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  La Voce 42 del (nuovo)Partito comunista italiano

La via al Governo di Blocco Popolare

Le elezioni come mezzo complementare per rendere il paese ingovernabile a ogni governo emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia, oppure come tentativo (generoso ma illusorio) di dare alla Repubblica Pontificia un governo meno criminale della sequenza circo Prodi, banda Berlusconi, giunta Monti-Napolitano?

Meglio rendere il Parlamento ingovernabile ai vertici della Repubblica Pontificia, oppure mandare in Parlamento un gruppo di deputati contrari al loro governo criminale?

Queste sono le domande a cui dobbiamo dare non risposte di "buon senso", ma risposte basate sulla realtà compresa tramite la concezione comunista del mondo

 

Le misure imposte dalle istituzioni finanziarie e dalle autorità politiche del sistema imperialista europeo e americano e attuate nel nostro paese in successione dai governi Prodi, Berlusconi e Monti, non pongono fine alla crisi. Il capitale “si valorizza” (cresce) tramite l’economia reale oppure (benché con un risvolto diverso) nelle transazioni del mercato finanziario. Stante le dimensioni a cui esso è arrivato, è impossibile ricreare un corso regolare di crescita del capitale né sulla base del mercato finanziario né, ancora meno, sulla base dell’economia reale, quindi in condizioni che implichino la riproduzione dell’umanità (i lavoratori ottengono un reddito principalmente tramite l’economia reale). Il capitale non può più essere la forma del processo di produzione dei beni e servizi di cui l’umanità si serve al livello di civiltà cui è arrivata: detto in altre parole, il capitale non può più essere il sistema di relazioni sociali nel cui contesto gli uomini riproducono se stessi. Da qui la guerra di sterminio non dichiarata che le autorità del sistema imperialista mondiale conducono in tutto il mondo contro le masse popolari. Non c’è alcuna possibilità di ristabilire un corso regolare di valorizzazione. In qualche modo, sia pure ognuno nel suo linguaggio, lo sanno o almeno lo percepiscono tutte le persone esperte del campo, compresi i vertici delle istituzioni finanziarie del sistema imperialista mondiale e gran parte dei suoi vertici politici e militari. Da qui la morale criminale del “dopo di me il diluvio” (Re Sole) che Keynes traduceva: a lungo andare noi saremo tutti morti; o, vista da un altro lato, la sindrome da Titanic.

- Quelle misure non servono a estinguere i debiti. L’obiettivo non solo è impossibile ma è anche assurdo: cosa farebbero le società finanziarie, le banche, i fondi di investimento, le chiese e i ricchi dei loro capitali se non potessero più investirli in titoli finanziari (i debiti degli uni sono titoli finanziari degli altri)?

- Non servono a far ripartire la produzione di beni e servizi, l’economia reale. Tutto quello che le autorità di ogni singolo paese imperialista sanno dire è che bisogna aumentare la competitività delle loro aziende (fare le scarpe agli altri). Spesso questo significa semplicemente ridurre i salari, aumentare i ritmi e gli orari di lavoro, ridurre le imposte e i contributi a carico dei capitalisti, aumentare i contributi pubblici a loro favore, porre ostacoli alla vendita delle merci provenienti da altri paesi (protezionismo). In altri casi promuovono anche innovazioni di processo e di prodotto. Ma restano tre fatti incontrovertibili: 1. non c’è domanda pagante per tutti i prodotti e servizi producibili impiegando tutto o anche solo gran parte del capitale e del proletariato esistenti (già le aziende lavorano a capacità ridotta); 2. al vantaggio di una nazione o di un’azienda corrisponde il danno di un’altra (un naufrago si arrampica sulle spalle di un altro naufrago); 3. aumentare la produzione di beni e servizi indiscriminatamente e nella misura del capitale oggi esistente è insopportabile dal punto di vista dell’inquinamento dell’ambiente, della devastazione del territorio e del saccheggio delle risorse.

- Non servono a riassorbire la disoccupazione, perché il capitalista fa lavorare solo se ne ricava del profitto: per lui il salario è un costo e riduce la competitività della sua azienda.

