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  La Voce 37 del (nuovo)Partito comunista italiano

La linea di Proletari Comunisti per le elezioni di primavera

 

Il 7 febbraio, all’avvicinarsi delle elezioni di primavera, l’organizzazione Proletari Comunisti (ProCo) (che usa anche le denominazioni Rosso Operaio e Partito Comunista maoista (PCm) d’Italia) ha diffuso sul web un documento intitolato Dalla funzione dello Stato scaturisce la necessità della rivoluzione (http://www.groups.yahoo.com/group/MAOIST_REVOLUTION) in cui riespone le sue tesi astensioniste di principio, semianarchiche, con qualche novità: qualche concessione alla realtà.

Dall’alto della sua concezione semianarchica del mondo e in particolare della società e dello Stato, ProCo persiste a considerare con disprezzo le elezioni indette dallo Stato borghese. Tuttavia di fatto (i fatti hanno la testa dura e in qualche misura si impongono nonostante le concezioni sbagliate) ProCo riconosce l’importanza politica delle elezioni. Infatti, avendo la Repubblica Pontificia indetto le elezioni amministrative per la primavera, ProCo pubblica un documento sullo Stato e la rivoluzione. Riconosce quindi almeno che queste elezioni sono un avvenimento che accentua l’interesse delle masse popolari per la politica.

 

Come approfitta ProCo dell’interesse particolare delle masse popolari per la politica destato dalle elezioni?

Ne approfitta per dire ai suoi militanti e sostenitori e a chi legge i suoi comunicati che le elezioni sono un pericolosa trappola in cui la borghesia cerca di rinchiudere le masse popolari e che ci sono riformisti e opportunisti che, benché si dichiarino comunisti, in realtà, per stupidità o in esecuzione di un perverso disegno al servizio del nemico o per calcolo personale, collaborano con la borghesia a farle cadere nella trappola partecipando essi stessi alle elezioni. ProCo mette in guardia il lettore da tre cose:

1. “l’idea della via elettorale [al socialismo, ndr] e la partecipazione alle elezioni come questione che possa incidere sulla natura dello Stato”;

2. “la falsa concezione che il suffragio universale possa nello “Stato odierno” [che succeda o meno anche in Stati diversi dall’odierno ProCo non lo dice, ndr] esprimere realmente la volontà della maggioranza dei lavoratori (e, ancora meno, assicurarne la realizzazione)”;

3. la fiducia che “la via parlamentare ... può incidere strategicamente lungo il cammino della rivoluzione proletaria”.

ProCo infine ammonisce: “Nel segnalare la necessità di accumulare le forze solo attraverso una lunga lotta legale, si trascura il carattere della guerra che lo Stato borghese conduce contro i partiti proletari [solo contro i partiti proletari? - ndr], e che la lotta legale non è sufficiente per contrastare la lotta illegale [e se lo Stato rende legale la sua lotta? - ndr] condotta anche dallo Stato democratico-borghese, questo non lo è stato nel passato e non lo è ancor di più oggi.”

 

Che alle elezioni partecipino cattivi soggetti (riformisti, opportunisti, carrieristi o arrampicatori sociali) che commettono e promuovono gli errori indicati da ProCo, è indubbio e nei loro confronti i comunisti devono avere una linea che combina lotta e unità a seconda dell’interesse della nostra causa. Che conclusione ne tira invece ProCo? Che i veri rivoluzionari non si presentano alle elezioni. Devono lasciare campo libero ai cattivi soggetti. ProCo non si presenta, si limita a mettere in guardia gli ignari dai pericoli che corrono!

Ma si possono accontentare i comunisti di simile condotta? Certo che no! La democrazia borghese è il regime politico che la borghesia ha costruito per i propri interessi, il regime politico più conforme alla sua natura. Ma per la sua natura la democrazia borghese offre campi e strumenti di azione a un partito veramente comunista. I comunisti ne approfittano, tanto più nei paesi imperialisti dove la democrazia borghese ha anche il ruolo che i regimi di controrivoluzione preventiva le assegnano(1) e tanto più se il partito ha adottato la guerra popolare rivoluzionaria come sua strategia per instaurare il socialismo, cioè è un partito marxista-leninista-maoista. È però certo che solo un partito comunista capace di essere fermo nella strategia e flessibile nella tattica riesce a tirare vantaggi dalle campagne elettorali.

