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  La Voce 40 del (nuovo)Partito comunista italiano

Per capire meglio in cosa consiste il regime della controrivoluzione preventiva
 

Lettera a un giovane studente che ha chiesto spiegazioni sulla controrivoluzione preventiva (sta leggendo il Manifesto Programma del nuovo Partito comunista italiano)

 

Rispondo qui di seguito alla tua richiesta di spiegazioni sulla “controrivoluzione preventiva”.

In realtà il Manifesto Programma (MP) del nuovo Partito comunista italiano parla di “regime di controrivoluzione preventiva”, non di “controrivoluzione preventiva”.

La differenza?

Cosa significa “controrivoluzione preventiva” lo dice l’espressione stessa, con chiarezza. Sono le azioni che lo Stato compie per stroncare la rivoluzione prima che la rivoluzione ci sia effettivamente, volte a prevenire che si sviluppi, quindi a eliminare le condizioni che provocano una rivoluzione o permettono che si sviluppi.

Ovviamente non è questa definizione che tu mi chiedi. Tu mi chiedi in che senso e perché noi del nuovo PCI nel nostro MP parliamo di “regime di controrivoluzione preventiva” e diciamo (vedi I quattro temi principali da discutere nel Movimento Comunista Internazionale) che l’incomprensione di questo regime è una delle cause che hanno reso i partiti comunisti della prima Internazionale Comunista incapaci di instaurare il socialismo nei paesi imperialisti durante la prima crisi generale del capitalismo e la prima ondata della rivoluzione proletaria.

 

Quando nel Manifesto Programma (MP) tra pag. 46 e pag. 56 (cap. 1.3.3.) parliamo di regime di controrivoluzione preventiva ci riferiamo a un regime politico, a un insieme di misure, procedimenti, istituti e istituzioni messe in opera dalla classe dominante (principalmente la borghesia imperialista) nei paesi imperialisti a partire dagli USA all’inizio del secolo XX e poi adottate con delle varianti dalle classi dominanti di altri paesi imperialisti, in particolare in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945).

Altre organizzazioni, scrittori e pubblicisti usano l’espressione controrivoluzione preventiva in un senso diverso: nel senso generico di repressione, di misure di polizia o affini volte a prevenire lo scoppio della rivoluzione socialista, a reprimere e punire lavoratori, studenti e altri prima ancora che compiano azioni che le leggi della classe dominante qualificano come reato, quelle azioni che un esponente della sinistra borghese come José Bové, dichiara “legittime benché illegali”. Succede spesso che un vocabolo o un’espressione hanno accezioni (significati) diverse. Se si apre un vocabolario della lingua italiana, lo si vede subito: ad ogni termine corrispondono significati diversi (vedere ad esempio il termine regime su un qualsiasi vocabolario). È dal contesto che un lettore o un ascoltatore capisce in quale accezione chi scrive o parla usa il vocabolo.

 

Nel Manifesto Programma e di regola nella letteratura e nella propaganda del (nuovo) Partito comunista italiano l’espressione controrivoluzione preventiva è usata per indicare il regime politico di cui sopra, instaurato a partire dall’inizio del secolo XX nei paesi imperialisti. Da una recensione che recentemente ho letto (il manifesto 24.12.2011, articolo di Mauro Trolla) credo che il romanzo di Valerio Evangelisti One big Union descriva bene il contesto di lotta di classe in cui negli USA la borghesia imperialista instaurò simile regime.

Quindi noi del (n)PCI parliamo di “regime di controrivoluzione preventiva”, più che di “controrivoluzione preventiva”. Nelle righe che seguono do alcune informazioni, con l’obiettivo di rendere più chiaro quanto esposto nelle pagine 46 - 56 del MP a proposito del regime di controrivoluzione preventiva instaurato nei paesi imperialisti e sostanzialmente ancora vigente (benché oramai sia in via di trasformazione, corroso dalla seconda crisi generale del capitalismo che  incrina alcuni dei cinque pilastri su cui poggia).

