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  La Voce 41 del (nuovo)Partito comunista italiano

Giù le mani da Antonio Gramsci!

 

Tra le armi usate dalla borghesia e dal clero contro il movimento comunista una non affatto trascurabile è la deformazione del pensiero e dell’opera di Gramsci. È un campo in cui sono particolarmente attivi intellettuali ed esponenti politici della sinistra borghese: Rossana Rossanda, Giuseppe Vacca, Luciano Canfora, il manifesto in prima fila. La loro lotta contro il movimento comunista condotta abusando di Gramsci si sviluppa in particolare secondo due direttrici.

 

1. Avversari del comunismo o semplicemente intellettuali che vivono nell’industria culturale dell’anticomunismo impugnano Gramsci contro il movimento comunista travisando l’opera di Gramsci.

Gramsci avrebbe scoperto che durante la prima ondata della rivoluzione proletaria i partiti comunisti erano riusciti a fare la rivoluzione socialista in Russia ma non in Europa occidentale (in particolare non in Germania, Austria, Ungheria e Italia) a causa della differenza tra la natura dello Stato e della società civile in Russia e nei paesi dell’Europa occidentale. Nella ricostruzione di questi signori in Russia l’essenziale del potere era concentrato nelle mani dello Stato. La società civile (aziende capitaliste, associazioni, sindacati, giornali, partiti) era poco sviluppata. In queste condizioni era facile prendere il potere: bastava impadronirsi dello Stato (forze armate, apparato amministrativo, polizia, giustizia). In Europa occidentale invece la società civile era sviluppata intensamente e in larga misura autonoma dallo Stato. Essa era una parte importante del potere. Per impadronirsi del potere bisognava avere egemonia sulla società civile. Qui la lotta di classe doveva quindi avere una dimensione culturale che non era stata necessaria in Russia. Essa doveva conquistare alla rivoluzione il consenso delle classi subalterne. Il leninismo sarebbe la versione del marxismo per paesi arretrati. Questa in sintesi la lezione di Gramsci esposta da quei signori.

Con questo travisamento del pensiero di Gramsci, la sinistra borghese distoglie l’attenzione dal motivo principale per cui il movimento comunista non ha instaurato il socialismo in Europa durante la prima ondata della rivoluzione proletaria. Cioè distoglie l’attenzione da ciò a cui oggi noi comunisti dobbiamo attaccarci per instaurare il socialismo nei paesi imperialisti: il partito comunista, la sua natura e il suo ruolo. Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria il movimento comunista non ha instaurato il socialismo in nessun paese imperialista perché in nessun paese imperialista vi era né si è formato un partito comunista che avesse assimilato la concezione comunista del mondo e avesse imparato a tradurla nel particolare del suo paese e ad applicarla concretamente (analisi concreta della situazione concreta). Certo, ciò implicava anche che il partito fosse capace di farsi una comprensione profonda della composizione della società del suo paese e delle relazioni che connettevano tra di loro le classi e le istituzioni che la componevano e di intervenire adeguatamente su di esse. Ma quello che è completamente falso nella ricostruzione che la sinistra borghese anticomunista fa della storia della prima ondata è che in Russia il partito comunista non avesse condotto una accanita lotta in campo culturale, non avesse conquistato il consenso (anzi non semplicemente il consenso ma l’appoggio e il concorso) delle classi subalterne alla rivoluzione, che la rivoluzione in Russia fosse stata una semplice colpo di mano sullo Stato. L’opera base, il manuale della teoria di Lenin sul Partito (Che fare?, 1902) ha come uno dei suoi passi centrali il seguente: “Secondo Engels, la grande lotta socialdemocratica [nel linguaggio attuale si direbbe comunista, ndr] non si svolge solo in due campi (il campo politico e quello economico) - come abitualmente si pensa fra noi [nel “noi” sono compresi anche i partiti socialdemocratici dell’epoca in Europa occidentale da cui i socialdemocratici russi apprendevano allora il marxismo, ndr] - ma in tre campi, perché accanto alla lotta in quei due campi, bisogna porre  anche la lotta in campo teorico” (capitolo I-d). E Lenin rafforza la sua affermazione citando un lungo passo di Engels tratto dalla prefazione della terza edizione di La guerra dei contadini in Germania (1875). Con il loro travisamento gli anticomunisti spostano l’attenzione dalla costruzione di un Partito comunista adeguato ai suoi compiti, alle discussioni sulla società che, staccate dall’attività politica che ha al suo centro e come soggetto promotore il Partito e nella quale si verificano i risultati delle discussioni, possono dilatarsi all’infinito.

