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La Voce 50 del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVII - luglio 2015

 

Sindacato conflittuale e GBP

 

Lo sbandamento oggi è un dato di fatto organizzativo e negli individui una diffusa dolorosa sensazione di impotenza a realizzare un proprio percorso. Riguarda il complesso delle masse popolari e anche gli operai, questi in maniera più acuta che ogni altra classe. La sostanza profonda dello sbandamento consiste nel fatto che la massa non è raccolta, ordinata, legata (attraverso i mille fili e le multiformi relazioni proprie della vita associata e della lotta per la direzione e il governo del paese, della lotta per il potere, della lotta politica), a un centro che incarna e rappresenta il percorso possibile e necessario e la conseguente efficace attività di realizzazione. Percorso possibile e necessario in quanto solo praticandolo le masse popolari e in particolare gli operai realizzano il bisogno dettato dall’insieme dei rapporti sociali nazionali e internazionali, dalla storia della società nel suo insieme: la costruzione della società comunista.

Per chi deve imbrogliare, strappare un voto alle elezioni, usare qualcuno come manovalanza a supporto del proprio percorso, l’importante è essere creduto, quindi proclamare cose credibili. E credibile è ciò che corrisponde al senso comune che in realtà rispecchia ciò che è stato ed è (il passato e il presente), non ciò che deve essere e sarà (ciò che oggi è solo potenziale e sarà il futuro). Per noi comunisti l’importante è avere una comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe abbastanza avanzata da renderci capaci di spingere in avanti la lotta di classe.

Da quando la società borghese ha creato le condizioni oggettive del socialismo (che la nostra teoria ha ben individuato e noi in più documenti esposto), l’umanità riesce a progredire solo instaurando il socialismo. Quando per qualsiasi combinazione di eventi e di circostanze, le masse popolari non sono organizzate per realizzare questo obiettivo, ecco il fatto esteriore e la dolorosa sensazione interiore dello sbandamento.

Noi comunisti, membri del (n)PCI o del P.CARC, incarniamo quell’obiettivo: siamo gli intellettuali della classe operaia. Un obiettivo che è un dato di fatto, da scoprire e far proprio, non da inventare. La caratteristica sostanziale della sinistra borghese è di non avere e non concepire obiettivo se non come sogno e progetto personale attorno a qualche parola d’ordine, a qualche “piattaforma unificante”, a qualche cricca o persona. È questa caratteristica che la unifica e ne fa una categoria politica esistente al di là delle mille divergenze e differenze di idee e personali che rendono vano ogni tentativo di unificazione organizzativa e precario ogni risultato (e ciò vale anche per gli appuntamenti già posti per l’autunno di quest’anno da Vendola, da Landini e dai loro soci).

Masse popolari

Noi usiamo l’espressione masse popolari non in un senso generico o nel senso di folla di individui indifferenziati (moltitudine), ma nel senso preciso indicato nel nostro MP (cap. 2.2.2 pagg. 169-171) di “quella parte della popolazione che per vivere deve lavorare, che quindi vive, almeno in parte, grazie al proprio lavoro e non può vivere solo grazie allo sfruttamento del lavoro altrui”. Le masse popolari comprendono la classe operaia, le altre classi proletarie, le classi popolari non proletarie.

La sinistra borghese non crede o non sa che l’obiettivo attorno a cui le masse possono e devono raccogliersi e unirsi è dettato dalla storia della società e della lotta tra le classi e dal sistema di relazioni sociali e di relazioni internazionali: quindi si tratta di scoprirlo, assolutamente non di inventarlo. Essa non concepisce che le attività con cui gli uomini fanno la loro storia possono essere oggetto di una scienza, che il futuro è già contenuto nel presente, che il futuro ha in questo i suoi presupposti. L’idealismo (in senso filosofico) della sinistra borghese, anche di quei suoi esponenti che si dicono e perfino si credono materialisti e addirittura marxisti, consiste nel pregiudizio che non esiste nella realtà un simile obiettivo ma che esso può e anzi deve scaturire dall’intelligenza e dal pensiero di un qualche individuo o gruppo. È questo che dà ragione anche dell’instabilità e superficialità del loro orientamento e dell’inclinazione attuale di alcuni di essi verso Papa Bergoglio. Questi, al di là delle pose, delle forme e dei mezzi moderni, è ancorato alla tradizione medioevale di una monarchia teocratica che alle masse chiede nella pratica adesione alle idee e ai sentimenti dichiarati dal monarca e non partecipazione attiva e organizzata, protagonismo nella loro materializzazione. Egli dà l’impressione di avere un obiettivo, di credervi con ferma convinzione e lo proclama dall’alto di una cattedra che per la sua stessa posizione lo rende autorevole e “di massa”: questo affascina la sinistra borghese da Eugenio Scalfari a Guido Viale.

