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  La Voce 41 del (nuovo)Partito comunista italiano

La crisi del capitalismo è irreversibile. La lotta per eliminare la dominazione del clero e della borghesia sarà dura, ma le masse popolari si organizzeranno e vinceranno. Il futuro è luminoso!
Può succedere che qua e là, un momento o l’altro, non riusciamo a respingere una manovra delle classi dominanti, ma noi abbiamo una strategia per vincere la guerra e la perseguiamo con tenacia e creatività.
Escogitiamo tattiche più adeguate e proseguiamo di battaglia in battaglia fino alla vittoria!

 

In questi giorni e in questi anni noi comunisti, con tutta l’umanità, stiamo vivendo e realizzando un grande passaggio della storia della specie umana. È alla luce di questo fatto che possiamo comprendere e che dobbiamo inquadrare ogni singolo avvenimento e il ruolo di ogni persona, gruppo, organismo, tendenza e movimento.

 

1. Nessun passaggio è indolore

 

Ogni passaggio, tanto più un grande passaggio, anche se è necessario, liberatorio e portatore di gioia e di progresso, comporta anche sconvolgimenti, distruzioni e sofferenze. Come un parto. Il passaggio attuale più di tutti i precedenti vissuti dalla specie umana, perché è la fine della divisione in classi sociali che ha caratterizzato svariati millenni della storia umana: “la storia di ogni società finora esistita è storia di lotte tra classi” (Manifesto del partito comunista, 1848). Realizzeremo il passaggio in corso tanto più rapidamente e in modo tanto meno distruttivo e meno doloroso, quanto più profondamente comprendiamo la sua natura e le sue leggi. Chi non comprende la natura del grande passaggio che l’umanità sta compiendo, vive nella confusione e nell’angoscia, è travolto dagli avvenimenti e trascinato da altri non sa dove. Capita anche che contribuisca a cause che sono il contrario di quello che vorrebbe. Nella società borghese, anche nella più progredita, le masse popolari sono relegate in una condizione tale che ogni loro membro comprende il corso delle cose solo se compie personalmente e individualmente uno sforzo particolare. Solo gli individui più avanzati lo fanno. È quello che il nostro Partito chiede a chi segue i suoi corsi di formazione e come condizione per accettarlo nelle nostre file. Le classi interessate a prolungare lo stato attuale delle cose, in particolare la borghesia e il clero, dispiegano tutti i loro mezzi e il loro potere per impedire la comprensione delle cose, per distogliere l’attenzione e deviare l’interesse, per nascondere e travisare, per intossicare le coscienze e per denigrare il movimento comunista, per indurre gli individui a ripiegarsi su se stessi (consumismo, sballo, droga, sesso, famiglia, figli, ecc.) e lasciare la direzione e l’avvenire del mondo nelle mani della borghesia e del clero. Ostacolare la comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe è un’arma nelle mani della borghesia e del clero, il primo dei cinque pilastri di ogni regime di controrivoluzione preventiva (Manifesto Programma del (n)PCI, 2008 pagg. 46-56). Andare a naso, presentare le loro aspirazioni, i loro sogni e i loro gemiti come progetti di riforma sociale e programmi di azione politica, è la prassi corrente degli intellettuali e degli esponenti politici della sinistra borghese che tanta influenza ha avuto e ha ancora oggi sulle masse popolari dopo l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria.