Trattandosi del regime politico, sono costretto a richiamare alcune nozioni sulla politica: cosa è la politica?

Chi è immerso nell’aria non si rende conto di essere immerso nell’aria. Se ne rende conto quando gli manca o quando cambia aria, quando ci sono nell’aria sommovimenti che lo scuotono e scuotono le cose attorno a lui. Lo stesso vale per l’ordinamento sociale e il regime politico. Un individuo ci è nato e lui ci vive da sempre. Gli sembra naturale. Non pensa neanche che ce ne possa essere un altro, che possa essere diverso. Non si chiede come si è formato e perché, come cambiarlo. La risposta a queste domande è la coscienza politica. Per questo diciamo che bisogna elevare la coscienza politica delle masse popolari.

In ogni paese attualmente vi è uno Stato: un insieme di istituzioni, frutto della storia che il paese ha alle spalle, con cui le classi dominanti del paese tengono sottomessa la massa della popolazione. Lo Stato è una particolare forza di repressione. Spesso con lo stesso termine, ad esempio Italia, si indica sia il paese sia lo Stato che comanda in quel paese: l’insieme di istituzioni (capo dello Stato, governo, ministeri, camere rappresentative, prefetture, forze armate, polizia, magistratura, ecc.) che dettano norme di comportamento (leggi e regolamenti), le fanno osservare punendo chi le trasgredisce, forniscono alcuni servizi pubblici, riscuotono tasse, impongono prestazioni (lavori pubblici obbligatori) e servizi (ad esempio il servizio militare).

Il compito principale dello Stato, da cui derivano e su cui nel corso della storia si sono sviluppate le altre sue funzioni, è tenere sottomessa la popolazione alla classe dominante. In altre parole, questo si chiama mantenere l’ordine pubblico: in ogni paese in cui esiste un sistema di rapporti sociali che implica l’esistenza di una classe dominante, questa forma lo Stato.

Mantenere l’ordine pubblico è cosa distinta dal reprimere, neutralizzare o prevenire i comportamenti asociali di singoli individui (accidentali, arbitrari), indicati dalle leggi o fissati dalla tradizione e dalla cultura (ad esempio, la poligamia da noi è un reato, in altri paesi no; idem per la schiavitù, per i rapporti sessuali di adulti con minorenni, ecc.). Questo si faceva anche prima che si formasse lo Stato, nelle società più primitive. Lo si farà anche nelle società del futuro, quando non esisterà più Stato perché non esisterà più classe dominante: la popolazione (l’umanità) non sarà più divisa in classi di sfruttati e sfruttatori, di oppressi e oppressori.

Mantenere l’ordine pubblico significa fare in modo che la massa della popolazione obbedisca alle leggi e segua le abitudini che la classe dominante ha stabilito e che comunque tutela tramite lo Stato, benché esse siano in contrasto con gli interessi e le aspirazioni o i bisogni almeno di una parte importante della popolazione (se non ci fosse questo contrasto, non occorrerebbe costringere). Quindi implica un sistema di relazioni sociali caratterizzato dall’antagonismo tra classe dominante e il resto della popolazione. Lo strumento di ultima istanza per mantenere l’ordine pubblico è la forza pubblica e i suoi strumenti (armi, prigioni, ecc.).

I paesi moderni sono paesi borghesi, cioè il modo di produzione dirigente e principale è il modo di produzione capitalista, illustrato nel cap. 1.1.2. del MP. Il nocciolo di questo modo di produzione è costituito dal capitalista, proprietario dei mezzi e delle condizioni della produzione, che per valorizzare il suo capitale assume in cambio di un salario dei proletari e fa loro produrre beni o servizi che egli vende sul mercato. La classe dominante è la borghesia (così si chiama la classe dei capitalisti). In Europa per ragioni legate alla storia della lotta di classe, la borghesia a partire dagli ultimi decenni del secolo XIX ha associato a sé il clero, in particolare il clero della Chiesa Cattolica Romana (che era una delle principali istituzioni della società feudale che caratterizzò gran parte dei paesi europei dall’epoca delle “invasioni barbariche” fino al secolo XV) e altri residui delle vecchie classi dominanti dell’epoca feudale.

