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  La Voce 42 del (nuovo)Partito comunista italiano

Avanti, verso la costituzione del Governo di Blocco Popolare!

Tre sono i passi principali compiuti verso la costituzione del governo d’emergenza delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari negli ultimi mesi, mentre un quarto resta in bilico.

 L’anticomunismo viscerale della sinistra borghese

In definitiva l’anticomunismo si sintetizza nel rifiutare che l’attività economica, la produzione e distribuzione di beni e servizi, sia diretta (progettata e gestita) dalla società, da sue istituzioni a ciò proposte; che non sia più lasciata alla libera iniziativa dei singoli, ma rientri nel campo delle attività regolamentate anziché nel campo delle attività lasciate all’arbitrio dell’individuo. Quindi che sia svolta secondo un piano, con obiettivi generali e particolari previamente valutati collettivamente e definendo cosa, quanto e come produrre e quale compito ognuno deve svolgere: altrettanti campi in cui tutta la popolazione ha modo di intervenire democraticamente, altrettanti campi di intervento e di azione democratica - e ovviamente anche soggetti ad errori. Da quando l’attività economica è diventata un’attività sociale, cioè il lavoro del singolo è connesso da legami oggettivi e necessari al lavoro degli altri fino a fare, quanto alla produzione di beni e servizi, dell’intera società un unico organismo produttivo, la democrazia se non si esercita anche nel campo dell’economia diventa sempre più inconsistente, una finzione e un imbroglio difficili da mantenere.

 

1. Il rafforzamento del Comitato No Debito, cioè della mobilitazione e aggregazione delle OO e OP attorno alla sinistra sindacale: il rafforzamento è arrivato fino al No Monti Day del 27 ottobre e il CND ora è impegnato a stabilire legami in Europa (sciopero del 14 novembre) e a definire il suo prossimo passo.

2. Il rafforzamento di ALBA e il lancio della campagna dei tre referendum abrogativi: dell’eliminazione dell’art. 18 (giusta causa nei licenziamenti), della legalizzazione dei contratti aziendali peggiorativi del contratto nazionale di lavoro (art. 8), del taglio delle pensioni.

3. La decisione di Beppe Grillo e Tonino Di Pietro di buttare in aria entro al più tardi la primavera 2013 la base parlamentare dietro cui la giunta Monti-Napolitano ha mascherato finora la sua reale natura di governo della Corte Pontificia e delle istituzioni dell’imperialismo europeo, americano e sionista: decisione che l’esito delle elezioni regionali del 28 ottobre in Sicilia rendono realistica.

Invece fermenta ancora, è ancora lungi dal concludersi e quindi è ancora un non-avvenimento l’adesione della FIOM al movimento per la costituzione del GBP: Landini vagola ancora tra Movimento 5 Stelle, ALBA, Vendola, Camusso, Bersani: quindi, in definitiva la Repubblica Pontificia e la sua giunta Monti-Napolitano.

Questa è la situazione vista dal lato dei tre vivai di forze per la costituzione del GBP: la sinistra sindacale, gli esponenti e le associazioni democratiche della società civile e delle amministrazioni locali, la sinistra borghese non visceralmente anticomunista. Ai tre vivai che compongono la seconda gamba del movimento per la costituzione del GBP, corrisponde come suo motore la prima gamba: le OO e OP di cui parlerò a conclusione di questo articolo e del cui sviluppo parliamo in altro articolo di questo numero di La Voce.

1.

