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  La Voce 40 del (nuovo)Partito comunista italiano

I comunisti mobilitano le masse popolari a lottare contro gli effetti della crisi e per instaurare il socialismo

Per realizzare la rinascita del movimento comunista e instaurare il socialismo, in ogni paese i comunisti devono tracciare, a grandi linee, il percorso per raggiungere l’obiettivo e seguirlo con tenacia e flessibilità.

Nel novembre 2011 i vertici della Repubblica Pontificia (RP) sono riusciti a venire a capo di Berlusconi che avevano installato al governo poco più di tre anni prima, nell’aprile 2008, sostituendolo a Prodi.

Questo è un indice di quanto si era fatta critica nel mondo e nel paese la loro posizione di vasi di argilla tra vasi di ferro. La perdita della Libia ha il suo peso e gli attuali avvenimenti in India e in Nigeria mostrano che la RP si è coinvolta in un ginepraio di cui i suoi vertici non amano che si parli. Essi sono presi tra l’incalzare della crisi del capitalismo, gli effetti dell’attuazione del “programma comune della borghesia imperialista”, i progressi della resistenza delle masse popolari: il corso aperto dallo schieramento della FIOM nel campo della resistenza tra giugno e ottobre 2010, l’esito delle elezioni amministrative di aprile 2011 con gli sviluppi a cui ha dato luogo e che si gonfiano di giorno in giorno (questione che noi abbiamo chiamato delle Amministrazioni Locali d’Emergenza - ACE/ALE), i risultati dei referendum di giugno 2011 e il fronte di lotta per la loro applicazione nel settore dei servizi pubblici (“beni comuni”) che il “programma comune della borghesia imperialista” invece pretende privatizzare ancora di più, le resistenze di nuovo tipo come quella del movimento NO TAV della Val di Susa (che noi comunisti dobbiamo studiare meglio per valorizzarne a pieno le potenzialità nell’ambito della guerra popolare rivoluzionaria), le combattive manifestazioni di piazza tipo quella del 15 ottobre 2011 a Roma, le mille crescenti forme di resistenza diffusa sia della classe operaia e dei suoi stretti alleati, sia dei lavoratori autonomi, dei professionisti, dei proprietari di aziende individuali o familiari (cioè della classi non proletarie delle masse popolari che sono a metà strada tra il proletariato e la borghesia imperialista). La resistenza delle masse popolari ha trovato 1. nella FIOM e nei sindacati alternativi (preziosa eredità dei trent’anni passati), 2. nelle mille iniziative di OO e di OP (costituite formalmente o anche solo di fatto o che sorgono improvvisamente “dal nulla”: da iniziative pressoché individuali) altrettanti centri di aggregazione e di rilancio che la rafforzano e ne permettono l’ulteriore sviluppo. La nostra opera e perfino le azioni pur sconclusionate di tante FSRS, di tanti gruppi della sinistra borghese, persino dei frammenti derivati dalla sua esplosione dell’aprile 2008 (dopo che le elezioni hanno eliminato dal Parlamento i partiti della sinistra borghese che pretendevano di giocare nelle istituzioni borghesi il ruolo di sponda politica delle lotte rivendicative delle masse popolari) esercitano il loro effetto tra le masse popolari: ravvivano, destano speranze e fiducia, provocano aggregazioni, sviluppano la coscienza e favoriscono l’organizzazione.

I vertici della Repubblica Pontificia hanno quindi trovato il coraggio della disperazione e hanno indotto Berlusconi a dare le dimissioni.

