Ritorna all'indice de La Voce 39 /-/ Ritorna all'indice completo dei numeri de La Voce


  La Voce 39 del (nuovo)Partito comunista italiano

Principi e criteri della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata

 

1. Dal caos al concreto di pensiero

 

Nella sua zona operativa ogni CdP ha a che fare con

1. forze politiche, sindacali, associazioni del nostro campo (il campo delle masse popolari), organizzazioni operaie e organizzazioni popolari dagli orientamenti più disparati,

2. forze politiche e istituzioni del campo della borghesia imperialista (borghesia, clero cattolico, redditieri, ecc.)

3. forze politiche, sindacali, associazioni intermedie, esponenti dei tre settori da cui possono provenire i componenti del GBP (sinistra sindacale, sinceri democratici della società civile, esponenti della sinistra borghese non accecati dal loro anticomunismo).

Tutto questo costituisce un insieme che ci sembra caotico, una situazione che diremmo complessa. Effettivamente è complessa, ma non nel senso che è misteriosa e nemmeno che è difficile e tanto meno impossibile per noi conoscerla. È complessa nel senso che non la conosciamo ancora: è composta di molte parti (di gran parte delle quali noi non conosciamo la natura) tra le quali esistono relazioni specifiche che noi conosciamo poco o per niente.

Bisogna scomporre la realtà che abbiamo attorno nelle parti che la compongono (almeno le principali), esaminare ogni parte, almeno le principali (capirne la natura) e capire le relazioni che legano ognuna di esse alle altre. Fatto almeno in una certa misura questo lavoro, dobbiamo ricostruire nella nostra mente l’insieme. Esso a questo punto non ci apparirà più come un insieme caotico. Ma come un meccanismo composto da varie parti ognuna con la sua funzione e connesse tra loro da relazioni funzionali.

Questo è il procedimento di conoscenza che Marx descrive nello scritto Il metodo dell’economia politica www.nuovopci.it/classic/marxengels/ecopol.html. Esso vale a ogni livello, su ogni terreno, per un’azienda, un quartiere, una città, una provincia, regione, paese e per il mondo intero. Tutto è conoscibile, tutto è divisibile, tutto è trasformabile.

Prendete nel Manifesto Programma il capitolo 2.2 Analisi di classe della società italiana. Dopo che lo avete studiato, i circa 60 milioni di abitanti del nostro paese vi appaiono chiaramente suddivisi in due campi e ogni campo a sua volta suddiviso in alcune classi (alcuni individui o gruppi che incontrate nella pratica, vi sembreranno di attribuzione incerta: in questi casi dovete attenervi al criterio di quale è il loro carattere principale). Dove c’era un insieme confuso di circa 60 milioni di persone, esse ora vi appaiono suddivise in alcune classi con relazioni ben definite tra l’una e l’altra. Se procedete ulteriormente, ogni classe vi apparirà nelle sue divisioni ulteriori, sulla base dell’effettivo ruolo che essa svolge nel meccanismo della produzione sociale e degli effettivi rapporti che ha con le altre parti. Avrete così uno scenario in cui collocare e meglio comprendere il comportamento, la concezione del mondo e la mentalità degli organismi e degli individui con cui avete a che fare nel vostro lavoro rivoluzionario, di trasformazione dello stato presente delle cose. Capirete facilmente perché si comportano come l’inchiesta che avete condotto vi ha mostrato, perché pensano al modo che riscontrate e come intervenire (attenzione a non fare il percorso contrario: dedurre dalla posizione di classe il comportamento o la concezione, esimendovi dall’inchiesta sul caso particolare e concreto)

 

Per conoscere, ogni CdP (ogni compagno) deve combinare lo studio e l’azione (la lotta politica). Lo studio deve essere finalizzato all’azione che stiamo preparando sulla base della conoscenza che già abbiamo, al fine di conoscere meglio e fare piani d’azione più mirati ed efficaci. Ogni azione deve accrescere la nostra conoscenza. Se noi prendiamo l’iniziativa e lanciamo lotte, facciamo proposte, il caos via via si dipana, perché ogni organismo e ogni persona che entra nella vita sociale con una certa sua individualità, assume una posizione rispetto alle nostre iniziative.