Il Comitato No Debito ha ottenuto un grande successo il 27 ottobre: più di 50 mila persone hanno partecipato alla manifestazione di Roma. Lasciamo i 150.000 alla fantasia mistificatrice di Piero Bernocchi portavoce della Confederazione Cobas, ma 50.000 c’erano sicuramente  tutti e la loro partecipazione era importante proprio perché quasi tutti “militanti, lavoratori e lavoratrici sindacalizzati, attivisti sociali, figure rappresentative di lotte e vertenze in corso”: insomma una manifestazione “di nicchia”. Sergio Cararo della Rete dei Comunisti presenta questo carattere della manifestazione di Roma come un limite. In realtà è un pregio, una potenzialità. Quando parliamo delle masse popolari del nostro paese, si tratta di poco più di 40 milioni di adulti. Ora 50 mila su 40 milioni non sono una gran cifra. Se fossero stata 50 mila persone mobilitate da grandi organismi come la CGIL o la Chiesa Cattolica Romana, spesati e accompagnati per venire a manifestare a Roma, sarebbe un risultato scadente. Ma 50 mila attivisti e militanti che hanno risposto all’appello del Comitato Promotore costituito per iniziativa del CND, sono tanti e importanti. Si tratta di 50 mila persone che, se hanno ricevuto dalla loro trasferta a Roma slancio, ispirazione e più avanzate indicazioni su cosa fare (anzitutto di questo devono preoccuparsi i promotori della manifestazione: perché se non li avessero ricevuti, il No Monti Day sarebbe stato un freno all’attivismo dei 50 mila), ritornate nel loro ambiente sanno portare un messaggio, scuotere altri, raccogliere, organizzare, pensare e far pensare, agire: propagare il fuoco, accenderlo. Sono una grande forza per i prossimi mesi, per far fronte alla catastrofe che travolge il nostro paese con il resto dell’Europa e del mondo.

Il CND deve ora risolvere la questione di raccogliere le molte associazioni dei tre vivai e le organizzazioni sindacali che sono ancora ai margini, hanno partecipato al Comitato Promotore del No Monti Day ma non partecipano al CND, non contribuiscono a progettare e rilanciare l’iniziativa: Confederazione Cobas, CUB, gli altri sindacati alternativi e di base, la variegata galassia della sinistra CGIL e i gruppi dissidenti degli altri sindacati di regime.

Il CND deve risolvere la questione di diventare con chiarezza una forza che vuole governare.

Non più solo una forza di “opposizione al governo Monti”: come se limitandosi a proteste e rivendicazioni fosse possibile indurre i vertici della Repubblica Pontificia a darsi un governo meno criminale della giunta Monti-Napolitano (a dicembre 2011 abbiamo visto cosa ne è venuto limitandosi a buttar giù la banda Berlusconi!).

Tanto meno, e sarebbe ancora peggio, solo una forza di “opposizione alle politiche del governo Monti” come se la giunta Monti-Napolitano potesse fare politiche meno criminali di quella che ha fatto finora: che il CND e gli organismi che lo compongono lascino simili illusioni o manovre diversive alla Camusso!

Il CND deve darsi chiaramente l’obiettivo di costituire il Governo di Blocco Popolare!

Il CND deve decidersi a costituire il Comitato di Salvezza Nazionale e assumerne il ruolo.

2.

ALBA si è impegnata nel lancio della campagna dei tre referendum abrogativi: in Italia si fa un gran parlare di democrazia partecipativa, ma non esiste nemmeno l’istituzione del referendum propositivo come esiste in altri paesi imperialisti, molti argomenti (trattati internazionali, leggi fiscali, ecc.) sono sottratti perfino ai referendum abrogativi e anche i referendum abrogativi i vertici della Repubblica Pontificia li ammettono e ne osservano i risultati se gli pare (finanziamento dei partiti di regime, acqua pubblica, ecc.). Ma sarebbe un grave errore trascurare l’effetto che la raccolta delle firme e  l’organizzazione di quei referendum hanno tra le masse popolari in termini di mobilitazione, di creazione di coscienza e di organizzazione.

ALBA deve risolvere le questioni sospese di una linea di condotta a proposito del suo ruolo nel mobilitare le amministrazioni locali ad attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”, e di conseguenza e più in generale, a diventare promotrice di Amministrazioni Locali d’Emergenza (ALE).

