La Voce 49 - Indice

La Voce 49 del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVII marzo 2015

Far montare la maionese - Noi e la sinistra borghese

Noi abbiamo molto da imparare dalla Grecia perché avanziamo verso un obiettivo ben definito ma attraverso un terreno sconosciuto e perché anche da noi la sinistra borghese agita la parola d’ordine “uscire dalla crisi”, senza darsi i mezzi per farlo. Anche noi agitiamo questa parola d’ordine, ma ci diamo i mezzi per farlo: OO, OP, CSN, ACE/ALE, GBP. Anche nel nostro paese la sinistra borghese si agita per fare qualcosa come SYRIZA, chiusa come è anch’essa nell’orizzonte della società borghese oltre la quale la sua mente e la sua fantasia non vanno. Alcuni pensano a una edizione tal quale di SYRIZA per rientrare nelle istituzioni della Repubblica Pontificia. Altri, alla Maurizio Landini, lanciano per ora la “coalizione sociale” (successore del “movimento dei movimenti” e del “partito sociale” di Fausto Bertinotti, ma confortato dal prestigio e dalla forza della FIOM): nelle intenzioni dei promotori dovrebbe essere la premessa per entrare nelle istituzioni della Repubblica Pontificia, un modo per arrestare il discredito e la perdita d’influenza e di prestigio, per raccogliere il consenso e il seguito persi.

Per motivi fondati nella natura delle cose, motivi che abbiamo già più volte illustrato nella letteratura del nostro Partito a cui rimandiamo, l’obiettivo dichiarato di questi progetti, uscire dalla crisi restando nell’ambito del sistema sociale borghese, è “economicamente impossibile”.(1) La crisi attuale è nata nella struttura del capitalismo, è nata nella economia reale capitalista. Dalla crisi dell’economia reale capitalista, come suo rimedio, si è formata l’enorme massa di capitale finanziario la cui valorizzazione ora è il fattore economico determinante delle manovre dei gruppi imperialisti per sopravvivere, del corso delle cose. La fine dell’austerità, e ancora più la fine della crisi, non è qualcosa che la borghesia imperialista è in grado di fare, quali che siano le pressioni a cui è sottoposta: quindi le lotte rivendicative e i movimenti riformisti al massimo attenuano e rinviano singole misure, ma non cambiano il corso delle cose. Ma è proprio questa riduzione della fine della crisi a risultato di lotte rivendicative e movimenti riformisti che è implicita nell’attività di chi rifiuta la rivoluzione socialista. La fine della crisi è un problema politico, nel senso che richiede un governo che voglia farla finire e che abbia la forza di farla finita con il sistema imperialista e quindi con il capitalismo. La costituzione del Governo di Blocco Popolare, il governo delle masse popolare organizzate, sarà l’inizio della fine della crisi del capitalismo e del capitalismo.


1. Intendiamo “economicamente impossibile” nel senso illustrato da Lenin in Intorno a una caricatura del marxismo (Opere vol. 23, pag. 38): una trasformazione non realizzabile senza cambiare la struttura economica della società (eliminare il capitalismo), analogamente per capirci, a come è irrealizzabile il denaro-lavoro nel contesto della produzione di merci: per instaurare una distribuzione fondata sul principio “a ognuno secondo il suo lavoro”, bisogna eliminare la compravendita, cioè la produzione mercantile.


Per questo noi comunisti non malediciamo Landini e affini, come se fossero persone che ci tagliano l’erba sotto i piedi. Al contrario, quanto più si agitano, tanto più fanno “montare la maionese”. Quindi noi diciamo: “Avanti, signori! Il lavoro che annunciate, fatelo davvero! Noi comunisti valorizzeremo la mobilitazione delle masse popolari che voi promuoverete e neutralizzeremo la sfiducia che i fallimenti dei vostri progetti di per sé genererebbero nelle masse popolari”.

Infatti “la maionese” che fanno montare non sono le loro aspirazioni e i loro progetti che si sgonfiano uno dopo l’altro.

In realtà “la maionese” sono le masse popolari che si organizzano e costituiscono organizzazioni operaie nelle aziende capitaliste e organizzazioni popolari nelle altre aziende; organizzazioni che si occupano sistematicamente della salvaguardia delle aziende studiando, in collegamento con esperti affidabili, quale è il futuro migliore per l’azienda, quali beni e servizi può produrre che sono necessari alla popolazione del paese o agli scambi con altri paesi, predisponendo in tempo le cose, prevenendo le manovre padronali per ridurle, chiuderle o delocalizzarle. Questo è oggi il primo passo. Noi comunisti lo chiamiamo “occupare l’azienda”. Ma “la maionese” sono anche le organizzazioni operaie e popolari che escono ognuna dalla sua azienda e costituiscono collegamenti con organismi operai e popolari di altre aziende, mobilitano e organizzano le masse popolari, i disoccupati e i precari della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano cadere (creare lavoro e in generale risolvere i problemi della vita delle masse popolari), a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale, a distribuire nella maniera più organizzata di cui sono capaci i beni e i servizi di cui la crisi priva la parte più oppressa della popolazione, a non accettare le imposizioni dei decreti governativi e a violare le regole e le direttive delle autorità della Repubblica Pontificia, a diventare le nuove autorità pubbliche, i centri autorevoli che indicano alle masse popolari cosa fare. È il contrario che restare chiusi in azienda ed è il passo decisivo. Noi comunisti lo chiamiamo “uscire dall’azienda”.

Le organizzazioni degli operai e degli altri lavoratori che “occupano le aziende ed escono dalle aziende” sono la premessa, la base, per costituire un governo d’emergenza popolare, il Governo di Blocco Popolare e farlo ingoiare ai padroni.

Per condurre questa lotta impariamo anche dalla Grecia!

Tonia N.