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  La Voce 40 del (nuovo)Partito comunista italiano

La leggenda metropolitana della florida Germania

Una delle leggende metropolitane che hanno corso nella sinistra borghese in Italia e in altri paesi europei riguarda la Germania. A sentire gli affabulatori, in primo luogo la Germania sarebbe economicamente solida, risentirebbe poco o nulla della crisi in corso; in secondo luogo la borghesia imperialista tedesca dominerebbe l’Europa e sarebbe la causa delle disgrazie degli altri paesi europei - ovviamente gli affabulatori non fanno distinzioni di classe e dicono che la Germania domina e schiaccia il resto dell’Europa, facendo del popolo tedesco un tutt’uno come cerca di fare anche la borghesia imperialista tedesca (essa proclama come facevano Hitler e i suoi: “siamo tutti nella stessa barca”). Il ruolo pratico di questa leggenda metropolitana è duplice: da una parte rafforza la convinzione e crea l’illusione che è possibile uscire dalla crisi del capitalismo restando nel capitalismo; dall’altra porta acqua al mulino della mobilitazione reazionaria, alimenta l’animosità contro i pesi morti, la zavorra, che impedirebbe all’Italia di seguire la strada della Germania e alimenta l’ostilità contro l’intero popolo tedesco.

Maurizio Landini è uno di quelli che si sono bloccati sulla Germania. Sostiene che la borghesia e le autorità italiane dovrebbero fare come la borghesia e le autorità tedesche. Gli potremmo obiettare che la borghesia italiana non è la borghesia tedesca: la borghesia italiana è da sempre anemica a uno stadio più o meno acuto, a causa del persistente contagio che le viene dalla Corte Pontificia, dal suo clero e dal loro mondo di usi, costumi e mentalità feudali, un’influenza da cui la borghesia italiana non si è mai liberata. La Corte Pontificia considera il nostro paese principalmente come la fonte di risorse per le sue spese e per la sua “missione spirituale” nel mondo. Quindi non si è mai occupata di sviluppo industriale e questa sua attitudine ha segnato anche la borghesia italiana, più tesa e contesa tra godersi la vita terrene e prepararsi alla vita celeste che a trasformare il mondo.

Ma più a monte e più facile da constatare è che la situazione economica della Germania è appesa a un filo e che ciò che propone Landini è senza senso, perché non esce dall’orizzonte angusto delle relazioni da cui sgorga la crisi del capitalismo di cui pretende indicare la soluzione.

Incominciamo da questo ultimo punto.

Il sogno di Landini si riduce a trovare un modo perché i capitalisti italiani vendano di più con un buon margine di profitto, quindi investano di più, producano di più e facciano lavorare più lavoratori con migliori salari. Il tutto per di più in modo ecologicamente sostenibile. In breve Landini vorrebbe il capitalismo senza i mali del capitalismo. È evidente che realizzare questo per tutti gli uomini è incompatibile con il sistema di relazioni sociali capitaliste e con il sistema di relazioni internazionali di cui la borghesia imperialista cerca di prolungare l’esistenza nonostante la crisi del capitalismo. È altrettanto evidente che la classe dirigente di un paese, se ha la forza di realizzare il sogno di Landini, lo possa e lo debba realizzare a spese di altri paesi e quindi imporlo agli altri che di conseguenza subiranno doppiamente la crisi del capitalismo e prima o poi reagiranno. In realtà la crisi in cui il sistema capitalista si è ingolfato mostra che l’umanità è pronta per l’instaurazione di un sistema di relazioni sociali e di relazioni internazionali che consenta di produrre tutto e solo quello che occorre per una vita dignitosa per tutta la popolazione (quantità e qualità ovviamente possono solo essere il risultato di una decisione della società) in condizioni ecologicamente sostenibili (e anzi migliorando le condizioni del pianeta) e con il concorso di tutti: cosa che comporta l’eliminazione alla base del modo di produzione capitalista e che tutta la popolazione occupi una parte crescente del suo tempo e delle sue energie nelle attività della progettazione, della conoscenza, della ricerca, delle relazioni sociali, della creazione, ecc., le attività specificamente umane di cui tratta il Manifesto Programma del nuovo Partito comunista italiano. Un sistema di relazioni sociali che si chiama comunismo. Questo sembra sfuggire alla comprensione di Landini e del suo ambiente  oppure lo ritengono tanto irrealizzabile o difficile da realizzare che non ne parlano neanche.

 

Quanto alla situazione economica della Germania, certamente nessuno degli affabulatori della leggenda della florida Germania si è mai dato la pena di studiare la situazione economica della Germania.

