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La Voce 46

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XVI - marzo 2014

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La lotta ideologica in corso in Campania

e gli insegnamenti che essa dà al movimento comunista del nostro paese

 

La Direzione Nazionale del Partito dei CARC nella riunione dello scorso 7 e 8 dicembre ha lanciato tra i membri del P.CARC della Campania una lotta ideologica attiva (LIA) e ha chiamato tutti i membri e simpatizzanti della Carovana del (n)PCI in Campania a parteciparvi. Il CC del (n)PCI ha dato ai membri del (n)PCI l’indicazione di aderire all’appello e partecipare alla LIA con spirito d’avanguardia, nei modi appropriati alla natura clandestina del Partito.

Non tratterò qui del ruolo che la lotta ideologica ha avuto nella storia dei partiti comunisti e della sua importanza che il maoismo apertamente afferma: ne abbiamo già parlato in altri numeri della rivista. Non illustrerò nemmeno la lotta ideologica in corso in Campania. La direzione del P.CARC ne ha magistralmente indicato in vari documenti l’obiettivo, gli aspetti su cui si incentra e le forme in cui si svolge. Consultando il sito del P.CARC e Resistenza, rivolgendosi personalmente alla direzione del P.CARC, ogni lettore può conoscere quanto vuole.

Dedico invece questo articolo a riflessioni rivolte a tutti i membri del Partito e a quei compagni che non sono membri del Partito ma sinceramente si dichiarano comunisti e onestamente si sono posti la domanda di come mai nella prima parte del secolo scorso il movimento comunista non ha instaurato il socialismo in nessun paese imperialista, nonostante la grande crisi che allora sconvolse quei paesi e l’eroismo dei suoi militanti: a quei che si sono posti questa domanda e sono decisi a trovare la risposta.

In che senso la LIA in corso in Campania dà insegnamenti a tutti i comunisti del nostro paese?

Perché affronta (nelle forme proprie delle Organizzazioni Modello della Carovana) il problema con cui si scontra tutto il movimento comunista del nostro paese.

La crisi generale del capitalismo si aggrava, la crisi politica è posta prepotentemente all’ordine del giorno dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti che ha lanciato nuove guerre in Ucraina (con qualche successo) e in Venezuela (dove incontra una valida resistenza). A livello nazionale i vertici della Repubblica Pontificia sbandano da Berlusconi a Monti-Letta e poi di nuovo a Berlusconi-Renzi e Bergoglio ha preso il posto di Ratzinger. Crisi alla grande quindi, ma l’iniziativa è ancora nelle mani della borghesia imperialista e del clero e a noi non basta constatare che il corso della mobilitazione reazionaria conferma la nostra analisi. Nel campo della mobilitazione rivoluzionaria il fermento e l’agitazione crescono, il movimento spontaneo delle masse popolari è sospinto dalle condizioni pratiche ad avvicinarsi alle forme che noi indichiamo e anche questo conferma l’analisi del Partito e quindi il nostro preciso piano d’azione che si basa sulla concezione comunista del mondo e su questa analisi. Il problema è che il nostro preciso piano d’azione non è ancora diventato il faro che in ogni Organizzazione Operaia e Popolare (OO, OP) rischiara la strada alla sinistra.

In un articolo pubblicato su Contropiano in questi giorni (Dove sono “i nostri”? Lavorano ...) Francesco Piccioni a ragione parla di “coazione a ripetere i cartelli elettorali”, “di scadenze a raffica” e della “condivisione delle opinioni” che usurpa il posto alla comprensione del movimento reale. Molti resoconti dei nostri compagni confermano questa descrizione: l’oscillare di OO e OP e di associazioni ed esponenti della “seconda gamba” tra riformismo elettoralista e riformismo rivendicativo e protestatario.

