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La Voce 50 del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVII - luglio 2015

 

Riforma intellettuale e morale dei suoi membri

perché il Partito sia all’altezza del suo compito

 

I partiti operai (più esatto sarebbe dire popolari) di massa sorti nei paesi capitalisti europei nella seconda parte del secolo XIX sono nati e si sono sviluppati sulla falsariga dei comitati elettorali e delle associazioni sindacali, culturali e di solidarietà che intellettuali progressisti, carrieristi ambiziosi e anche semplici filantropi promuovevano tra proletari e altri lavoratori. Essi si sono sviluppati su grande scala (questo fu il loro apporto positivo alla rivoluzione socialista), ma sono rimasti prigionieri di questa loro origine e si sono dimostrati incapaci di essere i promotori della conquista del potere, della creazione dello Stato degli operai organizzati alla testa delle altre classi delle masse popolari e dell’instaurazione di un nuovo sistema di relazioni sociali basato su un sistema pianificato di economia pubblica, in una parola incapaci di mobilitare le masse popolari a fare la rivoluzione socialista.

La vittoria della Rivoluzione d’Ottobre ha promosso, anche nei paesi europei divenuti nel frattempo paesi imperialisti, la nascita di partiti comunisti, in larga misura per scissione dai partiti socialisti della loro parte più combattiva. Ma anch’essi rimasero sostanzialmente prigionieri dello stesso ingranaggio, salvo che in alcuni casi furono contesi tra velleità insurrezionali avulse da un ben congegnato piano di conquista del potere e lo stesso ingranaggio rivendicativo ed elettorale in cui erano naufragati i partiti socialisti.

Venendo al nostro paese, il bilancio che abbiamo tirato dall’esperienza storica e dalle caratteristiche della lotta di classe in corso è che il nuovo partito comunista deve essere un partito clandestino di quadri che mobilita, organizza e dirige la classe operaia e le masse popolari a condurre una guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (Manifesto Programma cap. 3.3. pagg. 197-208) che sfocerà nell’instaurazione del socialismo.

 

Dedizione alla causa, ad assimilare e usare la concezione comunista del mondo, a trasformare la propria concezione del mondo, la propria mentalità e in una certa misura la propria personalità per rendersi più capace di svolgere nel Partito comunista il proprio compito di promotore della guerra popolare rivoluzionaria, quindi capacità di orientarsi e di orientare. Queste sono le caratteristiche dei membri del nostro Partito.

Ogni lotta rivendicativa, ogni opera e attività di solidarietà, ogni iniziativa culturale, ogni forma di partecipazione alla lotta politica nell’ambito della democrazia borghese - le attività dei quattro fronti del Piano Generale di Lavoro (MP cap. 3.5. pagg. 223-224) è un contesto favorevole a fare scuola di comunismo (MP nota 30, pagg. 262-263). Dobbiamo promuoverle e sostenere quelle spontanee (ossia che si sviluppano non promosse da noi) perché ognuna di esse mobilita le masse popolari a partire dalle condizioni in cui di fatto al momento si trovano e dalla loro mentalità attuale ed offre a noi le condizioni per far loro compiere un’attività che in un modo o nell’altro, in qualche misura sposta a favore delle rivoluzione socialista i rapporti di forza e fa avanzare a un livello superiore di organizzazione e di coscienza le masse che ne sono protagoniste: in sintesi rafforza la guerra popolare rivoluzionaria. La nostra capacità di farvi scuola di comunismo dipende da quanto abbiamo assimilato la concezione comunista del mondo e imparato ad applicarla concretamente nelle condizioni particolari. È per ogni membro del Partito e ogni suo organismo la verifica del livello a cui la sua riforma intellettuale e morale è arrivata. La concezione comunista del mondo ci permette di capire cose che altri non capiscono, ma anche di vedere cose che gli altri non vedono (come in un laboratorio: è in base alla tua scienza che cerchi  quello che dovrebbe o potrebbe esserci).