 Il profitto della grande quantità di capitale accumulato e la rendita (fondiaria, immobiliare, di posizione, ecc.) schiacciano l’economia reale soprattutto nei paesi imperialisti e nessun governo approvato dalla comunità internazionale della borghesia imperialista può attentare al profitto e alla rendita: semplicemente non ne ha la capacità. Da questo bisogna partire per affrontare la prossima stagione d’elezioni. Altrimenti ci si fa guidare dal “senso comune” dettato dalla borghesia e, da normali onesti opportunisti, si partecipa all’ennesimo fallimento cui la sinistra borghese è condannata dalla sua natura.

Una politica alternativa a quella seguita in successione dai governi Prodi, Berlusconi e Monti, cioè alternativa al “programma comune” della borghesia imperialista, la può fare solo un governo d’emergenza delle OO e OP e da esse appoggiato con forza e determinazione (vedasi La Voce n. 40, pag. 2-3, La nostra lotta). Un simile governo infatti deve riorganizzare non solo la produzione, ma anche l’intero sistema di rapporti sociali e deve per forza di cose far fronte al boicottaggio, al sabotaggio e all’aggressione che dall’interno e dall’estero contro di lui scateneranno la Corte Pontificia con il suo clero, la borghesia imperialista, le istituzioni del sistema imperialista europeo, americano e sionista.

Le elezioni non possono essere la via principale per costituire un simile governo. Chi si ostina a considerare la via elettorale come la via principale finirà o con associarsi in qualche modo (da fotocopia o da collaboratore) ai sostenitori del programma comune della borghesia imperialista o si perderà di coraggio e si ritirerà a vita privata.

Se gli oppositori limitassero la loro attività alle campagne elettorali o le assumessero come campo principale del loro lavoro, i vertici della Repubblica Pontificia sarebbero irresistibilmente tentati di non fare le elezioni o di blindarle in modo da assicurarsi comunque assemblee complici. Anche se Grillo forse non lo sa, se non sarà eliminato alla Coluche (giugno 1986) e magari vincerà le elezioni, lo dovrà al fatto che la mobilitazione per costituire il GBP avrà messo i vertici della Repubblica Pontificia spalle al muro.

Chi si ostina a mettere assieme un programma che prescinda dalla mobilitazione delle OO e OP e dalla costituzione del GBP, finirà per stendere un elenco di buoni propositi slegati dal contesto storico e politico, qualitativamente non diverso, a parte le eventuali espressioni più roboanti, radicali o appassionate, dal programma del vecchio Ulivo di Prodi (che comunque non riuscirebbero a realizzare, come non lo potè realizzare l’Ulivo). Guardare per credere: le prime bozze messe in circolazione parlano già chiaro. I loro autori traboccano di buone intenzioni, ma non hanno fantasia. Non hanno capito la natura del problema a cui dobbiamo far fronte. Anche quelli che proclamano che “la crisi è sistemica”, non capiscono quello che dicono. Non osano pensare, vedere oltre l’orizzonte del capitalismo, di quello che “è sempre stato così”.

Le campagne elettorali ci saranno e serviranno effettivamente a qualcosa solo se l’agitazione per rendere il paese ingovernabile a governi emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia e costituire il GBP, renderà per quei vertici le elezioni un tentativo plausibile per far fronte a questa agitazione. Per fare le elezioni, bisogna rafforzare il movimento per costituire il GBP, creare le tre condizioni e rendere il paese ingovernabile praticando le otto vie. Questa è la base e la condizione per ogni programma elettorale costruttivo.

Le pressioni del marcato finanziario, sapientemente veicolate dalla Corte Pontificia e dai suoi agenti e complici, accelereranno le decisione della campagna elettorale. Quindi bisogna precederle: costituire subito il Comitato di Salvezza Nazionale, rafforzare la lotta per costituire il GBP, dare subito alla campagna elettorale il carattere di lotta a oltranza, senza tregua contro la Giunta Monti-Napolitano e i vertici della Repubblica Pontificia, costringere la Corte Pontificia a venire ancora più allo scoperto.

Rosa L.

La Voce n. 42
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