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La Voce 44 del (nuovo)Partito comunista italiano

La situazione politica e i nostri compiti

Le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio hanno creato una situazione più favorevole per l’attuazione del piano di lavoro del Partito che mira alla costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP) e alla marcia verso l’instaurazione del socialismo.

Esse hanno confermato su grande scala che l’egemonia dei vertici della Repubblica Pontificia (RP) sulle masse popolari italiane è in caduta libera. Quindi essa può cadere ancora di più. Dobbiamo favorire questo processo e farlo servire alla nostra opera.

Tutti i gruppi che nel passato hanno collaborato con i governi Prodi, con i governi Berlusconi o con la giunta Monti-Napolitano alla realizzazione del “programma comune” della borghesia imperialista, hanno perso voti su grande scala. È un fatto molto importante perché l’opinione sbagliata che la borghesia e il clero nonostante crimini e crisi riescono ad abbindolare le masse popolari (“non c’è un vero movimento di lotta”, “le masse sono arretrate”, “il berlusconismo è il senso comune delle masse”, ecc.) non è solo proclamata da opportunisti incalliti a giustificazione della loro inerzia e collaborazione, ma è diffusa anche tra compagni generosi ed onesti ed è un’opinione che ha nel campo delle masse popolari un effetto disfattista e paralizzante. Il freno all’azione delle masse popolari non è l’egemonia che la borghesia e il clero manterrebbero su di esse. È la mancanza di una direzione autorevole, di organizzazione e di un obiettivo giusto. È questo che frena, in alcuni casi e momenti fin quasi a paralizzare.

 

Un fatto altrettanto importante è che una parte delle masse popolari non solo ha rotto con l’egemonia dei vertici della RP, ma ha votato la lista M5S (la lista più votata) e ha mandato in Parlamento 163 senatori e deputati eletti sulla base dell’impegno a mandare a casa tutti i gruppi che negli anni passati hanno appoggiato e attuato il “programma comune” della borghesia imperialista. Il M5S e Beppe Grillo hanno avuto il ruolo positivo di dar voce all’indignazione delle masse popolari contro la putrefazione della Repubblica Pontificia e alla protesta crescente delle masse popolari contro la crisi del capitalismo. Tuttavia chi valuta il M5S per il programma che dichiara è fuori strada. Il suo programma è inconsistente: è un assemblaggio raffazzonato di misure di buon senso, al modo di tante piattaforme rivendicative e moraleggianti di cui la sinistra borghese ci ha inondato da molti anni in qua, da quando all’inizio degli anni ‘80 del secolo scorso Enrico Berlinguer ed Eugenio Scalfari misero al centro dell’attenzione la questione morale invece della lotta di classe e dell’instaurazione del socialismo.

Il M5S aveva e ancora ha davanti a sé due strade: o farsi macinare dai vertici della RP e diventare letame per le loro manovre, o promuovere l’organizzazione delle masse popolari, la costituzione di Organizzazioni Operaie e Popolari (OO e OP) e sostenere la loro iniziativa fino alla costituzione di un loro governo d’emergenza, il GBP. A questo fine essi devono costituirsi in Governo di Salvezza Nazionale (GSN) e promuovere la costituzione a livello locale di Comitati di Salvezza Nazionale (CSN). Finora i parlamentari del M5S hanno dedicato le loro energie principalmente a misure disperate per far funzionare il Parlamento della RP. Questa strada oltre che essere contraria a ogni analisi realistica della natura della RP, porta il M5S all’impotenza e alla disgregazione. Anche per questo è ancora possibile che il M5S cambi strada e giochi un ruolo positivo. Quindi questo resta uno dei nostri obiettivi.

 

L’esito delle elezioni ha scompaginato il progetto di chi le aveva promosse. Il risultato è stato il colpo di Stato di aprile con la costituzione del governo Letta-Napolitano-Berlusconi.