Nella società borghese, per motivi inerenti alla natura del sistema capitalista di relazioni sociali, lo Stato oltre che tutelare l’ordine pubblico, si occupa anche che la produzione e riproduzione delle condizioni materiali dell’esistenza  della società avvengano senza gravi intoppi. Si occupa del sistema monetario e bancario, dei pesi e delle misure, del diritto civile, dell’istruzione pubblica, dell’igiene, dei sistemi di comunicazione, di alcuni servizi pubblici e di altre cose. Si occupa anche, in maniera più o meno diretta, dell’apparato industriale e commerciale, della produzione e della distribuzione dei beni e dei servizi (cioè della produzione e circolazione delle merci). Nelle società borghesi vi sono sempre stati dei contrasti a proposito della sfera dell’intervento diretto dello Stato: tra chi sostiene che lo Stato deve occuparsi direttamente solo di poche cose (i liberisti) e quelli che sostengono un intervento più ampio dello Stato. Per resistere al movimento comunista la borghesia ha molto sviluppato le funzioni economiche dello Stato (industrie pubbliche, servizi pubblici, sistemi di sicurezza in casi di malattia, maternità, disoccupazione, vecchiaia, inabilità al lavoro).

Una delle caratteristiche del sistema capitalista di relazioni sociali sono le crisi economiche, sconosciute prima all’umanità: l’arresto della produzione e circolazione di beni e servizi a causa dell’abbondanza di essi. Il sistema capitalista di relazioni sociali implica il carattere sociale delle forze produttive: la produzione delle merci (beni e servizi) è fatta da unità produttive dove lavorano numerosi operai, ognuna specializzata a produrre una o alcune merci, che scambia con altre unità produttive o con le agenzie di distribuzione al consumo. Ogni unità produttiva vende e compera: in questa circolazione di merci si creano ingorghi. Lo Stato interviene con la sua autorità e le sue istituzioni per scioglierli o attenuarli.

La popolazione dei paesi borghesi è in gran parte urbana; lavora in gran numero in complessi industriali, commerciali o in uffici privati o pubblici; frequenta scuole, chiese, club e luoghi pubblici: quindi è aggregata in gruppi, con opinioni e comportamenti comuni; le notizie si diffondono facilmente grazie ai mezzi di informazione (che possono anche essere di disinformazione, di intossicazione e di diversione: di condizionamento delle coscienze). Molte persone sono a contatto tra loro. Molte fanno parte di associazioni e organizzazioni di categoria e territoriali, con organismi dirigenti, che sono in grado di mobilitare masse considerevoli della popolazione, di concentrare la loro attenzione su un tema, in breve di unificare il comportamento di un gran numero di persone. Le classi (la cui nascita e la cui natura sono illustrate nel cap. 1.2 del MP a cui rinvio) nella società borghese danno luogo a organizzazioni che dirigono la loro azione nella lotta. Le organizzazioni principali, tipiche della classe operaia sono i sindacati e il partito (socialista si chiamava fino alla Prima Guerra Mondiale e comunista si è chiamato dopo la Prima Guerra Mondiale).

Tenere sottomessa una popolazione del genere nonostante i contrasti che oppongono parti importanti di essa alla classe dominante è un’arte che la classe dominante possiede per tradizione e che sviluppa facendo fronte alle necessità. Il regime politico è l’insieme delle istituzioni e degli istituti messi in opera allo scopo e delle concezioni, teorie, leggi e regole che guidano le persone e gli organismi che si occupano di elaborarle e metterle in opera.

