La Voce  56 - anno XIX, luglio 2017 - in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

del (nuovo)Partito comunista italiano

Sulla rivoluzione socialista in corso

Le masse che resistono in mille contrastanti forme
agli effetti del capitalismo sono già rivoluzione socialista o no?

 

La sezione di Milano del P.CARC ha scritto alla Delegazione del (n)PCI: “Cari compagni e care compagne della Delegazione, vi scriviamo per porvi una domanda che è emersa da una discussione interna di Resistenza 7-8, dell'articolo “La catastrofe incombe, che fare?”.

Il nostro interrogativo riguarda l'affermazione "la rivoluzione socialista è in corso": l'articolo porta la tesi che le masse popolari partecipano alla rivoluzione socialista in corso al di là della coscienza che ne hanno, ossia anche se non aspirano al socialismo ma a migliorare le loro condizioni di vita.

Quindi la partecipazione alla rivoluzione socialista delle masse popolari “è staccata” in un primo momento dalla coscienza rivoluzionaria che ne hanno.

La domanda che ci poniamo è: le masse popolari cominciano a partecipare alla rivoluzione socialista quando entrano nel raggio d'azione della Carovana del (n)PCI o la mobilitazione delle masse popolari è già partecipazione alla rivoluzione socialista in corso a prescindere dal legame che hanno con il movimento comunista?

Le risposte che abbiamo provato a darci sono le seguenti:

1. che per partecipare alla rivoluzione socialista in corso, le masse popolari devono essere in qualche modo orientate dalla Carovana, almeno in una minima parte;

2. che le masse popolari partecipano alla rivoluzione socialista in corso, organizzandosi per far fronte agli effetti della crisi e che il legame con il movimento comunista cosciente e organizzato eleva la coscienza rivoluzionaria.

Un esempio, il referendum 4 dicembre: le organizzazioni operaie e popolari si sono mobilitate in difesa della Costituzione e a seguito dell'esito del referendum per azione combinata dell'intervento dei comunisti e per la pratica diretta, passano da “come difenderla” a “come attuarla”.

Non siamo riusciti a trovare una sintesi e per questo motivo ci sembrava utile confrontarci con voi. In ogni caso sottoporremo la stessa questione alla redazione di Resistenza.

Un abbraccio a pugno chiuso, la sezione di Milano del P.CARC

 

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Cari compagni,

quando diciamo rivoluzione socialista noi intendiamo un movimento di massa che arriva a rovesciare lo Stato borghese, cioè l’attuale Stato basato sulla borghesia e le classi ad essa alleate (in Italia in primo luogo il clero cattolico) e instaura un nuovo Stato, che chiamiamo dittatura del proletariato, perché è fondato sul proletariato organizzato che unisce attorno a sé e trascina con sé il resto delle masse popolari. La rivoluzione socialista è un movimento di massa nel senso che Stalin spiega nello scritto La Rivoluzione d’Ottobre e la tattica dei comunisti russi che abbiamo pubblicato in La Voce 55. Ma non è un movimento spontaneo delle masse popolari e nemmeno del proletariato o degli operai. È un movimento promosso dai comunisti che in Italia, a ragion veduta, sono organizzati in due partiti, il (n)PCI e il P.CARC che collaborano tra loro pur essendo due partiti autonomi l’uno dall’altro.

In Italia la rivoluzione socialista è in corso dal 2004 quando si è costituito il (n)PCI il cui scopo, lo scopo per cui è stato creato e la sua ragion d’essere, è promuovere la rivoluzione socialista: leggete lo Statuto del (n)PCI e vedrete che lo proclama chiaramente (articolo 1).

