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  La Voce 40 del (nuovo)Partito comunista italiano

Come intervenire nelle assemblee
 

Siamo in guerra, nella guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata (GPR). Dobbiamo conquistare terreno: accumulare forze rivoluzionarie, da un lato e spingere le OO e OP a costruire il GBP, dall’altro. Siamo in una fase dinamica della lotta di classe, in cui i processi si sviluppano più rapidamente rispetto a prima che la crisi generale entrasse nella sua fase acuta e terminale. Le acque sono molto mosse e le onde diventeranno sempre più agitate. La lotta tra mobilitazione reazionaria e mobilitazione rivoluzionaria si accentua, la corsa tra le due vie entra sempre più nel vivo. La classe dominante cerca di impedire che le masse popolari trovino i loro centri di aggregazione e di orientamento. Gran parte degli organismi della sinistra borghese cercano di assopire i contrasti e calmare le acque. Ma le manovre della borghesia e del clero sono tali che la resistenza cresce. In questa situazione, una forza piccola può incidere in maniera significativa nell’orientare i processi nella direzione da essa voluta, se possiede una giusta concezione, se ha una giusta analisi della situazione e una giusta linea, se adotta un giusto metodo di lavoro. Più eleviamo la nostra capacità di vedere le occasioni favorevoli e di prendere l’iniziativa, maggiore diventa la nostra capacità di incidere.

Uno degli strumenti per incidere in maniera efficace nella lotta di classe, per orientare le OO e OP nella direzione da noi voluta e per raccogliere le forze più sane e lungimiranti, è la propaganda. In questo articolo ci concentreremo su un aspetto specifico della propaganda: gli interventi nelle assemblee. Con questo articolo miriamo a sviluppare ulteriormente quanto scritto nei tre articoli Tre note per un propagandista, Guida per le assemblee, Consigli per la stesura dei rapporti pubblicati su La Voce e raccolti nell’opuscolo Problemi di Metodo 1 (reperibile presso le sedi del P. CARC e scaricabile all’indirizzo www.nuovopci.it/scritti/prometod/indice.html).

Analizzando i rapporti che i compagni della “carovana” del (n)PCI stendono sulle assemblee a cui partecipano, emergono quattro tipi di limiti, legati tra loro:

1. uno scarso lavoro di preparazione dell’intervento da fare nell’assemblea,

2. interventi nelle assemblee che entrano poco nelle dinamiche interne degli organismi che le promuovono o vi partecipano, cosa che determina una scarsa efficacia degli interventi,

3. la tendenza a valutare l’efficacia dei propri interventi dagli applausi che ricevono, anziché dagli spostamenti che determinano nelle posizioni delle persone e negli organismi presenti,

4. l’assenza di un lavoro di raccolta e valorizzazione delle adesioni e di rilancio dei risultati ottenuti.

 

Il nodo ideologico che unisce e produce questi quattro limiti è il seguente: la tendenza a non vedere il movimento costante che i singoli e le OO e OP compiono, a vederli sostanzialmente fermi e sempre uguali, incancreniti nelle loro posizioni, ripetizione costante e monotona di se stessi (“dicono sempre le stesse cose”), anziché comprendere che le cose sono in costante movimento, che i singoli e le OO e OP non restano mai fermi, avanzano o arretrano, che noi possiamo indirizzare questo loro movimento nella giusta direzione e così accelerarlo. Il nodo di fondo, quindi, è che noi abbiamo una concezione non materialista dialettica. Questo determina una pratica arretrata (il materialismo dialettico è concezione del mondo, metodo di conoscenza e guida per l’azione): lo spontaneismo (non preparazione degli interventi da fare nelle assemblee) e il burocratismo (la tendenza a “dire la nostra” in maniera dogmatica, a fare interventi ripetitivi, a non partire dall’interno delle concezioni, delle linee e delle esperienze per contrapporre il positivo al negativo, a non fare analisi concreta di ogni situazione concreta, delle dinamiche dei singoli e delle OO e OP a cui ci rivolgiamo e delle problematiche che essi vivono). L’accumulazione di interventi di questo tipo porta alla lunga alla sfiducia rispetto ai singoli e alle OO e OP che promuovono e partecipano alle assemblee e, in definitiva, anche rispetto  alla nostra linea e alla nostra impresa (“le masse sono arretrate” e i nostri sforzi sono inutili). L’esperienza dimostra però che le masse popolari del nostro paese sono un terreno fertile per i comunisti e che la quantità del raccolto dipende dalla qualità del lavoro dei comunisti: dalla concezione che ci guida e dal nostro metodo di lavoro. Dipende da noi!

