La Voce 51

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVII - novembre 2015

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Lotta tra due linee (L2L) e lotta ideologica attiva (LIA)

Il partito comunista è unito sulla scienza delle attività con cui gli uomini hanno fatto e fanno la loro storia, la scienza scoperta dal Marx ed Engels nel corso dell’Ottocento e sviluppata nel periodo da allora trascorso in particolare da Lenin, Stalin e Mao Tse-tung. È formato da quelli che la professano e la praticano. Chi ha una concezione metafisica del mondo (della natura, della società, del pensiero), crede quindi che nel Partito “tutti la pensano allo stesso modo”. Al contrario, nel 1937 Mao a Yenan insegnava ai quadri del Partito comunista cinese che “nel partito comunista si hanno sempre contrapposizione e lotte di idee diverse: ciò è il riflesso nel Partito delle contraddizioni di classe e delle contraddizioni tra il nuovo e il vecchio esistenti nella società. Se nel Partito non ci fossero né contraddizioni né lotte ideologiche per risolverle, il Partito non avrebbe vita” (Sulla contraddizione). E nella Storia del Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS stampata l’anno dopo, nel 1938, Stalin mostrava che il Partito comunista russo si era sviluppato attraverso successive lotte tra linee condotte dalla sinistra e descriveva la loro successione, tappa dopo tappa.

 

**** MANCHETTE ****

Ogni cosa si trasforma. Ogni cosa è composta e quindi può scomporsi nelle parti che la compongono. Ogni cosa è legata ad altre da relazioni e assieme compongono un insieme superiore. Ogni cosa percorre un processo di trasformazione che si svolge secondo leggi sue proprie.

Per agire sulla cosa e sulla sua trasformazione, bisogna conoscere gli elementi che la compongono e le relazioni tra di essi. Assieme costituiscono la base di ogni sua trasformazione: le cause interne. Bisogna conoscere le sue relazioni con le altre cose: qui sono le cause esterne della sua trasformazione.

Da queste conoscenze viene la conoscenza delle leggi del processo in corso e possiamo intervenire con efficacia su di esso.

Il partito comunista è causa esterna dell’emancipazione delle masse popolari dalla borghesia e dalle altre classi dominanti.

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Come si combinano nel partito comunista nel campo delle idee l’unità e i contrasti, l’intransigenza e la creatività?

Per dare una risposta giusta bisogna aver chiaro che la società umana da millenni è divisa in classi di sfruttatori e di sfruttati, di oppressori e di oppressi, che da millenni la storia di ogni società è storia di lotta di classi, che l’epoca che noi viviamo è l’epoca della fine di questa divisione. A questa fine le classi sfruttatrici si oppongono con ogni mezzo. Quelli che non riconoscono questa lotta che caratterizza la nostra società, come ad esempio gli esponenti della sinistra borghese, non riescono a concepire come nel partito comunista si combinano sinergicamente fermezza sui principi e creatività nella ricerca, intransigenza e libertà, che libertà e necessità si combinano nel campo delle idee e dell’azione del partito. In sintesi non riescono a capire né il materialismo dialettico né il centralismo democratico.

Se la concezione comunista del mondo non fosse la scienza con cui le classi oppresse e sfruttate si guidano nella loro lotta contro le classi dominanti o se le classi dominanti non avessero voce nel campo delle idee, la risposta sarebbe semplice, come lo è in altri campi scientifici. Consideriamo ad esempio la chimica. È facile capire che tra i ricercatori chimici vi è varietà di ipotesi e di indirizzi quanto alla ricerca in corso, ma anche unità sulle “verità acquisite” della chimica. Se un alchimista volesse imporre le sue vedute tra i ricercatori, verrebbe unanimemente da questi mandato a quel paese: escluso dal gruppo di ricerca.