ALBA deve definire il suo ruolo nelle campagne elettorali amministrative (regionali e comunali) e politiche dei prossimi mesi. Occorre infatti combinare l’obiettivo principale di buttare in aria la maschera parlamentare della giunta Monti-Napolitano con gli obiettivi della massima mobilitazione delle amministrazioni locali ad attuare la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti” e le altre misure di lavoro sul terreno che in ALBA sono state messe a fuoco meglio che altrove: un contributo importante per creare le condizioni della costituzione del GBP.

3.

Ma sul lato della seconda gamba del movimento per costituire il GBP la novità più importante degli ultimi mesi è la decisione di Beppe Grillo e Tonino Di Pietro di partecipare alle elezioni locali e nazionali dei prossimi mesi in competizione con i partiti a cui si è ridotta la Repubblica Pontificia. Negli ultimi anni i due personaggi hanno ben approfittato della posizione sociale che per vie diverse avevano raggiunto nella Repubblica Pontificia (relazioni, risorse, notorietà e prestigio). Anziché badare semplicemente ad arricchirsi, ne hanno fatto uno strumento di azione sociale. Ora buttano il loro peso nella crisi politica della Repubblica Pontificia.

La Repubblica Pontificia frana, nel contesto della crisi generale del capitalismo. Il crollo dei partiti borghesi abbandonati dai loro elettori in Sicilia, apre una nuova fase della putrefazione della Repubblica Pontificia. I vertici della Repubblica Pontificia e i suoi padrini del sistema imperialista europeo, americano e sionista non sono più in grado di continuare a mascherarsi dietro i partiti derivati dalla putrefazione dei partiti che l’hanno instaurata quasi settanta anni fa. Quei vertici devono cambiare cavallo. Grillo e Di Pietro hanno fatto la loro strada a un punto tale che oggi il loro proposito di distruggere rapidamente la maschera parlamentare della giunta Monti-Napolitano è realistico.

Le persone perbene guardano le aggregazioni formate dai due con disgusto e sdegno: populismo e partito padronale sono le due espressioni che ricorrono più di frequente. Nella attuale fase della storia del nostro paese sono morti i vecchi partiti che organizzavano la partecipazione delle masse alla vita politica e quindi in un certo senso comunque erano per le masse popolari una scuola di democrazia: quei partiti avevano un programma (erano partiti ideologici). La fine dei vecchi partiti di questo tipo è stato un aspetto dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e nuovi partiti di quel genere non si sono ancora formati. Ora nel teatrino della politica borghese vi sono 1. i partiti rete d’interessi particolari: partiti oligarchici governati da comitati d’affari occulti, comitati di notabili di fatto e 2. i partiti padronali: partiti che non hanno un programma dichiarato e sono accentrati attorno a un individuo. Questi a loro volta sono di due tipi. Campione esemplare del primo tipo era il partito di Berlusconi: partito d’interessi come quelli prima visti, ma monocratici e che non osano proclamare il  loro programma reale. L’altro è rappresentato dai partiti come quello di Di Pietro e quello di Grillo che non hanno ancora elaborato un programma, che si appellano alla protesta e alla rivolta morali e di buon senso e quindi riserbano sorprese a ogni svolta e in ogni campo. I loro avversari e le persone perbene chiamano questi ultimi partiti populisti.

La crisi del capitalismo si aggrava ogni giorno. Il regime politico della Repubblica Pontificia sta stringendosi in un nodo che entro la scadenza delle elezioni della prossima primavera (entro aprile 2013) dovrà essere sciolto. I partiti che fanno da decoro alla giunta Monti-Napolitano (e fanno gli affari dei loro soci sotto la sua ala protettrice) con tutta probabilità sono arrivati al fondo del consenso che possono raccogliere e al massimo della loro capacità di corruzione e diversione. Non possono fare di più. A questo si aggiunge che i vertici stessi della Repubblica Pontificia sono divisi sulla prospettiva: tentare l’avventura con l’Unione Europea o restare nell’ovile USA? Di un nuovo cavallo hanno comunque bisogno. Come in ogni paese imperialista, i vertici sono intralciati nei loro movimenti dalla necessità di tirarsi dietro in qualche modo l’opinione pubblica. In un paese imperialista non si va al governo con un colpo di mano militare e non si governa con una dittatura militare. Occorre almeno un certo consenso passivo delle masse popolari, in particolare della classe operaia. Chi governa deve almeno evitare che il malcontento trovi un centro di aggregazione e un portavoce. Neanche i governi più criminali e reazionari, vedi Mussolini o Hitler, sono riusciti a imporsi senza conquistare un ampio consenso e seguito tra le masse popolari, benché avessero già acquisito l’appoggio delle classi dominanti.

