sezione capp. 2-4, Ed. Riuniti OC vol. 25 (1974) pagg. 151-177). Può sembrare strano che in Italia queste concezioni abbiano tanto peso, visto che da alcuni secoli a questa parte l’oppressione di classe e la lotta di classe nel nostro paese sono pesantemente caratterizzate proprio dal ruolo decisivo di una potenza priva (o quasi) di forze armate come la Chiesa Cattolica e il Papato. Ma ciò da un lato è dovuto al legame che unisce economicismo e militarismo. Questo legame è stato già molto tempo fa mirabilmente illustrato da Lenin, in Che fare? (1902) cap. 3. Sono due forme di spontaneismo (dell’operaio arretrato il primo, dell’intellettuale indignato il secondo) e di sfiducia nelle capacità rivoluzionarie della classe operaia. Quindi è scontato che le due deviazioni dalla lotta rivoluzionaria per instaurare il socialismo in determinati periodi si presentino entrambe nelle attività di certe categorie.

 

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La Voce sulla costruzione dei CdP durante il primo stadio (1999 -2004)

1999 VO 1 - Quale passo verso il partito faremo

1999 VO 1 - Quale partito comunista

1999 VO 3 - Sul partito

2000 VO 4 - Costruire l’organizzazione del partito

2001 VO 8 - Il lavoro dei comitati di partito

2003 VO 13 - Comitati di Partito e centralismo democratico

2003 VO 13 - Conquistare l'appoggio degli operai avanzati alla clandestinità

2003 VO 15 - L'organizzazione del partito comunista

2003 VO 15 - Il piano in due punti

2004 VO 16 - La costruzione del partito

2004 VO 17 - Ancora sui Comitati di Partito

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Dall’altro lato la sopravvalutazione del ruolo della violenza e delle armi nel nostro paese è legata all’opera particolarmente importante svolta dalle Brigate Rosse nella storia del nostro paese, opera che inutilmente il sistema di comunicazione di massa cerca di cancellare dalla memoria e dalla conoscenza: l’accanimento della borghesia nella denigrazione delle BR e nella persecuzione dei prigionieri è un indice dell’importanza dell’opera.

 

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La Voce contro il militarismo

1999 VO 1 - La settima discriminante - Quale partito comunista?

1999 VO 2 - Il bilancio degli anni '70

1999 VO 3 - Parlare a nuora perché suocera intenda?

2001 VO 8 - Dieci punti per lottare contro la confusione tra ricostruzione del partito comunista e terrorismo, tra comunismo e militarismo

2001 VO 8 - Comunicato della CP dell’11 aprile 2001 “A proposito degli attentati del 10 aprile”

2001 VO 9 - Le tre deviazioni - Dalle FSRS al (nuovo)Partito comunista italiano

2002 VO 11 - Alcuni passi nella direzione giusta? A proposito del Comunicato delle nuove BR-PCC

2002 VO 12 - Ancora sul militarismo

2007 VO 25 - “Guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, lotta armata di OCC e altro”

2017 VO 56 - Saluto del (nuovo)PCI in occasione della presentazione di Il proletariato non si è pentito

 

