La Voce  56 - anno XIX, luglio 2017 - in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

del (nuovo)Partito comunista italiano

Rafforzare il Partito comunista

Per uscire dal pantano in cui la borghesia imperialista, in particolare la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e il suo clero hanno condotto l’umanità, per sfuggire dal precipizio in cui ci trascinano, bisogna sviluppare la rivoluzione socialista. La rivoluzione socialista è la creazione un passo dopo l’altro nel paese di un sistema di potere basato sulle organizzazioni operaie e popolari dirette dalla classe operaia e dal Partito comunista. La rivoluzione socialista è un movimento di massa, ma solo il Partito comunista è in grado di promuoverlo. Bisogna quindi far crescere il Partito comunista, rafforzarlo.

Per chi ne è già membro rafforzare il Partito vuol dire elevare il livello della sua capacità di comprendere la realtà, della sua capacità di fare e quindi della sua attività e reclutare nuovi membri. Nel nostro paese già oggi quelli che con un’adeguata opera di propaganda e di reclutamento fatta dai membri del Partito, si arruolerebbero, sono in numero molto più vasto del numero dei membri del Partito. Ogni membro del Partito nel suo lavoro di massa deve individuare questi compagni e per ognuno di essi progettare e condurre un’efficace opera di verifica e di avvicinamento al Partito. Deve trovare il modo adatto per dare senza riserve a ognuno di essi risposte esaurienti ai suoi problemi su cosa fare, alle questioni che si pone di analisi del corso delle cose e della linea per farvi fronte, di bilancio del movimento comunista e di bilancio della storia dell’umanità; per portarlo al punto che o si arruola o dice a sé stesso che sarebbe giusto arruolarsi nel Partito, che il Partito ha ragione, ma lui non si arruola perché gli manca il coraggio di farlo, perché gli manca il coraggio di staccarsi dalle sue attività correnti e dalla sue abitudini, di trasformare il suo rapporto con le persone che gli sono care, di assumersi verso le masse la responsabilità di dirigere che ogni membro del Partito assume. Una persona che portiamo a questo punto, anche se non si arruola diventa comunque un collaboratore del Partito, uno che nel suo ambiente a suo modo sosterrà la linea e la concezione del Partito.

Cosa significa adesione identitaria al Partito?

Per l’essenziale significa aderire al Partito comunista, essere esecutore disciplinato, credere nella sua concezione e nella sua linea (e tutti dobbiamo avere queste caratteristiche) ma non aver assimilato la concezione che guida il Partito abbastanza da usarla con autonomia e creatività, da applicarla con iniziativa nella situazione particolare in cui il compagno opera, non aver imparato a pensare, non studiare, non ragionare (che è l’attività umana più difficile da fare per chi non è stato educato a farlo dall’infanzia e non ne ha gli strumenti: lingua, scrittura secondo logica formale, tempo e spazio, tranquillità fisica e spirituale).

Il Partito accoglie i compagni che aderiscono in senso identitario e li forma (attraverso il percorso di candidatura prima, poi con l’inquadramento in un organismo del partito, l’adempimento dei compiti e il bilancio dei risultati, i percorsi di studio e di critica-autocritica-trasformazione) ad aderire realmente, a trasformare la propria concezione del mondo, la propria mentalità e in una certa misura la propria personalità in modo da diventare capaci di dirigere e promuovere la rivoluzione socialista. A passare dall’adesione formale al Partito all’adesione reale.

 

La capacità di reclutare è per ogni membro del partito un indice significativo della misura in cui egli ha assimilato la concezione del mondo e la linea del Partito, della misura in cui la sua adesione al Partito ha superato il livello dell’adesione identitaria.

Per chi non è ancora membro del Partito rafforzare il Partito significa semplicemente arruolarsi, chiedere “l’ammissione” alla scuola di rivoluzione socialista. Il Partito è una scuola di rivoluzione socialista, una scuola in cui si imparano la teoria e i metodi della rivoluzione socialista e ci si addentra nella sua pratica, perché nel Partito teoria e pratica sono strettamente connesse: impariamo a fare la rivoluzione socialista dall’esperienza storica del movimento comunista e dal  suo patrimonio di teoria, ne deriviamo una linea e la mettiamo in pratica e facendo il bilancio della pratica verifichiamo e sviluppiamo la nostra teoria.

