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La Voce 47

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVI

luglio 2014

Cura e formazione degli uomini e delle donne


Sulla rettifica del lavoro


In questa fase della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (GPRdiLD) l'aspetto decisivo per avanzare è elevare la nostra pratica all'altezza della nostra teoria. Questo è l'oggetto e l'obiettivo della lotta tra due linee in corso al nostro interno. Tutti i fenomeni, le dinamiche, le crisi che si stanno sviluppando nel Partito e nella Carovana del (n)PCI in questa fase sono comprensibili in modo corretto solo se mettiamo al centro della nostra analisi questo aspetto, così come è possibile comprendere correttamente tutti i processi chimici, biologici e meteorologici che avvengono nel mese di marzo solo se mettiamo al centro la teoria del cambio delle stagioni e, nello specifico, il passaggio dall'inverno alla primavera. Dobbiamo imparare a contestualizzare i processi all'interno della fase in cui essi avvengono e analizzarli alla luce delle questioni decisive che la caratterizzano, per non navigare a vista.

Nel condurre questa lotta passo dopo passo stiamo scoprendo e sintetizzando tutta una serie di insegnamenti preziosi per procedere in modo più spedito nel cammino che abbiamo intrapreso per giungere all'elevazione della nostra azione, del nostro intervento nella lotta di classe.

Il nostro è un percorso sperimentale. Stiamo infatti compiendo un'impresa che non ha precedenti nella storia dell'umanità: instaurare il socialismo in un paese imperialista, fare dell'Italia un nuovo paese socialista. Abbiamo molto da scoprire, da imparare. La conoscenza non è un processo lineare, ma contraddittorio, con avanzamenti, arretramenti, fasi di accumulazione quantitativa (di esperienze) e salti di qualità (di sintesi degli insegnamenti). È una lotta costante tra vecchio e nuovo, vero e falso, tra concezione borghese e clericale e concezione comunista. Ogni passo in avanti che si compie, se elaborato e studiato, permette di comprendere meglio il percorso condotto fino a quel momento, di sviluppare un'analisi più approfondita e ricca. Così come le difficoltà che incontriamo, i limiti e gli errori che commettiamo sono una miniera di insegnamenti per elevare la comprensione di noi stessi, del nostro collettivo, dei compagni che dirigiamo, del contesto in cui operiamo o in cui operano i compagni su cui interveniamo, dei passi da fare nel settore o nell'ambito di lavoro oggetto dell'attività in questione. Le difficoltà, i limiti e gli errori, se analizzati pazientemente e scientificamente alla luce della nostra concezione del mondo, permettono di comprendere il passo che dobbiamo compiere. Sono per noi preziosi, per questo affermiamo che “la verità è rivoluzionaria!”.

Quando ci cimentiamo in una nuova attività, capita spesso di commettere errori e si pone quindi la necessità di effettuare una rettifica dell'orientamento, della linea, del metodo e degli strumenti che abbiamo adottato, forti dell'esperienza compiuta e del suo bilancio.

Nel condurre questo lavoro spesso ci muoviamo ancora in modo artigianale. La principale lezione che abbiamo ricavato dalla lotta Ideologica attiva (LIA) che la Direzione Nazionale del P.CARC ha lanciato e sta conducendo nel concentramento di forze della Campania è la seguente: per alimentare la crescita e la trasformazione dei compagni e delle compagne non bisogna mettere al centro l'assegnazione di compiti e mansioni, ma curare la loro formazione ideologica, politica, morale e culturale e l'appello al comunismo.(1) Questa è una scoperta preziosa per l'elevazione del nostro intervento sugli uomini e le donne organizzati nel Partito e nella Carovana e, anche, per legare a noi nuovi elementi avanzati della classe operaia e del resto delle masse popolari.


1. Che cosa intendiamo per appello al comunismo?

Intendiamo lo sviluppo di una formazione sulla filosofia che guida i comunisti (il materialismo dialettico), sulla storia dell'umanità alla luce del materialismo storico, sulle basi economiche del capitalismo e sull'imperialismo, sulla storia e gli insegnamenti del movimento comunista internazionale (ponendo particolare attenzione ai primi paesi socialisti) e del nostro paese nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria, sulla nostra strategia e tattica, sull'analisi della situazione politica a livello internazionale e nazionale, sull'orientamento comunista nei diversi campi e ambiti di lavoro (Lavoro Operaio, Lavoro Donne, Lavoro Giovani, ecc.), lo sviluppo di un'articolata e multiforme azione culturale (lettura di saggi, cineforum, teatro, musica, turismo politico in paesi anti-imperialisti, ecc.) per arricchire il bagaglio di conoscenze dei compagni e favorire lo sviluppo di una cultura proletaria e comunista, promuovere una sana aggregazione popolare. Questi sono alcuni dei principali filoni in cui si concretizza l'appello al comunismo.