Dicevo che noi comunisti, membri del (n)PCI o del P.CARC, incarniamo l’obiettivo attorno a cui le masse popolari e in primo luogo gli operai devono unirsi, il solo attorno a cui possono unirsi. Ma unirli di fatto è la sintesi del lavoro di  massa che noi stiamo facendo. La loro unità per noi non è il punto di partenza, ma di arrivo. Noi stiamo dando la dimostrazione della verità della concezione del mondo che ci guida. Dimostrazione che è data dal successo nel praticarla.

Per chi deve imbrogliare, strappare un voto alle elezioni, usare qualcuno come manovalanza a supporto del proprio percorso, l’importante è essere creduto, quindi proclamare cose credibili. E credibile è ciò che corrisponde al senso comune che in realtà rispecchia ciò che è stato ed è (il passato e il presente), non ciò che deve essere e sarà (ciò che oggi è solo potenziale e sarà il futuro). Per noi comunisti l’importante è avere una comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe abbastanza avanzata da renderci capaci di spingere in avanti la lotta di classe.

Tra le varie classi delle masse popolari gli operai costituiscono quella che è in qualche misura comunque unita dalla pratica del quotidiano lavoro in produzione e dalle relazioni che essa comporta degli individui tra loro e di ognuno con un piano di produzione incarnato dall’azienda e impersonato dal capitalista, che sia un individuo o la direzione. Il riflesso immediato, negli operai, di questa unità elementare, il riflesso primitivo e spontaneo, istintivo, è l’organizzazione sindacale. È quindi ovvio che operai combattivi, indico quelli della SAME (Treviglio) e della PIAGGIO (Pontedera) come casi più noti ed esemplari, si uniscono sul piano sindacale e formulano, a loro obiettivo e aspirazione, un sindacato combattivo come strumento per far fronte efficacemente alla crisi e all’attacco del padronato e del suo governo (e, per quelli che hanno la falce e martello nel cuore, come strumento per cambiare il mondo). Di conseguenza essi imputano al venir meno di un sindacato conflittuale (linea EUR della moderazione salariale di Lama 1978 e linea della concertazione e compatibilità di Trentin 1992) l’attuale misera e precaria condizione degli operai e degli altri lavoratori del nostro paese. Questo è il loro lavoro attuale perché ancora oggi i loro intellettuali sono esponenti della sinistra borghese e la cultura del senso comune ignora l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria (e il compito conseguente della rinascita del movimento comunista su basi più avanzate di quelle della sinistra del vecchio PCI) e la seconda crisi generale del capitalismo (e il compito conseguente dell’instaurazione del socialismo).

Ma l’opera di questi operai è feconda e foriera di grandi sviluppi. Noi comunisti dobbiamo sostenerla e sostenere la loro tensione a organizzarsi, a svolgere un’attività rivendicativa nell’azienda scavalcando le organizzazioni sindacali di regime e servendosene, a occuparsi del futuro dell’azienda mobilitando allo scopo consulenti esterni (individui e organismi), a coordinarsi con altri organismi analoghi, a riversare l’influenza della classe operaia sul territorio: verso studenti e scuole, verso organismi popolari territoriali e dei servizi. Concretamente dobbiamo costituire Comitati di Partito nelle aziende e tramite essi sostenere gli operai combattivi e la loro opera. Essere il loro retroterra e dare ad essi l’orientamento di cui hanno bisogno per diventare nuove autorità pubbliche fautrici della costituzione del Governo di Blocco Popolare.

Riccardo A.