La particolarità del nostro campo è che qui i fautori della “alchimia” sono le classi dominanti. Esse dispongono di gran  parte delle forze e delle risorse della società, delle istituzioni e degli strumenti di elaborazione del pensiero, dei più abili oratori e imbroglioni. La “alchimia” è la concezione che convalida il loro potere: finché le masse popolari credono alla “alchimia”, esse accettano e subiscono il loro potere o comunque hanno difficoltà a ribellarsi. Nel nostro caso la “chimica” invece insegna alle masse popolari che esse possono ribellarsi e liberarsi, dà voce e forza ai loro sogni di liberazione e alle loro tendenze a liberarsi, insegna cosa e come fare. Ecco perché tra i cultori della nostra “chimica” vi sono persone che inclinano versa la “alchimia”, che subiscono l’influenza degli “alchimisti”. Ecco perché i fautori della “chimica” conducono e devono condurre una lotta intransigente anche nelle loro file contro queste influenze e i loro fautori e nello stesso tempo ricercano con libertà e fantasia, sperimentano, provano e riprovano. Bisogna che ricordiamo sempre che “se gli assiomi della geometria urtassero gli interessi delle classi dominanti, certamente esse cercherebbero di confutarli. Le teorie storico-naturali che colpiscono i vecchi pregiudizi della teologia, hanno provocato e provocano le lotte più furibonde. Il cardinal Bellarmino a Galileo spiegò chiaramente che in gioco non era se si vedevano o no macchie solari, ma l’ordine sociale”. Nel partito comunista c’è unità intransigente sulle verità acquisite e comprovate nella lotta di classe e discussione vivace e aperta di fronte a ogni nuovo problema o a un problema che si presenta in forma nuova.

“La lotta tra le due linee nel partito è un principio per lo sviluppo del partito comunista e per la sua difesa dall’influenza della borghesia”, scriveva il compagno Nicola P. a inizio del punto 5 del suo eccellente articolo L’ottava discriminante (La Voce 10, marzo 2002). A questo articolo rimando per una trattazione vasta del tema della lotta tra le due linee nel partito comunista. Qui di seguito mi limito a due questioni: 1. come in ogni data situazione si arriva a individuare le due linee; 2. la differenza tra lotta tra due linee (L2L) e lotta ideologica attiva (LIA).

1. Il partito comunista è alla testa dello sviluppo della società, è avanguardia della classe operaia e delle masse popolari nella lotta per emanciparsi dalla borghesia. Avanza e guida l’avanzata in un terreno noto solo a grandi linee. Non fa un lavoro già più volte fatto, di cui si conosce tutto o gran parte. Non abbiamo ancora instaurato il socialismo in nessun paese imperialista. È quindi inevitabile che ognuno di noi, ogni organismo del partito, il partito nel suo complesso si trovino ad ogni passo di fronte a situazioni che non conosce, che non ha mai prima praticato, per le quali la storia del nostro Partito e del movimento comunista non dà insegnamenti (e rifarsi a questi insegnamenti è già un aspetto della nostra “unità”: chi trascura l’esperienza degli altri, chi inventa ad ogni passo l’acqua calda, non ha un giusto stile di lavoro). La traduzione del generale nel particolare pone continuamente di fronte a scelte, a dover decidere cosa e come fare. Sorgono quindi molte proposte: è un segno di attivismo, di vitalità, di energia e di partecipazione: il contrario dell’adesione passiva, dell’obbedienza cieca.