A tredici anni dalla sua fondazione (2004) e nove dalla pubblicazione del suo Manifesto Programma (2008) i ranghi del Partito sono oggi ancora estremamente ridotti. Disfattisti, attendisti e più in generale i nemici del comunismo proclamano che è la prova che noi siamo fuori strada. In realtà erigere l’attuale grado di sviluppo della rivoluzione socialista a dimostrazione che la concezione e la linea con cui noi la promuoviamo sono sbagliate (quindi non entrare nel merito della nostra concezione e della nostra linea, non avanzare proposte alternative alla nostra che non siano la riproposizione di concezioni, linee e proposte con cui il movimento comunista ha già fatto i conti sul piano teorico e che l’esperienza pratica ha già dimostrato che sono fallimentari) è la prova della povertà mentale dei nostri avversari e nemici, della loro indifferenza ai compiti della rivoluzione socialista e alla sorte dell’umanità. Un’epidemia infettiva imperversa e fa strage. Noi, con argomenti su cui i nostri avversari e nemici non osano mettere naso e forti dei successi raggiunti nel secolo scorso dai nostri predecessori nella cura della stessa epidemia, ci siamo proposti di mobilitare la popolazione a praticare una cura di cui abbiamo in una certa misura definito misure, metodi e strumenti. Nessuno ha messo in atto una cura efficace, ma i nostri avversari e nemici fanno leva sul fatto che la nostra cura non ha ancora raggiunto successi significativi per distogliere dal praticarla chi è tentato di farlo e giustificare se stessi di non aver concorso a praticarla. Lasciamo perdere i nostri nemici, tutti quelli che hanno i loro buoni motivi per essere contro la rivoluzione socialista e il socialismo cioè la borghesia, il clero e i loro agenti, seguaci e succubi. Consideriamo solo quelli che si proclamano ostili all’attuale catastrofico corso delle cose o addirittura fautori del socialismo. Il solo argomento che essi oppongono a noi è che neanche noi abbiamo ancora dimostrato nella pratica che la nostra cura è efficace. Se prendiamo sul serio le loro obiezioni, esse implicano la concezione che è possibile solo quello che già esiste. L’essere è l’essere. Ogni cosa è ciò che è. Quanto a quello che non è, il fatto che non esiste dimostra che non può essere: chi non è nato non può nascere. Possibile è solo ciò che esiste. Con questa “filosofia”, Cristoforo Colombo non sarebbe andato in America, perché tutti quelli che prima di lui avevano navigato verso ovest, o erano ritornati sconfitti dalle difficoltà incontrate o non erano mai più ritornati. In realtà per lo più le obiezioni dei nostri avversari sono risultato o dell’abitudine a ragionare superficialmente o dello scarso interesse per la causa politica che professano.

 

Empiristi e marxisti

Dal punto di vista del metodo, gran parte degli errori e delle vere e proprie stupidaggini che anche i più reputati tra gli intellettuali della sinistra borghese proclamano con grande e ridicola serietà e pompa di libri, riviste, conferenze e lezioni universitarie (e che sono con grande deferenza citati e ripetuti) nel campo dell’analisi del corso delle cose e delle previsioni, derivano dal loro rifiuto del metodo scientifico quando si tratta della vita della società umana. Se li interrogate, vi diranno che chi pretende di costruire una scienza dello sviluppo della società umana trascura o nega la libertà dell’individuo. In realtà gli intellettuali borghesi rifuggono dalla conoscenza scientifica del percorso seguito dalla specie umana, dalla ricostruzione della logica che a ogni grado di sviluppo unisce lo stato delle cose allo stato che lo ha preceduto e a quello che lo segue, perché appena si addentrano nella conoscenza scientifica si scontrano con la fine del loro sistema sociale che per loro è la fine del mondo. John Maynard Keynes a chi gli obiettava: “Ma a lungo andare con i rimedi che lei propone dove andiamo a finire?”, rispondeva beffardo: “Non si preoccupi del lungo andare, ‘a lungo andare’ noi saremo tutti morti. Il problema è adesso, risolvere i problemi in cui siamo”. Gli intellettuali della sinistra borghese sono ideologicamente succubi della borghesia, non si addentrano più di tanto nel “mistero delle cose”, dicono che noi marxisti siamo dogmatici. Sono come persone che pretendono essere dei chimici, discutono delle combinazioni delle varie sostanze a formarne altre e pretendono di spiegarle senza occuparsi di elementi, di molecole, di atomi e dei relativi legami, cioè senza addentrarsi nei “dogmi” della chimica, procedendo a naso, impressioni e buon senso. In realtà tutte le grandi opere, dalle guerre di Napoleone alle pitture, sculture e architetture di Michelangelo si svolgono formando un sistema che chi studia a fondo esse e la loro successione finisce col ricostruire, anche se ciò non implica che Napoleone o Michelangelo ne avessero coscienza. Ciò vale per la storia della specie umana, benché anch’essa sia fatta da uomini liberi.

