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  La Voce 39 del (nuovo)Partito comunista italiano

La guerra e le discussioni oziose

Cosa diventerà reale tra le cose che ora sono possibili

 

Il sovvertimento delle istituzioni del sistema imperialista mondiale, dell’attuale sistema di relazioni sociali nei singoli paesi e dell’attuale sistema di relazioni internazionali avverrà spontaneamente, cioè senza che sia determinante l’intervento del movimento comunista cosciente e organizzato (mentre ai fini del successo di questo, cioè dell’instaurazione del socialismo, è determinante che esso approfitti del movimento spontaneo).

Un periodo di disordini, insubordinazioni individuali e collettive, vandalismi, violenze e guerre è inevitabile: il disordine, lo scardinamento del vecchio ordine, della sottomissione delle masse alle classi dominanti, è il primo passo anche per la creazione di un ordine superiore, più giusto. Anche nei paesi imperialisti la borghesia già conduce contro le masse popolari una guerra di sterminio non dichiarata. Gli annunci di licenziamenti, chiusura di fabbriche e aziende, riduzione di posti di lavoro, sfratti, riduzione di servizi, riduzione o eliminazione di ammortizzatori sociali, ecc. compongono quotidiani bollettini di guerra. Ai nostri fini è ozioso discutere se ci sarà una nuova guerra mondiale. È probabile che la combinazione di interessi, di forze e di lotte non abbia ancora deciso se dovremo subire una nuova guerra mondiale o se lo stillicidio delle aggressioni imperialiste ai paesi le cui autorità non collaborano al saccheggio e alle angherie della “comunità internazionale” dei gruppi imperialisti (o semplicemente sono inaffidabili e indocili: dalla Libia di Gheddafi alla Repubblica Islamica dell’Iran) si combinerà con le macerie delle fabbriche abbandonate che da Termini Imerese arriveranno a Mirafiori se la rivoluzione proletaria non procederà abbastanza celermente. Alle macerie degli edifici, fabbriche e strutture distrutte dai bombardamenti della “comunità internazionale” nei paesi oppressi, faranno riscontro le rovine delle fabbriche abbandonate e le infrastrutture lasciate decadere senza manutenzione nei paesi imperialisti. Quello che è certo è che viene meno il vecchio collante che a qualche modo teneva insieme milioni di individui nei singoli paesi e i paesi tra loro, l’edificio del sistema imperialista mondiale si sgretola.

Quanto alle minacce di guerra tra Stati imperialisti, esse sono certamente reali. Molti dei maggiori gruppi imperialisti lavorano in questa direzione. In particolare i gruppi imperialisti USA non si rassegneranno pacificamente alla perdita della loro egemonia mondiale: il loro potere negli USA riposa sullo sfruttamento degli altri paesi che non mantengono più senza mezzi militari. Già molti gruppi imperialisti in ogni paese attribuiscono ai governi di un paese o dell’altro una politica che danneggerebbe le masse popolari del proprio paese, quindi predispongono le masse alla guerra. Fanno propaganda di guerra, preparano il terreno: scherzano col fuoco. Ma al loro gioco in ogni paese si oppongono forze potenti. Non è detto che negli stessi USA a un nuovo Bush riesca quello che nel 2003 è riuscito a Bush Junior. Anche tra le masse popolari americane l’opposizione alla guerra è molto alta. La presenza in tutti i grandi paesi imperialisti di masse popolari anticapitaliste è un fatto, la rinascita del movimento comunista le orienterà in maniera sempre migliore, ne farà una forza politica più potente. Noi comunisti italiani non siamo riusciti a convincere i compagni nepalesi, quando erano in auge, a collaborare con noi per condurre nel Movimento Comunista Internazionale, in particolare negli USA, seguendo il filo dello scritto I quattro temi principali da discutere nel Movimento Comunista Internazionale (www.nuovopci.it/scritti/i4temi/index.html), una battaglia contro l’economicismo e il dogmatismo che nei paesi imperialisti frenano la rinascita del movimento comunista. Ma la rinascita del movimento comunista ha fatto egualmente passi avanti in molti paesi.