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Il vigore delle concezioni militariste e della relativa deviazione oggi nelle nostre file e nelle file da cui raccogliamo forze, in una certa misura portatrici ognuna anche delle proprie arretratezze, è anch’esso indicativo del grande successo ottenuto dalla Brigate Rosse negli anni ’70 quando, al culmine del periodo del “capitalismo dal volto umano” e della  prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria (Grande Rivoluzione Culturale Proletaria del popolo cinese, Vietnam, Cuba), in tutti i paesi imperialisti esplose la lotta armata come risposta proletaria alla repressione che, nonostante il regime di controrivoluzione preventiva, la classe dominante esercita anche tramite le sue forze armate (nel nostro paese Gladio, Piano Solo, P2 di Gelli, Strategia della tensione e affini). Alle sue armi, istintivamente, spontaneamente le masse popolari sono portate a opporsi con le armi. Per una combinazione di fortunate circostanze in Italia le Brigate Rosse entrarono in quel movimento con la linea della “ricostruzione del partito comunista tramite la propaganda armata”. In pochi anni esse erano arrivate ad aggregare il fior fiore di quegli operai delle grandi fabbriche che già erano coscienti che bisognava instaurare il socialismo e che la via delle “riforme di struttura” con cui Togliatti si era pavoneggiato era stata la rinuncia alla rivoluzione socialista. Nonostante la successiva sconfitta delle BR a causa della deviazione militarista che prevalse quando dal periodo di ripresa dell’accumulazione del capitale si passò alla nuova crisi generale per sovraccumulazione assoluta di capitale (per questo bilancio rimando all’opuscolo Cristoforo Colombo reperibile in www.nuovopci.it), esse hanno lasciato nelle menti e nei cuori delle masse popolari una traccia profonda fatta, a secondo degli individui, di ammirazione, di nostalgia o di speranza contemplativa. Le teorie complottiste (BR frutto di manovre e complotti dei vertici della NATO) veicolate dal sistema di comunicazione di massa non l’hanno cancellata, quasi come la denigrazione borghese, benché aiutata dalla vasta e subdola opera di intellettuali trotzkisti, non ha cancellato dalle menti e dai cuori delle masse popolari l’Unione Sovietica, Stalin e la Resistenza.

Il risultato di questi eventi storici e fattori sociali è che la deviazione verso il militarismo è stata ed è ancora oggi un freno alla costruzione di un vasto sistema di CdP ognuno Stato Maggiore della guerra popolare rivoluzionaria (GPR) nella sua zona operativa.

Nelle nostre file la deviazione militarista si è presentata nelle vesti della concezione dei CdP come “braccio armato” della Carovana. Ovviamente braccio armato senza lotta armata, non per ignavia personale dei seguaci della deviazione (anche se soggettivamente alcuni l’hanno vissuta così), ma perché oramai la lotta di classe era entrata in un altro capitolo, appunto il passaggio che non hanno voluto riconoscere i fautori della deviazione militarista in seno alle BR e i loro estremi eredi, i fautori della sostituzione o supplenza (a tempo indeterminato o a tempo determinato) delle organizzazioni combattenti alla mancanza di combattività delle masse (di questo tratta l’opuscolo Martin Lutero reperibile in www.nuovopci.it). Ma la concezione da braccio armato, senza lotta armata era un fattore di demoralizzazione e di disgregazione, comunque un freno importante alla costruzione dei CdP come Stato Maggiore della GPR.

La deviazione militarista si è presentata anche come concezione dei CdP quali organismi addetti esclusivamente ad operazioni militanti e comunque illegali, come concezione della clandestinità in vista della ripresa della lotta armata oppure della clandestinità in vista della “messa fuori legge” (per questa evenienza era prevista anche negli statuti dell’Internazionale Comunista (a partire dal II Congresso (1920) - era la terza delle 21 condizioni di ammissione) che pure concepiva ancora la rivoluzione socialista come evento che scoppia e non come guerra popolare rivoluzionaria). In ogni caso il CdP non era concepito e costruito come Stato Maggiore, nella sua zona operativa, della guerra di classe che il Partito promuove, come organismo che interviene abitualmente, sistematicamente nella lotta di classe, ma, come ben detto nell’intervista del segretario generale del CC Ulisse al periodico del P.CARC Resistenza dello scorso febbraio, interviene con una visione e con strumenti superiori a quelli di ogni organismo di un partito comunista che opera “alla luce del sole”, cioè nei limiti delle libertà d’azione per le classi oppresse che sopravvivono in Italia come eredità della vittoria della Resistenza e codificate nella Costituzione del 1948, benché sempre più ridotte nella “costituzione materiale” del paese (basta considerare la libertà di sciopero e di organizzazione e azione sindacali, gli ordinamenti elettorali, l’intossicazione e confusione regnante nel sistema di comunicazione di massa e di formazione delle nuove generazioni,  ecc.).

La deviazione verso il militarismo intesa come ho detto sopravvive ancora nelle nostre file, nelle FSRS, nella “base rossa” e negli altri elementi avanzati delle masse popolari e tra i prigionieri politici. Quindi per avanzare dobbiamo combatterla.