Se le nostre iniziative sono adeguate, le forze locali sono costrette a schierarsi, farsi conoscere, mostrare la loro natura. Perché? Perché tutti abbiamo un comune referente, le masse popolari da cui tutti dipendiamo. Sulle masse popolari noi comunisti dobbiamo fare leva e darci i mezzi per azionare la leva. Non approfittare di ogni nostra azione anche per accrescere la nostra conoscenza, sarebbe sbagliato. A lungo andare non potremmo condurre avanti la guerra popolare rivoluzionaria.

 

2. La guerra popolare rivoluzionaria che conduciamo in Italia

(dalla lettera a un compagno)

 

Il lavoro che tu stai facendo, non mette in gioco la tua capacità, la tua bravura o le tue doti personali. Invece tu tendi, mi pare, a viverla nei termini di tua prova personale. In realtà non si tratta di vedere se tu sai fare altrettanto bene o meglio qualcosa che qualcuno di noi sa comunque già fare. Tu, come tutti noi, stai (stiamo assieme) lavorando per realizzare un’impresa che nessuno di noi sa fare, che nessuno al mondo ha mai fatto finora: instaurare il socialismo in un paese imperialista. Se tu ti fai prendere dalla biblioteca il libro Gli apprendisti stregoni di Robert Jungk ed. Einaudi 1964 (non è più in vendita, salvo forse in qualche bancherella dell’usato), che racconta magistralmente il lavoro dell’equipe che mise a punto la prima bomba atomica a Los Alamos (USA) negli anni ’40, leggendolo capiresti bene quello che voglio dire. Noi lavoriamo per realizzare un progetto: la GPRdiLD che farà dell’Italia un nuovo paese socialista. Sappiamo che è possibile realizzarlo. Conosciamo le leggi generali che governano la trasformazione che vogliamo compiere. Possiamo ispirarci a criteri generali della scienza e della tecnica della trasformazione sociale, del movimento comunista e della rivoluzione socialista. Ma non abbiamo già fatto, nessuno ha già fatto il percorso che noi stiamo ora facendo, che dobbiamo fare. Così avviene in ogni opera umana che non sia un lavoro ripetitivo, come invece lo è ad esempio sagomare un pezzo di metallo, far avvenire una reazione chimica, lavare i panni: la storia che l’umanità sta facendo è un cammino unico, si compie per la prima volta. Chi ha scoperto l’America, sapeva che la terra era rotonda, ne deduceva che navigando verso occidente doveva arrivare a una terra (era convinto che fosse la stessa a cui i navigatori europei erano arrivati navigando verso oriente, ma questo è secondario), conosceva l’arte del navigare per mare: il resto lo ha messo a punto man mano che l’esperienza gliene forniva gli elementi.

Noi comunisti non conosciamo ancora parti essenziali del nostro lavoro di realizzazione, parti pratiche ma decisive per il processo di realizzazione che è un processo pratico (nel campo della trasformazione della società umana). Non conosciamo tanti passaggi che dobbiamo compiere per realizzare il progetto e raggiungere il nostro obiettivo. Anche il generale che conosciamo, dobbiamo in ogni zona e settore tradurlo nel particolare. Dobbiamo ogni passo compierlo nelle condizioni concrete in cui ci troviamo nel momento in cui lo compiamo. Mettiamo a punto ogni operazione e impresa, provando e riprovando, correggendo e sperimentando. Contemporaneamente costruiamo la scienza di quello che facciamo: essa servirà ad altri che, sia pure in condizioni diverse, in altre zone e circostanze o addirittura in altri paesi replicheranno (il movimento comunista è per sua natura internazionale: non possiamo prescindere da questo aspetto del nostro lavoro). Cerchiamo rapporti con partiti comunisti che stanno realizzando lo stesso progetto in altri paesi imperialisti, da cui possiamo imparare varie cose. Quello che ognuno di noi fa, serve (può servire, quindi dobbiamo farlo servire) agli altri nostri compagni della carovana e del Partito che sono disposti e anzi tesi ad imparare perché anche loro stanno sul loro terreno realizzando lo stesso progetto.

1. Noi dobbiamo imparare a “far montare la maionese” delle lotte rivendicative e politiche che la classe operaia e le masse popolari del nostro paese conducono (e fare di ognuna una scuola di comunismo).

2. Noi dobbiamo (possiamo) valorizzare ogni lotta particolare facendone emergere e valorizzando il suo legame con la lotta del proletariato contro la borghesia e il clero per instaurare il socialismo e su questa base individuare in essa e mobilitare la sinistra, fino a reclutare forze rivoluzionarie che leghiamo stabilmente alla costruzione del Nuovo Potere. In questo rischiamo sempre di cadere nella trappola che i settari alla Proletari Comunisti ci indicano: l’interclassismo e la dispersione nella lotta politica borghese.