 Come dice Stalin nel cap. III (pag. 60 di La Voce) dello scritto sopra citato riferendosi al caso particolare dei bolscevichi, i comunisti italiani dichiararono guerra alla Repubblica Pontificia, ma nel 2004 non disponevano e non potevano disporre di un esercito politico già pronto. Un esercito politico non è un esercito di soldati. Mentre un comando militare entra in guerra con un esercito già pronto, i comunisti devono costruire il proprio esercito nel corso della guerra stessa. Dal 2004 i comunisti vengono costruendo il proprio esercito attraverso l’intervento dei membri e degli organismi del (n)PCI e più tardi del P.CARC nella resistenza che le masse popolari oppongono al procedere della crisi generale del capitalismo.

 

E lo costruiscono mano che le masse popolari si rendono conto, grazie alla propria esperienza, che le parole d’ordine del partito sono giuste, che la sua direzione è giusta e capace e si organizzano in organismi che (più o meno influenzati o addirittura diretti dai comunisti) si impegnano a un livello superiore nella lotta di classe, mentre gli esponenti più avanzati si arruolano nelle file dei comunisti.

Di fatto le masse popolari spontaneamente (cioè non ancora influenzate e orientate e tanto meno dirette dai comunisti) resistono già agli effetti distruttivi del capitalismo in campo economico, politico, culturale, in generale agli effetti distruttivi sul complesso dei rapporti sociali e sulla vita degli individui e agli effetti distruttivi sull’ambiente, come ben illustrano gli articoli di Resistenza 7-8. Ma senza l’azione dei comunisti questa resistenza spontanea resterebbe un insieme caotico e contraddittorio di lotte, di azioni collettive (cioè di gruppi) e individuali, di sentimenti e di idee in cui convivono, si scontrano e si succedono speranza e disperazione, idealismo e abbrutimento, solidarietà e aggressione, rivolta e rassegnazione. Scientemente la borghesia imperialista, che non è in grado di soffocare completamente la resistenza delle masse popolari, cerca di indirizzarla nella direzione della mobilitazione reazionaria. Noi comunisti al contrario cerchiamo di portare ogni lotta, ogni manifestazione della resistenza di ogni parte delle masse popolari a un livello superiore come obiettivo, come organizzazione e come coscienza fino a farla confluire in un unico movimento: la rivoluzione socialista.

Considerate una folla in tumulto e preda del panico che può incanalarsi in una strada che sfocia in un pantano di sabbie mobili oppure in una strada che porta verso un territorio verdeggiante e ameno. Noi comunisti, costituiti nel 2004 in (nuovo) Partito comunista italiano, abbiamo dichiarato la guerra delle masse popolari italiane alla Repubblica Pontificia cioè abbiamo assunto la responsabilità di portare le masse popolari al socialismo e via via ci diamo i mezzi per adempiere al nostro compito, impariamo a fare un lavoro che non abbiamo mai fatto, che nessuno ha mai fatto prima di noi. Il (n)PCI costituito nel 2004 era il risultato di un lungo travaglio incominciato all’incirca venti anni prima per capire dove era il mondo e dove stava andando. Il primo numero della rivista Rapporti Sociali venne stampato nel 1985: noi emergevamo dal disastro dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, di tre decenni di integrazione servile del gruppo dirigente del PCI nella Repubblica Pontificia e di corruzione e disgregazione di quel PCI che era cresciuto durante il fascismo e aveva promosso e guidato la Resistenza, del fallimento dei primi gruppi marxisti-leninisti nati sulla scia della lotta contro il revisionismo moderno lanciata nel movimento comunista dal Partito del Lavoro d’Albania e dal Partito comunista cinese, della sconfitta delle Brigate Rosse vittime della loro deriva militarista. Nel 2004 avevamo riunito le condizioni minime indispensabili per costituire il Partito e da allora la rivoluzione socialista è in corso e impariamo a promuoverla intervenendo e orientando la lotta di classe. Impariamo anche dai nostri errori e dalle nostre sconfitte, avanziamo, non ci arrendiamo.

