La Voce 52

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVIII - marzo 2016

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Il pensiero e la realtà

La scienza delle attività con cui gli uomini fanno la loro storia

 

La corrente di pensiero che sostiene che gli uomini non sono in grado di conoscere il mondo qual è, ha ripreso vigore e permea gran parte della “filosofia” attuale, il pensiero debole e il post-moderno. Contrasta con tutta l’esperienza delle scienze naturali, ma lo scetticismo ha ripreso vigore perché è un aspetto essenziale della controrivoluzione preventiva, della lotta della borghesia imperialista contro il movimento comunista. Lo scetticismo, l’idea che al di là di quello che conosciamo vi è una realtà inconoscibile, ripropone e sostiene il ritorno del misticismo, dell’esoterismo e della metafisica. Non potendo dimostrare che il marxismo non ha descritto in modo giusto il corso delle cose nel passato e nel presente, non potendolo cioè confutare sul suo terreno, la borghesia ha richiamato in vita la negazione della verità in generale.

Nel passato, quando la borghesia non aveva ancora preso il potere, per alcuni dei suoi filosofi, da Hume a Kant, lo scetticismo è stata una scappatoia per non incorrere nei fulmini delle chiese e dei monarchi: conciliava capra e cavoli, affermava che le scienze naturali si occupavano dei fenomeni, di quello che appariva e cadeva sotto i sensi, ma niente potevano dire della sostanza della realtà, della realtà in sé, che era oggetto della “verità rivelata” custodita e amministrata dalle chiese a tutela dei papi, dei monarchi, dei nobili e dei prelati.

 

 

**** Manchette

Con Mao rivisitiamo il nostro passato

Mao Tse-tung ha elaborato la sintesi più avanzata e universale dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Per trarre lezione da quell’esperienza, bisogna leggere le opere di Lenin, di Stalin, di Gramsci e studiare i resoconti dell’esperienza storica della prima ondata alla luce degli apporti del maoismo alla concezione comunista del mondo. Ad esempio, è alla luce della teoria della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata e della situazione rivoluzionaria in sviluppo che si traggono grandi lezioni dalla storia della rivoluzione russa dal 1885 al 1905 al 1917, dei governi di Fronte Popolare e della guerra di Spagna, della Resistenza in Europa.

 

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Nella lotta della borghesia contro il movimento comunista, e con più vigore nell’epoca imperialista e ancora più dopo l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, lo scetticismo è ritornato in auge nella cultura borghese. Lo scetticismo è ritornato di moda e permea gran parte della cultura corrente: “ideologico” è diventato nel campo del pensiero un insulto, come “stalinista” lo è diventato nel campo dell’azione politica. Il passaggio allo scetticismo è stato nel campo della filosofia quello che nel campo delle scienze dell’economia è il passaggio dall’economia politica classica (Smith, Ricardo, ecc.) all’economia politica volgare (il marginalismo e tutte le successive varie e contrastanti scuole moderne dell’economia).

 

 Contro lo scetticismo Karl Marx ci ha già spiegato [Tesi su Feuerbach, tesi II (1845)]:

“La questione se al pensiero umano spetti una verità oggettiva, non è una questione di teoria, ma una questione di pratica. Nell’attività pratica l’uomo deve provare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere immanente [alla realtà] del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non realtà del pensiero - isolata dall’attività pratica - è una questione meramente scolastica.”

A sua volta Friedrich Engels ci ha ben spiegato [Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca (1887-1888)]:

“ [...] Il grande problema fondamentale di tutta la filosofia, e specialmente della filosofia moderna, è quello del rapporto del pensiero con l’essere. [...]

Quale relazione passa tra le nostre idee del mondo che ci circonda e questo mondo stesso? È in grado il nostro pensiero di conoscere il mondo reale? Possiamo noi nelle nostre rappresentazioni e nei nostri concetti del mondo reale avere una immagine fedele della realtà?

Questa questione si chiama, nel linguaggio filosofico, questione dell’identità dell’essere e del pensiero e l’immensa maggioranza dei filosofi risponde ad essa in modo affermativo. [...]

Esiste però anche una schiera di altri filosofi, i quali contestano la possibilità che l’uomo riesca a conoscere il mondo, o almeno a conoscerlo in modo esauriente. Tra i moderni, appartengono a questa schiera Hume e Kant, che hanno avuto una parte molto importante nello svolgimento della filosofia. L’essenziale per la confutazione di questa concezione è già stato detto da Hegel, nella misura in cui si poteva farlo da un punto di vista idealista. Ciò che Feuerbach ha aggiunto da un punto di vista materialista è più ingegnoso che profondo.

La confutazione più decisiva di questa fisima dei filosofi, come del resto di tutte le altre, è data dalla pratica, particolarmente dall’esperimento e dall’industria. Se possiamo dimostrare che la nostra comprensione di un dato fenomeno naturale è giusta riproducendolo noi stessi, producendolo dalle sue condizioni e, quel che più conta, facendolo servire ai nostri fini, l’inafferrabile “cosa in sé” di Kant è finita. Le sostanze chimiche che si formano negli organismi animali e vegetali restarono “cose in sé” fino a che la chimica organica non si mise a prepararle l’una dopo l’altra. Quando ciò avvenne, la “cosa in sé” si trasformò in una cosa per noi. Un esempio è l’alizarina, materia colorante della garanza, che non ricaviamo più dalle radici della garanza coltivata nei campi, ma molto più a buon mercato e in modo più semplice dal catrame di carbone. Il sistema solare di Copernico fu per tre secoli un’ipotesi, su cui vi era da scommettere cento, mille, diecimila contro uno, ma pur sempre un’ipotesi. Quando però Leverrier, con i dati ottenuti grazie a quel sistema, non solo dimostrò che doveva esistere un altro pianeta (il pianeta in questione è Nettuno) ignoto fino a quel tempo, ma calcolò pure in modo esatto il posto occupato da quel pianeta nello spazio celeste e quando, in seguito, Galle lo scoprì, il sistema copernicano era provato. Se, ciò nonostante, i neokantiani si sforzano di dare una nuova vita in Germania alla concezione kantiana, e gli agnostici di dare una nuova vita alla concezione di Hume in Inghilterra (dove essa non era mai scomparsa del tutto), ciò rappresenta per la scienza, rispetto alla confutazione teorica e pratica che da tempo queste concezioni avevano ricevuto, un passo indietro. In pratica è un modo di fare timido, di persone che si vergognano e accettano il materialismo sottobanco, pur rinnegandolo pubblicamente. In questo lungo periodo, che va da Descartes a Hegel e da Hobbes a Feuerbach, i filosofi non furono però spinti unicamente, come essi credevano, dalla forza del pensiero puro. Al contrario. Ciò che in realtà li spingeva era soprattutto il potente e sempre più rapido e impetuoso progresso delle scienze naturali e dell’industria. Nei materialisti ciò appariva già alla superficie, ma anche i sistemi idealisti si riempivano sempre più di contenuto materialista e cercavano di rimuovere il contrasto tra lo spirito e la materia in modo panteistico, cosicché il sistema di Hegel alla fine rappresenta soltanto, per il suo metodo e per il suo contenuto, un materialismo posto idealisticamente con la testa all’ingiù. [...]”

Umberto C.