L’importanza dello studio, del saper pensare, per noi comunisti nella nostra lotta per mobilitare le masse popolari a eliminare il modo di produzione capitalista passando al comunismo, è tale che è impossibile esagerarla. Il motivo per cui il Partito di Lenin e di Stalin, a differenza di tutti gli altri partiti socialisti e operai dell’epoca, nel 1917 portò la rivoluzione alla vittoria e scatenò nel mondo la prima ondata della rivoluzione proletaria che ha segnato la storia, sta nel fatto che, solo tra tutti i partiti socialisti dell’epoca, quel partito aveva eretto a sua bandiera il principio che senza teoria rivoluzionaria non vi è movimento rivoluzionario (Che fare? - 1902 e Un passo avanti e due indietro - 1904).(1)

1. Questa solitudine indica un limite del Partito di Lenin e di Stalin nella comprensione delle condizioni della rivoluzione. Lo stesso limite che si manifestò anche nello stupore con cui Lenin e i suoi seguaci constatarono nell’estate 1914 l’impotenza rivoluzionaria dei partiti socialisti e nella sorpresa perché l’ondata rivoluzionaria degli anni 1919-1920 non arrivò alla conquista del potere in nessun paese europeo.

Noi comunisti siamo gli intellettuali della classe che deve prendere da subito la direzione delle masse popolari esercitandola concretamente in misura crescente. Ogni classe dirigente ha bisogno di suoi intellettuali. La borghesia e il clero fanno di tutto perché gli esponenti delle masse popolari non imparino a pensare. Impedire o distogliere le masse popolari dal pensare è la condizione per far durare il loro regime. Comprano quelli che sanno pensare e ammazzano quelli che non si vendono: negli USA questa pratica è da più lungo tempo corrente e più sistematica che in Europa, ma è già largamente in vigore anche in Europa.

Per imparare a pensare e per pensare, ci vuole un contesto e condizioni che oggi solo il Partito comunista clandestino fornisce anche se li può fornire solo a quelli che sono disposti e capaci di fare uno sforzo particolare per approfittarne. Non ci sono le condizioni sociali perché il Partito insegni a pensare “a tutti”: si creeranno solo a socialismo instaurato. Oggi il comunista si comporta e deve comportarsi verso le masse come si comporta un medico nel corso di un’epidemia: agli ammalati non insegna medicina ma indica la terapia che nell’immediato fa al caso loro. Solo a chi è disposto e voglioso di diventare anche lui medico, insegna medicina.

Alcuni compagni obiettano che loro studiano anche per conto proprio, da soli, imparano e si trasformano intellettualmente anche da soli. In una qualche misura, è vero che è possibile imparare la concezione comunista (la scienza dello sviluppo della società) anche da autodidatti. Ma un autodidatta che resta tale, non trasforma la realtà, non trasforma la società. Non partecipando all’opera di trasformazione, nel migliore dei casi impara quello che gli altri hanno scritto o detto, quello che gli altri hanno tratto dalla loro pratica di trasformazione della società. Con ogni probabilità impara unilateralmente un aspetto, una sezione della concezione del mondo: perché né dispone di una scuola professionale né la pratica lo sollecita ad allargare gli orizzonti.

Sulla natura del partito
da Antonio Gramsci Introduzione al primo corso della scuola interna di partito, aprile-maggio 1925

Il nostro Partito non è un partito democratico, almeno nel senso volgare [democratico borghese] che comunemente si dà a questa parola. È un Partito centralizzato a livello nazionale e internazionale. A livello internazionale, il nostro Partito è una semplice sezione di un partito più grande, di un partito mondiale.