Non è possibile dire in dettaglio quali concessioni hanno fatto alla criminalità organizzata e a Berlusconi personalmente, per indurlo a dimettersi. Certamente hanno contribuito gli aiuti venuti dall’estero nella forma di pressioni finanziarie sui titoli Mediaset e di minacce di sollevare altri scandali a partire dalle tracce sparse in varie parti del mondo delle manovre finanziarie e delle operazioni criminali di Berlusconi e della sua banda e, dall’altra parte, l’assicurazione di mettere sul passato una pietra (vedi la sentenza di scadenza termini del 25 febbraio al processo Mills di Milano) che giova a tutte le parti, Carlo De Benedetti compreso. La sentenza della Cassazione del 9 marzo 2012 è stata coperta in qualche maniera dalla retorica funeraria a proposito del sindacalista Placido Rizzotto (uno delle decine di comunisti e sindacalisti uccisi nei vent’anni successivi al 1945 dalla mafia protetta dal regime DC, dai suoi CC e dal clero) e dalla riscoperta dei meriti antimafia del generale Alberto Della Chiesa e persino di quelli di G. Caselli, l’attuale persecutore dei partigiani del movimento NO TAV. Ma essa di fatto comporta l’assoluzione di Marcello Dell’Utri e di altri collusi  eccellenti con le Organizzazioni Criminali. La sentenza quindi conferma che le OC hanno avuto la loro parte in cambio dell’accettazione delle dimissioni di Berlusconi. L’accresciuto ruolo assunto dalle OC nei vertici della Repubblica Pontificia con la discesa in campo di Berlusconi nel 1992-93 (governo Ciampi), è stato certamente confermato dagli accordi del 2011 che hanno portato alla sua uscita di campo (governo Monti). Che valga per quelli che nutrono e diffondono illusioni sulla lotta della Repubblica Pontificia per la legalità, contro la criminalità organizzata, la corruzione e l’evasione fiscale.

Comunque, in barba alla democrazia, i dettagli dell’operazione per ora restano in larga misura nascosti dietro le quinte del teatrino della politica borghese. Berlusconi si è dimesso e i vertici della Repubblica Pontificia hanno prontamente messo in sella Mario Monti e la sua squadra di banchieri bocconiani che si erano riuniti in sacrestia (riunione di Todi con il cardinal Bagnasco, 17 ottobre 2011).

Per tenere assieme il PdL Berlusconi finge di essere ancora una mina vagante nel mondo politico borghese, ma con gli accordi di fine 2011 ha perso la sua forza di ricatto ed è a sua volta imbrigliato e minacciato. Con le dimissioni è passato dalla posizione di ricattatore a quella di ricattato, sia pure a sua volta con armi di ricatto in mano. Persino Bossi ha a metà rotto con lui perché sa che ora può farlo e altri hanno buoni argomenti perché lo faccia (l’improvviso “coraggio” di Maroni e il procedimento giudiziario contro Davide Boni & C a Milano sono indizi di quello che bolle in pentola).

Ma tutto questo fa parte del fango della Corte Pontificia e della sua dependance del Quirinale: è il fango della Repubblica Pontificia. Bisogna tenerne conto nel senso di aver chiaro, nel disporre le nostre battaglie (ad esempio nelle prossime elezioni amministrative di maggio), che la fragilità del governo Monti (l’ingovernabilità dall’alto) non proviene da Berlusconi personalmente, ma anche dalla fragilità del partito dei berlusconiani del cui sostegno in Parlamento il governo Monti ha bisogno per salvare le apparenze (che nella concreta situazione della Repubblica Pontificia e per la mentalità curiale e clericale della borghesia imperialista italiana hanno la loro importanza pratica). Il PdL è a rischio implosione: i paggetti e le ballerine che vivevano del ruolo di Berlusconi ora sono alla ricerca ognuno di una propria collocazione. Con le dimissioni di Berlusconi, a rischio d’implosione lo è però anche il PD e con esso tutto il sostegno parlamentare all’operazione Monti. Gli scandali Lusi e Conti sono mine vaganti tra PD e UdC. La prosecuzione da parte della FIOM del ruolo che essa a partire dal 2010 ha assunto nella resistenza popolare, porta alla rottura del PD: una parte del PD non si metterà contro la FIOM e i sindacati che si aggregheranno alla FIOM. Inoltre con le dimissioni di Berlusconi è venuto meno il cemento dell’antiberlusconismo che teneva insieme intellettuali progressisti e vari gruppi politici. Ora ognuno di questi deve ridefinire il suo ruolo e la sua posizione: da qui l’attendismo e le oscillazioni iniziali di varie personalità e gruppi di fronte all’operazione Monti.