Riusciranno i vertici della Repubblica Pontificia a imbarcare Grillo e Di Pietro al loro servizio o Grillo e Di Pietro segneranno l’inizio della fine della Repubblica Pontificia? Questo è il dilemma! Non sono i meriti e i demeriti di Grillo e di Di Pietro che contano, conta anzitutto l’operazione politica di destabilizzazione del regime che di fatto hanno lanciato. Se Grillo non viene eliminato con un incidente (Coluche (Michel Colucci) in Francia era in una situazione affine a quella di Grillo e nel giugno del 1986 venne eliminato con un incidente stradale prima delle elezioni presidenziali del 1988 in cui si sarebbe presentato contro Mitterrand e Chirac) e se non si fa comperare prima, quella che ha messo in moto è un’operazione politica di destabilizzazione su grande scala di un regime che oramai non ha grandi margini di manovra, un’operazione qualitativamente superiore alle operazioni di destabilizzazione messe in moto nelle elezioni amministrative della scorsa primavera (Luigi De Magistris, Leoluca Orlando, Giuliano Pisapia, ecc.) e nel referendum per l’acqua.

L’esito dell’operazione certamente dipende anche da Grillo e da Di Pietro, ma quali che siano le loro intenzioni e i loro propositi, le strade che essi hanno realmente di fronte sono dettate dalla situazione in cui si trova il nostro paese, nell’ambito della crisi generale del capitalismo che imperversa in tutto il mondo. Solo due sono nella sostanza i governi possibili del prossimo futuro.

Beppe Grillo e Tonino Di Pietro in definitiva possono imboccare solo una delle due strade e la divaricazione tra le due vie inizierà subito, perché “i mercati” non staranno a guardare in attesa dell’esito della campagna elettorale: voteranno anche loro e presto. Gli strateghi della borghesia san no bene che per vincere la guerra bisogna prendere l’iniziativa in mano!

O un governo d’emergenza per far fronte alla crisi del capitalismo secondo gli interessi delle masse popolari. Ma un simile governo potrà costituirsi e soprattutto mantenersi al potere e svolgere la sua attività solo in stretta collaborazione con le masse popolari organizzate (le Organizzazioni Operaie e Popolari). Attuerà un programma che stante la crisi in corso sarà sostanzialmente quello delle Sei Misure Generali e, volente o nolente, anche solo perché dovrà lottare per far fronte al sabotaggio, al boicottaggio e all’aggressione inevitabili da parte delle istituzioni italiane ed estere della borghesia imperialista e del clero vaticano, faciliterà la rinascita del movimento comunista fino all’instaurazione del socialismo. Sarà insomma quel governo d’emergenza delle OO e OP di cui noi comunisti promuoviamo la costituzione da quando nel 2008 la crisi generale del capitalismo è entrata nella sua fase acuta e terminale.

