La Voce  57 - anno XIX, novembre 2017 - in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

del (nuovo)Partito comunista italiano

Il Partito comunista di tipo nuovo

La formazione intellettuale, morale e organizzativa del movimento comunista (quindi anche di ognuno dei suoi membri) è la questione che decide dei tempi e dell’esito della rivoluzione socialista, quindi da trattare con scienza e coscienza.

Quale che sia il percorso storico di un particolare partito comunista, l’inizio del suo percorso logico è la concezione comunista del mondo. Il Partito non si forma come la parte più avanzata della classe operaia in lotta. Questo è stato però il percorso storico dei partiti comunisti dei paesi imperialisti. È stato uno dei limiti del movimento comunista europeo e in generale dei paesi imperialisti (Europa e America del Nord) che i comunisti si concepissero come la parte più avanzata del movimento degli operai (delle persone costrette dalla mancanza di altri mezzi per procurarsi di che vivere, a vendere la propria forza-lavoro ai capitalisti). È un aspetto del limite che ha impedito finora che in questi paesi la rivoluzione socialista facesse il suo corso e arrivasse a instaurare il socialismo (con le conseguenze internazionali su cui qui non mi soffermo). Il Partito comunista non è solo un’organizzazione di lotta, la più avanzata organizzazione di lotta: è principalmente l’organizzazione dei depositari, fautori e praticanti nel marxismo, la scienza delle attività con le quali gli uomini fanno la loro storia, la scienza fondata da Marx ed Engels. Questo è chiaramente indicato già nel Manifesto del partito comunista del 1848. Nel capitolo II di esso viene indicato chiaramente cosa distingue i comunisti dagli altri proletari.

Questo errore (questa concezione arretrata di se stessi e del proprio ruolo, del partito comunista solo come la parte più combattiva e radicale del movimento operaio) sorse spontaneamente dalle condizioni in cui il movimento comunista si sviluppò nei paesi imperialisti. I comunisti di questi paesi non se ne sono mai liberati nonostante le sollecitazioni del Partito di Lenin e di Stalin. Gramsci impostò un programma per superarla nel PCI e iniziò ad attuarlo dalla fine del 1923 quando l’Internazionale Comunista lo incaricò di dirigere il PCI, ma la sua opera fu stroncata dai fascisti arrestandolo e facendolo morire in carcere.

A causa delle condizioni economiche, politiche e intellettuali della società borghese, ben prima che Marx ed Engels elaborassero la scienza che ci guida e fondassero il movimento comunista, nei paesi ora paesi imperialisti la classe operaia incominciò a lottare contro i capitalisti (la borghesia) e le loro autorità e poi a partecipare con i partiti radicali, riformatori, progressisti, socialisti, ecc. alle attività politiche (alle iniziative con cui la borghesia prima influenzava e poi determinava e addirittura decideva l’attività dello Stato e della Pubblica Amministrazione). Fu anzi il movimento operaio che indusse Marx ed Engels a intraprendere e compiere la loro opera. La loro opera si svolse come parte del movimento operaio e successivamente via via i risultati della loro opera permearono il movimento operaio fino a diventare (per fissare una data, con la fondazione della II Internazionale, nel luglio 1889) la sua dottrina ufficiale e a determinarne ufficialmente la linea. Questo a grandi linee il processo storico della formazione del movimento comunista dei paesi imperialisti (Europa occidentale e America del Nord).

Il processo storico della formazione del movimento comunista in Russia (nell’Impero zarista) fu radicalmente diverso. Qui un gruppo di intellettuali approdò al marxismo e il marxismo divenne la dottrina guida degli intellettuali rivoluzionari. Il primo gruppo organizzato di marxisti venne creato all’estero nel 1883. Questi intellettuali portarono il marxismo agli operai e via via organizzarono in Russia un movimento operaio fino a farne una forza organizzata e influente in campo economico e politico: quello che nel 1917 prese il potere.

 Si diceva e si dice a volte che il marxismo è la teoria della classe operaia. Questo è vero nel senso che il marxismo è la bandiera che la classe operaia deve inalberare e seguire per liberarsi dalla borghesia. È vero anche nel senso che tra tutte le classi, la classe operaia è quella più predisposta dalla sua stessa esperienza e dalle condizioni in cui la borghesia per necessità sue proprie (della borghesia) la confina, ad assimilare e fare proprio in massa il marxismo. Non è vero se è inteso nel senso che il marxismo è una teoria che nasce dalla classe operaia, per opera della classe operaia.