 

 

 

 

 2. Significato e ruolo di ogni avvenimento e iniziativa sono comprensibili solo alla luce della trasformazione generale in corso

 

In periodi come questi migliaia di avvenimenti e di iniziative si succedono, si contrappongono e si combinano in ogni paese e nel mondo. Stabilire il significato e il ruolo effettivi di ognuno di essi è possibile solo alla luce della trasformazione generale in corso. Chi considera ognuno di essi isolandolo, trascurando la sua connessione con il resto o sforzandosi di ricavarne il senso dallo studio del fatto in se stesso, chi mette i fatti e gli avvenimenti l’uno accanto all’altro come se fossero l’uno indipendente dall’altro e si sforza di conoscerli e capirli considerando ognuno di essi unicamente o principalmente in sé, si affanna inutilmente. Anzitutto l’effetto reale di ogni iniziativa dipende dal contesto in cui è inserita: è radicalmente diverso dare uno spintone a una persona che è sull’orlo di un precipizio e dare uno spintone a una persona che sta per essere colpita da un sasso. In secondo luogo ad ogni raccolta di fatti si può giustamente obiettare che essi sono stati scelti arbitrariamente e che ne sono stati omessi altri che provano il contrario: in ogni processo di una certa complessità è sempre possibile trovare un fatto che contrasta con l’andamento generale, l’eccezione che conferma la regola o la controtendenza generata dalla tendenza principale.

 

3. Chi vuole capire cosa sta succedendo attorno a sé e orientarsi su cosa fare, deve in definitiva rispondere alla domanda: qual è la trasformazione generale in corso?

 

1. Progresso? Cos’è il progresso? Chi può dire cos’è veramente progresso? Chi stabilisce che una cosa è progresso rispetto a un’altra?

Queste sono le questioni sollevate dal sofista e dall’imbroglione. A volte anche dai preti che però nella loro concezione preborghese, feudale e schiavista del mondo, hanno una risposta che possono appiccicare a quello che vogliono, che è usata anche per giustificare e glorificare ogni infamia: lo ha stabilito dio!

Esaminiamo da vicino le domande poste dai sofisti e dagli imbroglioni!

Certamente se le poniamo in astratto, in modo metafisico (cioè senza tener conto della realtà in cui e di cui parliamo), se le poniamo a prescindere dal cammino che stiamo compiendo, non c’è risposta perché ognuno può rispondere quello che vuole, con argomenti altrettanto buoni. Ma noi non ci curiamo dei perdigiorno, noi guardiamo le cose in cui viviamo, il mondo in cui agiamo: non prescindiamo da esso. In questo mondo per chi ha fame, progresso è avere cibo. Per chi ha freddo, progresso è avere vestiti, casa, riscaldamento. Per chi non ha acqua, progresso è costruire l’acquedotto. Per un villaggio senza fogne, progresso è costruire il sistema fognario. Per chi ha difficoltà a spostarsi, progresso sono le strade e i mezzi di locomozione. Per chi è ammalato, progresso è avere cure adeguate. Per chi è sano, progresso è prevenire le malattie. Per chi è ignorante, progresso è conoscere. Per chi è schiavo di relazioni sociali che gli rendono la vita difficile, progresso è liberarsene. Ad ogni passo della nostra vita e in ogni circostanza, è chiaro cosa è progresso. Ed è di questo progresso che noi parliamo. È questo progresso che noi vogliamo. È questo progresso che noi comunisti guideremo l’umanità a realizzare. Non saremo noi a realizzarlo, perché il progresso oggi necessario per sua natura è opera di tutta l’umanità, consiste nella trasformazione delle relazioni che legano l’uno all’altro gli individui nella produzione dei beni e dei servizi di cui vivono, quindi implica la trasformazione degli individui stessi, implica che uomini e donne partecipino tutti effettivamente alla gestione dello Stato, che proprio a quel punto cesserà di esistere come particolare forma di repressione.(*) Noi comunisti siamo solo quelli che hanno capito prima e meglio degli altri la natura della trasformazione che l’umanità deve compiere e le leggi che gli uomini e le donne devono seguire per compierla. E a compiere questa impresa animiamo e guidiamo tutte le classi oppresse.