Oppure un governo d’emergenza della borghesia imperialista europea, americana e sionista e della Corte Pontificia, qual è già il governo Monti, ma liberato dall’omaggio rituale e formale che il governo Monti rende e deve rendere ai residui deformi dei partiti della Repubblica Pontificia. Ma in questo caso sia i due personaggi (Beppe Grillo e Tonino Di Pietro) sia i movimenti che hanno riunito attorno a loro dovranno lasciar cadere rapidamente le bandiere della legalità e dell’onestà che hanno impugnato: è approfittando della loro posizione nella Repubblica Pontificia per alzare queste due bandiere che essi hanno coalizzato sia la protesta popolare contro la putrefazione della Repubblica Pontificia, sia di fatto anche la protesta contro la crisi del capitalismo entrata nella sua fase acuta e terminale, di cui tuttavia finora non si sono occupati a fondo. Se opterà per questa seconda via, il Movimento 5 Stelle dovrà lasciare cadere anche la bandiera della democrazia partecipativa. La putrefazione della Repubblica Pontificia è incompatibile con la democrazia partecipativa. Addirittura essa non può conciliarsi neanche con una democrazia rappresentativa che sia pur gradualmente promuova la partecipazione delle masse popolari al potere, che in qualche modo vada verso la partecipazione delle masse popolari alla vita politica del paese. Già la giunta Monti-Napolitano abolisce e deve abolire perfino quel poco della democrazia rappresentativa borghese instaurata nel 1945 e proclamata dalla Costituzione del 1948, quel poco che è sopravvissuto lungo gli anni della Repubblica Pontificia.

Questa è la scelta e i due personaggi non potranno sfuggire ad essa. Anche se i due finora della crisi del capitalismo sostanzialmente si sono occupati solo nei termini banali del senso comune dettato dalla borghesia: “cercare caso per caso la soluzione concreta praticabile”, noncuranti che attorno è tutto il sistema sociale che frana, le aziende non funzionano perché l’intero sistema di relazioni sociali basato sul rapporto di capitale non funziona più; “fare politica per alcuni anni e poi ritornare al proprio mestiere”, mentre più del 20% degli adulti non ha alcun mestiere e per un altro 50% si tratta di mestieri che di per se stessi escludono dall’attività politica e sociale, mentre d’altra parte il problema che la nostra società deve risolvere è proprio quello della riduzione del tempo di lavoro obbligatorio e dell’universale partecipazione alle attività politiche e culturali; “decidere quale vuole essere la posizione dell’Italia in Europa e nel mondo”, come  se in Italia ci fosse un sistema sociale stabile e il resto del mondo fosse un teatro accogliente dove noi dobbiamo solo decidere dove sederci; e così via. Tanto meno Beppe Grillo o Tonino Di Pietro hanno delineato una linea di condotta rispetto al pilastro principale del regime, la Corte Pontificia e la sua Chiesa. Eppure con essa una trasformazione del paese è impossibile, perché il rinnovamento del paese, per di più nel contesto della crisi attuale, è inconciliabile con la conservazione di privilegi e immunità che a rete direttamente o indirettamente si estendono a gran parte del paese. La Corte Pontificia e la sua Chiesa, con le sue curie vescovili, le sue parrocchie, le sue congregazioni, le sue opere pie, ecc. ecc. è in grado di corrodere come una infezione ogni movimento rinnovatore se non viene privata delle sue proprietà e delle sue immunità: è la più grande concentrazione finanziaria, fondiaria, immobiliare, editoriale, ospedaliera, ecc. ecc. di tutto il paese. È una imbracatura che impedisce i movimenti a tutto il corpo del paese. No, né Beppe Grillo né Tonino Di Pietro indicano una strada per il futuro, ma i due hanno con ogni verosimiglianza riunito nelle loro mani le condizioni per una rottura di continuità del regime. I prossimi mesi saranno quindi agitati, delle difese consuete del regime in qualche misura alcune si scioglieranno altre si irrigidiranno, la maledetta Repubblica Pontificia è all’agonia.

Compito di noi comunisti è fare di tutto perché Beppe Grillo e Tonino Di Pietro imbocchino la prima strada. Abbiamo ampie possibilità di farcela. Come tutti i condottieri senza programma proprio, i due dipendono dagli umori delle loro truppe. E su di esse noi comunisti possiamo ampiamente influire. In ogni situazione rivoluzionaria, quando occorre cambiare, quelli che vogliono cambiare seguono chi lancia le parole d’ordine più avanzate e si dà i mezzi per portarle fra le masse.