 

Nel comunicato del CC del (n)PCI dello scorso 5 marzo sono indicati alcuni criteri e principi di grande importanza per orientare in maniera avanzata il nostro intervento su singoli e su OO e OP. Ritengo opportuno riportarli perché sono strettamente legati all’argomento del presente articolo (i grassetti sono miei).

“Noi comunisti non rivendichiamo il diritto di dirigere. In un movimento popolare di lotta, quando la lotta si fa seria, in realtà non dirige chi reclama il diritto di dirigere né chi dai rapporti ereditati dalla storia che abbiamo alle spalle sarebbe designato a dirigere. Dirige chi ha una visione più lungimirante e più profonda della lotta in corso, lancia le parole d’ordine che nella situazione concreta meglio corrispondono alla vere aspirazioni dei combattenti e si dà con determinazione i mezzi della sua politica. La pratica è il banco di prova della teoria!

A prima vista grandi sono le divergenze tra noi comunisti e la maggior parte dei promotori e dei protagonisti di ognuna delle lotte attualmente in corso. Ma noi comunisti, mentre non nascondiamo ma al contrario proclamiamo i nostri obiettivi storici e sulla base di essi raggruppiamo le nostre forze, appoggiamo con forza ognuna delle lotte in corso, per quanto unilaterali siano gli obiettivi di ognuna di esse a fronte dei nostri obiettivi storici.

Noi comunisti appoggiamo ognuna delle lotte in corso proprio perché l’instaurazione del socialismo, che avvia la transizione dal capitalismo al comunismo, è il risultato verso cui dovranno convergere tutti quelli che combatteranno con determinazione e senza arrendersi per l’obiettivo particolare della loro lotta. La pratica della lotta contro il sistema imperialista mondiale e contro la sua espressione sul suolo italiano, la Repubblica Pontificia, sarà la scuola di comunismo di cui le masse popolari del nostro paese hanno bisogno per aderire al cammino che la concezione comunista del mondo indica e illustra.

Quello che oggi è decisivo, in ognuna delle singole lotte in corso, non è la trasformazione delle intenzioni e della concezione del mondo nella testa dei suoi protagonisti e promotori. Solo gli esponenti più avanzati e più generosi aderiscono già oggi ai nostri obiettivi storici e assimilano la concezione comunista del mondo.

Quello che è decisivo, in ognuna delle singole lotte in corso, è che i suoi protagonisti si diano i mezzi per vincere di fronte alla borghesia imperialista, alle autorità della Repubblica Pontificia, alla Comunità Internazionale degli speculatori e dei guerrafondai che sono l’appoggio esterno della Repubblica Pontificia. Decisivo è che i suoi protagonisti si diano i mezzi per non farsi coinvolgere e travolgere nella crisi del capitalismo. Per questo noi comunisti dobbiamo essere in ogni singola lotta i combattenti più decisi, quelli che la spingono sempre in avanti e trovano nel contesto i mezzi per rovesciare i rapporti di forza di regola inizialmente sfavorevoli alle masse popolari e per protrarre la lotta fino alla vittoria.”

 

Questo comunicato fissa un importante criterio: noi non dobbiamo mirare a cambiare la concezione dei singoli e OO e OP, ma rafforzare la loro pratica incanalandola nella direzione da noi voluta: la GPR contro la RP e, nell’immediato, la costituzione del GBP. L’intervento sulla concezione (ad esempio attraverso i corsi sul Manifesto Programma) lo facciamo con coloro che già vogliono capire la concezione del mondo dei comunisti, che vogliono trasformare la loro concezione del mondo. Questo significa anche che “non dobbiamo badare principalmente alle intenzioni e alle concezioni dei promotori dell’iniziativa (sia essa un’assemblea, una manifestazione, ecc.), ma al ruolo che essa svolge nel contesto in cui è stata lanciata e al ruolo che noi possiamo farle svolgere con la nostra iniziativa”.

 

 Le questioni decisive

Alla luce dei criteri appena visti, possiamo riprendere il discorso inerente a come interveniamo nella assemblee. Le riunioni e/o assemblee sono operazioni di GPR. Ognuna di esse si inquadra in una battaglia e in una campagna della GPR che stiamo conducendo: così vanno concepite, così vanno preparate, così vanno condotte. Bisogna dedicare alla loro preparazione il tempo e le energie necessarie, con serietà e scrupolo. Lo stile raffazzonato e superficiale, l’improvvisazione non portano da nessuna parte. Fanno solo disperdere tempo ed energie, senza risultati significativi. Dobbiamo contrastare nelle nostre fila la superficialità frutto della concezione militarista che riduce la guerra popolare a quando ci sarà lo scontro armato, sminuendo di fatto tutto il lavoro politico che invece è decisivo in questa fase per costruire la rivoluzione, tra cui la formazione comunista, la propaganda, l’organizzazione, la raccolta fondi.