 

* Lo Stato è sorto come forma particolare di repressione delle classi oppresse e sfruttate da parte della classe dominante. Esso conserva come sua caratteristica principale e irrinunciabile l’essere una particolare forma di repressione. La sua particolarità consiste nel fatto che in ogni paese è il monopolio di ultima istanza dell’uso della violenza e che per esercitare la repressione in ogni singola parte del paese attinge uomini e risorse da tutto il paese. Di conseguenza in ogni zona del paese lo Stato è indipendente dalle masse popolari della zona. Ne risulta che è indipendente dalle masse popolari dell’intero paese finché queste non si coalizzano.

 

2. È l’azienda capitalista che espande o contrae il terreno che essa occupa, che detta criteri di gestione e mezzi di produzione, che determina la legislazione cui anche le altre aziende sono costrette, le norme di igiene e sicurezza dei prodotti, ecc. ecc.

La specie umana deve superare il modo capitalista di produzione. Questa è in sintesi la trasformazione generale che essa deve compiere per risolvere i problemi da cui è strozzata, per sviluppare le potenzialità che il presente racchiude e continuare la sua strada di progresso che da tempi immemorabili sta percorrendo.(1) Superare comprende due aspetti: 1. conservare e valorizzare i risultati raggiunti, 2. andare oltre per sviluppare le potenzialità che essi contengono e risolvere i problemi che essi hanno posto.

Oggi l’umanità produce in aziende capitaliste i beni e i servizi che impiega. Non è che tutti i beni e i servizi siano prodotti in aziende capitaliste, ma la produzione capitalista è la forma dominante. Essa determina lo spazio e il ruolo di  tutte le altre forme di produzione.(2) I rapporti propri di essa informano di se stessi tutti gli altri rapporti. Essa è la luce generale in cui sono immersi tutti gli altri colori e che li modifica nella loro particolarità. Essa permea di sé tutti i rapporti e appare all’ingenuo come la forma naturale ed eterna. L’intraprendenza sembra realizzarsi solo nell’avidità di arricchirsi del capitalista, la passione per il proprio lavoro nel servilismo del salariato verso il capitalista, la resistenza del proletario all’oppressione e allo sfruttamento nel rifiuto del lavoro e nell’ozio. La produzione capitalista di beni e servizi ha ridisegnato a sua immagine e somiglianza vecchi rapporti e ne ha creati di nuovi che le erano necessari. Questi nel loro assieme costituiscono in ogni paese il sistema di relazioni sociali caratteristico di quel determinato paese, fa di esso una particolare “formazione economico-sociale”. Da essi si è formato il sistema delle relazioni internazionali che avvolge e incatena tutto il mondo. Sono sistemi che appaio caotici (o complessi come usano dire tanti intellettuali borghesi) finché non li si è scomposti negli elementi semplici che li compongono e non si è ricomposto anche nella nostra mente il tutto secondo le relazioni che nella realtà legano un elemento all’altro.

L’azienda creata dal capitalista ha principalmente lo scopo di accrescere (valorizzare) il suo capitale. Nella sua azienda il capitalista assume proletari e li fa lavorare per produrre beni e servizi che egli vende ricavandone un profitto. Per il capitalista la produzione di beni e servizi è principalmente il veicolo e il mezzo della valorizzazione del suo capitale: gli riesce tanto meglio quanto minore è la parte che dà ai proletari. Mentre per l’umanità la produzione di beni e servizi è principalmente la produzione e riproduzione delle condizioni base della sua esistenza, per il capitalista ha senso produrre beni e servizi solo se si vendono con profitto.

Nella storia dell’umanità, ai fini della produzione e riproduzione delle condizioni della sua esistenza, la nascita dell’azienda capitalista è stata un grande progresso rispetto ai modi in cui l’umanità fino allora aveva prodotto le condizioni della sua esistenza. Nell’azienda capitalista la conoscenza e il potere proprio della classe dominante, quindi tutta la potenza sociale degli uomini, sono stati messi al servizio della produzione di beni e servizi, perché questa era il mezzo per la moltiplicazione del capitale che a sua volta era il tratto distintivo della classe dominante.