Se tuttavia Beppe Grillo e Tonino Di Pietro non imboccheranno la prima delle due vie, se opteranno per restare un episodio della frana della Repubblica Pontificia, lo scombussolamento che comunque provocheranno nei loro stessi movimenti, che sono cresciuti nella protesta contro la Repubblica Pontificia, si aggiungerà al terremoto proprio della Repubblica Pontificia stessa. Potremo e dovremo approfittarne per costituire il Comitato di Salvezza Nazionale e il Governo di Blocco Popolare. Beppe Grillo e Tonino Di Pietro non saranno stati che un accidente su una strada dettata dalla natura del problema che dobbiamo risolvere. Infatti vi è una sola via per uscire dalla crisi del capitalismo, vi è una sola via di progresso per l’umanità. È la via che va verso l’instaurazione del socialismo per poi costruire la società comunista. La borghesia e il clero fanno di tutto per nascondere questa verità che la scienza dell’evoluzione dell’umanità ha scoperto e messo in luce. Ma i comunisti sono la personificazione del marxismo-leninismo-maoismo e a questo ci dobbiamo ispirare per guidare la nostra attività. Oggi, nell’immediato, la rinascita del movimento comunista non è ancora arrivata al punto da rendere l’instaurazione del socialismo un obiettivo diretto e immediato. La rete di organismi operai e popolari che vogliono instaurare il socialismo, che vedono nel socialismo la loro salvezza non è ancora cresciuta al punto da poter prendere in mano direttamente il paese. Il governo d’emergenza è l’unica nostra via, la sua costituzione resta il nostro obiettivo, con Grillo e Di Pietro o contro di loro.

Grillo e Di Pietro ci offrono la possibilità di sfruttare le prossime elezioni di pri mavera (se ci saranno) e comunque la campagna elettorale (che già è in corso) per fare saltare il governo imposto dai vertici della Repubblica Pontificia e dalle istituzioni del sistema imperialista europeo, americano e sionista.

 Le due forme di opportunismo

Il Partito deve essere coeso sulla concezione del mondo, avere una giusta strategia, essere disciplinato. Quanto più il Partito è coeso, tanto più elastiche e flessibili possono essere le sue tattiche.

Dobbiamo distinguere due forme di opportunismo:

- un opportunismo “disonesto” che consiste nel dirigere il movimento comunista su una strada o a condurre operazioni tattiche, battaglie, campagne che sai essere fallimentari ma che persegui per fini inconfessabili;

- un opportunismo “onesto” che consiste nel dirigere il movimento comunista su una strada o in operazioni tattiche, battaglie, campagne che date le circostanze credi siano il meglio che può fare perché non hai assimilato la concezione comunista del mondo e vedi la realtà e agisci secondo il “senso comune”.

Solo l’assimilazione della concezione comunista del mondo rende capaci di distinguere tra le due forme di opportunismo e di combatterle entrambe, ma ognuna nella forma più appropriata per vincere. I dogmatici tendono ad accusare tutti di disonestà e a combattere le due forme allo stesso modo.

Bisogna stare attenti a non ragionare con il “senso comune”. Esso è una combinazione accidentale e caotica di elementi delle tre principali concezioni del mondo esistenti: clericale-metafisica, borghese e comunista (la teoria del “senso comune” è un aspetto importante della concezione comunista, elaborato da Gramsci).

4.