Questo stato delle cose nel campo delle masse popolari è il problema nostro e di tutti quelli che veramente vogliono essere comunisti. Perché comunisti di buona volontà non ricavano risultati fecondi di sviluppo dai cortei a cui invece partecipano come a cerimonie rituali obbligatorie e da cui escono essi stessi sconfortati? Perché assistono a riunioni di gruppi depressi e scoraggiati, allo sbando, ad assemblee di lavoratori dove la destra sindacale è scornata, senza portare la sinistra a fare il passo avanti che valorizzerebbe le forze esistenti e le renderebbe atte a una lotta efficace? Perché nei loro rapporti dicono che l’ambiente attorno è tutto nero, salvo qualche macchia bianca? Eppure un tizzone anche piccolo è la cosa più importante per chi vuole mettere a fuoco l’intera prateria.

Non pochi compagni avvertono il carattere malsano della situazione, disprezzano e condannano chi ci sguazza dentro, persistono nella lotta ma soffrono e si rifugiano nei nostri obiettivi, nel nostro preciso piano d’azione e nei nostri principi (“se fossero come noi ...”, “se facessero come noi diciamo...”). Non vanno oltre. Anche ai nostri compagni il mondo si presenta come un turbinio caotico di avvenimenti, di personaggi, di organismi, di propositi scombinati, un corso delle cose assurdo e incomprensibile.

Ai compagni che si riconoscono in questi comportamenti e in questi stati d’animo, inutile riproporre il nostro preciso piano d’azione che il corso delle cose conferma. Non basta a cambiare il loro comportamento, a sollevare il loro spirito, a rendere efficace la loro azione. Essi non vedono attorno a loro quello che hanno bisogno di vedere, perché non hanno occhi per vederlo. Per capire ognuna delle singole situazioni in cui si trovano e quali passi concretamente compiere in essa per innescare un processo positivo (che direttamente o indirettamente farà confluire OO e OP nel fiume della guerra popolare rivoluzionaria che promuoviamo), devono assimilare più profondamente la concezione comunista del mondo e usarla essi stessi come mezzo per vedere, per capire, per fare: devono cambiare occhi, testa, cuore.

A questo serve la lotta ideologica, come sanno quelli che vi si imbarcano. Il gusto del budino lo si conosce mangiandolo. Il valore della lotta ideologica lo verificano quelli che vi si imbarcano senza riserve, con la decisione di trovare a tutti i costi la soluzione.

Il compito della lotta ideologica è portare a un livello più alto l’assimilazione della concezione comunista del mondo e insegnare a usarla meglio, dare occhi per vedere a chi ancora non vede. Per scoprire in ogni singola situazione quello che la trasformerà. La concezione comunista del mondo che il Partito insegna non indica al singolo compagno e organismo quale è la soluzione del problema con cui si scontra in un preciso momento. Ma gli dà gli strumenti per trovarla lui stesso e per metterla in opera: e più lo farà, più semplice via via gli risulterà capire e fare. 

Il mio rapporto è sconfortante, ma cosa dovevo fare concretamente in quella situazione?”, ci chiede un compagno. Il cosa fare è da scoprire nel concreto, in ogni situazione particolare, perché è un pezzo di essa. In questo consiste l’arte politica dei comunisti. Con la concezione comunista del mondo, usandola con passione e dedizione, facendo con intelligenza analisi concreta della situazione concreta, provando e riprovando, si trova l’anello da afferrare e con l’esperienza si diventa via via più abili e lesti a trovarlo.

Questo è quello che con la LIA i compagni imparano a fare, diventano capaci di fare. Questo è anche quello che devono imparare a fare i compagni che vogliono avere l’iniziativa nella rinascita del movimento comunista.

Ogni compagno che è abbastanza sensibile e sveglio per capire che non è con l’andazzo attuale che sviluppiamo la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari ed è determinato a trovare ad ogni costo la soluzione, a ogni compagno del genere noi diciamo: la nostra impresa è grande e difficile, ma possiamo compierla. Bisogna però che ci diamo i mezzi necessari. Il primo e principale è assimilare la concezione comunista del mondo e usarla con coerenza e determinazione, “costi quel che costi”, per intervenire nelle situazioni “provando e riprovando”. Per essere capace di cambiare il mondo, devi anzitutto cambiare te stesso: il Partito a chi è deciso a farlo dà i mezzi per farlo.

Umberto C.