3. Noi dobbiamo fare in modo che ogni lotta, oltre a raggiungere l’obiettivo suo proprio, crei nel paese condizioni tali che le lotte successive si svolgeranno a un livello superiore, sempre più alto.

4. Noi dobbiamo valutare ogni operazione condotta, in sintesi, da questo punto di vista: ci ha fornito la base, i punti di partenza per un’operazione superiore? Per quale operazione di livello superiore ci ha fornito spunti e mezzi? Quali nuove forze, risorse o conoscenze ci siamo procurati con questa operazione?

Questa è la strada della GPRdiLD nel nostro paese, quattro principi della GPRdiLD nel nostro paese. È una strada che nessuno finora ha percorso: nessuno ha instaurato il socialismo nei paesi imperialisti. Ma se analizzi alla luce della nostra concezione l’esperienza del movimento comunista nei paesi imperialisti, e particolarmente nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria, vedi che tutto, ogni episodio, dice che le cose sono andate avanti o non sono andate avanti a seconda che il gruppo dirigente del movimento comunista seguiva, sia pure alla cieca, le linee e i principi che noi oggi ci proponiamo di seguire consapevolmente e sistematicamente. Dobbiamo quindi tradurre la concezione comunista nel particolare e applicarla nel concreto della lotta che conduciamo. È un lavoro che impariamo a fare, che facciamo.

Dobbiamo osare entrare nel concreto, analizzare la realtà alla luce della concezione comunista del mondo, osare correggere gli errori, osare avanzare.

Dobbiamo discutere ogni passo particolare in termini di principio. Cosa vuol dire “discutere in termini di principi”? Vuol dire fare l’esame delle relazioni tra di esso e almeno le principali (il numero più alto che siamo capaci di prendere in esame) componenti del contesto in cui esso avviene (il contrario che considerare ogni cosa solo in sé, di andare avanti a naso, prescindendo dal contesto), mettere ben in chiaro la relazione tra il particolare di cui ci occupiamo e la nostra linea generale e la nostra strategia: come si inquadra in essa, come contribuisce a realizzarla, quindi quale è il suo aspetto principale.

Dobbiamo considerare ogni difficoltà, ogni ostacolo, non come impedimento e motivo per lasciar perdere, ma principalmente come oggetto del nostro lavoro: questo consiste nel rimuovere le difficoltà e gli ostacoli che frenano o impediscono che la rivoluzione socialista cresca. Dobbiamo analizzare difficoltà e ostacoli per rimuoverli o trasformarli nel loro contrario, in fattori favorevoli.

Contemporaneamente dobbiamo formare i compagni, raccogliere nuove forze, consolidare le vecchie e trasformarle.

 

3. I progetti dei processi e i processi reali

 

Quando ci accingiamo a un’impresa, come ad esempio indurre un’amministrazione locale a diventare una Amministrazione Locale d’Emergenza (ALE), mobilitare la sinistra del direttivo provinciale della FIOM o altro, noi dobbiamo immaginare il processo che vogliamo far sviluppare, definire i passaggi che lo compongono, i protagonisti, le forme, i nostri interventi. Chiamiamo questo “fare il progetto del processo”. Senza questo immaginare, non avremmo l’iniziativa in mano. Progettiamo sulla base delle conoscenze che abbiamo e supplendo con ipotesi alle conoscenze che non abbiamo, aiutandoci con analogie e con l’intuizione e la fantasia.

Nella realtà i processi poi si sviluppano in forme e per vie in parte diverse da quelle previste. Nel bilancio vedremo poi se il processo reale conferma e in che misura (o smentisce) il processo immaginato: per la direzione in cui è andato, per il contenuto fondamentale.

Le forme sono spesso diverse. Ma questa diversità delle forme reali non diminuisce l’importanza del nostro preventivo immaginare. Se non avessimo immaginato, non avremmo avuto l’iniziativa in mano, non avremmo fatto gli interventi che abbiamo fatto, non avremmo avuto il risultato reale che abbiamo avuto e di cui facciamo il bilancio.

Ogni processo allarga la nostra esperienza, eleva il nostro livello. Ci rende più capaci nel progettare i nuovi processi.

