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La Voce 44 del (nuovo)Partito comunista italiano

A proposito della parola d’ordine “lavorare meno per lavorare tutti”

Il Coordinamento autoconvocati contro la crisi, il Comitato di Resistenza Operaia dell’Irisbus, RSU e altri organismi hanno diffuso un appello intitolato “Redistribuire il lavoro che c’è, espropriare le imprese che chiudono - Due punti per uscire dalla difesa della miseria dell’esistente e lottare contro un futuro senza prospettive”.

L’appello denuncia un problema reale:

Le nostre singole vertenze contro i licenziamenti e contro la precarietà rischiano di sbattere contro il muro delle controparti (aziende e governo), col ricatto della chiusura o il contentino temporaneo di qualche ammortizzatore per fiaccare la nostra resistenza prima di perdere definitivamente il posto di lavoro”.

E indica la seguente soluzione:

Proponiamo che queste vertenze e lotte, che ciascuno conduce autonomamente con gli strumenti che ritiene più adeguati, siano affiancate dalla rivendicazione da parte di tutte le lavoratrici ed i lavoratori in lotta, dipendenti o precari, di due punti generali:

1. la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e senza aumenti di produttività,

2. l’esproprio/nazionalizzazione sotto controllo collettivo delle aziende in crisi e che delocalizzano”.

L’aspetto positivo dell’appello è la propaganda che l’aumento della produttività del lavoro deve andare a favore della crescente partecipazione di ogni membro delle masse popolari alle attività umane superiori e alla gestione della società. Oggi siamo assediati da discorsi secondo cui gli anziani dovrebbero andare in pensione più tardi perché si campa di più, come se l’aumento della produttività del lavoro non esistesse. Addirittura la borghesia sostiene che non è possibile avere assistenza sanitaria, istruzione, ecc. come già l’avevamo.

L’aspetto negativo dell’appello è che elude la questione di cosa fare per avere un governo che abbia la forza e la volontà di applicare le misure che l’appello indica: è come abbaiare alla luna! Contro tutte le intenzioni dei promotori, contribuisce a mantenere gli operai avanzati sul terreno della rivendicazione, dell’economicismo. Contribuisce a prolungare l’illusione nei governi emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia. Alimenta l’attendismo, la delusione, la sfiducia in se stessi.

A chi presentiamo queste rivendicazioni? Chi dovrebbe ridurre l’orario a parità di salario? I padroni che, vedi a Pomigliano, impongono straordinari agli operai ancora in produzione mentre ce ne sono migliaia in cassaintegrazione? Chi dovrebbe espropriare le aziende in crisi o che delocalizzano? Il governo Letta-Berlusconi-Napolitano che nomina commissario speciale per l’Ilva l’amministratore delegato di Riva, Enrico Bondi?

Compagni, in questo modo si porta acqua al mulino della linea dei “contratti di solidarietà” di Landini!

Se indichiamo agli operai l’obiettivo di “redistribuire il lavoro che c’è” (cioè quello che quadra con i profitti dei capitalisti) anziché promuovere la lotta per “un lavoro utile e dignitoso per tutti” e la costituzione di un governo d’emergenza delle OO e OP che metta al centro del suo programma la realizzazione di questa parola d’ordine, gli operai concluderanno che ha ragione Landini a dire “meno orario e meno salario pur di mantenere il posto di lavoro”. È il pantano in cui l’economicismo mette gli operai comunisti! 

Noi comunisti sosteniamo la riduzione del tempo di lavoro a parità di salario. La lotta per la riduzione dell’orario di lavoro è stata una bandiera del movimento comunista. Quando il movimento comunista era forte, siamo riusciti anche a imporla ai padroni. Pur di non perdere tutto, hanno ingoiato il rospo. L’Unione Sovietica aveva ridotto l’orario di lavoro e il suo esempio costrinse anche i paesi imperialisti ad adeguarsi. Ma sostenere che nella società borghese lavorare meno porta a lavorare tutti, è scambiare un pio desiderio per la realtà. A parità di altre condizioni i capitalisti prima o poi vanno a cercare i profitti dove sono maggiori e la parola d’ordine lavorare meno per lavorare tutti nella società borghese si rivela inconsistente.