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La Voce 47

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVI

luglio 2014


Principi, metodi e problemi del lavoro operaio del Partito


Il lavoro operaio è un aspetto decisivo, indispensabile del lavoro del Partito, della rivoluzione socialista che il Partito promuove, della guerra popolare rivoluzionaria che è la strategia della rivoluzione socialista. Instaurazione del socialismo significa potere della classe operaia organizzata, espropriazione almeno dei principali mezzi di produzione e loro gestione pubblica secondo un piano, promozione multiforme della partecipazione della massa della popolazione alla politica, alla gestione della vita sociale, alla cultura.

Questo significa l’instaurazione del socialismo per noi comunisti e per tutti quelli che conoscono e fanno propria la concezione comunista del mondo, la scienza della rivoluzione socialista, l’unica concezione scientifica del socialismo: scientifica perché basata sulla comprensione dei presupposti del socialismo creati nella società capitalista, confermata dall’esperienza storica del movimento comunista da 160 anni a questa parte e in particolare dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e sviluppata elaborando questa esperienza, traendo insegnamenti da essa. Questo è il marxismo-leninismo-maoismo. Chi parla di socialismo al di fuori di questa scienza del socialismo, ed è il caso dei gruppi più di sinistra all’interno della sinistra borghese (“sinistra antagonista” o “sinistra radicale”, per usare il vocabolario di Rete dei Comunisti o di Giorgio Cremaschi che a questa sinistra si rivolgono e di cui si sentono parte), si rifà ad aspirazioni antiche che percorrono tutta la storia dell’umanità ma che appunto sono sempre rimaste al livello di vaghe aspirazioni, lamento delle classi oppresse e loro eco negli elementi più sensibili delle classi dominanti: letterati, filosofi, profeti e fondatori di religioni. Rimandiamo chi vuole meglio comprendere questo a Lenin Socialismo piccolo-borghese e socialismo proletario (1905, Opere vol. 9).

Il socialismo di cui noi parliamo è il movimento degli sfruttati del sistema capitalista che lottano per trasformare la società capitalista secondo la linea di sviluppo che le è propria.

Instaurazione del socialismo quindi implica che la classe operaia (i lavoratori delle aziende capitaliste) siano organizzati, che le loro organizzazioni siano in larga misura aggregate attorno al Partito comunista (o, visto dall’altro lato, che nel Partito comunista siano uniti gran parte degli operai politicamente attivi) e che queste abbiano una larga egemonia sul resto degli operai.

Con questo, sia detto di passaggio, rispondiamo a chi ci chiede perché noi oggi promuoviamo la costituzione del Governo di Blocco Popolare e non direttamente l’instaurazione del socialismo. Oggi è possibile creare in poco tempo le condizioni (che già da tempo abbiamo indicato) per costituire il GBP, mentre la creazione delle condizioni per instaurare il socialismo richiede tempi relativamente lunghi. Richiede la rinascita del movimento comunista e l’adesione in massa della classe operaia alla causa della rivoluzione socialista (le masse anche nella società borghese imparano la politica principalmente dalla loro diretta esperienza assistita dal Partito comunista). L’esperienza della costituzione del GBP, della sua attività e della sua difesa dall’aggressione della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti (ivi compresi i suoi esponenti di nazionalità italiana) potrebbe essere questa esperienza diretta di cui le masse hanno bisogno. Solo persone che chiacchierano a vuoto, solo persone che riducono la lotta politica a propaganda (del tipo, per intenderci, degli esponenti del PCL), possono lanciare come parola d’ordine politica, cioè come obiettivo da perseguire nell’immediato, l’instaurazione del socialismo. L’instaurazione del socialismo diventerà una parola d’ordine politica, cesserà di essere solo un tema di propaganda, quando saremo arrivati a aggregare attorno al Partito comunista gran parte degli operai politicamente attivi e questi godranno di ampia egemonia sul resto della classe operaia. Non abbiamo invece alcun dubbio che quando avranno raggiunto una simile configurazione politica, un simile schieramento politico, gli operai godranno anche di una larga egemonia sul resto delle masse popolari. Infatti fa parte delle relazioni tra le classi proprie dei paesi imperialisti (che sono paesi dove il capitalismo predomina da tempo su larga scala) che quando la classe operaia è politicamente organizzata e attiva, trascina con sé larga parte del resto delle masse popolari.