 

Insomma, i mille motivi dell’ingovernabilità dall’alto restano, anche se le forme e le manifestazioni in parte cambiano. Ma noi usiamo l’ingovernabilità dall’alto a vantaggio delle masse popolari nella misura in cui crescono le tre condizioni della costituzione del Governo di Blocco Popolare e l’ingovernabilità dal basso con al suo centro il movimento per la costituzione del GBP. L’ingovernabilità del paese deve essere finalizzata, nei fatti e nella coscienza delle masse popolari, alla costituzione del governo d’emergenza delle OO e OP: questa è una discriminante importante e principio dirigente della nostra attività. Quindi ai fini della nostra lotta è importante una giusta comprensione della situazione in cui si trovano le masse popolari ora che il governo Monti è installato al posto di Berlusconi e i tristi accoliti e gli ipocriti pedofili di Monti hanno preso i posti dei paggetti e delle ballerine di Berlusconi.

Il programma che il governo Monti deve attuare, rapidamente e tante senza storie, nella sostanza resta il “programma comune della borghesia imperialista” che già i governi Prodi e i governi Berlusconi dovevano attuare (e hanno in parte attuato): un insieme di misure antipopolari in campo economico, politico e culturale, nel paese e nelle relazioni  internazionali, che però si inaspriscono man mano che si aggrava la crisi (se il governo italiano è arrivato a pattugliare l’Oceano Indiano, ora deve fare i conti con le conseguenze) e si restringe la base della loro applicazione: le ricchezze che la borghesia imperialista può depredare a vantaggio del capitale speculativo, finanziario e monopolistico, i diritti che può togliere alle masse popolari, la base di lavoratori che può spremere.

 Le banche non prestano agli “operatori dell’economia reale” i soldi che ricevono dalla BCE e dai governi, perché guadagnano di più operando nel mercato finanziario e nella speculazione (sui titoli finanziari o sulle merci).

Per condurre con efficacia la rivoluzione socialista in Italia e anche solo per far fronte per quanto possibile con lotte rivendicative agli effetti della crisi, bisogna inquadrare il corso delle cose in Italia nel contesto mondiale di cui fa parte.

La crisi del capitalismo in corso nel mondo non è prodotta né governata dalla borghesia imperialista, né da gruppi di essa né dalle sue istituzioni internazionali o di singoli paesi. Solo una concezione apologetica, soggettivista e moralista della società borghese porta a ritenere che la crisi del capitalismo è un “piano del capitale”, un disegno di oscuri centri americani, sionisti o altri. Concezione apologetica perché attribuisce alla società borghese una razionalità, coerenza e coesione (e quindi una capacità di autocorrezione sia pure sotto minaccia) che non ha e per sua natura non può avere. Concezione soggettivista e moralista perché mette in primo piano, come fattori d’importanza strategica, l’iniziativa, le concezioni e le intenzioni dei singoli e dei gruppi e nasconde il ruolo della natura intrinseca, caotica e oggettiva, primitiva del sistema capitalista.

La lotta per eliminare il capitalismo non consiste nel punire i capitalisti per i loro delitti né nell’educarli (“colpirne uno per educarne cento”). La borghesia per sua natura, per la natura del sistema di relazioni sociali di cui è alla testa (giustamente Marx diceva che i capitalisti sono ognuno “funzionario del suo capitale”) e di cui è beneficiaria, non governa la struttura economica della società borghese. Essa come classe, gli individui e i gruppi che la compongono e le istituzioni (internazionali o di singoli paesi) di cui si è dotata (le Forme Antitetiche dell’Unità Sociale - FAUS) si dimenano e si dibattono in manovre più o meno idonee al fine particolare perseguito, più o meno coerenti o abili, più o meno ciniche, ipocrite o criminali per prolungare la vita del sistema di relazioni sociali e del sistema di relazioni internazionali che ereditano dalla storia e ogni gruppo per valorizzare il suo capitale. Ma per la borghesia la crisi del capitalismo è un fatto oggettivo, che sfugge al suo controllo, con cui essa deve fare i conti, come li farebbe con un fenomeno naturale, un terremoto, un maremoto o una tromba d’aria: il sistema capitalista è un sistema primitivo di organizzazione sociale oramai superato che la specie umana deve sostituire e che in concreto solo le masse popolari organizzate e dirette dai comunisti possono sostituire. Nel cataclisma della crisi del capitalismo, la borghesia può solo cercare di sopravvivere preservando i propri privilegi, le proprie abitudini, i propri agi e il propri lussi (in sintesi la propria natura, di cui è prigioniera) e scaricando i danni sulle masse popolari. La crisi del capitalismo in corso è una crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale: chi si ostina a negare questa sua natura, a non riconoscerla e a non studiarla, resta sorpreso dagli eventi, come nel 2007 è rimasto sorpreso dal precipitare della crisi, resta ancorato a concezioni apologetiche, soggettiviste e moraliste del sistema capitalista che lo condannano ad essere impotente e subalterno alle mosse della borghesia.

