La Voce

Indice del La Voce n. 5

Riformisti,

gruppi che lottano per riforme e

conquiste parziali,

aristocrazia operaia

 

Il riformismo è una concezione e una politica. I riformisti propongono di trasformare la società tramite riforme, solo a piccoli passi, solo gradualmente. Essi si oppongono alla rivoluzione. Nei gruppi riformisti si combinano classi opposte: settori arretrati delle masse popolari con gruppi borghesi che corrompono e deviano le masse per soffocare il movimento comunista. Gruppi e partiti riformisti hanno successo e riescono a imbrigliare stabilmente le masse quando sotto la loro direzione le masse strappano alla borghesia delle reali conquiste. Nella crisi generale in corso il riformismo è una politica priva di risultati favorevoli alle masse popolari. La borghesia imperialista non può soddisfare neanche gli interessi particolari e immediati dell’una o dell’altra classe delle masse popolari. Ciò che essa è costretta eventualmente  a dare con una mano, lo rimangia con l’altra; ciò che le masse riescono a strapparle oggi, essa se lo rimangia domani. Il periodo di crisi per la borghesia imperialista non è un periodo di facili concessioni. Gli operai e i vari gruppi e classi delle masse popolari possono strappare qualcosa solo con dure lotte. Oggi il movimento comunista è ancora tanto debole che solo in casi eccezionali ci sono le condizioni per organizzare dure lotte anche solo rivendicative e in generale non sono i gruppi riformisti che possono farlo. Non è un caso che i grandi partiti e gruppi riformisti del passato, fiorenti nel periodo del “capitalismo dal volto umano” (il vecchio PCI diretto dai revisionisti), sono andati in pezzi e i nuovi gruppi riformisti (come il PRC, i Verdi, ecc.) hanno una vita stentata. Non dobbiamo confondere i loro desideri e le loro promesse con i risultati pratici della loro attività. Le masse hanno buon fiuto e non confondono le due cose. Una politica senza risultati, fondata solo su promesse a vuoto, ha le gambe corte. In periodi di crisi generale le masse abbandonano i riformisti e vanno o verso la mobilitazione rivoluzionaria o verso la mobilitazione reazionaria. I gruppi riformisti in questa fase non sono i nostri principali nemici. La mobilitazione reazionaria li spazzerà via: li divide e li costringe a cambiare in un senso o nell’altro.

Vi sono attualmente molti gruppi che lottano per un qualche particolare miglioramento sociale mantenendo l’attuale ordinamento della società: sindacalisti sinceri, ecologisti, i gruppi di volontariato, le associazioni di lotta contro la corruzione della pubblica amministrazione, di lotta contro la discriminazione a danno delle donne, degli immigrati o dei bambini, di lotta contro l’emarginazione, contro il razzismo, di solidarietà con i popoli delle semicolonie, di lotta contro le sofisticazioni alimentari, contro le soperchierie delle organizzazioni internazionali della borghesia imperialista - FMI, OMC, ONU, ecc. -  a danno delle nazionalità, ecc. I loro membri sinceri vanno sicuramente incontro alla delusione. Ma proprio la sconfitta può aiutarli a comprendere che l’unica prospettiva è quella per cui il partito comunista combatte. Per questo noi comunisti non dobbiamo trascurare o trattare con disprezzo questi gruppi riformisti. La loro esistenza e la loro riproduzione sono un sintomo della crisi del regime imperialista e del limitato sviluppo del movimento comunista. I loro obiettivi sono parti del nostro programma, isolate e a volte deformate.

Anche la vasta aristocrazia operaia (centinaia di migliaia di funzionari di partiti, sindacati, cooperative, casse mutue, organismi paritetici, patronati, case editrici e di tutti gli altri organismi cresciuti col movimento operaio e con l’associazionismo popolare) viene in parte colpita già oggi dalla borghesia imperialista e lo sarà sempre di più. Alcuni suoi membri possono essere recuperati al movimento comunista: non sulla base di concessioni ai loro privilegi e alle loro tendenze alla controrivoluzione, ma sulla base della nostra forza e della rapina della borghesia imperialista e con la lotta contro il loro ruolo attuale.