In realtà la Germania è un paese in equilibrio economico molto precario. La rottura di questo equilibrio instabile, se non avverrà per opera del movimento comunista tedesco, sconvolgerà l’intera Europa e con essa tutto il mondo e gli affabulatori ne saranno presi alla sprovvista, come nel 2007 lo sono stati dalla crisi dei mutui immobiliari che avevano fatto la prosperità USA.

La borghesia tedesca ha affrontato la crisi, con l’energia e le potenzialità che le derivano dalla sua storia e con la consapevolezza che ben ha della difficoltà di mantenere in Germania l’ordine pubblico, cioè di mantenere sottomesse le masse popolari tedesche. Una decina di anni fa, sotto la guida del governo del socialdemocratico Schröder e con la collaborazione dei sindacati complici, essa ha ridotto i lavoratori tedeschi ad accettare la completa sottomissione contrattuale ai capitalisti, una sottomissione che farebbe sognare Marchionne. L’orario di lavoro è annuale e la direzione aziendale lo distribuisce lungo l’anno secondo le sue esigenze con la collaborazione degli esponenti dei sindacati complici. Il lavoratore è al servizio dell’azienda che lo chiama quando ne ha bisogno e allora la durata del lavoro nel giorno e nella settimana è determinata principalmente dalle richieste del mercato. Questi giorni di intenso e insensato lavoro si alternano a periodi di ozio. La massa dei lavoratori sono assunti su larga scala a tempo determinato. Una condizione sociale che distrugge la coesione sociale e rende difficile la vita familiare. Infatti la natalità crolla e la salute mentale e la stabilità psicologica sono in declino. Un esercito di immigrati senza diritto e di lavoratori precari completa il quadro della società tedesca.

Su una popolazione di più di 80 milioni di abitanti, il governo Merkel per il 2011 ha dichiarato ufficialmente 41 milioni di lavoratori occupati e 3 milioni di disoccupati. Ma ha dichiarato anche che lungo tutto il 2011 le ore di lavoro retribuite sono state 57.5 miliardi. Vale a dire in media 30 ore a settimana per lavoratore occupato. Ossia la borghesia imperialista tedesca e il suo governo Merkel mantengono in Germania l’ordine pubblico nonostante il sistema di relazioni sociali capitaliste 1. perché milioni di lavoratori sono inquadrati da contratti aziendali e lavorano a tempo parziale, grossomodo come i cassaintegrati da noi (altrimenti i disoccupati, a secondo che si consideri tempo pieno le 35 o le 40 ore/settimana, sarebbero da 5 a 10 milioni in più dei 3 milioni ufficiali), l’occupazione è fatta in larga misura di lavori part-time, precari e occasionali, la flessibilità di orario e le sospensioni di lavoro sono correnti; 2. perché la borghesia imperialista tedesca ha messo in piedi un sistema di sfruttamento disumano cui è sottoposto un esercito di lavoratori immigrati senza diritti che la devastazione dei loro paesi d’origine ha finora costretto ad accettare condizioni miserabili di lavoro in Germania; 3. perché la borghesia imperialista tedesca è profondamente implicata nel saccheggio dei “paesi emergenti” ed esporta tanti beni nel resto d’Europa e nel mondo quanti ne esporta le Cina con una popolazione di 1.3 miliardi: è il più grande paese esportatore del mondo, a pieno titolo l’officina del mondo. La Germania dipende in misura decisiva dal mercato mondiale. La borghesia imperialista tedesca sta in piedi grazie all’attivo della bilancia commerciale. Quindi essa e l’intera popolazione tedesca che ne dipende, sono alla mercé delle potenze imperialiste che dominano il sistema di relazioni internazionali e delle loro politiche protezioniste nei confronti dei paesi emergenti e della stessa Germania che incombono.