In autunno 2011 la banda Berlusconi era arrivata a un punto morto. Berlusconi, come le organizzazioni criminali (OC) di cui è il portavoce e come la Corte Pontificia, non ha un progetto di società da realizzare. Per loro natura né le OC né la Corte Pontificia lo possono avere. Sono per loro natura organizzazioni parassitarie: vivono sfruttando la società che c’è, purché sia compatibile. E qualunque società borghese lo è. La storia di alcune centinaia di anni lo mostra e conferma: chi non “vede” il fenomeno o non ne capisce le ragioni, deve studiare meglio la natura delle cose con il materialismo dialettico.

 

Fare meno, ma fare meglio

Il nostro lavoro è immenso, ogni compagno ogni giorno ha molte cose da fare. Lavora in molti campi, ha un ruolo da svolgere in molte campagne e molte battaglie. Deve compiere molte operazioni. Ogni compagno deve fissare giorno per giorno, settimana per settimana, mese per mese a quali compiti si dedicherà. Ogni giorno deve definire quali sono le due, tre, quattro operazioni a cui si dedicherà. Deve fissare l’ordine di priorità e lasciare sempre un margine per le varie, gli imprevisti di tipo normale (le emergenze invece fanno saltare il piano della giornata). Importante è non sbagliare a definire le priorità.

Bisogna fare compatibilmente con le nostre forze, con molta generosità ma anche con intelligenza e modestia, quindi non proporsi di fare sempre tutto. Il divario tra le nostre forze e i compiti utili da fare, ci sarà sempre. Strategicamente lo dobbiamo trattare allargando le nostre file, affidando compiti, dirigendo e controllando invece che fare direttamente, mobilitando nuove forze. Ma fare bene ogni operazione. Farla male è peggio che non farla. Scoraggia, crea malcontento e sfiducia in noi e negli altri, induce a pensare che fare una cosa non è possibile o è inutile, visto che la nostra azione ha dato risultati nulli o addirittura negativi. Ma è perché è impossibile o inutile o è perché l’abbiamo fatta male?

Per ogni operazione, dobbiamo definire chiaramente i risultati che ci riproponiamo. Se un’operazione va male o non dà risultati, dobbiamo chiederci dove abbiamo sbagliato: nel ritenere che era possibile? nel fare il piano e predisporre le forze? nell’esecuzione?

Bisogna fare bene, al meglio della nostre capacità, al meglio dell’assimilazione del materialismo dialettico che abbiamo raggiunto. E alzare il livello della nostra assimilazione.

 

In autunno 2011 Berlusconi era arrivato a un punto morto perché aveva in mano direttamente il governo del paese. Il governo della banda Berlusconi applicava le direttive delle istituzioni UE (ricordare Sacconi, Tremonti, ecc.) e il paese gli diventava ingovernabile. Ancora oggi gli esponenti della sinistra borghese gridano “ci sono sì lotte qua e là, ma non c'è un movimento di lotta. CGIL CISL UIL e PD per ora riescono a controllare la situazione e ad evitare che le singole lotte si colleghino” (Ross@, il treno sta partendo di Federico Rucco - Contropiano 15 giugno 2013). Ma in realtà l’ostilità delle masse popolari era tale che Berlusconi riusciva sempre meno ad adempiere a uno dei compiti essenziali di ogni governo della Repubblica Pontificia: tener sotto controllo le masse popolari il più possibile con le buone (imbrogliando, dividendo, assoldando demagoghi, ecc. ecc.) ricorrendo alla forza solo in pochi e ben calcolati casi. L’esito del referendum di giugno 2011 e delle elezioni locali parlava in modo inequivocabile. Parallelamente erano cresciuti i contrasti (in definitiva pro e contro l’UE) nei vertici della RP (nella primavera 2013 portarono alle dimissioni di Ratzinger e all’accesso diretto di un esponente della Compagnia di Gesù al Pontificato) e i contrasti tra la borghesia imperialista USA e la borghesia imperialista tedesca che capeggia l’UE. Berlusconi è un avventuriero, non è legato a nessuna parte e a nessun programma: il suo programma è il potere e i suoi interessi corporativi. Quindi saltò sul carro americano che gli permetteva di disfarsi degli obblighi UE e dell’ostilità delle masse popolari prodotta dalle angherie imposte fino allora dal suo governo in nome dell’UE.