Noi dobbiamo anzitutto conquistare e mantenere inflessibilmente la nostra autonomia ideologica, politica e organizzativa rispetto alla borghesia imperialista e dai gruppi e partiti riformisti - da qui la grannde importanzia dell’elaborazione del programma e della costituzione del partito clandestino. Finché non avremo compiuto questo passo, la nostra attività e il nostro rapporto con i gruppi riformisti sono per forza di cose poco produttivi se non del tutto inconcludenti. Per svolgere una efficace azione verso i gruppi riformisti, per trarre vantaggio dal loro lavoro e dalle sconfitte che la borghesia imperialista infligge loro, dobbiamo anzitutto costruire un vero partito comunista. Dobbiamo guardarci dal cercare di rimediare alla nostra debolezza, alla nostra insicurezza, alla fragilità delle nostre convinzioni e alla oscurità delle nostre concezioni rompendo o evitando i rapporti con i lavoratori riformisti: dobbiamo invece soprattutto rafforzarci ideologicamente e organizzativamente. Niente è più facile che applicare il metodo della rottura con lavoratori e operai che hanno concezioni diverse dalle nostre e allontanarci da loro, ma niente è più sciocco. La nostra causa può rafforzarsi solo attraverso l’unità delle grandi masse proletarie e questa unità, a causa del capitalismo che isola, divide e demoralizza, non si crea subito né spontaneamente, ma solo a prezzo di un lavoro tenace e paziente.

In secondo luogo dobbiamo condurre una lotta teorica contro il riformismo, dimostrare che è una concezione velleitaria, arretrata e frutto dell’influenza ideologica della borghesia imperialista, una edizione della concezione borghese della società ad uso delle masse. Dobbiamo servirci di tutti i casi pratici di fallimento delle iniziative riformiste, (fallimento che noi non dobbiamo mai promuovere, ma che la borghesia immancabilmente provocherà), di eliminazione delle riforme da parte della borghesia, di trasformazione delle conquiste in strumenti di corruzione e di arricchimento per banditi borghesi e per carrieristi, di riforme reazionarie, ecc. per comprovare la nostra denuncia che il riformismo non risolve i problemi delle masse ma quelli della borghesia, distoglie forze dai metodi di lotta veramente efficaci.

In terzo luogo dobbiamo servirci di tutti i mezzi per chiarire ai membri dei gruppi riformisti disposti a capire, in particolare agli operai, le posizioni comuniste. Dobbiamo evitare ogni oscurità e reticenza in proposito, dimostrare che è necessario avere un partito e, in particolare, che la classe operaia deve avere il suo partito comunista se non vuole essere politicamente a rimorchio della borghesia, coinvolta nella sua crisi politica e sfruttata come massa di manovra negli scontri nazionali e internazionali tra i gruppi della borghesia imperialista. Noi non neghiamo i nostri errori, attuali e passati, ma sono errori di gioventù: è inevitabile che le classi che non hanno mai avuto esperienza di potere compiano errori quando intraprendono la strada del socialismo. Tutti quelli che vogliono aiutare a commetterne di meno sono i benvenuti.

In quarto luogo dobbiamo accompagnare l’esperienza dei membri delle masse popolari e aiutarli a fare il bilancio di essa. Dobbiamo far leva sulla loro esperienza di classe e contrapporla alle loro idee. Dobbiamo applicare la linea di massa: individuare in ogni gruppo la sinistra, il centro e la destra, legarci con la sinistra e mobilitarla perché leghi a sé il centro e isoli la destra.

Infine dobbiamo agire sicuri che ogni individuo che combatte sinceramente per un miglioramento sociale, se persiste nella lotta e non si rassegna né soccombe alle sconfitte, in definitiva deve diventare comunista, perché il comunismo è il futuro necessario dell’umanità e la rivoluzione socialista è l’unica via di uscita positiva per le masse dalla crisi generale del capitalismo.

Tonia N.

_______________________