La prima crisi di questo genere, quella che si verificò nella prima parte del secolo scorso, diede luogo alla Prima Guerra Mondiale, il suo corso venne determinato dalla prima ondata della rivoluzione proletaria che portò alla creazione dei primi paesi socialisti (in primo luogo l’Unione Sovietica) e si concluse nel 1945 con la Seconda Guerra Mondiale (ricostruzione, supremazia USA nel sistema imperialista mondiale, Accordi di Bretton Woods, ONU, ecc.). La crisi  attuale inizia a partire dagli anni ’70 del secolo scorso.(1)

 1. A proposito della crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale vedasi Avviso ai naviganti 8 (Don Chisciotte) all’indirizzo: www.nuovopci.it/dfa/avvnav08.html

 

Da allora la borghesia imperialista, favorita dalla lentezza con cui procede nel mondo la rinascita del movimento comunista, è riuscita a tirare in lungo per più di trent’anni con le misure che compongono i sette capitoli

1. finanziarizzazione (gonfiamento del capitale finanziario e ancora più del capitale speculativo),

2. privatizzazione dei servizi pubblici e dei settori pubblici dell’economia,

3. delocalizzazione degli apparati produttivi nei paesi arretrati e negli ex paesi socialisti,

4. mondializzazione, globalizzazione, esternalizzazione,

5. riduzione o eliminazione delle conquiste di civiltà e di benessere che la classe operaia e le masse popolari avevano strappato alla borghesia imperialista sulla scia della prima ondata della rivoluzione proletaria,

6. saccheggio dei paesi arretrati e degli ex paesi socialisti,

7. inquinamento e distruzione del pianeta.

La crisi è precipitata nella sua fase terminale alla fine del 2007. Ora sono quattro anni che la situazione si è fatta via via più seria. Le misure prese nei trent’anni precedenti sono a loro volta diventati fattori che rendono più difficile le manovre e più grave la situazione dei singoli paesi e instabile il sistema di relazioni internazionali. L’ulteriore corso della crisi sarà determinato dalla lotta tra le classi e dalle lotte tra i gruppi imperialisti e le potenze mondiali, dalla mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari o dalla mobilitazione reazionaria delle masse popolari o dalla combinazione e dallo scontro delle due.

 Due vie opposte - Di fronte alla crisi del capitalismo:
la borghesia imperialista, il clero e i loro seguaci e agenti ricorrono a manovre d’ogni genere che forniscono più soldi e potere alle banche, alle istituzioni finanziarie e ai grandi capitalisti;
le OO e OP devono costituire un loro governo d’emergenza che operi secondo il programma delle Sei Misure Generali.

Ma il movimento comunista non è un gruppo o un’istituzione di interpreti e osservatori. Tale è solo nella testa di chi lo riduce o lo confonde con il coro di intellettuali della sinistra borghese, alcuni dei quali si dichiarano anche comunisti. Questi infatti si dedicano a interpretare, descrivere e prevedere le mosse, le contromosse e le contorsioni dei gruppi e delle istituzioni della borghesia imperialista. Il movimento comunista è uno dei protagonisti dello scontro in atto. Più ancora, dipende principalmente dalla concezione del mondo che lo guida e dalla sua linea che sia il protagonista principale, quello che detta la musica a cui nel campo della borghesia imperialista i suoi esponenti e le sue istituzioni ballano finché non affondano. La sinistra borghese per sua natura corre dietro alle manovre della borghesia imperialista, è sulla difensiva, è contro (quindi appare conservatrice rispetto alla borghesia: “contro ...”, “... non si tocca”, ecc. sono espressioni che compaiono correntemente nelle sue parole d’ordine). Noi comunisti, man mano che padroneggiamo e applichiamo la nostra concezione del mondo, sviluppiamo le nostre forze e assumiamo l’offensiva, costringeremo la borghesia imperialista a rincorrere le nostre mosse e a difendersi dalle nostre campagne.