Abbiamo indicato più volte che cosa predispone gli operai ad adottare in massa la concezione comunista del mondo: quindi non ci ritorniamo sopra in questo contesto. Ribadiamo solo, perché in proposito anche nelle nostre file ci sono incertezze che frenano e intralciano il nostro lavoro operaio, che la concezione comunista del mondo non è la concezione della classe operaia nel senso che nascerebbe spontaneamente negli operai a seguito del ruolo che essi esercitano e della posizione che essi occupano nella società borghese. Questa è balla che raccontano vari intellettuali, come ad esempio i Clash City Workers di cui parliamo in altra parte di questo numero di La Voce (pagg. 55-60).


Il lavoro operaio del Partito ha due aspetti fondamentali e ben distinti, oggi entrambi indispensabili.

1. Conquistare gli operai avanzati alla causa del comunismo, reclutarli nel Partito perché costituiscano Comitati di Partito clandestini e tramite questi entrino a far parte a tutti gli effetti del Partito. Questi svolgono nel Partito tutti i compiti dei membri del Partito. Il Partito è il partito dei comunisti, che si distinguono solo per il livello della loro adesione alla causa, per la loro capacità di orientarsi con autonomia, per la loro capacità di orientare altri: in sintesi per la posizione che occupano nella gerarchia del Partito e per il ruolo che è loro assegnato.

Il Partito deve però conquistare al comunismo e arruolare un gran numero di operai per i motivi sopra indicati. La sua egemonia, la sua capacità di concludere vittoriosamente la rivoluzione socialista, è determinata dal fatto che unisce nelle sue file gran parte degli operai politicamente attivi e dall’egemonia di questi sul resto della classe operaia e, tramite questa, sul resto delle masse popolari. Contrariamente alle tesi a proposito dell’egemonia culturale correnti nella sinistra borghese e messe in voga da Togliatti e dal resto della triste genia di revisionisti di cui fu esponente di spicco Giorgio Napolitano, l’attuale presidente della Repubblica Pontificia, è invece un fatto secondario la quantità di intellettuali che fanno parte del Partito. Il livello intellettuale del Partito non è dato dalla quantità di intellettuali che vi aderiscono: ogni comunista deve diventare un intellettuale e l’egemonia del Partito sugli intellettuali come ceto sociale è determinata principalmente dal ruolo politico svolto dal Partito. Questo è confermato dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria in tutti i paesi imperialisti, Italia compresa.

Per la storia che abbiamo alle spalle e per il contesto in cui svolgiamo il nostro lavoro è importante sia chiaro che il lavoro sindacale, la lotta rivendicativa è solo uno dei mezzi e una delle vie attraverso cui conquistiamo operai al comunismo. È assolutamente sbagliato e fuorviante pensare che il lavoro sindacale e in generale la lotta rivendicativa sia il lavoro fondamentale, la principale o la sola via per conquistare operai al comunismo. Eppure questa è una posizione molto diffusa tra gruppi che si dichiarano comunisti. Anche come esempio di questa posizione posso citare il gruppo dei Clash City Workers.