Della sua opera Marx scriveva: “Per quanto mi riguarda, non a me compete il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna e la loro lotta reciproca. Molto tempo prima di me, storiografi borghesi hanno descritto lo sviluppo storico di questa lotta delle classi ed economisti borghesi la loro anatomia economica. Ciò che io ho fatto di nuovo è stato: 1) dimostrare che l’esistenza delle classi è legata puramente a determinate fasi storiche di sviluppo della produzione; 2) che la lotta delle classi conduce necessariamente alla dittatura del proletariato; 3) che questa dittatura medesima non costituisce se non il passaggio all’abolizione di tutte le classi e a una società senza classi.” (Lettera 5 marzo 1852 a Joseph Weydemeyer).

Nel Che fare? (1902) di fatto Lenin si pone la questione: qual è il percorso logico del movimento comunista nel mondo? E citando fatti inoppugnabili risponde: il marxismo non nasce dal movimento operaio, non emana e germina da esso. Nasce dallo sviluppo complessivo dell’attività intellettuale dell’umanità e viene formulato da un gruppo di intellettuali (persone che quindi non campano di quello che essi producono), viene portato da questi agli operai che tra tutte le classi sfruttate e oppresse della società moderna sono quella che è disposta, dalla sua esperienza e dall’attività che è costretta a svolgere, a recepirla in massa e a farne la bandiera della sua lotta contro i suoi diretti oppressori (i capitalisti, cioè la borghesia): per liberarsi da essi, la classe operaia deve eliminare il capitalismo e quindi liberare tutti dalla borghesia e da ogni altra divisione della società in classi. Per compiere quest’opera ha bisogno del marxismo e del partito comunista che ne è il depositario, elaboratore e utente organizzato, è il partito dei marxisti.

Nel cap. 2a del Che Fare? (1902) Lenin scrive che “la dottrina del socialismo è sorta da quelle teorie filosofiche, storiche, economiche che furono elaborate dagli esponenti colti delle classi possidenti, gli intellettuali. Per la loro posizione sociale, gli stessi fondatori del socialismo scientifico contemporaneo, Marx ed Engels, erano degli intellettuali borghesi. Anche in Russia la dottrina teorica del movimento comunista [nel 1902 il movimento comunista si chiamava socialdemocrazia] sorse del tutto indipendentemente dallo sviluppo spontaneo del movimento operaio; sorse come risultato naturale e inevitabile dello sviluppo del pensiero tra gli intellettuali socialisti rivoluzionari”. E appena prima Lenin aveva scritto: “La storia di tutti i paesi attesta che la classe operaia con le sue sole forze è in grado di elaborare soltanto una coscienza rivendicativa sindacale (tradeunionistica), cioè la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di reclamare dal governo questo o quella legge necessaria agli operai, ecc.”, cioè la coscienza dei venditori di forza-lavoro.

Ora il marxismo comprende una concezione generale dell’uomo, della sua vita e del mondo che lo circonda (il materialismo dialettico), una concezione della storia della società (il materialismo storico), una concezione dell’economia capitalista e della società borghese (della sua nascita e delle leggi con cui si sviluppa), una concezione della rivoluzione socialista e del comunismo (della lotta con cui la classe operaia può liberare l’umanità dal capitalismo e congiuntamente liberare se stessa dall’oppressione e dallo sfruttamento). Il tutto costituisce una scienza nel senso corrente: che è stata elaborata sulla base dell’esperienza, viene passata al vaglio dell’esperienza che conferma le tesi giuste e scarta le tesi sbagliate, viene sviluppata ulteriormente sulla base dell’esperienza (come la chimica, la biologia, la fisica, ecc.). I comunisti sono il gruppo organizzato che sulla base di questa scienza guida la classe operaia e quanti altri vengono trascinati nella lotta per eliminare il capitalismo e instaurare il socialismo. Il partito comunista non guidato dal marxismo è  inutile. Il partito comunista diviene e deve divenire la parte d’avanguardia e organizzata della classe operaia nel senso che per adempiere al suo ruolo di stato maggiore della guerra condotta dalla classe operaia per eliminare la borghesia e il suo sistema di relazioni sociali, deve arruolare nelle sue file la parte più avanzata degli operai (tutti o gran parte degli operai avanzati) e quindi essere la forma più alta di organizzazione della classe operaia. Esso quindi ha i suoi centri di forza e di irraggiamento sociale nelle aziende dove è aggregata la classe operaia, al modo in cui il nuovo Stato (la dittatura del proletariato) che la classe operaia deve costituire ha i suoi centri nelle aziende dove è aggregata la classe operaia.