 

Che la comparsa dell’azienda capitalista sia stato un grande progresso nella storia dell’umanità è vero, nonostante tutto quello che di arretrato, di malvagio e persino di criminale noi oggi del tutto giustamente rileviamo nelle aziende capitaliste e che anche la letteratura dell’epoca ha abbondantemente denunciato in tutti i paesi in cui il modo di produzione capitalista è nato.(3)

3. Un’efficace e ricca descrizione della trasformazione della condizione individuale e sociale degli uomini prodotta dall’azienda capitalista è data da Marx in Il capitale, libro I, in particolare nel capitolo 8.

Oltre questo, ricordo solo due opere lontanissime tra loro:

F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, 1845,

C. Dickens, David Copperfield, 1861.

Per capire la nostra storia e orientarci sul da farsi, non dobbiamo confrontare le aziende capitaliste delle origini con quello che oggi l’umanità fa e tanto meno con quello che l’umanità può fare e farà domani. Sarebbe mancanza di senso storico, la mancanza che riscontriamo in tanti libri di storia, che in realtà non sono manuali di storia ma manuali edificanti che vorrebbero educare i loro lettori alle virtù.(4) Sarebbe erigere il mondo quale lo vogliamo oggi a metro di tutti i mondi, fare delle nostre possibilità e aspirazioni di oggi, dei nostri valori attuali delle verità eterne. Quello  che non è stato conforme ai nostri valori, è peccato e deviazione dalla retta via. Sarebbe cullarci ancora oggi nella concezione clericale del mondo, una concezione statica, secondo la quale dio avrebbe creato il mondo e avrebbe dato a ogni cosa natura e regole fisse; anche quello che si trasforma, si trasforma secondo regole fisse e ritorna periodicamente al punto di partenza, come le stagioni che si succedono in un ciclo che si ripete e gli astri che ripercorrono la stessa traiettoria. Se quello che sarà il nostro futuro fosse quello che il mondo doveva e poteva essere già “fin dall’inizio” e non è stato, ci sarebbe ampio spazio per credere che anche per il futuro resterà una vana aspirazione, un sogno non raggiunto. È il dubbio sulla fattibilità del comunismo che le classi dominanti seminano, quando non hanno altro argomento a cui ricorrere. Chi non ha sentito qualche loro esponente concedere che il comunismo sarebbe bello se fosse possibile?

4. Esempio di questo tipo di manuali è Howard Zinn, Storia del popolo americano: dal 1492 ad oggi, Il Saggiatore Tascabili 2010 (di esso esiste anche l’edizione a fumetti Storia popolare dell’impero americano, manifestolibri 2011).

La sinistra borghese presenta l’opera di H. Zinn come una grande opera di storia “che ha rivoluzionato la storiografia raccontando i fatti storici “dal basso”, dal punto di vista dei loro protagonisti misconosciuti: pellerossa, schiavi in fuga, soldati neri nella guerra ispano-americana, minatori in lotta, militanti pacifisti, vittime di guerra ...”. In realtà H. Zinn (1922-2010) racconta i fatti storici come li potrebbe raccontare una dama di S. Vincenzo di buona cultura o un prete compassionevole ma a un livello culturale molto più basso perfino di don Lorenzo Milani (1923-1967) o di don Primo Mazzolari (1890-1959). Anziché mostrare la concatenazione causale e la sinergia che connettono l’uno all’altra le vicende e i vari aspetti della storia della fondazione, dell’espansione della società borghese negli Stati Uniti d’America fino a farne il più avanzato, progredito e potente paese borghese e della sua decadenza a fronte dell’avanzata del movimento comunista, Zinn descrive e denuncia quanto le classi e le comunità nazionali e di genere oppresse sono state maltrattate lungo questa storia. Una storia atta a suscitare sdegno, compassione e disgusto, forse anche cinismo. Certo non atta a illuminare agli oppressi la strada della lotta e della liberazione.