Lo sgretolamento dell’edificio del sistema imperialista mondiale ha fatto passi avanti. Gli uomini quindi devono costruirsi un nuovo edificio. Hanno l’occasione di poter costruire ex novo, sulla tabula rasa del vecchio edificio, secondo quanto di meglio sanno fare e pensare. Ma il nuovo edificio non possono costruirlo spontaneamente, in base al senso comune, secondo la mentalità corrente.

 

Unità di concezione e di metodo del conoscere e dell’agire

 

Le categorie del pensiero servono per afferrare con maggiore esattezza la natura delle cose e le relazioni oggettive tra esse. Ma è proprio dei dogmatici fare dipendere il valore e lo scopo, l’esattezza e la verità del pensiero che le riguarda, interamente dal dato stesso e non attribuire alle determinazioni del pensiero alcuna parte attiva nel determinare il contenuto delle cose conosciute. Per i dogmatici la concezione del mondo è intesa come “spiegazione del mondo”. Invece il materialismo dialettico è concezione del mondo e metodo del conoscere e dell’agire. È giusto come concezione del mondo solo se si traduce in metodo, secondo il principio per cui la prova della verità è nella pratica. Anche se la prova non è ciò che fa vera una concezione. La fa vera per noi, ce la fa capire e accettare come verità. Se uno si mette a costruire in conformità a una teoria giusta, di cui non ha avuto però ancora la prova o che addirittura non conosce (quindi la segue per caso), la costruzione gli riesce lo stesso. Molte cure sono state usate anche a lungo, prima di conoscere la natura delle malattie e i motivi dell’efficacia delle cure: cioè con una conoscenza molto limitata o nulla dell’organismo malato e delle sue leggi di funzionamento. Molte scoperte sono avvenute casualmente e i loro risultati adottati empiricamente. Per questo un movimento rivoluzionario può avere successo anche se i suoi promotori e protagonisti non sono consapevoli della sua natura tanto quanto occorre per condurlo a compimento. È quello che fino a un certo punto è successo nella prima ondata della rivoluzione proletaria. Secondo il modo di vedere dei dogmatici, invece, le cose sono quelle che sono, e il nostro pensiero ha valore, esattezza e verità solo in quanto le riflette. Secondo i dogmatici il nostro pensiero e le sue categorie non hanno “parte attiva” rispetto alle cose, cioè non servono a trasformarle. Essi infatti la concezione che coltivano, venerano e diffondono, non la usano per trasformare il mondo. Essi si occupano di capire quando, come e perché scoppierà la rivoluzione socialista. Non si occupano di costruire la rivoluzione. Se essi predominano nel movimento comunista cosciente e organizzato, il risultato è che non ci sarà rivoluzione, perché la rivoluzione socialista per sua natura non scoppia. Invece noi materialisti dialettici, se non sottostiamo ai dogmatici, possiamo valorizzare i dogmatici per il loro lato positivo e far partecipare anche loro alla rivoluzione.

 

A quelli che dibattono in base ad analisi di “dati oggettivi” se la rivoluzione socialista è possibile o no, e se sì, quando sarà, noi rispondiamo con le parole di Gramsci.