Questo insegnamento dobbiamo imparare a farlo vivere anche nel condurre la rettifica del lavoro. Ai compagni non basta dire che bisogna rettificare un lavoro che conducono e criticarli per gli errori che commettono. Il dirigente deve individuare e intervenire sui nodi ideologici che hanno portato il compagno che dirige ad impostare il lavoro in quel determinato modo e, inoltre, fare con lui delle esperienze-tipo per insegnargli a fare il lavoro che oggi ancora non sa svolgere (altrimenti lo svolgerebbe). Questa è una linea che acquista ancora maggiore importanza se il dirigente stesso non si è mai cimentato nel condurre il lavoro che richiede al diretto, se è un nuovo campo di lavoro su cui non ha una sufficiente padronanza ed esperienza.

Se non si segue questa via, si fanno appelli generali ai diretti (“bisogna rettificare”, “bisogna fare questo o quello”) e a volte l’unico effetto che si ottiene è quello di “sfibrare” i compagni, spegnere la loro mobilitazione morale, intellettuale e pratica, alimentare in loro l'insofferenza e il senso di inadeguatezza.

Questo è un nodo su cui oggi ancora non esiste una sufficiente e diffusa comprensione nei dirigenti e quadri intermedi del nostro Partito e della Carovana nel suo insieme e che merita quindi di essere ben sviscerato.

Intervenire sui nodi ideologici dei diretti non significa ripetere insistentemente che bisogna rettificare il lavoro, ma sviluppare innanzitutto una formazione mirata sui compagni per fargli capire sul serio dove sta l'errore e la strada da percorrere e fare con loro delle esperienze-tipo.

Se si tratta di un campo nuovo (ad es. il Lavoro Donne, il Lavoro Operaio, il Lavoro Giovani, la raccolta economica su basi politiche e non commerciali), il dirigente per rettificare deve innanzitutto studiare lui la materia e poi formare il compagno o la compagna che ha impostato male il lavoro. Se un dirigente non studia lui la materia ma aspetta che sia il diretto a farlo e a rettificarsi, non caverà un ragno dal buco ed otterrà solo gli effetti negativi su indicati. Ogni compagno può verificare questa sintesi nella sua esperienza.

Prendiamo come esempio concreto la Campagna Lavoro Donne condotta dal P.CARC, attingendo dalle informazioni e aggiornamenti che ci sono stati centralizzati da compagni del Partito che hanno seguito, in forme e modi differenti, questo lavoro e dai documenti e articoli prodotti dal P.CARC in merito.

Nel corso della Campagna è stata impostata una rettifica da parte del Centro del P.CARC sull'orientamento che le compagne dirigenti stavano seguendo (separatismo, mettere al centro gli organismi di genere anziché le donne delle organizzazioni operaie e popolari (OO-OP) e della Base Rossa, inseguire le rivendicazioni e le mobilitazioni - fare la sinistra degli organismi di genere - anziché porsi nell'ottica della creazione delle 3+1 condizioni per costituire il Governo di Blocco Popolare (GBP) e dell'accumulazione delle forze).

Per avviare la rettifica, il Centro del P.CARC non si è limitato a criticare la concezione propria del femminismo piccolo-borghese che guidava le compagne (la cui scoperta, grazie all'attività pratica svolta, è stata preziosa per comprendere meglio come si concretizza nelle compagne l'adesione identitaria e per vedere quindi in modo più approfondito gli aspetti ideologici da trattare nella loro formazione: l'emergere di questi limiti indica infatti innanzitutto i limiti rispetto alla formazione ideologica fin qui condotta su di loro).

Il Centro del P.CARC si è concentrato sulla loro formazione ideologica e sull'impostazione di alcune esperienze-tipo da far condurre alle compagne per iniziare a tradurre nella lotta di classe questo nuovo e superiore orientamento. Non ha quindi unicamente criticato le compagne e detto loro “dovete rettificarvi!”, ma ha selezionato i testi con cui effettuare la loro formazione e ha poi organizzato questa formazione.