 In realtà grazie all’azienda capitalista l’umanità nel giro di pochi secoli ha moltiplicato le sue forze produttive e raggiunto le conoscenze e i mezzi necessari per risolvere definitivamente il problema che l’aveva assillata lungo tutta la sua storia: strappare al resto della natura quanto necessario a vivere.(5) Il materialismo storico è una parte essenziale della concezione comunista del mondo. Nella teoria del materialismo storico Marx ha mostrato che questo è stato il filo conduttore della storia percorsa dall’umanità. La specie umana è evoluta lottando per strappare alla natura i mezzi della propria sopravvivenza. È nel corso di questa evoluzione che sono sorte la divisione in classi sociali e la lotta tra le classi sociali per la ripartizione del prodotto, lo Stato, gli ordinamenti sociali, ecc. Solo avendo chiaro questo è possibile comprendere il senso e il ruolo degli altri aspetti della storia dell’umanità e imparare a determinare consapevolmente la nostra futura storia.

5. Per l’illustrazione del ruolo innovatore e creativo dell’azienda capitalista rinvio a K. Marx, F. Engels, Manifesto del partito comunista, 1848.

La confusione e lo smarrimento che oggi traspare dai discorsi e dalle opere di tanti scrittori, oratori, uomini politici, professori e artisti, di fronte al marasma della società attuale, alle sue convulsioni, alla caduta dei venerabili valori di un tempo e all’inceppamento delle relazioni collaudate dall’esperienza di anni, in ultima istanza deriva dalla non comprensione o dal rifiuto della semplice verità illustrata dal materialismo storico. Il vecchio mondo non funziona più e non abbiamo ancora composto il nuovo. Il vecchio vestito è andato in pezzi e il nuovo dobbiamo ancora cucirlo. Ma abbiamo tutto quanto ci serve per farlo, per animare quanti sono interessati a compiere l’opera e per sgomberare il campo da quanti abbarbicati al vecchio mondo si oppongono all’opera.

Ovviamente, vista la miseria dilagante, sembra un non senso dichiarare che oggi l’umanità può produrre tanti beni e servizi quanti sono necessari perché tutti gli esseri umani vivano dignitosamente al massimo livello di civiltà oggi raggiunto. Una parte importante dei 7 miliardi circa di esseri umani che vivono sulla terra ancora non dispongono neanche di cibo a sufficienza, mancano di servizi sanitari, di istruzione e di altri beni e servizi indispensabili per una vita dignitosa e d’altra parte beni e servizi nocivi o scadenti inondano il mondo e soppiantano quelli di migliore qualità. Ma chiunque considera la situazione, vede chiaramente che non produciamo beni e servizi di buona qualità e nella quantità necessaria perché tutti vivano dignitosamente, solo perché lo impedisce il sistema di relazioni sociali che ereditiamo dal passato, il sistema di relazioni sociali e il sistema di relazioni internazionali che si sono formati “a immagine e somiglianza” dell’azienda capitalista, man mano che il modo di produzione capitalista si è imposto nei paesi europei e da qui a tutto il mondo, ha soggiogato, assimilato e trasformato secondo le sue esigenze il resto delle relazioni sociali nei singoli paesi e nel mondo e ha forgiato secondo le sue esigenze la concezione del mondo, i comportamenti e i valori (la morale) degli uomini. È questo che dobbiamo superare per godere dei frutti acquisiti tramite il modo di produzione capitalista.