Nelle nostre file dobbiamo combatterla promuovendo la Riforma Intellettuale e Morale e la lotta contro le tre trappole (VO 54, 2016), l’assimilazione della concezione comunista del mondo, lo studio del bilancio degli anni ’70 e del ruolo delle BR, l’analisi materialista dialettica del corso delle cose, una più profonda comprensione della natura della GPR in un paese come il nostro (MP cap. 3.3), l’analisi materialista dialettica del contesto.

Per i metodi di lotta contro il militarismo nelle FSRS, nella base rossa e tra gli altri elementi avanzati delle masse popolari, rimando a quanto dettagliatamente indicato nell’articolo Le tre deviazioni di VO 9 (novembre 2001).

Quanto ai membri delle BR e delle Organizzazioni Comuniste Combattenti prigionieri, essi sono alcune decine e hanno una grande importanza politica. La lotta contro il militarismo consiste anzitutto nel promuovere senza riserve tra le masse popolari la solidarietà con essi e nel promuovere tra i rivoluzionari prigionieri la mobilitazione nella lotta politica in corso oggi. La solidarietà delle masse popolari con i rivoluzionari prigionieri è una questione politica, non attività umanitaria o da gruppo di amici e conoscenti. Essa rafforza la lotta delle masse popolari contro la borghesia perché infonde fiducia in chi combatte, prigioniero e non prigioniero, educa e alimenta la lotta di classe rivoluzionaria, la guerra popolare rivoluzionaria. D’altro lato i rivoluzionari prigionieri dispongono ancora oggi di un’importante forza politica: il prestigio di cui ancora godono e quindi la forza che hanno le loro parole, le loro prese di posizione e la loro partecipazione alla lotta politica di oggi. Il (n)PCI da una parte promuove la solidarietà ed esalta il lato positivo della loro opera (la ribellione che è aspetto positivo di tutti i prigionieri politici, la volontà di ricostruire il Partito comunista che fu propria dei prigionieri delle BR) e dall’altra indica il lato negativo (il militarismo in cui le BR sono scivolate e per cui sono state sconfitte). Non facendo autocritica del militarismo, i prigionieri non usano la loro forza per mobilitare forze rivoluzionarie e diffondono sfiducia: come se fossero stati sconfitti perché la borghesia è forte, perché la rivoluzione socialista è impossibile, perché le masse popolari non sono combattive, in breve per una delle ragioni “proclamate” dalla borghesia, dalla sinistra borghese e dai disfattisti. In realtà la sconfitta delle BR, come il Partito ha più volte illustrato, è stata il risultato della debole assimilazione della concezione comunista del mondo da parte delle BR stesse, non della forza della borghesia. La combattività delle masse popolari cresce man mano che per propria esperienza esse si rendono conto che la direzione del Partito è giusta. Nel promuovere la solidarietà, bisogna sempre, trovando caso per caso il modo giusto, spingere i prigionieri politici a usare contro la borghesia la forza di cui dispongono: la nostra solidarietà non è opera umanitaria, è operazione politica che fa avanzare la rivoluzione socialista ed è appello a partecipare alla rivoluzione socialista. Se i prigionieri politici useranno la loro forza, saranno anche oggi più forti e la borghesia non si permetterà contro di loro né la denigrazione né le altre licenze che si permette, non riuscirà a isolarli, avranno un sostegno più ampio.

Questi sono i molteplici aspetti della lotta che dobbiamo condurre contro le deviazioni militariste per costruire un vasto sistema di CdP. Noi comunisti siamo il gruppo organizzato che sulla base della scienza comunista (il marxismo-leninismo-maoismo) mobilita e guida la classe operaia e quanti altri delle masse popolari vengono trascinati nella lotta per eliminare il capitalismo e instaurare il socialismo. Applicando con iniziativa e creatività gli indirizzi tracciati, noi costruiremo certamente un potente sistema di Comitati di Partito nelle aziende dove milioni di proletari sono aggregati e nel resto del territorio del nostro paese e alimenteremo il rafforzamento del Nuovo Potere.

Sergio G