Quelli che non vogliono usare la testa, lazzaroni o semplicemente non abituati a pensare, a proposito delle idee diverse si affrettano a dire: questa è la sinistra, quella è la destra o, peggio ancora, dividono subito i compagni: questi sono la sinistra, quelli la destra e quelli il centro. In realtà di fronte a più proposte, solo approfondendo il contenuto di ognuna, mettendo in luce motivazioni e implicazioni di ognuna e gli effetti della sua attuazione (le sinergie che mette in moto e gli effetti a cascata) - quindi applicando il materialismo dialettico come metodo di conoscenza - e studiando ogni proposta nel contesto pratico, nella realtà particolare e concreta da cui sorge e in cui verrebbe attuata, considerando questo processo concreto nell’ambito del corso complessivo (di più lungo respiro) di cui esso è un tratto o un aspetto: solo così facendo le mille proposte si raggruppano, si scompongono e si fondono fino a configurare due linee, una che sintetizza l’avanzamento realmente possibile nella rivoluzione socialista e una che esprime o il timore del cambiamento, oppure l’avventurismo oppure l’influenza del senso comune, della sinistra borghese, della borghesia imperialista o del clero. Solo a questo punto vi sono due linee.

Portare le molte differenti proposte a configurare due linee è già lotta tra due linee, è gran parte della lotta tra due linee. Non è detto che le due linee siano due delle molteplici proposte iniziali. Il caso più comune è che entrambe sono il  risultato del lavoro di elaborazione che si è fatto e che alla fine dell’elaborazione fatta è anche chiaro quale è la linea di sinistra e quale è la linea di destra. A questo punto anche lo schieramento dei compagni sarà definito. Solo in alcuni casi bisognerà ricorrere alla sperimentazione, per capire quale è la linea che ci porta avanti e arrivare a schierare tutto il partito ad attuarla. Una volta arrivati a individuare quali sono le due linee in un campo e di fronte a un compito ben definiti, poi si tratta di verificare nel corso dell’attività in quel campo e dell’attuazione di quel compito le singole operazioni concrete, se sono conformi alla linea di sinistra o alla linea di destra, quali risultati danno e tirarne le conseguenze in termini di quadri e di organismi e del loro orientamento.

 

**** MANCHETTE ****

A chi segue la strada dei vecchi partiti comunisti

I partiti comunisti sorti nei paesi imperialisti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria non hanno instaurato il socialismo. Non mancò la dedizione alla causa né l’eroismo di molti compagni e anche di molti dirigenti. Mancò una comprensione abbastanza avanzata delle condizioni e delle forme della lotta di classe, mancò l’uso del materialismo dialettico nell’analizzare la realtà e nel definire le linee di intervento e i metodi di lavoro. Per questo la destra prese il sopravvento in molti di essi, ivi compreso il PCI. Nell’articolo Pietro Secchia e due importanti lezioni (La Voce 26, disponibile su www.nuovopci.it) diamo un’esposizione dettagliata della politica del PCI subito dopo la vittoria della Resistenza.

Chi oggi lavora attenendosi alla loro linea e al loro metodo di lavoro, non combinerà neanche quello che quei partiti hanno combinato. Manca oggi la spinta dell’Unione Sovietica, della Repubblica Popolare Cinese e del movimento comunista internazionale e pesano la demoralizzazione e la disgregazione prodotte tra le masse popolari dall’esaurimento della prima ondata e dalla sorte dei primi paesi socialisti.

Il nuovo PCI non segue la loro strada, ma ha imparato dalla loro esperienza.

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Un procedimento sbagliato ma frequente, dato che pensare non è un’attività che i membri delle classi oppresse sono educati a fare e che anzi il clero ha educato invece per secoli il nostro popolo alla retorica (intesa qui nel senso di usare le parole per nascondere il pensiero, usare frasi vuote, usare a sproposito formule e frasi fatte), è proclamare la lotta tra le due linee, parlare a destra e a manca di lotta tra le due linee, omettendo sistematicamente di illustrare, con una formulazione chiara ed esauriente, quali sono le due linee che si contrappongono in quel determinato campo e di fronte a quel preciso compito.

Bisogna inoltre stare attenti che anche se di fronte a una scelta da fare c’è concorde adesione a una proposta, non sempre l’unanimità è segno di verità, di certo non è garanzia di verità: la verifica che una scelta è giusta la dà solo la pratica, la vittoria nella lotta, il successo dell’operazione.