Per fare questo, è stato necessario innanzitutto studiare i testi prodotti su questo ambito dalla Carovana nel corso degli anni e dal movimento comunista internazionale (scritti di Engels, di Lenin, di Klara Zetkin, ma anche saggi sui primi paesi socialisti come L'altra metà del cielo e Il ciclone Natascia). I dirigenti si sono messi innanzitutto loro a studiare (“chi non studia non riesce a dirigere!”), per giungere ad una superiore conoscenza e assimilazione della concezione comunista su questo ambito, hanno selezionato i testi da utilizzare e su questa base hanno iniziato a formare le compagne. Inoltre, attraverso questo studio (quindi attingendo dall'esperienza della Carovana e del movimento comunista internazionale) hanno iniziato a comprendere in modo via via più chiaro quali fossero in nodi da sciogliere (ad es. il separatismo) e, poi, a iniziare a trattarli (“chi non elabora l'esperienza non riesce a dirigere!”).(2)


2. La nostra impresa è inedita, ma non partiamo da zero: abbiamo alle spalle 160 anni di storia del movimento comunista internazionale e 30 anni di storia della Carovana del (nuovo) PCI. Molti dei problemi che noi ci troviamo ad affrontare sono stati oggetto di studio e di sperimentazione da parte dei nostri predecessori: nell'affrontarli non dobbiamo quindi pensare che “partiamo da zero” come se il mondo iniziasse con noi (soggettivismo), ma attingere da questo ricco patrimonio e utilizzarlo nell'intervenire nella situazione particolare in cui operiamo, applicandolo nel concreto (contro il dogmatismo).


La critica da sola quindi non basta. Bisogna spiegare, spiegare, spiegare e, ancora, spiegare. Bisogna formare. Bisogna accompagnare i compagni nel fare i loro primi passi e poi seguirli nello svolgimento della loro attività, aiutandoli a ricavare insegnamenti dall'esperienza che conducono (anche dagli errori che commettono). Per spiegare e formare, i dirigenti devono essere innanzitutto loro a studiare la materia che trattano. Per riprendere l'esempio, un dirigente che non studia qual è la concezione comunista nel Lavoro Donne, non dedica testa a questo lavoro, non andrà lontano. Inevitabilmente scadrà in critiche e appelli che non produrranno alcuno sviluppo positivo. In definitiva, assume un atteggiamento burocratico, si appella alla disciplina (limitarsi alla critica senza sviluppare formazione e accompagnare i compagni a fare esperienze, di fatto è appellarsi alla disciplina) e scarica la responsabilità sui diretti.

Se si tratta poi di un campo in cui il dirigente stesso non ha esperienza, oltre a studiare testi mirati su di esso (ricorrendo anche al Centro per farseli indicare), deve condurre anche lui delle esperienze-tipo, mettere le mani in pasta affiancando i compagni che operano in questo campo, imparando e dando l'esempio. L'esempio è un faro potente secondo solo alla formazione per indicare ai compagni come muoversi e, anche, per scardinare loro perplessità, dubbi, resistenze, ecc. Un dirigente che non dà l'esempio nell'imparare e trasformarsi, che non è in prima fila in questo processo, non è un buon dirigente, non svolge un buon lavoro e alimenta il liberalismo, l'unità di facciata, la doppia morale nelle nostre fila (“predica bene e razzola male”).

*** manchette ***

Particolare e concreto


Spesso diciamo: tradurre il generale nel particolare e applicare concretamente (o nel concreto). Cosa intendiamo dire con questa espressione?

Quando diciamo tradurre il generale nel particolare intendiamo dire che ogni parte di un tutto ha caratteri suoi propri, che la distinguono dalle altre parti oltre che caratteri comuni con le altre parti: nel mondo, ogni paese ha caratteri che lo distinguono dagli altri oltre che caratteri comuni con gli altri paesi; in un paese, ogni zona ha caratteri che la distinguono dalle altre oltre che caratteri comuni con le altre zone del paese; in un gruppo, ogni individuo ha caratteri che lo distinguono dagli altri oltre che caratteri comuni con gli altri membri del gruppo e così via. Ogni linea definita per il tutto, avendo di mira il tutto, per applicarla in una parte, bisogna tener il dovuto conto delle sue particolarità. Questo è tradurre il generale nel particolare.