Di certo ci sono comunisti che si presentano e si sono presentati alle elezioni (indette da Stati borghesi) guidati da una concezione del mondo ben diversa, anzi incompatibile con le concezioni indicate da ProCo. Di certo le concezioni che ProCo indica e condanna, non hanno nulla a che fare con gli obiettivi, i metodi e gli strumenti con cui il (n)PCI chiama oggi comunisti e lavoratori avanzati a partecipare alle elezioni e con la concezione con cui dirige la loro partecipazione. Non hanno nulla a che fare neanche con la concezione con cui lungo i loro 160 anni di storia i comunisti hanno più volte partecipato alle elezioni indette da Stati nemici (borghesi e peggio) e si sono battuti contro anarchici, semianarchici e affini che spingevano le masse popolari ad astenersi. Quando hanno ritenuto che la situazione concreta era tale che partecipare alle elezioni era negativo per la loro causa, i comunisti hanno spiegato chiaramente perché in quella circostanza concreta era sbagliato partecipare: non si sono appellati alle cattive intenzioni e alle concezioni sbagliate di altri (riformisti, opportunisti e carrieristi, sia pure eventualmente sedicenti comunisti: ma si sa, l’abito non fa il monaco!) che partecipavano anch’essi alle elezioni. Starsene da parte sdegnosi, lasciare campo libero ai carrieristi e a chi professa concezioni sbagliate e usa la democrazia borghese in generale e le elezioni in particolare per diffonderle e rafforzarle tra le masse, non è mai stata la condotta dei comunisti.

Ma non è tutto. Infatti ProCo sa che alcuni dei suoi possibili lettori, mossi dalla forza della situazione concreta di oggi, partecipano alle elezioni o guardano con simpatia organismi e persone che partecipano alle elezioni. Quindi (questa è la novità del documento ProCo del 7 febbraio) concede: “Il servirsi della lotta legale, in certi casi della tribuna parlamentare, il ricorrere agli scioperi economici e politici, all'organizzazione dei sindacati, all'educazione degli operai, sono forme tattiche necessarie e indispensabili, ma vanno concepite come forme della guerra; codificarle, utilizzando la citazione di Mao, finiscono per essere poste come "al contrario" e "al posto".”

In parole povere, può essere necessario e indispensabile farlo (ProCo non spiega però perché sarebbe necessario e indispensabile, tanto meno dice se in questa primavera in Italia è o no necessario e indispensabile!), ma mai è ammesso codificarlo! ProCo non spiega come si fa a “fare senza codificare”, cioè senza indicare chiaramente circostanze, obiettivi, metodi e strumenti della propria attività. In pratica quindi la concessione è solo un espediente per non rompere con quei seguaci che non condividono le tesi semianarchiche del gruppo: non condividete? Pazienza. Ma non fatene una linea!

Resta inoltre che qualificare “l’educazione degli operai” come forma tattica e metterla sullo stesso piano di altre forme tattiche come “servirsi delle tribune parlamentari” è cosa chiaramente strampalata. Lo stesso ProCo nello stesso documento cita Lenin per sostenere che “la necessità di educare sistematicamente le masse a questa idea della rivoluzione violenta è alla base di tutta la dottrina di Marx ed Engels”: insomma l’educazione degli operai è qualcosa di più di una forma tattica. È un aspetto permanente e indispensabile dell’attività rivoluzionaria dei comunisti, di ogni attività dei comunisti.

In sintesi, dice ProCo, chi partecipa alle elezioni è un riformista e un opportunista: pensa che le elezioni cambino la natura dello Stato, che il risultato delle elezioni esprima la volontà dei lavoratori e serva per attuarla, che la via elettorale possa condurre al socialismo, che occorra una lunga lotta legale per accumulare forze rivoluzionarie e che la lotta legale è sufficiente per far fronte alla violenza dello Stato. Ma se nonostante tutto questo ritenete lo stesso indispensabile partecipare alle elezioni, almeno non codificate la cosa (non fatene una linea). Fatelo e basta.