Quali ripercussioni può avere ed ha già avuto questo tipo di organizzazione, che pure è una ferrea necessità della rivoluzione? L'Italia stessa ci dà una risposta a questa domanda. Per reazione all'andazzo solito del Partito socialista, in cui si discuteva molto e si risolveva poco, la cui unità, per l'urto continuo delle frazioni, delle tendenze e spesso delle cricche personali si frantumava in una infinità di frammenti sconnessi, nel nostro Partito si era finito col non discutere più nulla. La centralizzazione, l'unità di indirizzo e di concezione era diventata una stagnazione intellettuale. A ciò contribuì la necessità della lotta incessante contro il fascismo, che proprio alla fondazione del nostro Partito era già passato alla sua fase attiva ed offensiva. Ma contribuì anche la concezione errata del Partito, così come è esposta nelle Tesi sulla tattica presentate al Congresso di Roma [marzo 1922, a firma Bordiga e Terracini, ndr]. La centralizzazione e l'unità erano concepite in modo troppo meccanico: il Comitato centrale, anzi, il Comitato esecutivo era tutto il Partito, invece di rappresentarlo e dirigerlo. Se questa concezione venisse permanentemente applicata, il Partito perderebbe i suoi caratteri distintivi politici e diventerebbe, nel migliore dei casi, un esercito (e un esercito di tipo borghese): perderebbe cioè la sua forza d'attrazione, si staccherebbe dalle masse.

Perché il Partito viva e sia a contatto con le masse, occorre che ogni membro del Partito sia un elemento politico attivo, sia un dirigente. Appunto perché il Partito è fortemente centralizzato, si domanda una vasta opera di propaganda e di agitazione nelle sue file, è necessario che il Partito, in modo organizzato, educhi i suoi membri e ne elevi il livello ideologico. Centralizzazione vuol dire in particolare che in qualsiasi situazione, anche dello stato di assedio rafforzato, anche quando i comitati dirigenti non potessero funzionare per un determinato periodo o fossero posti in condizione di non essere collegati con tutta la periferia, tutti i membri del Partito, ognuno nel suo ambiente siano stati posti in grado di orientarsi, di saper trarre dalla realtà gli elementi per stabilire una direttiva, affinché la classe operaia non si abbatta ma senta di essere guidata e di poter ancora lottare. La preparazione ideologica di massa è quindi una necessità della lotta rivoluzionaria, è una delle condizioni indispensabili della vittoria.

La riforma intellettuale e morale del comunista è invece combinazione di teoria e pratica: impara, applica, fa e dalla pratica trae la verifica di quello che ha imparato (se è giusto o sbagliato) e trae una conoscenza più elevata, più profonda della realtà. E’ quello che avviene in ogni campo dell’attività umana.

Le abitudini e le tendenze negative che un comunista riscontra in sé, le supera costringendosi consapevolmente a ripetere comportamenti incompatibili con le abitudini e le tendenze che vuole cancellare, costringendosi consapevolmente a compiere azioni che le correggono (è come allenarsi per uno sport). E insiste fino a che trova gusto nei nuovi comportamenti e ne ricava i benefici che comportano. Come fa uno sportivo che si allena.

 

Quindi la borghesia e il clero devono impedire che si formi il Partito comunista. La rivoluzione avanza solo grazie a un simile Partito: se la borghesia e il clero riuscissero a soffocarlo, il loro potere sarebbe assicurato. L’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria è incominciato dalla vittoria della destra nel Partito, con un rovesciamento della linea del Partito (Kruscev e il 1956 in URSS, Teng Hsiao-ping e il 1978 in Cina): questo è, a rovescio, una conferma che il Partito è il motore della rivoluzione socialista. L’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria è dovuta ai limiti della sinistra (la parte più devota alla rivoluzione) nella comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe. Da qui il grande importanza che ha per la borghesia la teoria del “superamento della forma partito”.

  

I comunisti sono quelli che pensano e usano la scienza come guida per l’azione. Il Partito comunista è contemporaneamente

1. l’istituto (l’ambito, l’associazione, il club, il sodalizio, la “famiglia”) dove si ricerca e si elabora la concezione del mondo (l’associazione di quelli che elaborano la scienza comunista usando l’esperienza della lotta di classe),

2. la scuola dove nuovi candidati imparano a pensare e assimilano la concezione comunista del mondo,

3. l’industria che ha e si procura i mezzi per usare la concezione comunista del mondo come guida nella trasformazione della società, cioè nella lotta di classe.

