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  La Voce 37 del (nuovo)Partito comunista italiano

Possiamo creare le condizioni per costituire
il Governo di Blocco Popolare!

 

Gli avvenimenti che si sono succeduti negli ultimi otto mesi, a partire dal referendum della FIAT di Pomigliano d’Arco del 22 giugno 2010, al 16 Ottobre della FIOM a Roma, alla manifestazione CGIL del 27 novembre, alla dimostrazione del 14 dicembre a Roma, al referendum della FIAT Mirafiori del 14 gennaio, alle dimostrazioni FIOM e Uniti contro la Crisi (UcC) con scioperi USB e Cobas del 28 gennaio, fino ai successi della rivoluzione democratica antimperialista e antifeudale in Tunisia (14 gennaio) e in Egitto (11 febbraio) e alla grande discesa in piazza delle donne del 13 febbraio, hanno sensibilmente modificato le relazioni e gli schieramenti, le condizioni e le forme della lotta di classe nel nostro paese e hanno prodotto risultati favorevoli al campo delle masse popolari: hanno fatto avanzare il paese nella direzione della costituzione del Governo di Blocco Popolare a cui il (n)PCI ha incominciato a lavorare alla fine del 2008, quando il sistema imperialista mondiale è entrato nella fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo.(1) Capire cosa è successo e tirarne gli insegnamenti ci permetterà di avanzare ulteriormente e di imprimere definitivamente al corso delle cose la direzione per cui noi lottiamo e dobbiamo lottare, cioè di tagliare definitivamente la strada alla mobilitazione reazionaria e avviare una nuova fase della storia del nostro paese, nel quadro della seconda ondata della rivoluzione proletaria mondiale.

 

Nonostante l’avanzamento compiuto, molti compagni sono ancora perplessi a proposito della costituzione del GBP, non riescono a “crederci”, non vedono nella lotta di classe che si svolge attorno a loro (nel particolare) i passi avanti che stiamo compiendo su questa strada (il generale). Per questo sono poco attivi o agiscono ancora senza coerenza.

Tra i tanti, uno che si firma 83P il 14 febbraio, a commento del Comunicato CC 9/2011 del 12 febbraio, ha scritto su Emilia-Romagna Indymedia che “leggendo i comunicati del "nuovo pci" sembra di leggere un fumetto di fantascienza” e che “certo bella iniziativa quella della Fiom... di sicuro però ne passa di strada prima di poter dire che questa sta conducendo e porterà le masse italiane al governo del popolo, alla rivoluzione socialista nonché alla rinascita del movimento comunista internazionale!” Anche se sostanzialmente dice cose banali dettate dall’incredulità o dall’incapacità di leggere gli avvenimenti, 83P dice però anche cose giuste: certamente di strada ne passa. C’è ancora molta strada da fare. Solo che l’essenziale non è quanta strada c’è ancora da fare, ma se è una strada possibile, se è una delle strade che la nostra società realmente può percorrere, se è la strada che dobbiamo prendere, se stiamo lavorando bene per percorrerla. Se la linea che abbiamo indicato è tutto questo, quanto sia lunga la strada dipenderà da come ci lavoriamo e ovviamente da circostanze che non dipendono interamente da noi. Ma in definitiva ci arriveremo. Convincersene porterà a lavorare meglio e quindi renderà più celere il cammino.

Sono gli uomini che fanno la loro storia, ma non la fanno arbitrariamente. La fanno sulla base delle condizioni in cui si trovano, con i mezzi che la storia che hanno alle spalle fornisce loro, seguendo le leggi proprie del mondo che devono trasformare. Per fare la nostra storia coscientemente (cioè non andare avanti a naso e agire a caso, subendo l’iniziativa degli altri, rispondendo all’iniziativa degli altri, eternamente sulla difensiva e ridotti al meno peggio, perdenti), bisogna anche vedere, “sognare” l’esito di quello che stiamo facendo. Esistono vari tipi di fantascienza, come esistono vari tipi di sogni. Che fare? è lo scritto del 1901 con cui poco più di un secolo fa Lenin prese la testa della sinistra del movimento comunista e tracciò la linea che portò il partito comunista che la seguì, il partito comunista russo, a fare la Rivoluzione d’Ottobre, unico tra i partiti della II Internazionale. In questo scritto, di fronte all’accusa di sognare, a un compagno che lo ammoniva che “un marxista non ha il diritto di sognare a meno che abbia dimenticato che, secondo Marx, l’umanità si pone solo obiettivi realizzabili e che la tattica è il processo di sviluppo degli obiettivi che il Partito si pone man mano che esso stesso si sviluppa” (in parole povere: giorno per giorno, procedendo a naso, come viene), Lenin rispondeva citando Dimitri Pisariev. Questi a proposito del contrasto tra sogno e realtà aveva scritto: “C’è contrasto e contrasto. Il mio sogno può precorrere il corso reale degli avvenimenti oppure deviare in una direzione nella quale il corso reale degli avvenimenti non può assolutamente andare. Nel primo caso, il sogno non fa alcun danno. Anzi, può incoraggiare e rafforzare l’energia del lavoratore ... In questi sogni non c’è nulla che possa deviare o paralizzare la forza del lavoratore. Tutt’al contrario. Se l’uomo fosse completamente sprovvisto della capacità di sognare in questa maniera, se non sapesse ogni tanto andare oltre il presente e contemplare con l’immaginazione il quadro compiuto dell’opera che è appena abbozzata nelle sue mani, quale impulso, mi domando, l’indurrebbe a cominciare e a condurre a termine grandi e faticosi lavori nell’arte, nella scienza o nella vita pratica? ... Il contrasto tra il sogno e la realtà non è affatto dannoso a condizione certo che chi sogna creda sul serio al suo sogno, osservi attentamente la realtà, confronti quello che osserva nella realtà con le sue fantasticherie. In breve a condizione che lavori coscienziosamente per attuare il suo sogno. Quando vi è questo legame tra il sogno e la vita, tutto va per il meglio”. E Lenin aggiungeva: “Di sogni di questo genere ve ne sono disgraziatamente pochi nel nostro movimento. E ne hanno colpa soprattutto i rappresentanti della sinistra borghese e dei comunisti economicisti che magari si dicono addirittura maoisti (così direbbe se parlasse oggi) che si vantano di avere i piedi ben piantati per terra, di avere, loro, il “senso del concreto””, di pensare alle piattaforme, agli “obiettivi concreti”, a rivendicazioni concrete, ai soldi. La vecchia musica dei realisti da strapazzo: “esisterà solo quello che esiste”, “è possibile solo quello che di fatto esiste”: niente trasformazione, niente alternative a quello che avviene, tanto meno una evoluzione che è possibile conoscere a priori, a cui è possibile lavorare come si lavora a costruire una nuova città, un nuovo paese: ruolo del soggetto e ruolo della coscienza, zero.