È una condotta indegna di comunisti! Un partito comunista degno di questo nome deve spiegare se e perché oggi, di fronte alle elezioni indette dallo Stato della borghesia italiana, ritiene “necessario e indispensabile” partecipare, con quali obiettivi e in che forma e, se partecipare è “necessario e indispensabile” o anche solo conveniente per la causa della rivoluzione socialista, deve non dare il permesso di partecipare, ma promuovere la partecipazione e dirigerla.

 

ProCo fa precedere le sue illuminanti, chiare e concrete indicazioni a proposito della condotta che propone per la prossima campagna elettorale di primavera e della condotta che ProCo intende tenere, da una lunga, arzigogolata e confusa dissertazione in cui vorrebbe esporre con parole e frasi proprie la concezione marxista dello Stato in generale e in particolare dello Stato borghese (dalla borghesia alle sue origini fino all’attuale Stato della borghesia imperialista). Non entro in merito ad essa. Richiamo l’attenzione del lettore solo su alcune poche “esternazioni” di ProCo da cui trapelano le concezioni anarcosindacalista ed economicista che caratterizzano ProCo e che già più volte il (n)PCI ha indicato e dimostrato.(2)

1. ProCo parla sempre e solo di Stato e di “Stato in quanto tale”, al modo degli anarchici. Non parla mai di Stato borghese e di Stato proletario. Come se lo Stato fosse un’istituzione che appartiene solo alla classe che domina e sfrutta i lavoratori: al modo degli anarchici ritiene che lo Stato proletario non esiste e non può esistere. Come se non ci fosse un salto tra lo Stato delle classi dominanti che hanno preceduto la borghesia (feudatari, proprietari di schiavi, ecc.) e lo Stato della borghesia. Come se una delle tesi essenziali del marxismo non fosse che la lotta di classe che si svolge nella società borghese porta e deve portare la classe operaia a instaurare un suo Stato che si estinguerà solo man mano che l’umanità avanzerà verso il comunismo e l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria non avesse confermato pienamente questa tesi marxista.(3) Chi ragiona nell’ambito della concezione marxista del mondo, qualifica ogni Stato, che è sempre per sua essenza un organo di repressione, a seconda della classe di cui è l’organo. Solo questo permette di parlare dello Stato in termini utili al partito comunista per comprendere e guidare gli operai e le masse popolari nella lotta politica e in generale nella lotta di classe.

2. Come Marx già insegnava, la rivoluzione è necessaria non solo perché la borghesia non lascia il potere se non la si caccia con la forza, ma anche e soprattutto perché è solo conducendo un movimento rivoluzionario che le classi oppresse e sfruttate si scuotono di dosso le abitudini, le attitudini e le caratteristiche che secoli di asservimento e sottomissione hanno sviluppato in loro e che la pratica corrente e quotidiana delle relazioni sociali della società borghese rafforza. Secondo gli anarchici no: la necessità della rivoluzione scaturisce dalla funzione dello Stato. Se non ci fosse lo Stato, agli anarchici il sistema di relazioni sociali della società borghese starebbe bene: infatti l’individualismo insito per sua natura nel sistema della produzione mercantile (e la società borghese è l’estensione della produzione mercantile in ogni campo d’attività, fatta dai capitalisti) è il terreno che si riflette nella mentalità nell’anarchico e ne mostra l’origine. Lo Stato è l’origine di ogni male della società. “Dalla funzione dello Stato scaturisce la necessità della rivoluzione”. Non è una tesi nuova. Più di un secolo fa il prof. Karl Eugen Dühring (1833-1921) elaborò questa tesi sistematicamente nell’ambito del movimento comunista tedesco e Friedrich Engels ha esaurientemente dimostrato la sua inconsistenza.(4)