La conquista di operai al comunismo avviene principalmente grazie alla propaganda, alla formazione comunista e all’attività politica complessiva che il Partito comunista svolge. I compagni che, quando entrano in un’azienda, per reclutare cercano qualche rivendicazione da cui incominciare (o pensano che è impossibile reclutare perché non ci sono rivendicazioni da mettere in campo), hanno una concezione distorta del nostro lavoro. Bisogna incominciare dall’individuare i lavoratori più avanzati (delle 4 categorie di cui già più volte abbiamo trattato: ognuna delle quattro categorie individua operai generosi e tesi a comprendere il mondo in cui vivono e a trasformarlo, sono individui che da punti di vista diversi si chiedono il perché delle cose, cercano risposte), stabilire rapporti personali con loro e iniziare un paziente lavoro individuale di propaganda e di formazione, di egemonia e di conquista. I nostri compagni che sistematicamente non reclutano, hanno certamente una concezione sbagliata del nostro lavoro o hanno problemi di personalità: devono chiedersi cosa devono correggere e farsi aiutare dal loro collettivo di Partito. La conquista di operai al comunismo fino al reclutamento nel Partito può quindi svolgersi anche in maniera completamente clandestina. La crisi generale del capitalismo crea un contesto che facilita enormemente la conquista di operai al comunismo. Oggi anche tra gli operai si radicano sette e correnti di pensiero di vario genere, perché c’è ricerca di risposte a molti perché e il lavoro in aziende capitaliste spinge alla ricerca, perché mostra contemporaneamente sia le grandi potenzialità disponibili sia che si è condannati a svolgere attività inutili se non anche dannose. Il successo elettorale e di partecipazione che per alcuni anni ha raccolto la Lega Nord tra gli operai conferma che la rivendicazione e il lavoro sindacale non sono l’unico e nemmeno il principale punto di partenza del nostro lavoro operaio.


2. Mobilitare operai avanzati perché costituiscano in ogni azienda (azienda capitalista ovviamente, perché stiamo parlando di operai) una Organizzazione Operaia (OO) in linea di massima pubblica che prenda in mano il destino dell’azienda e proietti la sua autorità e attività nella zona circostante. È la linea che abbiamo riassunto nella parola d’ordine “occupare la fabbrica, uscire dalla fabbrica”, illustrata nei Comunicati CC 3/2014 - 21 gennaio 2014 e 17/2014, 1° maggio 2014 che sono appelli agli operai a entrare nel Partito per fare la rivoluzione socialista.

La crisi generale del capitalismo nel nostro paese mette gli operai di gran parte delle aziende capitaliste nell’alternativa

- o prendono essi stessi in mano l’azienda, cioè prevengono le mosse del padrone, non aspettano (al modo dei sindacalisti di regime e anche di quelli alternativi, conflittuali, combattivi) che sia il padrone ad attaccare, stabiliscono la loro direzione sui loro compagni di lavoro, stabiliscono relazioni con gruppi, organismi e istituzioni per capire e definire quale può essere il ruolo specifico a cui la propria azienda è più adatta nell’ambito dell’economia del paese, fanno della propria azienda un centro di organizzazione delle masse operaie della zona, si collegano con Organizzazioni Popolari e altre OO sulla base dell’obiettivo preciso di costituire il Governo di Blocco Popolare,

- oppure prima o poi la loro azienda sarà sottoposta a processi di ridimensionamento, delocalizzazione, chiusura. È la sorte che hanno già subito o che stanno subendo centinaia di aziende capitaliste.

Nessuna politica industriale, nessuna politica di crescita, nessuna politica di competitività sottrae una singola azienda capitalista a questa alternativa. Il capitale finanziario offre a ogni capitalista terreni allettanti di investimento alternativi all’investimento industriale, le autorità di un paese prima o poi surclassano quelle di un altro nell’offrire ai capitalisti migliori condizioni di valorizzazione del proprio capitale, la competizione è una lotta in cui tutti si possono lanciare e alla fine gli operai ci perdono in salario, condizioni di lavoro, condizioni di vita e prima o poi perdono anche il posto di lavoro. Bisogna ben ricordare infine che la forma suprema della competizione è la guerra. La quantità di lavoro necessaria per produrre una data quantità di beni e servizi diminuisce senza limiti. La crescita della produttività del lavoro è illimitata, mentre la crescita della quantità di beni e servizi prodotti ha settore per settore limiti evidenti. Già oggi viene prodotto circa il doppio del cibo necessario a sfamare tutta l’umanità.