Infine, a proposito della seconda gamba del movimento per la costituzione del GBP, resta in sospeso la questione FIOM. La FIOM è potenzialmente la componente più importate della seconda gamba, per il suo legame con la parte decisiva degli operai del nostro paese. È un fatto, contro cui inutilmente sacramentano molti esponenti dei sindacati alternativi e molti altri, consapevoli delle malefatte d’ogni genere che appartengono anch’esse alla storia della FIOM. Ma evidentemente c’è anche dell’altro in quella storia! Il ruolo decisivo della FIOM ai fini della mobilitazione delle masse popolari lo ha confermato, recentemente ancora, quello che è successo dopo che Marchionne lanciò la sua campagna antioperaia a Pomigliano nel 2010. Ma la FIOM è ancora legata anche a quanto sedimentato nei lunghi decenni di sindacalismo condotto sotto l’ala dei revisionisti moderni nell’epoca di Togliatti (quando le rivendicazioni servirono ad accantonare la lotta per conquistare il potere e instaurare il socialismo) e poi, a partire dagli anni ’70, di sindacalismo della moderazione salariale, della compatibilità con gli affari padronali e della concertazione con il governo della Repubblica Pontificia. Questa eredità trattiene Landini a fianco della Camusso nel cortile di Bersani e quindi dei vertici della Repubblica Pontificia, concretamente della giunta Monti-Napolitano.

Ma Marchionne non dà tregua, Marchionne è la voce della crisi del capitalismo. Questa sospinge la FIOM verso il  GBP. Le possibilità di conquistare la FIOM alla causa del GBP sono quindi molte: l’andamento dipenderà principalmente dalla condizioni generali della lotta condotta su questo terreno dagli altri attori (OO e OP da una parte e personaggi e associazioni dei tre vivai dall’altra), ma ancora più decisivo sarà l’effetto dell’influenza che noi comunisti riusciremo ad esercitare tra gli operai con il nostro “lavoro operaio” e con il lavoro dei Comitati di Partito clandestini. Proprio perché l’attuale direzione della FIOM è oscillante, essa è esposta sia alla nostra influenza sia all’influenza della borghesia imperialista.

 

Le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari

Questo è per l’essenziale lo stato della seconda gamba del movimento della costituzione del GBP. Resta valida tuttavia la nostra vecchia tesi che il futuro dipende principalmente dall’azione della prima gamba.

Nel campo della prima gamba, delle masse popolari organizzate, negli ultimi mesi abbiamo fatto alcuni passi avanti. È cresciuto il numero delle OO e OP, e in particolare alcune OO si sono consolidate. L’aggravamento della crisi del capitalismo e il corso generale delle cose continuerà a far crescere il numero delle OO e OP. Sono completamente fuori strada quelli che hanno dubbi a proposito del fatto che la crisi del capitalismo continuerà e si aggraverà: ogni spiraglio di pausa che si presentasse in un campo sarebbe dovuto solo all’invasione del campo altrui (concorrenza, competitività, ecc.) e quindi precario.

Ma perché OO e OP procedano nella loro opera storica, bisogna che noi comunisti compiamo un lavoro accurato e vasto per elevarne la qualità:

1. perché cresca il loro coordinamento (territoriale e tematico): si tratta di favorire la spinta a coordinarsi che già esiste, farla scendere dal cielo dell’aspirazione e della saltuarietà, alla terra della pratica e della continuità, renderla pratica;

2. perché si diffonda e rafforzi nelle OO e OP la volontà di costituire un proprio governo d’emergenza fino a prevalere sulla protesta e sulla rivendicazione e dirigere proteste e rivendicazioni. La volontà di costituire un proprio governo d’emergenza deve esprimersi in due campi: 1. nella costruzione di ripari e soluzioni locali e sia pur provvisorie e precarie agli effetti della crisi del capitalismo, nella mobilitazione delle masse popolari a fare sotto la direzione della OO od OP, 2. nel concorso alla costituzione del GBP come espressione nazionale della comune lotta e veicolo per il suo collegamento internazionale. Bisogna in particolare che OO e OP imparino a dirigere e a valorizzare nella direzione della vita sociale e nella loro stessa attività, il grande numero di studenti, intellettuali, amministratori e professionisti che la crisi del capitalismo getta ai margini o allarma.