3. ProCo sfuma fino a cancellarli i confini e la distinzione tra democrazia borghese e fascismo, in conformità con la sua nota tesi secondo la quale già oggi siamo in un regime fascista e abbiamo già perso la lotta in corso tra mobilitazione rivoluzionaria per instaurare il socialismo e mobilitazione reazionaria per instaurare un regime fascista. Sostiene infatti che il fascismo è sì dittatura aperta, ma che neanche il fascismo (i fatti hanno la testa dura, la realtà che sta sotto il naso parla chiaro: se già fascismo fosse, dove vorrebbe arrivare Marchionne?) nega la lotta di classe, “i conflitti” dice ProCo, solo li “attenua”, come fa la democrazia borghese. Il (n)PCI sostiene che ciò che distingue la democrazia borghese dal fascismo (considerando le cose in generale, cioè considerando i tratti comuni dei vari regimi di democrazia borghese e dei vari regimi fascisti che si sono avuti nella storia) consiste proprio nel fatto che nei regimi di democrazia borghese la borghesia riconosce che esiste la lotta di classe e pretende regolamentare e controllare e cerca di manipolare le manifestazioni e le forme della lotta che conduce la classe operaia (ammette organizzazioni sindacali non controllate e cerca di controllarle subdolamente, di infiltrarle, di corrompere e ricattare i dirigenti, di prenderne subdolamente la direzione; ammette partiti della classe operaia che si inseriscono nella lotta tra le forze politiche borghesi e ammette organismi di massa di vario genere formati dagli operai o dalle altre classi delle masse popolari, ma cerca di prenderne in mano la direzione). Il fascismo invece è un regime che nel campo della teoria ha alla sua base la tesi che la lotta di classe non può esistere (la tesi di Marchionne), non deve esistere e non esiste, che nella pratica vieta e reprime tutte le manifestazioni di organizzazione e di azione della classe operaia: ovviamente quelle pubbliche perché quelle clandestine può solo cercarle e colpirle quando ci riesce.

In questo consiste la dittatura aperta e terroristica della borghesia che si è data il nome di fascismo. Proprio per questo è evidente che ProCo dice fascismo, ma non ci crede o se ci crede non ne tira le conclusioni pratiche: cambia la definizione di fascismo, sfuma la sua distinzione dalla democrazia borghese, ne fa una democrazia borghese più cattiva di quello che ProCo vorrebbe o sogna. I comunisti della prima Internazionale Comunista erano seri: in regime fascista, il partito comunista era clandestino.

4. A conferma della sua concezione economicista (tutto inizia sempre e dovunque dalla rivendicazione economica e passa attraverso la rivendicazione economica: “agli operai interessano solo i soldi”), il campo della lotta economica è l’unico campo di lotta che ProCo tratta anche nel documento in questione. E proclama che il carattere rivoluzionario che i comunisti devono conferire alla lotta in campo economico (sindacale) non consiste nel rafforzare e sfruttare la sua natura di “scuola di comunismo” e farne una componente della lotta politica rivoluzionaria. Secondo ProCo consisterebbe nel farla “fuoriuscire dai limiti dell’ordine”: “questa è la sola ed esclusiva funzione rivoluzionaria che può svolgere la lotta sindacale o economica che dir si voglia”.

5. Infine, ProCo indica altri due strumenti della lotta rivoluzionaria: 1. la denuncia della “contraddizione tra ciò che la democrazia borghese dice di essere e quello che realmente è” (in sostanza, la propaganda e l’agitazione circa le violazioni di quello che la democrazia borghese dice di essere) e 2. lo sfruttamento della “contraddizione tra ciò che la borghesia è concretamente e ciò che la borghesia deve essere necessariamente”, i comunisti “vedono che la conciliazione è una tattica di dominio” e vi rimediano tramite il “cambiamento della tattica”. In cosa poi consista il “cambio della tattica”, la “diversità di tattica del proletariato”, la non “unità della tattica”, questo non è dato saperlo, ProCo al riguardo tace. Qualcosa di misterioso ed esoterico non guasta, a conclusione di cotanta scienza!

Anna M.

Note

 

1. La natura del regime di controrivoluzione preventiva è descritta nel Manifesto Programma del (n)PCI, cap. 1.3.3. (Edizioni Rapporti Sociali rapportisociali@libero.it o http://www.nuovopci.it).

 

2. Per la caratterizzazione delle concezioni di ProCo vedi La Voce n. 17 (luglio 2004) pagg. 41-53 (in http://www.nuovopci.it).

 

3. In proposito vedere L’ordinamento politico dei paesi socialisti, in La Voce n. 31 (marzo 2009).

 

4. Anti-Dühring (Marx ed Engels, Opere complete, vol. 25) raccoglie gli articoli che F. Engels scrisse per il quotidiano del Partito SocialDemocratico tedesco, Vorwärts, tra il 3 gennaio 1877 e il 7 luglio 1878.