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  La Voce 43 del (nuovo)Partito comunista italiano

Per l’analisi di classe

 

Categorie principali dell’analisi di classe (Manifesto Programma pagg. 166 - 171).

Dal punto di vista del marxismo, cioè della scienza della società borghese e della sua trasformazione comunista, la questione fondamentale per valutare la crisi in corso e per decidere la condotta di fronte ad essa, consiste nell’individuare il ruolo delle varie classi nella sua origine e nel suo sviluppo.

Solo tramite l’analisi di classe si può avere una linea politica scientifica. A grandi linee, cioè con la riserva che l’analisi di classe va fatta in dettaglio in ogni regione e zona del paese, sul terreno economico la crisi generale in corso divide e sempre più dividerà la popolazione del nostro paese in due campi nettamente distinti e contrapposti:

- da una parte il campo della borghesia imperialista costituito da quegli adulti (con i rispettivi familiari) che godono di tutti i vantaggi senza lavorare e che, se lavorano, lo fanno non per vivere ma per aumentare la loro ricchezza o per piacere;

- dall’altra il campo delle masse popolari costituito da quegli adulti (con i rispettivi familiari) che riescono a vivere solo se riescono a lavorare: si dividono in proletari (operai, dipendenti pubblici, dipendenti di aziende non capitaliste o enti e istituzioni, domestici) e non proletari (lavoratori autonomi, piccoli proprietari, quadri di livello inferiore).

Proletari - con questa espressione indichiamo quei lavoratori (e i relativi familiari) che per vivere devono vendere la loro forza lavoro e il cui reddito proviene almeno per la parte principale dalla vendita della loro forza lavoro.

Operai - con questa espressione indichiamo quei proletari (e i relativi familiari) che sono assunti dai capitalisti per valorizzare il loro capitale producendo merci (beni o servizi). Gli operai lavorano nelle aziende capitaliste.

La composizione di classe del nostro paese necessita di uno studio apposito. Non a caso nel nostro paese settanta anni fa si è imposta la Repubblica Pontificia, un fenomeno unico al mondo. Lo sviluppo del capitalismo nelle campagne 1860-1900 di Emilio Sereni (1907-1977) è uno studio che raccomandiamo, dopo la lettura di Gli errori degli economisti populisti, cap. 1 dell’opera di Lenin Lo sviluppo del capitalismo in Russia e dei cinque testi dedicati all’analisi di classe pubblicati nei volumi 1 e 2 delle Opere di Mao Tse-tung (Edizioni Rapporti Sociali): Analisi della varie classi rurali della Cina e loro atteggiamento nei confronti della rivoluzione (gennaio 1926), Analisi delle classi della società cinese (febbraio 1926), Analisi delle classi della società cinese (marzo 1926), I contadini dello Hunan (novembre 1926), Rapporto d’inchiesta sul movimento contadino nello Hunan (marzo 1927).

 

L’azienda capitalista esiste per valorizzare il capitale producendo beni o servizi che il capitalismo deve vendere. È la cellula costitutiva fondamentale della società borghese. Su di essa poggia tutto l’insieme delle relazioni che costituiscono la società borghese. Non nel senso che il sistema delle relazioni aziendali, oltre che essere moltiplicato in migliaia di aziende, è anche riprodotto in grande dal complesso della società. Ma nel senso che tutte le relazioni sociali, pur frutto di tradizioni, di contaminazioni e di influenze le più varie,  sono confacenti alle aziende capitaliste. Esse inoltre possono esistere nella forma che hanno, grazie al sistema di aziende capitaliste che produce le condizioni materiali base per l’esistenza dell’intera popolazione, una grande parte della quale tuttavia non lavora in aziende capitaliste e addirittura neanche le ha mai conosciute o non lavora affatto.

Per trasformare la società borghese bisogna sostituire su larga scala alla produzione di beni e servizi fatta da aziende capitaliste, la produzione di beni e servizi fatta da agenzie pubbliche, ognuna delle quali lavora nell’ambito di un piano  nazionale che via via diventerà internazionale: questo è il cuore della trasformazione socialista della società. Questa è la base materiale e pratica del ruolo dirigente della classe operaia nella rivoluzione socialista e nella fase di transizione dalla società borghese al comunismo: il socialismo.

 

I compagni che contestano il ruolo dirigente della classe operaia nella rivoluzione socialista, di regola sono compagni che non hanno le idee chiare sul socialismo, anche se ne parlano. Ci soffermiamo su uno di questi casi per illustrare il diffuso fenomeno.

Dal sito del Movimento Popolare di Liberazione, dall’articolo Votare Grillo? Perché mai? di Piemme (16 gennaio 2013), trascriviamo:

Con questi compagni [quelli che rifiutano di votare M5S perché formazione estranea alla “tradizione politica operaia e socialista”, ndr] la divergenza è certamente più seria e attiene anche al giudizio su quel che è stato il vecchio movimento operaio, oso dire sulla funzione storica stessa della classe proletaria. Il discorso si farebbe lungo e complesso e merita essere approfondito. Esso ha a che fare con il discorso se la classe operaia abbia o non abbia l'intrinseca o costitutiva capacità di guidare il processo di fuoriuscita dal capitalismo.

Chi scrive pensa che la storia abbia invalidato questa tesi. Che abbia destituito di fondamento ogni mistica del soggetto. La possibilità che la classe proletaria riesca ad essere forza motrice del passaggio al socialismo, non deriva in prima istanza dal suo ruolo nel processo sociale di produzione quanto dalla sua potenza politica rivoluzionaria, che non gli viene automaticamente dall'essere classe oppressa e sfruttata ma, anzitutto, se emerge nel suo seno un forza dirigente strategica che sia all'altezza della situazione. La classe in sé si trasforma in classe per sé solo a condizione che ci sia un soggetto politico che abbia la capacità di dargli una forma indipendente e rivoluzionaria.

Come si vede, si tratta dei correnti discorsi vaghi in cui è detto una cosa e anche il suo contrario. Invece di inventarsi un avversario di comodo denominato “mistica del soggetto”, converrebbe che il compagno Piemme chiarisse 1. cosa intende per classe proletaria (visto che passa da operaio a proletario e viceversa con assoluta indifferenza), 2. chi è che attribuisce ruolo dirigente alla classe operaia in nome del fatto che è “classe oppressa e sfruttata” (visto che di classi oppresse e sfruttate nel sistema imperialista mondiale ce ne sono effettivamente un certo numero), 3. quali sono la situazione e la rivoluzione cui si riferisce quando invoca “una potenza politica rivoluzionaria” e “una forza dirigente strategica all’altezza della situazione”.

Noi comunisti sosteniamo che la classe operaia (cioè i lavoratori impiegati nelle aziende capitaliste) è l’unica classe capace di dirigere [a quali condizioni lo diciamo pure chiaramente: Partito comunista e organizzazione] le molte classi oppresse e sfruttate a fare la rivoluzione che instaura il socialismo, una società che ha come caratteri discriminanti 1. la sostituzione della produzione di beni e servizi fatta da unità produttive pubbliche che lavorano in conformità a un piano, alla produzione di beni e servizi fatta in aziende capitaliste, 2.  uno Stato che si basa sugli operai organizzati e sulle masse popolari organizzate.

Quando i problemi si pongono chiaramente, trovare una soluzione diventa possibile e le divergenze, se restano, sono chiare e le soluzioni sottoponibili alla verifica della pratica. Senza questo, si resta nel campo della retorica e delle impressioni, dove tutte le narrazioni si equivalgono.

Dario B.

 

La Voce n. 43
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