La lotta di classe nei paesi capitalisti è principalmente lotta tra la borghesia e la classe operaia.

Il movimento operaio è nato dapprima come movimento rivendicativo. Riguardava principalmente salari e le condizioni di lavoro e la controparte era il capitalista. Poi ha riguardato le condizioni generali di vita (abitazioni, igiene, istruzione, diritti, legislazione sociale) e la controparte è diventato anche lo Stato dei capitalisti.

Il movimento comunista (socialista) è lo sviluppo più avanzato del movimento operaio: la classe operaia lotta per instaurare il socialismo e il comunismo, un sistema di relazioni sociali in cui gli strumenti e le condizioni del lavoro sono di proprietà pubblica (come oggi lo sono le strade o l’illuminazione pubblica), il loro funzionamento e l’attività degli individui con essi (il lavoro) è deciso dai lavoratori organizzati e gestito e regolato secondo un piano come oggi lo sono la combinazione di giorni lavorativi e di feste, i settori soggetti alla legislazione sociale, ecc. La distribuzione dei prodotti tra individui e altre unità di consumo e le unità produttive è anch’essa regolata dai lavoratori organizzati tramite un piano pubblico, redatto con criteri pubblicamente definiti e approvati. I piani pubblici hanno come criterio regolatore il benessere individuale e collettivo della popolazione che è anche la misura del successo dell’attuazione del piano.  Quindi la popolazione non è più divisa in classi sociali; non esistono più lo Stato e le altre istituzioni e procedure connesse alla divisione della società in classi dominanti e dominate, di sfruttatori e di sfruttati, di oppressori e di oppressi; la massa della popolazione non è più estromessa dalle attività specificamente umane (per queste rimando alla nota 2 pag. 249 del MP). Per comprendere esaurientemente la nascita e la natura del movimento comunista e del comunismo rimando al MP.

Le relazioni tra gruppi, istituzioni e personalità delle classi dominanti e tra questi e OO, OP e altri gruppi delle masse popolari sono in uno stato di tensione tale che far precipitare la reazione di fusione del sistema di relazioni sociali dipende principalmente dalla nostra capacità di vedere da dove incominciare e di far combinare il materiale trasformato dalla fusione nella costituzione del Nuovo Potere.

Per instaurare il socialismo occorrono determinate condizioni oggettive e determinate condizioni soggettive.

Quali sono le condizioni oggettive che devono essere riunite per instaurare il socialismo in un paese?

In base al marxismo (cioè alla concezione comunista del mondo), le condizioni oggettive per instaurare il socialismo sono due: 1. la parte principale delle attività produttive del paese deve essere già svolta nell’ambito di rapporti di produzione capitalisti, cioè da proletari assunti da capitalisti allo scopo di valorizzare il capitale producendo merci; 2. il livello delle forze produttive disponibili nel paese deve essere tale che la lotta contro la natura per strapparle quanto necessario per vivere è passata, per la massa della popolazione del paese, in secondo piano rispetto alla lotta dei proletari e degli altri lavoratori contro la borghesia e le altre classi sfruttatrici e dominanti perché le forze produttive di cui la società dispone siano effettivamente impiegate per produrre quanto necessario alla popolazione per vivere e perché il prodotto sia ripartito in modo da soddisfare i bisogni di tutta la popolazione.

Una volta che sono create queste due condizioni oggettive del socialismo, l’instaurazione del socialismo dipende principalmente dalle condizioni soggettive. Le condizioni soggettive che devono essere riunite per instaurare il socialismo sono: l’organizzazione e la coscienza dei proletari. In Italia gli oppressi e sfruttati (gli operai e il resto delle masse popolari - per una definizione più precisa rinvio al cap. 2.2. pagg. 166 e 167 del MP) sono gran parte della popolazione. Gli oppressori sono una piccola minoranza. Ma il numero degli oppressi pesa nei rapporti di forza tra le classi solo se è organizzato e se è guidato dalla conoscenza. In sintesi se gli oppressi hanno costituito le forze necessarie per eliminare la resistenza furibonda e ostinata che le classi dominanti oppongono al movimento comunista. La principale delle condizioni soggettive è l’esistenza del partito comunista adeguato al ruolo di avanguardia e Stato Maggiore della classe operaia che lotta per instaurare il socialismo.