Ma dove è mai questa rivoluzione socialista? È come la gestazione di un bambino che sarà l’uomo di domani. Finché non ha raggiunto un certo grado di sviluppo, la conoscono solo quelli che la fanno, quelli che osservano il corso delle cose con la lente del materialismo dialettico e quelli che “sentono” il corso delle cose con la sensibilità della classe dominante. La persecuzione di cui siamo oggetto da parte della Repubblica Pontificia e l’isolamento che la sinistra bor ghese cerca di creare attorno a noi (il “cordone sanitario”, Mauro Casadio di Rete dei Comunisti che nell’assemblea del 26 marzo a Roma esplode e proclama apertamente che il P.CARC sarà accettato nella Piattaforma Eurostop “solo se si dissocia dalla clandestinità”, cioè dal (n)PCI) sono indizi di uno sviluppo che quelli che osservano superficialmente il corso delle cose ancora non vedono. Vedono solo le masse che resistono spontaneamente al corso delle cose, in una grande confusione di pensieri e azioni di gruppi e di individui.

 

Materialisti dialettici, non empiristi

Ogni processo, naturale, sociale e individuale, compresa l’attività (artistica, politica, militare e di ogni altro genere) di un individuo, si svolge seguendo delle costanti e delle leggi, una logica nella connessione degli stati successivi. Quelli che studiano il processo arrivano a rilevarla: essa è anche l’unità interna del processo, la sua natura. Una volta rilevata, quella logica, se corrisponde alla realtà, se la rilevazione è giusta, permette a chi l’ha rilevata di prevedere gli sviluppi futuri del processo o i distinti sviluppi che può avere e, per quanto riguarda alcuni processi, anche di indirizzarli e governarli, passando dal ruolo di studioso al ruolo di trasformatore, regista e attore. La scienza è questo tipo di attività umana: conoscere e agire con cognizione di causa per un obiettivo. Per quanto riguarda i processi sociali e individuali, si tratta di passare dal ruolo di attore spontaneo di chi agisce con scarsa o nessuna coscienza dei risultati ed effetti di quello che sta facendo e di dove la strada che sta percorrendo lo porterà, al ruolo di creatore del futuro proprio e di chi cammina con lui. Alcune strade si possono percorrere solo in compagnia, quindi bisogna procurarsi una compagnia.

Tra chi non è soddisfatto del mondo attuale, i comunisti sono quelli che hanno una più profonda comprensione delle condizioni, delle forme e degli effetti della lotta delle classi oppresse e con cognizione di causa la spingono in avanti.

 

Le masse che resistono in mille contrastanti forme agli effetti del capitalismo sono già rivoluzione socialista o no, vi chiedete voi. Ogni cosa è quello che è ma ogni cosa è anche quello che può diventare. Ogni cosa per sua natura può diventare più cose e diventa l’una o l’altra a seconda delle circostanze in cui si trasforma: trattandosi della società umana, a seconda dello sviluppo dell’attività degli individui che la compongono, della loro coscienza e organizzazione. La storia non è scritta in anticipo, la fanno gli uomini. Dal Biennio Rosso (1919-1920) poteva venire l’instaurazione del socialismo o una reazione tremenda: per l’incapacità rivoluzionaria del PSI e poi del PCd’I non venne il socialismo, ma venne il fascismo. Dalla Resistenza poteva venire il socialismo ma venne la Repubblica Pontificia per l’incapacità rivoluzionaria del PCI dove presero la direzione Togliatti e i suoi, convinti che in Italia era impossibile instaurare il socialismo. Dal sommovimento creatosi in Russia all’inizio del 1917 venne il socialismo, ma non era scritto da nessuna parte che questo sarebbe stato l’esito. Una persona il cui nonno era stato un capitalista russo mi disse che suo nonno aveva assistito all’accoglienza di Lenin al suo arrivo nell’aprile 1917 alla stazione ferroviaria di Pietroburgo e che da quel momento aveva incominciato a esportare all’estero la sua ricchezza: sensibilità della classe dominante.