Il concetto di “scienza”. La posizione del problema come una ricerca di leggi, di linee costanti, regolari, uniformi, è legata a una esigenza, concepita in modo un po’ puerile e ingenuo, di risolvere perentoriamente il problema pratico della prevedibilità degli eventi storici [relativi alla storia della specie umana, ndr]. Poiché “pare”, per uno strano capovolgimento delle prospettive [infatti a determinare lo svolgimento dei processi naturali è la loro stessa natura, non le scienze che ne prevedono l’esito. Ma queste sono costruite (come concreto di pensiero, cioè pensate) a immagine dei processi naturali già avvenuti, già sperimentati. Sono costruite come riflesso nella mente umana dei processi naturali già avvenuti, come riproduzione del processo naturale nella mente umana. Siccome il processo naturale si ripete eguale a se stesso più volte, cosa che non è per la storia dell’umanità, e possiamo noi stessi metterlo in moto, la scienza naturale serve a riprodurlo con un esito che si conosce a priori, quindi prevedibile da chi conosce quella scienza, ndr], che le scienze naturali diano la capacità di prevedere l’evoluzione dei processi naturali, la metodologia storica è stata concepita “scientifica” solo se e in quanto abilita astrattamente a “prevedere” l’avvenire della società. Da qui la ricerca delle cause essenziali, anzi della “causa prima”, della “causa delle cause”. Ma le Tesi su Feuerbach [Karl Marx, 1845, ndr] avevano già criticato anticipatamente questa concezione semplicistica [infatti dicono che non si tratta di interpretare il mondo, di prevedere dove andrà, ma di cambiarlo, di farlo andare dove deve andare, di fargli imboccare e percorrere, tra le vie che di volta in volta per sua natura può prendere, quelle che il proletariato vuole ai fini della sua emancipazione dalla borghesia: la questione non è dove andrà il mondo, ma dove lo facciamo andare e come, ndr]. In realtà si può prevedere “scientificamente” solo la lotta, ma non i momenti concreti di essa, che non possono non essere che i risultati di forze contrastanti in continuo movimento, non riducibili mai a quantità fisse, perché in esse la quantità diventa continuamente qualità [le forze rivoluzionarie si accumulano e la quantità produce, genera, fa esistere  una qualità nuova, ndr]. Si “prevede” realmente nella misura in cui si opera, in cui si applica uno sforzo volontario e quindi si contribuisce concretamente a creare il risultato “preveduto”. La previsione si rivela quindi non come un atto scientifico di conoscenza, ma come l’espressione astratta dello sforzo che si fa, il modo pratico di creare una volontà collettiva.

E come potrebbe la previsione essere un atto di conoscenza? Si conosce ciò che è stato o è, non ciò che sarà, che è un “non esistente” e quindi inconoscibile per definizione [che la società capitalista sarebbe incappata prima o poi in una crisi per sovrapproduzione di capitale, Marx poté prevederlo e affermarlo con certezza perché evento che dipendeva dalle leggi proprie di un meccanismo come il modo di produzione capitalista: lì sarebbe arrivato se non era eliminato prima. Che fosse o no eliminato prima, Marx non poteva prevederlo e infatti non si azzardò a prevederlo. Altri eventi della storia umana non ancora avvenuti, sono conoscibili in quanto possibili, ma non di più ... L’affermazione di A.G. riguarda solo la storia umana. In un altro terreno, il Sistema Periodico di Mendelejev permise di prevedere la scoperta di atomi che ancora non si erano riscontrati nell’esperienza. La teoria della gravitazione universale permise di prevedere la scoperta di pianeti che ancora non si erano riscontrati. Tutte cose (atomi, pianeti, ecc.) che però esistevano e avevano i loro effetti: quindi il Sistema Periodico e la teoria della gravitazione universale sono serviti solo come strumenti di ricerca, non hanno fatto prevedere la nascita di una cosa che ancora non era nata, ndr]. Il prevedere è quindi solo un atto pratico che non può, in quanto non sia una futilità o un perditempo, avere altra spiegazione che quella su esposta. È necessario impostare esattamente il problema della prevedibilità degli eventi storici [cioè relativi alla storia della specie umana, ndr] per essere in grado di criticare esaurientemente la concezione del causalismo meccanico, per svuotarla di ogni prestigio scientifico e ridurla a puro mito che fu forse utile nel passato, in un periodo arretrato di sviluppo di certi gruppi sociali subalterni (…).”(A. Gramsci, Sulla filosofia e i suoi argomenti, Edizioni Rapporti Sociali 2007, pagg. 24-25, Quaderni del carcere, vol. II, pagg. 1403-1404).