 Chi rifiuta di considerare che la crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale è intrinseca alla natura del modo di produzione capitalista, concepisce la relazione tra i membri della borghesia imperialista e la crisi, le sofferenze, le distruzioni e le catastrofi che essa provoca, come una relazione di tipo individuale e personale: come se quello che succede fosse effetto delle decisioni delle autorità in carica, decisioni che potrebbero essere di tutt’altro segno. Tratta la relazione tra le classi dirigenti di due paesi capitalisti come se si trattasse di un rapporto tra individui, ognuno dei quali decide le sue azioni e ne è responsabile. Ha insomma una visione del mondo idealista e del tutto ingenua. Non riconosce l’autonomia della società, e in particolare della politica, da ogni singolo individuo. Certamente non obietterà niente se gli fate notare che “morto un papa, se ne fa un altro”: cosa che implica che il papato è un’istituzione che non dipende personalmente dal papa. Ma non considera con questo stesso principio le vicende politiche e sociali del suo paese e le relazioni internazionali. In realtà nelle relazioni internazionali tra paesi capitalisti si scontrano parti contendenti ognuna delle quali subisce gli imperativi del sistema di relazioni sociali del proprio paese perché si ostina a stare a galla di una corrente (di un corso delle cose) che distrugge la sua autorità, la stabilità del sistema di relazioni sociali vigente nel proprio paese e il funzionamento del sistema di relazioni internazionali di cui entrambi i paesi fanno parte. La sostituzione degli individui e dei partiti non cambierebbe niente: bisogna cambiare in ogni paese il sistema di relazioni sociali e di conseguenza il sistema di relazioni internazionali. Per non subire la crisi del capitale, bisogna farla finita con il modo di produzione capitalista.

 

Avviso ai naviganti 8 (Don Chisciotte)

A proposito della crisi per

sovrapproduzione assoluta di capitale

www.nuovopci.it/dfa/avvnav08.html

Chi indica l’esempio della Germania come indice che è possibile uscire dalla crisi senza instaurare il socialismo, è completamente fuori strada. Le caratteristiche, le forme e i tempi della crisi in Germania sono dettati dalla posizione particolare che la Germania occupa nell’Unione Europea e nel mondo. La borghesia imperialista tedesca ha finora tenuto buoni gli operai e le masse popolari con un sistema di ammortizzatori sociali: i salari sono relativamente alti, i sussidi numerosi, gli investimenti per ricerca e innovazione importanti, elevate sul totale del prodotto nazionale le esportazioni in Europa, negli USA, nei paesi emergenti e nel resto del mondo. La borghesia imperialista tedesca fa mille sforzi per tenere bassa la disoccupazione, perché ha paura degli operai e delle masse popolari tedesche.

Ma la dipendenza della Germania dai paesi emergenti (Brasile, India, Cina, Russia, ecc.) è un elemento di fragilità. Questi a loro volta dipendono in misura determinante dal mercato mondiale, quindi dalle potenze che dominano il sistema di relazioni internazionali. I contrasti di classe sono enormi in ognuno di questi paesi. Decine di milioni di esseri umani in Cina e negli ex paesi socialisti vivevano dignitosamente benché ancora poveramente e non all’altezza delle più avanzate possibilità di cui oggi l’umanità dispone: essi in questi anni vengono espulsi dalla terra dove vivevano e costretti a lavorare in condizioni miserabili che non possono fisicamente prolungarsi a lungo. Decine di milioni di esseri umani che in India, in Brasile, nel Bangladesh e in altre neocolonie vivevano in modo primitivo nelle campagne e nelle foreste, vengono costretti ad ammucchiarsi nelle città e a lavorare in condizioni subumane. Le loro campagne passano nelle mani dei grandi monopoli nazionali e internazionali per produrre materie prime alimentari o industriali per il mercato mondiale, per la deforestazione, per sfruttare giacimenti di minerali o di combustibili, per costruire zone industriali speciali e installazioni militari, per le grandi opere dettate dalla speculazione finanziaria. In questo modo di contro a una maggioranza della popolazione più miserabile di prima, cresce un’economia mercantile e  capitalista nuova con una “classe media” benestante di agenti padronali, di piccoli capitalisti, di funzionari e di tecnici, il PIL aumenta, le entrate dei governi aumentano. Ma il mercato mondiale viene invaso da beni e servizi prodotti a un costo infimo e nei paesi imperialisti aumenta la disoccupazione, dilagano i lavori precari e in nero, vengono cancellati i diritti democratici e civili ed eliminate le conquiste di civiltà e benessere strappate nel passato. Chi non vede che l’evoluzione in corso nei paesi emergenti è una forma della crisi generale, va incontro a grandi sorprese.

La Germania dipende in modo determinante da questa situazione. L’equilibrio su cui reggono gli affari della borghesia imperialista tedesca e da cui dipende la popolazione tedesca è un equilibrio che certamente non durerà a lungo, anche se è impossibile dire con precisione quando si spezzerà e come, perché questo dipenderà anche dagli operai e dai lavoratori tedeschi e in una certa misura anche dal contesto internazionale e quindi anche da noi. Ma che si spezzerà è certo, tanto l’equilibrio è fragile.

Ciro L.

 

La Voce n. 40
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