L’attuale resistenza delle masse popolari a fronte del catastrofico corso delle cose può confluire nella rivoluzione socialista e sfociare nell’instaurazione del socialismo, ma può anche prendere la strada della mobilitazione reazionaria e della guerra imperialista. La nostra e vostra lotta per far costituire il Governo di Blocco Popolare è lotta per farla diventare rivoluzione socialista. Se lo diventerà, la resistenza caotica di oggi sarà stata una fase della rivoluzione socialista. La costituzione del Governo di Blocco Popolare non è ancora instaurazione del socialismo, ma la costituzione del Governo di Blocco Popolare e l’attuazione del suo programma saranno l’inizio di un periodo di lotte di livello superiore all’attuale. Nel corso di esso a un certo punto o la borghesia per riprendere in mano la situazione scatenerà la guerra civile (ma noi allora saremo in condizioni di vincere e la guerra civile finirà con l’instaurazione del socialismo) o convinta che non ha speranza di vincere si arrenderà senza combattere (cosa molto difficile, caso raro ma che si verificò in alcuni paesi dell’Europa Orientale alla fine della Seconda guerra mondiale) e instaureremo il socialismo.

La sintesi delle vostre discussioni è che l’attuale resistenza in massima parte ancora spontanea delle masse popolari può diventare rivoluzione socialista. Orientarla  e prendere la direzione di questa resistenza è l’unica via attraverso la quale facciamo avanzare la rivoluzione socialista. È il compito di noi comunisti, del (n)PCI e del P.CARC. Di per se stessa la resistenza spontanea delle masse popolari non è ancora rivoluzione socialista, può prendere anche un’altra strada. Sta a noi e sta a voi farle prendere questa strada. È possibile, ma non è scontato, non è l’unico sviluppo possibile. Portare passo dopo passo a partire dallo stato attuale le masse a lotte di livello superiore, facendo leva sulla vittoria e  l’insegnamento delle lotte in corso, sull’organizzazione e la coscienza che si creano e che noi fomentiamo, sulla “scuola di comunismo” che le masse fanno grazie all’opera dei comunisti: ecco il nostro ruolo di promotori della rivoluzione socialista.

La nostra opera non consiste solo nell’elevare la coscienza delle masse popolari: questo è solo un aspetto del nostro lavoro. Propagandare il socialismo, l’obiettivo finale, è solo un aspetto del nostro lavoro di propaganda e neanche il principale. Noi dobbiamo aver chiaro il nostro obiettivo finale, che è anche l’unica uscita dell’umanità dal marasma imposto dalla borghesia imperialista. Se non l’avessimo chiaro, non saremmo capaci di vedere e progettare il percorso che le masse popolari devono compiere per arrivarci, non sapremmo guidarle. Ma il nostro lavoro consiste nel mobilitare e guidare le masse popolari a compiere uno dopo l’altro i singoli passi di questo percorso, ponendo ad ogni passo le premesse per il successivo. E per ogni passo, per compierlo le masse popolari devono avere la coscienza necessaria ad esso, perché ogni individuo si muove sulla base di idee, sentimenti e istinti.

Questa è la dialettica tra rivoluzione socialista e resistenza spontanea, tra i comunisti organizzati nel (n)PCI e il P.CARC e le masse popolari, fermo restando che le masse popolari sono tutte per i loro interessi opposte alla borghesia imperialista e al suo clero, ma sono composte da milioni di individui e da migliaia di gruppi che hanno anche interessi particolari e diversi livelli di coscienza.

La nostra opera è grande ma del tutto possibile e l’umanità intera ne ha bisogno. Il capitalismo ha dato tutto quello che poteva dare, il futuro è del socialismo, prima inferiore fase della società comunista inscritta nella storia che finora l’umanità ha fatto, nel nostro futuro.

Vi prego di esaminare la mia risposta e di farmi sapere se risponde esaurientemente alla vostra domanda.

Saluti comunisti.

Nicola, per la Delegazione del (nuovo) Partito comunista italiano