Gramsci ha condotto una grande ricerca sulla società italiana e sulle società dei paesi imperialisti facendo, pur nelle condizioni del carcere, quello che un partito comunista deve fare. Ha studiato la natura della società del suo paese e ha raggiunto risultati e fatto scoperte che i suoi travisatori non solo non applicano, ma addirittura nascondono: il ruolo politico della Corte Pontificia e della sua Chiesa in Italia, il ruolo della concezione comunista del mondo, la necessità di trasformare la concezione del mondo dei membri del Partito (le tesi sul “senso comune”), ecc.

 

2. Altri esponenti della sinistra borghese, in combutta direttamente con intellettuali borghesi, strumentalizzano Gramsci contro il movimento comunista nel senso che più o meno apertamente dichiarano che Gramsci è stato una vittima dello “stalinismo”. Sarebbero stati i cattivi comunisti dell’Internazionale Comunista e dello Stato sovietico a sacrificarlo, strumentalizzando a questo scopo Mussolini e il Fascismo. Gramsci sarebbe stato vittima non del fascismo e delle arretratezze e illusioni legalitarie del movimento comunista italiano (Gramsci compreso) che sottovalutò la repressione fascista, ma dei suoi compagni di Partito e dei sovietici. Questi denigratori del movimento comunista mestano nelle zone grigie della storia e alimentano il dubbio, il sospetto, la calunnia, la diffidenza e la condanna: in definitiva la sfiducia nella nostra lotta e la rinuncia a parteciparvi.

Questa corrente è particolarmente velenosa perché fa appello ai sentimenti di persone in assoluta buona fede e sfrutta l’effetto psicologico e morale negativo dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria. Essa si inserisce in una più vasta corrente che esalta i dirigenti sconfitti (Gramsci, Che Guevara, ecc.) per denigrare i dirigenti vincenti (Stalin, Mao, Lenin, Fidel Castro, ecc.), valorizza le deviazioni e le correnti minoritarie o estremiste per denigrare i grandi partiti comunisti. Si tratta di una letteratura tutta tesa a dimostrare quanto i comunisti ortodossi erano cattivi, ottusi, abbrutiti o incapaci, anziché raccogliere gli insegnamenti che certamente può dare l’esperienza dei gruppi minoritari o estremisti e delle deviazioni.

In breve: nel movimento comunista che aveva condotto in tutto il mondo la prima ondata della rivoluzione proletaria, ad un certo punto, per motivi interni ad esso su cui qui non mi soffermo ma che nella letteratura del (n)PCI sono trattati in lungo e in largo, sono prevalsi i revisionisti moderni che hanno corroso e corrotto il movimento comunista fino a sfasciarlo. Niente di più semplice allora che ribadire la sconfitta del movimento comunista scoprendo ed esaltando contro di esso le vere o supposte grandi qualità intellettuali o morali dei gruppi e degli esponenti delle varie correnti minoritarie o estremiste, delle deviazioni che sono via via sorte ai fianchi o accanto al movimento comunista nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria. Vi è una vasta letteratura di denigrazione del movimento comunista fatta attraverso l’esaltazione di forme minoritarie del movimento operaio, svoltesi a fianco e a danno della sua corrente principale. La letteratura anticomunista è zeppa di libercoli del genere: sugli Arditi del popolo, sui consiliaristi tedeschi e olandesi, sugli IWW degli USA, sugli anarchici nella Guerra di Spagna, ecc. che usano aspetti e correnti secondarie del movimento comunista per attaccare la corrente principale. Una letteratura che tutto fa fuorché quello che sarebbe utile: capire per ognuna di queste correnti, dallo studio della sua esperienza, perché ha combinato poco o nulla nonostante fosse coinvolta e in qualche modo partecipe della crisi rivoluzionaria della sua epoca. Perché è pur un fatto che, se la prima ondata della rivoluzione proletaria non ha raggiunto l’obiettivo di instaurare il socialismo nel mondo e si è esaurita, essa ha pur fatto fare un enorme passo avanti al mondo intero. Quindi qualche merito va pur riconosciuto al movimento comunista cosciente e organizzato che l’ha guidata (e ai suoi dirigenti principali), anche se non è stato  capace di assicurarle il definitivo successo. Cosa direste di persone che non riconoscono alcuna capacità ai muratori che hanno costruito migliaia di case nelle condizioni più varie che tuttavia a lungo andare non hanno resistito alla furia degli elementi, mentre esaltano le capacità di aspiranti muratori che nelle stesse condizioni dei primi non sono mai riusciti ad andare oltre qualche opera preparatoria?

Mario L.

 

 

 

La Voce n. 41
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