A volte un compagno dice: il mio è un caso particolare. In realtà il compagno vuol dire che il suo caso ha aspetti, particolarità, specifici che lo distinguono dagli altri. L’affermazione è utile se la intendiamo non nel senso che nel suo caso non si applica la linea o la regola generale, ma nel senso che dobbiamo vedere in cosa consistono le particolarità, quali sono i tratti distintivi del caso e cosa questo comporta per una giusta applicazione della linea o regola generale al caso. Ogni caso è particolare, ha le sue particolarità, altrimenti non si tratterebbe di casi distinti, sarebbero una cosa sola.

L’Italia è un paese capitalista. L’unica rivoluzione possibile in Italia è la rivoluzione socialista, a Milano come a Palermo, visto che l’Italia è un paese capitalista e Milano e Palermo sono due città dello stesso paese. Ma tra Milano e Palermo il capitalismo ha alcuni tratti diversi. La linea generale della rivoluzione socialista ha a Milano alcuni aspetti diversi da quelli che ha a Palermo. Il Partito a Milano deve tradurre la linea generale in modo che tenga conto delle caratteristiche di Milano e a Palermo deve tradurre la linea generale in modo che tenga conto delle caratteristiche di Palermo. Questo è tradurre il generale nel particolare. Quindi il CdP che dirige la nostra attività a Palermo, oltre a conoscere la linea generale del Partito deve scoprire le particolarità della lotta di classe a Palermo e trovare in che senso esse richiedono adattamenti della nostra linea generale. Metaforicamente, si potrebbe dire che in ogni paese bisogna tradurre la nostra propaganda nella lingua del paese.

Quando diciamo applicare nel concreto intendiamo dire che ogni cosa (ogni particolare: paese, zona, persona, ecc.) cambia nel tempo, non è eguale da un momento all’altro. Anche quando abbiamo tradotto il generale nel particolare, nell’applicarlo dobbiamo tener conto delle circostanze del momento, delle circostanze di tempo e luogo, circostanze che possono anche cambiare rapidamente, pur restando il particolare quello che è. Lo stesso discorso fatto alla stessa persona, va fatto diversamente a seconda se è stanca o del tutto fresca e piena di energia, se tra noi due esiste un vecchio e ben stabile rapporto oppure se è la prima volta che ci incontriamo, se ci sono stati screzi recenti, ecc.

Il concreto è, in uno stesso contesto particolare, ciò che avviene “qui ed ora”, in questo preciso momento o fase, quindi in una particolare congiuntura di fattori. Il concreto di oggi è diverso da quello di domani, anche se si tratta dello stesso particolare contesto. Le questioni decisive di un organismo oggi saranno diverse da quelle di domani. Le questioni decisive e le problematiche che una OO deve affrontare oggi per difendere la propria fabbrica saranno diverse da quelle che ad esempio dovrà affrontare tra 5 mesi quando la cassaintegrazione sarà partita. Il concreto di un compagno che affronta la CAT oggi è diverso dal concreto della CAT che affronterà domani.

Considerando una contesto sociale (ad es. Napoli), il particolare che distingue Napoli da Torino, è la sintesi tra:

1. la situazione economica e quella politica (come la crisi economica e politica si manifesta a Napoli),

2. il rapporto tra le classi presenti in quel contesto, la loro storia, le loro contraddizioni e le contraddizioni tra loro,

3. la situazione soggettiva e l'azione degli agenti che operano in quella determinata situazione sia rispetto al campo borghese [capitalisti, clero], sia al campo delle forze intermedie [tre serbatoi], sia a quello delle masse popolari [OO, OP, noi]. Questa sintesi non cambia repentinamente, ha una certa durata nel tempo, rende Napoli diversa da Torino.

Il concreto è come quel contesto particolare, che non cambia repentinamente, si presenta in una certa circostanza e in un certo momento: il concreto cambia anche in maniera sostanziale da un momento a un altro.

È alla luce di quanto detto in questa manchette, che diventa più chiaro quanto detto nella manchette Generale, particolare, concreto di pag. 21. Quanto detto in quella manchette, a sua volta illumina e rende più profondo e più chiaro quanto detto in questa manchette.