Lo sviluppo della rivoluzione socialista in uno o più paesi imperialisti determinerà il corso delle cose nei prossimi anni.  Se noi comunisti non saremo capaci di condurre abbastanza rapidamente la rivoluzione socialista, di costruire rapidamente il Nuovo Potere determinando così l’andamento dello scontro di classe e quindi il corso delle cose nel mondo, sarà la guerra imperialista a determinare il corso delle cose nei prossimi anni. L’instaurazione del socialismo in uno o più paesi imperialisti è la via più diretta, meno distruttiva e meno dolorosa per le masse popolari per porre fine alla crisi attuale. E comunque, visto che la specie umana non si autodistruggerà, solo l’instaurazione del socialismo almeno in alcuni paesi imperialisti porrà fine a questa crisi, sia che la rivoluzione socialista prevenga la guerra imperialista, sia che essa trionfi nel corso della guerra imperialista.

 

In questo quadro bisogna considerare il corso delle cose nel nostro paese governato dalla Repubblica Pontificia. La particolarità più importante del nostro paese, quella che lo caratterizza tra gli altri paesi imperialisti e lo distingue da ogni altro, quella che gli opportunisti di ogni specie rifiutano di riconoscere perché hanno paura di affrontarla, consiste appunto nel dominio che su di esso esercita la Corte Pontificia con le sue ramificazioni, appendici e istituzioni. Oltre che esercitare una sua azione diretta, la Chiesa Cattolica ha mantenuto la borghesia imperialista italiana in uno stato particolare di debolezza, una specie di cronica infezione anemica, di cui dobbiamo tener conto nel tracciare la nostra linea e condurre la nostra lotta. Per questo, oltre che per altri motivi relativi alla Germania su cui qui non mi soffermo,(2) è una stupidaggine velleitaria il predicare alla borghesia italiana di imitare la borghesia tedesca e illudersi che possa essere una predica di qualche efficacia. Le prediche che Maurizio Landini e altri rivolgono ai sacrestani bocconiani alla Monti e ai “capitani coraggiosi” di D’Alema e di Sergio Rizzo (Corsera 14 marzo) perché presentino “piani industriali” e addirittura “piani industriali ecologicamente sostenibili”, sono alibi per non assumere le proprie responsabilità politiche e restano comunque parole al vento.

 2. A proposito della leggenda metropolitana della Germania florida e del ruolo di gendarme che la borghesia imperialista tedesca e le sue autorità eserciterebbero in Europa, vedasi in questo numero di La Voce l’articolo Sulla leggenda metropolitana della florida Germania.