 

Nei paesi dell’America del Nord e dell’Europa le due condizioni oggettive dell’instaurazione del socialismo esistono dalla fine del secolo XX, da più di cento anni. Da allora la questione determinante sono le condizioni soggettive. La borghesia dalla Comune di Parigi (1871) e da altri avvenimenti ha tratto la lezione che deve prevenire la rivoluzione socialista. Deve impedire che si formino le condizioni soggettive dell’instaurazione del socialismo. Deve orientare la coscienza della massa della popolazione, delle classi oppresse, in primo luogo degli operai, in modo che non aspirino a instaurare il socialismo. Deve incanalare le classi oppresse in organizzazioni contrarie all’instaurazione del socialismo. Da allora sempre più essa ha orientato l’attività e la conformazione dello Stato e di altre organizzazioni ufficialmente private, perché svolgano un’efficace attività di controrivoluzione preventiva. Da qui i regimi di controrivoluzione preventiva.

Credo che ora, con questa premessa, le dieci pagine del MP dedicate ai regimi di controrivoluzione preventiva siano di facile comprensione.

 Aggiungo solo alcune righe a proposito del primo pilastro del regime di controrivoluzione preventiva (pag. 51), quello che riguarda la coscienza e il comportamento individuali, l’attività intellettuale e la morale degli individui.

 

La storia dei paesi imperialisti negli ultimi 150 anni è zeppa di individui che, parlando dell’esperienza loro o dell’esperienza di altri, concludono che le masse popolari (la classe operaia) non sono state capaci di fare la rivoluzione (ognuno inventa il motivo che gli è più congeniale, tanto si tratta di invenzioni arbitrarie, non sottoponibili a prova). Il principale motivo reale per cui le masse popolari non hanno fatto la rivoluzione socialista è il livello inadeguato dei partiti comunisti. Uno degli aspetti di questa inadeguatezza è il livello morale e quindi intellettuale dei dirigenti. La coscienza necessaria a promuovere e dirigere la rivoluzione socialista non è insegnata nelle scuole e non è patrimonio comune. A un certo livello di conoscenza delle cose ci si arriva solo se si ha la volontà di lottare e si lotta con decisione: quindi il risultato intellettuale (la profondità della comprensione, della conoscenza) dipende dalla morale, dal comportamento e dalla volontà. Chi non cerca, chi è indolente, chi si soddisfa nei [si esaurisce nei, è soddisfatto dei, si ferma ai, si accontenta dei] minuti piaceri della vita animale che pur esistono in quanto noi esseri umani siamo certamente anche animali, non approfondisce la conoscenza della realtà. Da qui l’importanza del primo pilastro dei regimi di controrivoluzione preventiva. Questa è la chiave per comprendere perché nei più ricchi paesi del mondo il degrado intellettuale e morale, lo sbandamento e l’evasione, la droga, l’autolesionismo, il suicidio, l’ignoranza, la criminalità gratuita e altri comportamenti individuali devianti sono tanto diffusi, sono caratteristica comune. Per distoglierle dal compito principale che devono risolvere per progredire (l’instaurazione del socialismo), la borghesia e il clero spingono le masse popolari a non capire il mondo in cui vivono (l’ignoranza) e a non sapere perché vivere (non fare scelte di vita), nonostante la ricchezza di mezzi e di tempo di cui dispongono.

 

Questo è tutto. Dimmi se è quello di cui avevi bisogno e che mi hai chiesto.

Se restano punti oscuri, indicameli in dettaglio.

Nicola P.

 

 

La Voce n. 40
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