La risposta fu che la coalizione dei gruppi pro UE dei vertici della RP licenziarono Berlusconi e al suo posto tramite Bagnasco e la CEI (convegno di Todi 17 ottobre 2011) costituirono e insediarono la Giunta Monti-Napolitano. Bersani non venne neanche preso in considerazione perché, come hanno confermato gli eventi successivi alle elezioni di febbraio 2013, non può, non è abilitato a diventare capo del governo (forse non ha neanche il Nulla Osta NATO necessario per questo posto). Berlusconi era dato per morto, ma in realtà passo dopo passo ricompose le proprie forze approfittando dell’impopolarità crescente della Giunta Monti-Napolitano e dei contrasti crescenti tra i gruppi imperialisti americani e i gruppi imperialisti europei e in generale dell’acuirsi dei contrasti nei vertici della Repubblica Pontificia e nella Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti. Quando ritenne giunto il suo momento, diede scacco matto alla Giunta Monti-Napolitano e convinse Napolitano (la collaborazione tra i due risale agli anni ’80, quando Berlusconi manovrava e foraggiava Craxi e Napolitano era il capofila della corrente dei miglioristi del PCI) a indire le elezioni di febbraio, senza neanche un dibattito parlamentare e un voto di sfiducia. Napolitano e i fautori della Giunta Monti-Napolitano accettarono di buon grado, convinti di rafforzare con le elezioni la Giunta. Successe invece un fatto probabilmente imprevisto (non solo la sinistra borghese, ma anche la borghesia imperialista valuta male lo stato delle masse popolari): sia il PD che la banda Berlusconi, per non parlare di Monti & C che incautamente si erano presentati in proprio, perdettero alla grande le elezioni che vennero vinte da Beppe Grillo e dal suo M5S. I vertici della Repubblica Pontificia dovettero ricorrere a un colpo di Stato palese: non diedero al partito vincente l’incarico di formare il governo, bloccarono il funzionamento del nuovo Parlamento, combinarono la rielezione di Napolitano a Presidente della Repubblica e costituirono il governo Letta-Napolitano-Berlusconi sostenuto dall’intesa dei partiti che hanno perso le elezioni di febbraio e diretto nella sostanza da Berlusconi che però non ci mette la faccia: è al governo e fa anche opposizione.

 

Il colpo di Stato ha messo precipitosamente alla prova il M5S e Beppe Grillo. Di fronte al colpo di Stato in un primo momento Beppe Grillo chiamò alla mobilitazione di piazza . Da notare che nessuno dei vecchi gruppi di autorevoli “oppositori” - Rete28Aprile, FIOM, USB, Federazione Cobas, CUB, ALBA, Giulietto Chiesa, il Fatto Quotidiano, Stefano Rodotà, Tonino Di Pietro, Paolo Ferrero, Luigi De Magistris, Antonio Ingroia, ecc. ecc. - quegli stessi che gridano che le masse non lottano, che le masse sono arretrate, che le masse sono berlusconiane, ecc. si associò a Grillo. Difficilmente i golpisti avrebbero retto a una grande e prolungata mobilitazione di piazza, anche perché posizioni contrarie al colpo di Stato esistevano già negli stessi vertici della Repubblica Pontificia e la mobilitazione di piazza le avrebbe rafforzate.