 

4. Oggi l’umanità può andare oltre il modo di produzione capitalista: questo è il faro per orientarci nella crisi attuale

 

Abbiamo le conoscenze, le relazioni e i sentimenti necessari per andare oltre e affidare la produzione di beni e servizi, della qualità e nella quantità pubblicamente e a ragion veduta decise, ad aziende (agenzie, enti, istituzioni) create per decisione della società e gestite secondo criteri pubblicamente decisi. Perfino molte relazioni, istituti e istituzioni degli stessi paesi imperialisti (i servizi pubblici, il settore pubblico dell’economia, i sistemi di sicurezza sociale, ecc.) hanno predisposto gli strumenti materiali, i modelli organizzativi e le conoscenze necessarie per questa umanità superiore. Certo essi sono stati in larga misura distorti al servizio degli interessi e dei valori della borghesia e delle classi ad essa associate. Queste ne hanno fatto una fonte di corruzione e di parassitismo. Essi non avevano sostituito l’azienda capitalista come centri predominanti (che influenzavano tutti gli altri) della produzione dei beni e servizi che assicurano la produzione e riproduzione delle condizioni basilari dell’esistenza della popolazione. Erano stati introdotti nel contesto delle aziende capitaliste come intrusi e corpi estranei, erano rimasti sotto il predominio delle aziende capitaliste e si erano imposti alle vecchie classi dominanti principalmente come limitazioni provvisorie (“lacci e laccioli” disse Guido Carli) delle pratiche e relazioni conformi alla natura di esse, perché mezzo per arginare il movimento comunista durante la prima ondata della rivoluzione proletaria. Ma nondimeno essi hanno mostrato i presupposti del futuro che esistono nel presente e li hanno sviluppati: l’azienda pubblica, la pianificazione economica, la direzione pubblica dell’attività economica (della produzione e del consumo), la distribuzione secondo il bisogno, ecc. La borghesia in grande misura ha eliminato o sta eliminando quelle istituzioni e quegli istituti contronatura (contrari alla sua natura), ma la lezione resta.

Per quanto costruiti in paesi capitalisticamente arretrati e costretti lungo tutta la loro breve esistenza a difendersi dalle aggressioni e dai sabotaggi del sistema imperialista mondiale, i primi paesi socialisti hanno confermato su grande scala e per periodi relativamente lunghi che questa trasformazione è possibile, ne hanno mostrato le grandi potenzialità e hanno fatto intravedere le prospettive che essa dischiude.

Questo è il faro per orientarci nella crisi attuale. Questo è il frutto del parto delle cui doglie oggi soffriamo.

Quelli che lamentano la mancanza di valori e di prospettive non conoscono o rifiutano questa che in realtà è l’unica prospettiva. Quando intellettuali alla Piero Pagliani, membro dell’Ufficio Centrale di Alternativa, si dice (vedi Europei senza Europa, www.alternativa-politica.it/dibattito-politico/europei-senza-europa.html) che “abbiamo all’ordine del giorno la questione della transizione ad un sistema non capitalista, [ma] cosa ciò significhi è tutto da capire”, c’è da scegliere se si tratta dell’arrogante ingenuità dell’ignorante per il quale esiste solo quello che lui conosce o della spudoratezza dell’anticomunista che nasconde anche ciò che è notorio.