Il compito di noi comunisti sta appunto nel portare milioni di individui a formare con le loro libere attività il nuovo sistema sociale di cui hanno bisogno: non limitarsi a descrivere il mondo attuale e a lamentarsene, ma trasformarlo.

 

 La nostra impresa (fare la rivoluzione socialista e instaurare il socialismo in un paese imperialista) è difficile. Lo è per sua natura: infatti i nostri predecessori nel secolo scorso non l’hanno compiuta e oggi l’umanità intera soffre le terribili conseguenze di questo insuccesso. Esso ha portato all’esaurimento la prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata cento anni fa dalla Rivoluzione d’Ottobre e ha permesso alla borghesia imperialista di riprendere il sopravvento, con le conseguenze che vediamo. Oggi è ancora più difficile. Negli anni ’30 del secolo scorsonessuna Thatcher aveva osato proclamare che non c’è alternativa all’epidemia che fa strage dell’umanità e inquina la Terra stessa (TINA! There is no alternative!), perché l’Unione Sovietica di Stalin era l’alternativa nota a tutti, che né aggressioni né sabotaggi erano riusciti a distruggere. Ora da quasi quarant’anni a questa parte TINA è la bandiera che non solo la borghesia e il suo clero, ma opportunisti e disfattisti di ogni genere, tutta la sinistra borghese, agitano di fronte alle masse in subbuglio e malcontente. Noi dobbiamo superare non solo le difficoltà contro cui andarono a sbattere i partiti comunisti del secolo scorso, ma anche i guasti e lo scoraggiamento prodotti dalla sconfitta e dall’esaurimento della prima ondata: la dissoluzione nei paesi imperialisti di gran parte delle forze che il movimento socialista fino alla prima Guerra Mondiale e poi il movimento comunista avevano accumulato a partire dal secolo XIX. Noi abbiamo incominciato trent’anni fa (il primo numero della rivista Rapporti Sociali venne pubblicato nel 1985) a rimontare la china, controcorrente. Abbiamo raccolto il patrimonio del vecchio movimento comunista e impariamo a fare la rivoluzione socialista facendola. È quindi scontato che facciamo degli errori, subiamo momentanei e circoscritti insuccessi, che avanziamo lentamente. Alcuni nostri avversari, esponenti e organismi della sinistra borghese, hanno maggiore seguito di noi, ma non vanno lontano, distolgono forze dalla nostra impresa. Tutto questo rientra nella natura dell’impresa che stiamo facendo. L’essenziale è non lasciarsi scoraggiare dalle sconfitte e dalle ostilità e imparare dall’esperienza.

Ogni membro del Partito e ogni suo Comitato è chiamato ad elevarsi di livello e a reclutare. Ogni elemento avanzato delle masse popolari è chiamato ad arruolarsi.

La Rivoluzione d’Ottobre, l’Unione Sovietica di Stalin e la Repubblica Popolare Cinese di Mao Tse-tung sono il nostro faro, il marxismo-leninismo maoismo è la scienza che ci guida.

Umberto C.