La polizia e i carabinieri presero invece posizione: “consigliarono” a Grillo di lasciar perdere. Certamente minacciarono di arrestarlo, forse anche di ucciderlo: cosa quest’ultima che difficilmente avrebbero attuato perché troppi erano negli stessi vertici della Repubblica Pontificia i contrari ad una esecuzione sia pure mascherata. Lo avrebbero arrestato? Forse sì, ma l’arresto avrebbe fatto la fortuna di Grillo che sarebbe ancora più diventato il portavoce dell’indignazione e della protesta popolare (la storia delle persecuzione della Carovana del (n)PCI mostra bene che gli arresti intimidatori rafforzano quelli che non si lasciano intimidire). Cosa che nei vertici della Repubblica Pontificia certamente molti sanno, per cui probabilmente l’arresto non avrebbe avuto neanche luogo. Ma Grillo ha ceduto al bluff e il 20 aprile ha fatto marcia indietro. A quel punto i fautori del colpo di Stato hanno avuto via libera: sapevano di non aver nulla da temere dalla piazza. Anche le posizioni contrarie al colpo di Stato nei vertici della Repubblica Pontificia sono risultate indebolite dalla retromarcia di Grillo.

M5S e Beppe Grillo hanno perso la prima occasione e non hanno superato la prima prova. Ora sono all’esame di riparazione. Margini per recuperare ci sono, a livello nazionale e a livello delle Amministrazioni Locali. Ma occorre che Beppe Grillo e il M5S la finiscano con il legalitarismo e il moralismo e si decidano a giocare la partita reale, sul terreno della lotta di classe. Almeno con la stessa spregiudicatezza con cui la giocano Berlusconi e la sua banda. Stante la crisi del capitalismo la lotta di classe diventa sempre più acuta e il vento soffia anche quando l’albero vorrebbe un po’ di quiete.

 

Il governo Letta-Napolitano-Berlusconi è il pilota automatico UE preconizzato da Mario Draghi. È alle prese con gli stessi compiti che spettavano alla Giunta Monti-Napolitano, ma la spina è nelle mani di Berlusconi che ogni giorno assicura che non la staccherà. Questa è lo stato delle cose ai vertici della Repubblica Pontificia, nel campo della borghesia imperialista.

Quali sono i nostri compiti? Essi sono gli stessi che avevamo identificato e fissato prima delle elezioni e del colpo di Stato, con il grande vantaggio che ora però possiamo e dobbiamo giocare anche la carta Beppe Grillo e il M5S. Ai tre vivai (o serbatoi) della seconda gamba su cui contavamo per accelerare il movimento della costituzione del GBP, si è aggiunto il M5S. Esso ha sue proprie caratteristiche che lo distinguono dai tre vivai (serbatoi). Più le comprendiamo, più efficace sarà il nostro lavoro.

Quanto alla prima gamba il nostro lavoro continua ad essere quello di creare le tre più una condizioni per la costituzione del GBP. In particolare moltiplicare il numero, elevare il livello e rafforzare le OO e OP. A proposito di queste, è importante distinguere le OO e OP costituite nelle aziende capitaliste e nella Pubblica Amministrazione, dalle OO e OP costituite dai lavoratori precari, dai disoccupati, sul territorio, dalle masse popolari non aggregate in aziende. Il Comunicato CC 26 - 16 giugno 2013 diffuso in occasione della Assemblea di Firenze del 22 giugno (promossa come continuazione dell’Assemblea di Grottaminarda (AV) del 6 aprile e ad esecuzione dei compiti da questa decisi) illustra i compiti delle prime e delle seconde. Alle “mille iniziative di base” per creare nuovi posti di lavoro, riaprire le fabbriche chiuse, difendere e ampliare le Aziende Partecipate delle Amministrazioni Locali, costruire ACE (ALE), far valere l’imponibile di manodopera nella Pubblica Amministrazione e nelle aziende capitaliste, ecc. dedichiamo un apposito articolo in questo numero della rivista.

La chiave del successo di tutto questo nostro lavoro è la costituzione di Comitati di Partito clandestini e la maggiore assimilazione del materialismo dialettico da parte di tutto il Partito. L’opera dei CdP fecondata dal legame con tutto il partito e dall’iniziativa dispiegata da ciascuno grazie all’assimilazione del materialismo dialettico per capire e trasformare la sua realtà particolare, è garanzia del vittorioso cammino della GPR fino all’instaurazione del socialismo.

Anna M.