Un partito che non applica la lotta tra le due linee non vincerà: di fronte a ogni situazione, in ogni lotta procederà a naso (cioè attenendosi al senso comune) o alla cieca. Un simile partito va incontro a sconfitte e le sconfitte, se non si reagisce con la lotta tra le due linee, cioè individuando le cause interne a noi della nostra sconfitta (che quindi non sono mai la forza e la crudeltà del nemico: semmai lo è l’errata nostra valutazione di queste), portano alla demoralizzazione e alla disgregazione.

Una obiezione corrente è che applicare la lotta tra le due linee comporta una gran perdita di tempo e l’impiego di molte energie. Questo è vero. Meno siamo esperti, maggiore è il tempo e l’energia che dobbiamo dedicare alla lotta tra le due linee. Solo man mano che cresciamo in esperienza, diventiamo capaci di arrivare rapidamente e con chiarezza a individuare le due linee. Ma l’alternativa non è trascurare la lotta tra le due linee ed essere sconfitti. L’alternativa è accumulare esperienza.

2. La lotta tra due linee è una costante nella vita del partito comunista, è un aspetto del suo avanzare, è la traduzione nell’attività del partito del processo dell’uno che si divide in due che è un aspetto dello sviluppo della natura, della  società e del pensiero. In ogni campo e di fronte a ogni compito vi sono due linee che si contrappongono (vi sono due vie perché due classi si contendono il terreno): quanto più chiaramente ed esaurientemente sono definite e maggiore è la coscienza di esse nelle nostre file, tanto meglio e più rapida procede l’opera del nostro Partito: la sua vittoria è assicurata.

Invece la lotta ideologica attiva (LIA) è un evento straordinario nella vita del partito, una iniziativa d’emergenza. È una campagna di rettifica (dell’orientamento o del metodo di lavoro) che viene lanciata nel partito comunista 1. quando si tratta di correggere un indirizzo o un metodo di lavoro sbagliato che ha preso piede; 2. quando si tratta di superare un indirizzo o un metodo di lavoro non più adeguato alla situazione ma molto radicato.

In ogni LIA chi la lancia ha chiaramente individuato (deve avere responsabilmente e ben chiaramente individuato) le due linee antagoniste e chiama il partito a prenderne coscienza e a schierarsi. Le due linee sono definite già all’inizio, mentre lo schieramento si determina nel corso della lotta e risulta alla sua conclusione.

Quindi ogni LIA mette in gioco la direzione (del Partito o di un suo organismo) e a ogni LIA corrisponde un quartiere generale che la lancia e la dirige.

La destra di regola non lancia la LIA, perché per sua natura in un partito comunista sano cerca di insinuarsi silenziosamente, di avanzare passo passo, ha dalla sua parte la forza dell’abitudine, della tradizione, dell’influenza delle classi dominanti sulle classi oppresse. In un partito ancora sano la destra non ha interesse a porre apertamente i problemi, a chiarire “fino in fondo” le questioni. Sta alla sinistra non lasciare che il partito devii, marcisca al punto che la destra sia in condizioni di mobilitare il partito a suo sostegno per stroncare la sinistra. Quindi la sinistra deve essere tempestiva nel lanciare la LIA. Se è la destra a lanciare la LIA o nella LIA la destra prevale, significa che la sinistra ha lasciato andare le cose troppo per le lunghe, che nel partito il marcio ha preso grandi dimensioni.

La lotta tra le due linee, se condotta sistematicamente, come costume corrente e consapevole del partito, dovrebbe evitare o rendere raro il ricorso alla LIA. Non bisogna tuttavia aver paura della LIA. La LIA è una misura d’eccezione, d’emergenza, ma non bisogna esitare a ricorrervi quando si tratta di salvare il partito da uno sbandamento maggiore, di impedire che il partito degeneri, marcisca. Il partito deve avanzare verso la vittoria, quindi quando occorre tagliare, bisogna con coraggio tagliare!

Anna M.