A questo fine dobbiamo nei confronti di ogni OO e OP: 1. agire per linee interne (agganciarci a quello che già è); 2. partire da quello che fa nella pratica (quindi dall’inchiesta sulla singola organizzazione e sul contesto in cui opera) e non dalle idee che professa, trovare come possiamo valorizzare quello che fa per raggiungere il nostro obiettivo (la costituzione del GBP); 3. combinare il lavoro per linee interne con la lotta ideologica (sulla concezione del mondo, della società, del passato e del futuro implicita nella pratica) e forti di que sto concentrarci sulla sinistra per spingerla in avanti; 4. combinare costantemente l’azione sulla prima gamba con l’azione sulla seconda gamba.

Nel lavoro con la singola OO (OP) non si tratta principalmente di metterci noi stessi a fare “come uno di loro”, ma di far valere il nostro ruolo specifico di comunisti, far constatare l’utilità per essi di avere una visione più lungimirante e dialettica delle cose e dell’attività, che è un aspetto distintivo del nostro essere comunisti. Persone disposte e capaci di fare ce ne sono tante: basta imparare a trovarle, mobilitarle e valorizzarle. Persone lungimiranti e dialettiche invece non si nasce né lo si diventa spontaneamente: è un genere più raro. L’adattarsi volonterosamente a ”fare come uno di loro”, nasconde spesso la pigrizia o la difficoltà a essere quello che noi comunisti dobbiamo essere (e possiamo diventare grazie alla scuola del Partito alla quale “siamo iscritti”): lungimiranti e dialettici. Ma bisogna soprattutto che in ogni OO (OP) reclutiamo gli elementi più avanzati, che li individuiamo, li coltiviamo, li formiamo alla concezione comunista del mondo (i corsi MP sono uno strumento prezioso). La nostra è una causa che per vincere deve diventare la causa di un grande numero di comunisti.

Una parte indispensabile del nostro lavoro nelle OO e OP, per la loro crescita qualitativa e la loro mobilitazione a costituire il GBP, è il “lavoro operaio” e la costituzione di Comitati di Partito clandestini. Con il primo facciamo valere il ruolo speciale che la classe operaia ha nella lotta di classe nella società borghese, nell’educazione al socialismo delle masse popolari e nel loro orientamento, nell’instaurazione del socialismo. Con la costituzione di CdP clandestini mettiamo su basi stabili il nostro lavoro, su basi suscettibili di sviluppo illimitato. Sia nel “lavoro operaio” che nella costituzione di CdP clandestini bisogna fare esperienze tipo e valorizzare le organizzazioni modello della Carovana, le organizzazioni pubbliche che svolgono attività legale, in primo luogo il Partito dei CARC.

Infine non si tratta di porci l’obiettivo di raggiungere tutte e subito le innumerevoli OO e OP. Bisogna partire con poche: una, due, tre al massimo. Imparare a fare facendo a fondo nei suoi confronti il nostro lavoro di comunisti. Una volta imparato con alcune poche, sarà facile estendere il nostro lavoro a molte (come un medico che ha imparato su alcuni ammalati, poi facilmente ne cura tanti, mentre se saltella e si affanna dall’uno all’altro non impara mai il mestiere, non diventa mai un esperto). Per di più recluteremo altri che moltiplicheranno il nostro lavoro, l’esempio dei risultati ottenuti spronerà sulla buona strada OO e OP su cui noi direttamente non abbiamo lavorato.

In definitiva noi lavoriamo a far sgorgare quello di cui il terreno è impregnato, a mettere insieme quello che esiste ma è disperso e che solo combinato è una forza, a far vedere e far fare quello che i lavoratori e il resto delle masse popolari hanno bisogno di vedere e di fare, quello che la prima ondata della rivoluzione proletaria aveva fatto intravvedere. Noi chiamiamo in vita quello che ha bisogno di nascere, il futuro di progresso che l’umanità può costruirsi.

Umberto C.

 

 

La Voce n. 42
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