Machiavelli. Sul concetto di previsione o prospettiva. È certo che prevedere significa solo veder bene il presente e il passato in quanto movimento: veder bene, cioè identificare con esattezza gli elementi fondamentali e permanenti del processo. Ma è assurdo pensare a una previsione puramente “oggettiva”. Chi fa la previsione, in realtà ha un “programma” da far trionfare e la previsione è appunto un elemento di tale trionfo [un fattore che determina il trionfo]. Ciò non significa che la previsione debba sempre essere arbitraria e gratuita [o puramente tendenziosa]. Si può anzi dire che solo nella misura in cui l’aspetto oggettivo della previsione è connesso con un programma, questo aspetto acquista oggettività: 1) perché solo la passione aguzza l’intelletto e coopera a rendere più chiara l’intuizione; 2) perché essendo la realtà [la storia umana, ndr] il risultato di un’applicazione della volontà umana alla società delle cose (del macchinista alla macchina), prescindere da ogni elemento volontario o calcolare solo l’intervento delle altrui volontà come elemento oggettivo del gioco generale, mutila la realtà stessa [non tiene conto di uno degli agenti, di noi stessi che siamo uno degli agenti, ndr]. Solo chi fortemente vuole, identifica gli elementi necessari alla realizzazione della sua volontà. Perciò ritenere che una determinata concezione del mondo e della vita abbia in se stessa una superiorità [di capacità di previsione], è un errore di grossolana fatuità e superficialità. Certo una concezione del mondo è implicita in ogni previsione e pertanto che essa concezione sia una sconnessione di atti arbitrari del pensiero o una rigorosa e coerente visione non è senza importanza, ma l’importanza appunto l’acquista nel cervello vivente di chi fa la previsione e la fa viva con la sua forte volontà. Ciò si vede dalle previsioni fatte dai così detti “spassionati”: esse abbondano di oziosità, di minuzie sottili, di eleganze congetturali. Solo l’esistenza nel “previsore” di un programma da realizzare, fa sì che egli si attenga all’essenziale, a quegli elementi che essendo “organizzabili”, suscettibili di essere diretti o deviati, in realtà sono essi soli prevedibili. Ciò va contro il comune modo di considerare la questione. Si pensa generalmente che ogni atto di previsione presuppone la determinazione di leggi e di regolarità del tipo di quelle delle scienze naturali [come si vede, Gramsci ben distingue scienze naturali e scienza della storia umana, ndr]. Ma siccome queste leggi [nella storia delle società, nella vita degli uomini, ndr] non esistono nel senso assoluto [o meccanico] che si suppone, non si tiene conto delle altrui volontà e non si “prevede” la loro applicazione. Pertanto si costruisce su un’ipotesi arbitraria e non sulla realtà.” (A. Gramsci, Sulla filosofia e i suoi argomenti, Edizioni Rapporti Sociali 2007, pagg. 28-29, Quaderni del carcere, vol. III, pag. 1810).

Noi non possiamo prevedere, è da meccanicisti pretendere di prevedere se domani ci sarà una nuova guerra mondiale, se i vertici della Repubblica Pontificia riusciranno a costituire un loro governo autorevole, ecc. Possiamo invece certamente impedire l’una e l’altra cosa. È quello che dobbiamo fare.

La storia dell’umanità è un processo unico nel suo genere. Quindi per sua natura non è prevedibile nella sua interezza, perché conosciamo solo quello che esiste o è esistito. La storia dell’umanità noi non la prevediamo ma la facciamo. Ovviamente essa è fatta dalla combinazione di tanti processi che la compongono. Ognuno o gran parte di essi è invece noto, è la ripetizione di processi analoghi già avvenuti, avviene secondo leggi note e quindi ha un esito prevedibile da chi lo promuove. Analogamente un generale sperimentato o comunque capace è in grado di prevedere l’esito di una battaglia a cui ha costretto il suo nemico per annientarne le forze o indurlo a sottomettersi o in cui si è gettato perché il suo nemico non è stato capace di prevedere la propria sicura sconfitta e quindi ha voluto ingaggiare a tutti i costi battaglia.

 

Anna M.

 

La Voce n. 39
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