In ogni movimento (e quindi in ogni riunione e/o assemblea che di esso tratta) esistono questioni decisive per il suo sviluppo, su cui bisogna quindi concentrare l’attenzione e gli sforzi, tradurle in decisioni operative e seguire la loro attuazione.

Le questioni decisive non sono stabilite in maniera arbitraria, ma sulla base della natura del movimento in questione, delle contraddizioni che lo muovono, della situazione politica in cui il movimento si inserisce: in altre parole, sono stabilite sulla base dell’analisi concreta della situazione concreta.

Le questioni decisive (e di conseguenza le misure operative con cui si traducono) vanno innanzitutto individuate, attraverso un accurato lavoro di analisi da fare prima della riunione e/o dell’assemblea. Nel corso dell’iniziativa occorre poi:

1. porle chiaramente, con forza, tempestivamente (e non alla fine della riunione e/o dell’assemblea) e nella lingua che la sinistra può capire;

2. tradurle in proposte di misure operative.

L’efficacia della nostra azione e del nostro intervento non si misura in base agli applausi, ma a quanto la sinistra fa proprie le questione decisive da noi messe al centro dell’attenzione e quanto l’assemblea fa proprie le decisioni operative da noi proposte.

A scanso di equivoci, l’arte dell’intervento in un’assemblea comprende in sé anche un lavoro di preparazione dell’assemblea che consiste non solo nel preparare il nostro intervento diretto nell’assemblea, ma anche nell’intervenire, con appositi incontri precedenti all’assemblea, su tutte quelle leve che possiamo muovere nel corso dell’assemblea. Esse non devono per forza far parte della “carovana” del (n)PCI – anzi, maggiori sono le leve che muoviamo fuori dalla “carovana”, meglio è. Spesso se le proposte le facciamo fare ad altri (con cui parliamo prima dell’assemblea), è più facile che passino.

 

Come valutare l’intervento fatto in un’assemblea?

Per facilitare l’analisi del lavoro svolto, fissiamo le principali domande a cui rispondere in fase di bilancio.

1. Come è stato preparato il nostro intervento nell’assemblea?

2. Quali erano le questioni decisive nell’assemblea? Le abbiamo individuate prima dell’assemblea?

3. Abbiamo fatto un’analisi delle forze in campo prima dell’assemblea, individuando sinistra-centro-destra? Siamo intervenuti sulle nostre leve prima dell’assemblea?

4. Siamo intervenuti per mettere al centro dell’assemblea le questioni decisive? Abbiamo indicato misure operative in cui esse si dovevano tradurre? Le abbiamo fatte valere? Le abbiamo fatte passare conquistando la sinistra e spostando a sinistra il centro? Se e quanto abbiamo inciso sull’assemblea e sui soggetti che vi hanno preso parte?

5. Nel corso dell’assemblea abbiamo analizzato i vari interventi cercando di capire se affrontavano o meno le questioni decisive e con quale efficacia?

6. Quale seguito diamo a questo intervento in assemblea?

 

Propaganda e organizzazione

L’adozione di questo metodo di lavoro eleverà l’efficacia della nostra azione di propaganda e più complessivamente il nostro lavoro organizzativo sulla prima gamba (creazione delle 3+1 condizioni del GBP, raccolta forze).

Quanto detto nel presente articolo si combina con quanto fissato nello scritto Sui compiti del Comitato di Partito pubblicato sempre su questo numero della rivista: sia perché la mappatura delle OO e OP e la loro analisi permette di individuare meglio le questioni decisive su cui intervenire per farle avanzare, sia perché intervenendo nelle assemblee nel modo qui indicato e facendo sistematicamente il lavoro di analisi degli interventi svolti secondo i criteri qui indicati, riusciremo a raccogliere più elementi sulle OO e OP (ogni assemblea sarà per noi una miniera a cui attingere) e, inoltre, impareremo ad intervenire sempre meglio su di esse. In sintesi, eleveremo sia il nostro lavoro di propaganda, sia il nostro lavoro di organizzazione (creazione delle 3+1 condizioni del GBP, raccolta delle forze).

 

Trasformarci per vincere!

 

Possiamo vincere, dobbiamo vincere, dipende da noi!

 

Avanti nella GPRdiLD!

 

Claudio G.

 

 

La Voce n. 40
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