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In sintesi, l'obiettivo che dobbiamo raggiungere nella direzione dei compagni è quello di passare dagli appelli generali, dalle critiche e dalla disciplina allo sviluppo di un'azione pedagogica, formativa ed educativa nei loro confronti. Per fare questo i dirigenti devono essere innanzitutto loro a “cambiare pelle”, a concepire il loro ruolo in modo differente, più elevato.

Questo orientamento vale per tutti i campi e settori della nostra attività. Con un compagno che non sa intervenire in un'assemblea, che non sa come curare un collaboratore, che non sa tenere una riunione, che non sa diffondere la nostra stampa, che non sa scrivere pezzi di propaganda, che non sa effettuare la raccolta economica su basi politiche, ecc., non basta criticarlo o dirgli cosa deve fare. Bisogna capire che cosa lo frena (quali sono i nodi ideologici che lo frenano e anche gli strumenti di cui dotarlo), impostare un percorso di formazione mirato (il che implica, lo ripetiamo, che sia innanzitutto il dirigente a studiare la materia e a fare esperienza se non ne possiede), mostrargli con l'esempio come si fa, accompagnarlo nel fare delle esperienze e tirare poi con lui il bilancio su di esse.

Questo significa essere educatori, formatori ed organizzatori comunisti nella rettifica del lavoro svolto dai compagni.(3) Se una rettifica non procede, il dirigente deve partire da se stesso e analizzare come la sta dirigendo, riflettendo, con onestà, su quanto egli stesso padroneggia la materia, quanto ha dedicato ad essa testa (studio), se ha esperienza in questo campo e se si è cimentato nel fare esperienze-tipo, come ha curato la formazione ideologica del diretto e impostato con lui un percorso di studio (se lo ha impostato), se ha accompagnato il diretto nel compiere i primi passi in questo campo. Nel fare questo, il dirigente non deve mai dimenticare la sua esperienza, ma anzi metterla a frutto: analizzando la sua esperienza vedrà, infatti, che solo quando i suoi dirigenti sono intervenuti in questo modo su di lui (formazione, anche con una prima fase di costrizione, ideazione dell'attività e bilancio del lavoro), egli ha fatto dei passi in avanti. Anche questo significa: “vedere il passato con gli occhi dell'oggi e utilizzare gli insegnamenti che si ricavano per l'azione che si svolge”.

Eleviamo il nostro lavoro organizzativo per avanzare con passo più spedito nella costruzione della rivoluzione socialista nel nostro paese!



3. A questo tema abbiamo dedicato un articolo specifico I dirigenti devono essere educatori, formatori e organizzatori comunisti nel numero 46 di La Voce.



*** manchette ***

Condizioni, forme e risultati della lotta di classe

Noi spesso, attingendo al Manifesto del partito comunista steso da K. Marx e F. Engels (1848), diciamo che i comunisti si distinguono dagli altri proletari in lotta perché hanno una comprensione più avanzata (più profonda) delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spingono sempre in avanti.

Cosa intendiamo per condizioni, forme e risultati? Ci pieghiamo con alcuni esempi.

1. Le condizioni sono la fase imperialista del capitalismo (con la sua contraddizione tra carattere collettivo delle forze produttive e rapporti di produzione basati sulla proprietà privata dei mezzi di produzione), la seconda crisi generale, la situazione rivoluzionaria in sviluppo, la resistenza delle masse popolari al procedere della crisi, la lotta tra le due vie (mobilitazione reazionaria e mobilitazione rivoluzionaria), il retaggio della prima ondata della rivoluzione proletaria e, anche, della sua sconfitta.

2. Le forme sono le modalità con cui tutti questi aspetti si combinano e manifestano sia sul piano strutturale (economico) che sovrastrutturale (politico, sociale, culturale).

3. I risultati sono le dinamiche che essi generano nella lotta di classe (nella lotta tra le classi, tra le due vie), l'impatto che hanno sulla lotta di classe e che noi decifriamo utilizzando come punto di riferimento la lotta tra le due vie, che a sua volta è la forma con cui si manifesta e si traduce in questa fase la lotta tra socialismo e capitalismo (che costituisce la condizione principale nell'epoca imperialista).

Per fare un altro esempio: la crisi generale è una condizione, le guerre imperialiste di saccheggio e aggressione dei popoli oppressi una forma, la resistenza delle masse popolari arabe e musulmane un risultato.

Oppure: la crisi generale è una condizione, la crisi politica una forma, l'affermazione del M5S alle politiche del 2013 un risultato (così come la loro perdita di seguito alle elezioni europee).



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