I partiti comunisti dei paesi imperialisti (Europa occidentale e America del nord) non hanno mai fatto propria questa concezione. Anche quando l’Internazionale Comunista (1919-1943) ha fatto inserire nello statuto di ognuno di essi che condizione per essere ammesso al partito era per ogni individuo la sua adesione al marxismo, la cosa sostanzialmente restò sulla carta. Chi ha letto Rivoluzionaria professionale di Teresa Noce se ne rende conto se solo pensa a quello che vi ha letto: lo stesso vale per ogni biografia e autobiografia dei dirigenti e membri del PCI. Il PCI appena fu in condizione di poterlo fare attenuò questa prescrizione statutaria (V congresso 1946) e poi l’annullò (VIII congresso 1956, subito dopo il XX congresso del PCUS).

Quello che ho scritto fin qui, definisce il tipo di relazione che esiste tra il Partito comunista che noi stiamo consolidando e rafforzando e gli operai, il resto delle masse popolari e le classi nemiche e la condizione per l’ammissione degli individui al Partito.

Noi ammettiamo nel Partito ogni individuo che reputiamo capace e disposto ad adempiere ai doveri e ai compiti di membro del Partito. Lo ammettiamo indipendentemente dalla sua classe di origine. Anche individui provenienti da classi nemiche li ammettiamo nel Partito alla condizione che ho indicato. Ovviamente facciamo candidature diverse a seconda della classe di origine. Per un individuo che proviene dalle classi nemiche dobbiamo vagliare con più cautela e attenzione i motivi della sua adesione e la sua capacità e disponibilità a lottare senza riserve contro la sua classe d’origine, a tradirla fino ad eliminarla.

I compagni che provengono dalle classi dominanti sono per noi elementi di forza o elementi di debolezza? Dipende. Se portano nel Partito l’influenza ideologica e morale della loro classe d’origine sono un elemento di debolezza. Questo però è un rischio che in qualche misura dobbiamo correre, la loro formazione da parte della classe d’origine è un dato di fatto eliminabile solo in parte (con la Riforma Intellettuale e Morale e con i processi di Critica-Autocritica-Trasformazione), un aspetto di loro su cui dobbiamo combattere costantemente (lotta tra due linee nel partito, vigilanza rivoluzionaria, condizioni generali del nostro lavoro). Sono invece un elemento di forza per il Partito se portano capacità ed esperienza di direzione (se la classe d’origine li ha formati a dirigere, cosa che oggi non è sempre vera perché la borghesia e le altre classi dominanti contengono un largo numero di parassiti, fannulloni e viziosi), se portano cultura (cosa che oggi è rara perché il livello culturale della maggior parte dei borghesi, dei preti, ecc. è basso), se portano soldi (cosa di cui abbiamo bisogno, ma che comunque ci procuriamo anche per altre vie). Vi sono poi le relazioni che essi hanno. Queste sono un’arma a doppio taglio, possono servire a noi e al nemico: dobbiamo imparare a farle servire a noi, a sfruttarle per rafforzarci e a usarle per portare divisioni, scompiglio e demoralizzazione in campo nemico.

Dato il corso delle cose (catastrofico), la crisi intellettuale e morale nelle classi dominanti e il rafforzamento in corso della nostra influenza e capacità, è iniziato un certo afflusso nelle nostre file (collaborazione e domanda di candidatura) di individui provenienti dalle classi dominanti, come è iniziato il ritorno di alcuni che nel passato avevano lasciato la Carovana. Sono segnali positivi ma vanno trattati con apposite linee e forme adeguate. Sbaglieremmo se li trattassimo “come tutti gli altri” provenienti dalle masse popolari o addirittura dalla classe operaia e quindi con un certo “istinto di  classe”. Sarebbe da parte nostra una soggezione stupida e per noi dannosa ai luoghi comuni della borghesia sull’uguaglianza. Noi siamo per l’uguaglianza nel senso che siamo convinti che, salvo eccezioni, ogni essere umano è in grado di imparare e di partecipare alla direzione e progettazione della vita sociale. E sappiamo che la società attuale non può sviluppare ulteriormente le sue potenzialità senza la partecipazione consapevole e organizzata della massa della popolazione alla sua gestione e direzione. Ma le idee non sono innate, a ragionare si impara. La borghesia imbroglia dicendo che siamo già tutti eguali: questo la esime dal rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (per dirla con le parole dell’Art. 3 della Costituzione del 1948).

Ernesto V.