Le discussioni tra crescita, ripresa dello sviluppo della produzione di beni e servizi e decrescita restano diatribe vuote di contenuto che non sia quello di mistificare le contraddizioni reali, finché non si pone chiaramente che bisogna produrre tutti e solo i beni e i servizi di cui vogliamo godere. L’azienda capitalista invece produce beni e servizi come mezzo per aumentare il capitale del suo proprietario. La produzione di beni e di servizi non può più essere la veste materiale delle “virtù creative” del capitalista, il veicolo della valorizzazione del capitale. Deve diventare un’attività diretta a soddisfare i bisogni nella misura e della qualità decise dagli uomini stessi e in essa gli uomini devono impiegare solo la quantità di tempo e di energia necessarie. Meno ne occorre, meglio è. Non si tratta di dare a tutti un lavoro come ogni boss della Repubblica Pontificia lo dava ai suoi clienti (o darlo solo a chi si sacrifica fino a meritarlo, come sentenzia la virtuosa Elsa Fornero), ma di ridurre al minimo il lavoro necessario a produrre i beni e servizi di cui l’umanità decide di disporre e di distribuire questo lavoro come sua prestazione sociale a ogni individuo che è in grado di lavorare. La fonte  principale della ricchezza non è più il tempo impiegato nel lavoro, ma l’impiego nella produzione di beni e servizi della potenza intellettuale e materiale della società. Bisogna che il tempo di lavoro necessario non venga più ridotto per creare disoccupati, ma per dare spazio al libero sviluppo degli individui, alla loro formazione scientifica, artistica e in generale a quelle attività che sono caratteristiche distintive della specie umana. La liberazione dal lavoro diventa una conquista sistematicamente perseguita e la premessa per l’espansione della attività e qualità proprie della specie umana. La partecipazione in massa della popolazione organizzata e consapevole alla gestione dei propri affari è una necessità per la gestione della società attuale. La limitazione del lavoro dedicato a produrre i beni e i servizi la rende possibile. Lavorare tutti e lavorare meno alla produzione di beni e servizi, per vivere meglio. Ma vi è di più. Con questo il lavoro non solo cessa di essere uno strumento di ricatto nelle mani del capitalista, ma cessa anche di essere una condanna: diventa una delle espressioni della creatività e della energia morale e intellettuale dell’individuo, il lavoro manuale si combina con la progettazione, la sperimentazione e l’organizzazione.

Le relazioni commerciali e capitaliste sono storicamente superate. La storia è andata oltre le condizioni per le quali esse sono sorte. Ha creato condizioni pratiche in cui quelle relazioni non hanno più ragione d’essere. Esse sopravvivono a se stesse e da forme dello sviluppo sono diventate catene e costringono la masse popolari a mobilitarsi per liberarsene. Questa è la premessa dell’opera di noi comunisti e la garanzia del successo della nostra opera.

Distinguere il lavoro necessario e obbligatorio, una prestazione sociale che la società richiede a ogni adulto abile al lavoro, dal resto delle attività umane in cui gli individui devono essere educati a dispiegare ognuno le proprie doti. La produzione dei beni e servizi deve diventare un servizio sociale, una prestazione sociale che ogni individuo compie nella misura necessaria a raggiungere la quantità di beni e servizi stabilita.

La crisi attuale mostra su grande scala che con il sistema di relazioni sociali e con il sistema di relazioni internazionali cresciuti sulla base della rete delle aziende capitaliste, a loro immagine e somiglianza e al loro servizio, l’umanità non è più in grado di far fronte né ai bisogni umani né alla conservazione e tanto meno al miglioramento dell’ambiente. Per ognuna di queste due buone ragioni l’umanità non può più continuare e vivere come ha vissuto finora. Su questo non ci sono santi! Ma è una crisi di crescita. L’umanità è cresciuta per quantità e qualità e deve smettere il vecchio vestito, deve adottare un sistema di relazioni sociali e il connesso sistema di relazioni internazionali conformi alle sue capacità di oggi.

Le classi sfruttate devono e possono organizzarsi e imporre la trasformazione alle classi che per interesse e per abitudine sono legate al passato e spezzare la resistenza che esse oppongono alla trasformazione. Compito di noi comunisti è guidarle a compiere quest’opera. Per grandi che siano le forze di cui le classi della conservazione dispongono, esse possono essere rovesciate e lo saranno. La Corte Pontificia sparirà. Lo Stato USA che dispiega centinaia di basi militari e di centri e agenzie di intrigo, intossicazione e destabilizzazione in gran parte dei paesi del mondo, sarà eliminato dalla ribellione delle masse popolari americane e delle masse popolari dei paesi oppressi. Il paese imperialista che per primo instaurerà il socialismo aprirà anche la via a tutti gli altri paesi.

Ciro L.

 

 

 

La Voce n. 41
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