Ovviamente in ogni paese la lotta di classe, se è condotta in modo efficace (quindi tanto più quanto più è decisa e animata da obiettivi rivoluzionari), attenua, ritarda e condiziona le manovre antipopolari della borghesia e delle sue autorità. Questo vale anche nel nostro paese. Quindi quello che si è riusciti o meno a ottenere sotto i governi Prodi e i governi Berlusconi, in particolare sotto il governo Berlusconi che ha governato gran parte del periodo della fase terminale della crisi (dal maggio 2008 fino al novembre 2011), dipende dalla forza con cui le masse popolari hanno sviluppato la loro resistenza. Sono del tutto secondarie, chiacchiere da salotto, le considerazioni moraleggianti sull’immagine dei due governi che hanno preceduto l’attuale. Se si guarda alla sostanza delle cose e si tiene conto dell’evoluzione della situazione, è difficile dire se alle masse popolari ha fatto più male Prodi pedalando o Berlusconi scopando. Certamente i vertici della Repubblica Pontificia hanno messo in sella Berlusconi perché Prodi si è rivelato incapace di realizzare il programma comune nella misura richiesta. E ora hanno messo in sella Monti perché Berlusconi si è rivelato incapace anch’esso di realizzare il programma comune nella misura richiesta. Monti si è accinto all’opera confidando nel fatto che egli non deve rendere conto agli elettori. Questo però lo mette davanti a un bivio. O in Italia non si faranno più elezioni o i partiti che lo sostengono dovranno togliere il loro appoggio parlamentare a Monti. Indipendentemente da come i vertici della Repubblica Pontificia risolveranno il dilemma, il solo fatto che questo si ponga è molto importante ai fini della nostra linea: costituire un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate (delle OO e OP), il Governo di Blocco Popolare. Quelli che come Giorgio Cremaschi si preoccupano che per costituire un governo bisogna costituire un partito o come dice Paolo Ferrero un “polo della sinistra” che vinca le prossime elezioni, trovano qui la soluzione delle loro preoccupazioni.

 Se noi teniamo l’iniziativa in mano, sono le istituzioni della borghesia imperialista che devono rincorrere le masse popolari, sono sulla difensiva.

Se noi lasciamo l’iniziativa alle istituzioni della borghesia imperialista, sono le masse popolari che devono rincorrere la borghesia imperialista, sono loro sulla difensiva.

Questo vale in ogni campo della vita sociale.

Non si tratta di vincere le elezioni. Si tratta di mobilitare e organizzare su vasta scala le masse popolari e di dare a ogni loro lotta anche l’obiettivo di costituire il GBP. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno confermato che nel nostro paese le masse popolari rispondono positivamente quando gruppi autorevoli li chiamano alla lotta contro il corso delle cose. Quelli che si tirano indietro accampando che le masse sono arretrate, obbediscono a una loro concezione idealista: pretenderebbero che le masse popolari agissero senza direzione e a questa condizione sarebbero disposti a svolgere il ruolo di dirigenti!

Quelli che si ostineranno in simile sciocca concezione, finiranno per confluire nella mobilitazione reazionaria, imprecando contro le masse popolari arretrate.

In realtà la storia che abbiamo alle spalle ha lasciato una grande e positiva eredità nelle masse popolari del nostro paese. Quando un gruppo autorevole lancia l’appello alla lotta contro il regime, le masse popolari rispondono ancora su larga scala, nonostante il declino del movimento comunista che hanno vissuto e le delusioni sofferte. Ma bisogna che il gruppo autorevole sappia dove andare e svolga un’azione coerente con il suo appello ed efficace. Oggi i gruppi autorevoli che la storia ci ha lasciato sono quelli che abbiamo indicato come i tre vivai dei possibili componenti del GBP. Il lato debole della nostra linea sta nel fatto che questi non sanno dove andare e ancora debole è sia la nostra azione per orientarli direttamente sia quella per far leva sulle OO e OP per orientarli. Dobbiamo rafforzarla. Da qui il senso delle sei attività che il Partito ha messo in cantiere: 1. costituzione dei CdP, 2. formazione alla concezione comunista del mondo e alla sua applicazione, 3. lavoro operaio, 4. inchiesta e intervento nelle OO e nelle OP, 5. linea ACE/ALE, 6. operazioni nella seconda gamba (principalmente con l’intervento nelle aggregazioni promosse dagli esponenti più attivi dei tre vivai).

Il successo della nostra linea dipende interamente da noi.

La mobilitazione delle masse popolari attorno alle aggregazioni promosse dagli esponenti più attivi dei tre vivai, come la manifestazione del 31 marzo a Milano indetta dal Comitato No Debito, il movimento NO TAV e le elezioni amministrative di maggio, ci offrono un terreno di intervento (scuola di comunismo e orientamento verso la costituzione del GBP) che sta a noi sfruttare al massimo delle nostre forze. Come sta a noi di volta in volta raccogliere i risultati e rilanciare il movimento a un livello superiore.

Umberto C.

 

 

La Voce n. 40
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