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La Voce 46

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVI - marzo 2014

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Cura e formazione degli uomini e delle donne

 

Sul ruolo della costrizione nel processo di CAT dei compagni

 

Nell'ottica del superamento del nostro stile artigianale (che in realtà è liberalismo, mancanza di determinazione, mancanza di volontà di vincere) nel campo della cura e formazione degli uomini, in particolare dei dirigenti, dobbiamo superare la tendenza ad affidarci alle dichiarazioni d'intenti dei compagni: oggi lo facciamo persino se ripetutamente o addirittura sistematicamente non si traducono poi in azione. Mi riferisco in particolare alla questione dello studio (all’applicazione del proprio piano di studio). Lasciare la formazione all'iniziativa individuale (buona volontà, capacità di orientarsi, disciplina cosciente) del singolo compagno, in questa fase di disprezzo della teoria e di movimentismo imperanti, è non solo improduttivo ma anche diseducativo e distruttivo per lui, per i compagni del suo collettivo e per i compagni che dirige. Danneggia il Partito, indebolisce lo sviluppo della GPRdiLD (chi non studia non è in grado di dirigere in modo scientifico, non dirige con un’ottica avanzata). Dobbiamo fare un passo in avanti deciso nel superare questa impostazione che ci trasciniamo dietro ed elevare la nostra azione.

Esiste una specifica dialettica (unità di opposti) tra libertà e necessità, tra iniziativa individuale e costrizione esercitata dal collettivo sull'individuo al fine di spezzare resistenze e superare ostacoli all'inizio di un percorso (per mettere i processi su nuovi binari).

Consideriamo ad esempio un compagno che non studia: occorre obbligarlo a farlo con un apposito intervento su di lui, facendo magari un corso intensivo (su argomenti ben selezionati) sotto la supervisione e il controllo di un dirigente.

Questa specifica dialettica tra libertà e necessità per sua natura può svolgere un ruolo positivo solo in una prima fase (che potremmo definire "fase di accompagnamento dell'individuo nell'intraprendere una nuova strada davanti alla quale ancora recalcitra, di cui non è convinto, di cui non ha realmente assimilato l'importanza, ecc."). Attraverso un processo di accumulazione quantitativa e salti qualitativi, si giunge però ad uno stato superiore. Nel corso del processo i due poli della contraddizione sono in lotta tra loro e uniti (compenetrati) tra loro (trasformazione di una cosa nel suo contrario, del secondario nel principale e del principale nel secondario). Ma prima o poi si giunge a una sintesi, a uno stato superiore: la necessità (la costrizione) diventa (deve divenire) libertà. L'individuo deve cioè giungere ad un livello di disciplina cosciente, di assimilazione dell'importanza e valenza della strada che gli viene indicata (e che nella prima fase è stato accompagnato, da vicino, a percorrere) e muoversi con maggiore autonomia (chiaramente sempre mantenendo, ma a un livello qualitativamente superiore, un rapporto con il collettivo e i dirigenti).

Se il rapporto di unità e lotta tra i due aspetti (libertà e necessità) non giunge, attraverso l'intervento specifico svolto dal collettivo sull'individuo e al processo di accumulazione quantitativa e salti qualitativi che esso determina nell'individuo, ad uno stadio superiore, significa che l'individuo non ha fatto lo scatto (intellettuale, morale) necessario per trasformarsi, per avanzare di moto proprio (mantenendo una dialettica con il collettivo ovviamente), oppure che la via praticata non è quella adatta.

La trasformazione individuale non è una rivoluzione passiva "importata" da altri nell'individuo: messo davanti alla strada da percorrere e sostenuto da vicino (costrizione) nel compiere i primi passi e instradarsi, egli deve prendere in mano il suo destino e diventarne la forza motrice. Se questo non avviene occorre tirarne le conclusioni, con pazienza e lucidità: verificare le modalità con cui si è intervenuti, verificare la reale possibilità del compagno di raggiungere certi livelli di trasformazione (verificare la nostra analisi, dunque), verificare l'effettiva volontà del singolo nel trasformarsi.

In tutti e tre i casi bisogna giungere ad un salto di qualità, ad una sintesi (non lasciar correre: è liberalismo non tirare insegnamenti, non rivedere linee e orientamenti, ecc.) chiaramente guardandosi dall'empirismo ("funziona o non funziona", "è o non è") e mettendo al centro il materialismo dialettico come metodo di conoscenza e guida per l'azione ("una cosa è e non è", quindi bisogna capire 1. come mai non è divenuta quello che non è ma che ha i presupposti per divenire in determinate condizioni e 2. se effettivamente ha i requisiti per divenirlo).

Insomma, è un lavoro di alto livello che via via dobbiamo imparare a fare sempre meglio. Questa è la ricostruzione logica del lavoro che dobbiamo svolgere in questa fase sui quadri di prospettiva per formarli ideologicamente ed edificare solide basi per lo sviluppo organizzativo del Partito e l'elevazione delle nostra azione su OO e OP e sui tre serbatoi della II gamba.