Entrare a far parte del Partito è entrare a far parte di questa “famiglia”: il membro contrae un legame che passa davanti a ogni altro legame, ogni suo legame (familiare, di amicizia o altro) deve essere subordinato al legame di Partito. In questo senso ogni membro del Partito è un professionista della rivoluzione socialista, un rivoluzionario di professione, anche nei casi in cui è interesse del Partito che resti, ritorni o vada in produzione.

 

Riforma intellettuale e morale (RIM) o riforma morale e intellettuale (RMI)?

Abbiamo oscillato tra le due espressioni. Concezione comunista del mondo e riforma intellettuale e morale è il titolo dell’importante articolo firmato Folco R. pubblicato un anno fa sul n. 47 (luglio 2014) di La Voce. Usiamo ecletticamente le due formule, ma esse rispecchiano in realtà due processi distinti entrambi reali.

In generale il movimento che il Partito promuove, tra i membri e tra i compagni che ci seguono accettando la disciplina necessaria, è dalla riforma intellettuale alla riforma morale. Noi comunisti ci proponiamo di usare la concezione comunista del mondo come guida dell’azione. Educhiamo (all’interno del Partito e all’esterno) a non agire alla cieca, come viene viene, spontaneamente (cioè secondo il senso comune con cui uno si ritrova, secondo la mentalità con cui uno si ritrova per la formazione che ha avuto e la storia che ha alle spalle, per gli stimoli che ha ricevuto e riceve, istintivamente).

Tuttavia nella realtà, soprattutto nelle classi oppresse, spesso un individuo agisce e solo dopo capisce (se mai capisce) perché si è comportato come si è comportato, perché ha agito come ha agito (fa l’analisi della sua concezione del mondo, della sua mentalità e della sua personalità) e quali sono i risultati reali di quello che ha fatto (risultati che proprio perché non ha agito da scienziato, con scienza e coscienza, spesso sono diversi da quelli a cui aspirava). Agire in modo scientifico, avere e usare la scienza come guida per l’azione, per i membri delle classi oppresse è una conquista. Noi comunisti nel Partito ci educhiamo a farlo e chiediamo a ogni membro e candidato di educarsi e farsi educare a farlo. Il Partito è il contesto (la scuola) in cui i membri della classi oppresse che ne hanno la volontà e la forza, imparano a pensare e ad agire secondo scienza e coscienza. In questi casi il Partito fa leva sull’adesione al Partito che il compagno fa sulla base del senso comune con cui si ritrova per passare alla riforma intellettuale: quindi il movimento reale è dalla riforma morale (l’adesione al partito) alla riforma intellettuale.

Quando nel Partito abbiamo incominciato a occuparci della riforma intellettuale e della riforma morale, avevamo sott’occhio soprattutto casi di compagni in cui dovevamo far leva sulla loro dedizione alla causa del comunismo (quella che nel nostro gergo chiamiamo adesione identitaria al Partito) per esigere e ottenere un cambiamento nell’atteggiamento, una dedizione assidua e disciplinata allo studio (orari, esecuzione degli impegni, ecc.). Questo era preliminare allo studio e all’assimilazione della teoria e più ancora all’applicazione, alla verifica, all’elaborazione. Quindi il processo era prima morale e poi intellettuale. Abbiamo quindi pensato, detto e scritto: dalla riforma morale alla riforma intellettuale. Oggi, dopo l’esperienza che abbiamo fatto e la riflessione che abbiamo condotto, guardando principalmente al processo che con successo stiamo sviluppando nel Partito, diremmo: continuare nel promuovere la trasformazione intellettuale per promuovere la trasformazione morale, quindi sintetizzeremmo RIM.

 In conclusione, il processo generale è dalla riforma intellettuale alla riforma morale (RIM), ma in alcuni casi il processo parte dalla riforma morale e arriva alla riforma intellettuale (RMI). L’importante è non essere eclettici e spontaneisti nell’uso delle formule.

Umberto C.