Normalmente ognuno di noi, a secondo della sua personalità e della sua mentalità, tende a deviare in una delle due direzioni opposte. Una deviazione consiste nel buttarsi al lavoro senza progetto, avanzando a naso, basandosi ad ogni passo di fatto sull’intuizione e la sensibilità. La deviazione opposta consiste nell’esitare paralizzati dalla nostra ignoranza, nel restare attaccati ciecamente (senza prestare attenzione, non dare alcuna fiducia alla nostra sensibilità, senza autocritica) al progetto e alla lettera della direttiva, in ogni dettaglio, non cambiare in corso d’opera niente del nostro progetto.

Ogni compagno deve “conoscere se stesso” e conoscere i compagni che dirige. Deve quindi sapere (se si impegna arriva a sapere) quale delle due deviazioni è quella a cui tende, in base alla sua personalità e alla sua mentalità. Vale per lui stesso e per ognuno dei compagni che dirige. Così arriva a dirigersi e a dirigere meglio. A distinguere la ripetizione di un vecchio errore, dalla manifestazione ancora goffa e approssimativa dello sforzo di correggere una deviazione abituale e migliorare: due situazioni che deve affrontare in modi diversi.

 

4. Il marxismo: la scienza con cui guidiamo la nostra attività

 

Il marxismo (il marxismo-leninismo-maoismo, la concezione comunista del mondo) non è solo una dottrina da propagandare, insegnare e imparare. È anche questo. Chi non arriva neanche a questo, è ancora fuori strada. In proposito la nostra concezione è quella enunciata da Lenin (Che fare? in Opere vol. 5, pagg. 341-343, ma soprattutto pag. 343): “da quando il comunismo è diventato una scienza, va trattato come una scienza, va studiato”.

Ma per noi comunisti il marxismo è principalmente una guida per l’azione che svolgiamo per trasformare la società attuale. Cosa che ovviamente presuppone che lo conosciamo, cioè che lo studiamo.

L’uso del marxismo come guida della nostra attività rivoluzionaria, vale sia a proposito della nostra azione per consolidare e rafforzare il Partito (lavoro interno: funzionamento, formazione, reclutamento) sia a proposito del nostro lavoro esterno: sia strategico (lavoro operaio, guerra popolare rivoluzionaria per instaurare il socialismo), sia tattico (costituzione del GBP).

Venendo alla tattica, dobbiamo usare il marxismo come guida sia nella nostra attività verso le OO e le OP (prima e principale gamba), sia nella nostra attività verso gli esponenti della seconda gamba (esponenti della sinistra sindacale, sinceri democratici della società civile, esponenti della sinistra borghese non accecati dal loro anticomunismo).

Nei confronti degli esponenti della seconda gamba che non sono d’accordo con noi, la forza del marxismo sta anche nel fatto che possiamo farli lavorare per noi e secondo la nostra linea (a costituire il GBP) anche se non sono d’accordo. Essi agiscono spontaneamente nella direzione giusta per metà: noi dobbiamo valorizzare questa metà. Più importante di quello che uno di loro pensa, di quello che lo portiamo a pensare, è quello che fa, quello che riusciamo a fargli fare: usando il sistema delle leve (a proposito di questo rimando i lettori all’Avviso ai naviganti 1, www.nuovopci.it/dfa/avviso01.html diffuso il 29 settembre 2011: un organismo piccolo può portare un organismo molto più grande a lavorare secondo la propria linea), la linea di massa e i vari metodi particolari che via via mettiamo a punto. Considerate il caso di Piero Bernocchi: contribuisce a creare la seconda e la terza condizione della costituzione del GBP (ad esempio con il suo attivismo per il successo del 15 ottobre), anche se certamente non è d’accordo con la costituzione del GBP e si oppone con accanimento a rendere il paese ingovernabile da governi emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia!

Il marxismo ci consente di usare a nostro vantaggio una estrema varietà di iniziative, attività e di far lavorare per la nostra causa una grande varietà di personaggi e di organismi. La condizione essenziale è assimilare il marxismo, essere ideologicamente autonomi dalla borghesia (e a questo fine è indispensabile l’appartenenza organizzativa al Partito comunista) e lottare senza riserve traducendo la linea generale nel particolare e attuandola nel concreto.

 

Tonia N.

 

La Voce n. 39
in formato PDF
in formato Open Office - in formato Word