Nel programma del Governo di Blocco Popolare e nella gestione pianificata delle attività economiche propria del socialismo vi è invece la soluzione di questo aspetto del problema. In ogni paese dobbiamo produrre solo i beni e i servizi di cui abbiamo bisogno per il nostro uso e per la solidarietà, la collaborazione o lo scambio con altri paesi.

Dobbiamo aumentare la produttività del lavoro (la quantità di beni o servizi che si producono in un determinato numero di ore di lavoro) per ridurre il tempo che ogni adulto dedica al lavoro, per migliorare le condizioni di lavoro in termini di salute e sicurezza, per ridurre l’inquinamento dell’ambiente e i rifiuti, per ridurre il consumo di energia e di materie prime. Non dobbiamo competere con altri, ma stabilire a secondo dei casi relazioni di solidarietà, di collaborazione o di scambio.

Tutto questo è tecnicamente possibile se le attività economiche, almeno le principali, sono gestite secondo un piano elaborato democraticamente dalle autorità del paese. Occorre quindi instaurare autorità che vogliano assolvere a questo compito.


Per seguire la prima delle due strade, cioè per costituire OO che “occupano la fabbrica ed escono dalla fabbrica” esistono ottime premesse e la crisi generale del capitalismo le rafforza. Ogni fabbrica (azienda) già oggi

1. è un centro di produzione di beni e servizi, con specifiche competenze, conoscenze e corrispondenti attrezzature, organizzazione e relazioni;

2. è un collettivo di lavoratori oggettivamente costituito capace di una vita politica, sindacale e culturale più o meno intensa (l’intensità dipende sostanzialmente dallo stato generale del movimento comunista cosciente e organizzato);

3. può essere (e in una certa misura comunque già è) un centro di orientamento, di aggregazione, di organizzazione e di direzione delle masse popolari della zona circostante (della lotta di classe e della loro vita, ha strumenti (locali di riunione ed altro) per esserlo: lo si è visto in casi di calamità naturali e di altre vicende) e di connessione di questo con la lotta di classe dell’intero paese.

La OO dell’azienda, l’insieme delle OO dei reparti dell’azienda deve assumersi il compito di far vivere e sviluppare questi tre aspetti, quindi di essere (diventare) in questo modo una nuova autorità locale, istituzione locale del Nuovo Potere.

Le OO aziendali e di reparto devono prendere in mano questi tre aspetti che ogni azienda comunque ha e svilupparli. I consigli di Fabbrica degli anni ’70 sono stati un ottimo precedente a cui ispirarsi. In proposito raccomandiamo la lettura del rapporto fatto recentemente da un operaio del CdF della Philco anni ’70 per il mensile del P.CARC Resistenza www.carc.it/index.php?view=article&id=1935


Come si formano e si combinano OO e CdP?

In alcuni casi sarà l’operaio comunista (membro o simpatizzante del Partito) che, lavorando con l’organizzazione del Partito esterna all’azienda, costituisce il CdP, cioè conquista al comunismo altri operai dell’azienda e forma clandestinamente con essi il CdP dell’azienda. Quindi il CdP mobilita tutti i suoi membri o solo alcuni dei suoi membri a promuovere con gli operai avanzati dell’azienda la costituzione dell’OO.

In altri casi si tratterà di un’azienda in cui c’è già un gruppo di operai che assomiglia in qualche misura a una OO. In questo caso si svilupperà probabilmente un doppio processo. Uno consisterà nella conquista al comunismo di uno o di alcuni degli operai che costituiscono l’OO. L’altro nell’elevamento del livello dell’OO per portarlo ad assumere tutti o gran parte dei compiti sopra indicati per una OO.

In alcuni casi i due processi si combineranno.

Vera Z.