 

A parte 83P (a cui auguro di sognare anche lui ogni tanto, per capire cosa fare e farlo meglio), che dire di quegli esponenti dello SLAI Cobas che si tengono in disparte e non perdono occasione per ricordare le malefatte della FIOM? Come se quelle malefatte annullassero quello che è avvenuto in questi mesi o impedissero agli esponenti dello SLAI Cobas di fare anche loro progetti che finalmente si realizzeranno e contribuire anch’essi a quello che stiamo facendo! I contrasti, le malefatte e i limiti del passato (della FIOM, ma se vuole progredire ognuno deve occuparsi anche dei propri: certamente nel caso concreto la FIOM ne ha fatti di peggio, anche perché è molto più grande ed è solo un pezzo della CGIL!) sono molto importanti, ma se li si usa come esperienza per definire i compiti di oggi, gli obiettivi e i metodi di lavoro di oggi: perché è su questi che oggi ci si misura, ci si unisce o ci si divide.(2)

Ma l’incredulità predomina di gran lunga anche tra i dirigenti della FIOM e tra gli esponenti della società civile.(3) Quando li si intervista, messi di fronte alla domanda se non credono che bisogna che le OO e le OP costituiscano il GBP, anche i dirigenti della FIOM (come gli esponenti della società civile e della sinistra borghese, candidati assieme ai dirigenti sindacali a comporre il GBP, almeno all’inizio) nei casi migliori rispondono che sarebbe bello, ma che non esistono le condizioni per costituirlo (come se le condizioni dovessero cadere dal cielo). Tutte persone che agiscono, che fanno anche dei progetti, ma solo a breve. Come se nel campo della trasformazione della società non fosse possibile fare progetti a lunga scadenza e perseguirli con metodo e tenacia. Per questo la FIOM è ancora solamente centro di aggregazione del movimento per la costituzione del GBP; non è ancora diventata centro promotore della costituzione. I dirigenti della FIOM, anche i più avanzati, oscillano ed esitano ancora tra fare solo e principalmente i sindacalisti onestamente conflittuali oppure gettarsi in politica. Il documento conclusivo della riunione dei Delegati FIOM a Cervia (3-4 febbraio) mostra questa esitazione. È un passo indietro rispetto alle posizioni e ai propositi espressi il 28 gennaio, un ritorno a chiedere alla Camusso e agli altri nipotini di Craxi ed ex soci di Sacconi, a mettersi nella condizione di dipendere da loro invece di trascinarli con la propria iniziativa dove loro non vorrebbero andare. Il documento conclusivo dice che la FIOM ha ripiegato nuovamente sui metalmeccanici, sull’attività della categoria. Sostanzialmente ignora i lavoratori delle altre categorie, i precari, gli immigrati, gli studenti, i ricercatori, gli insegnanti, i giovani, le donne, gli intellettuali, le associazioni e la società civile, gli altri sindacati CGIL dell’Area Programmatica “la CGIL che vogliamo” o no, i sindacati alternativi e di base, gli iscritti ai sindacati complici dei padroni e del governo: insomma i gruppi sociali che in qualche modo hanno risposto all’appello della FIOM quando si è posta come centro di aggregazione di un movimento politico. La riunione dei Delegati è un ripiegamento sul ruolo di sindacato combattivo. Lo stesso orientamento l’AP ha tenuto anche nel CD della CGIL del 22 e 23 febbraio: invece di rompere col settarismo e unirsi con USB e altri sindacati alternativi, si è accontentata degli impegni dei nipotini di Craxi ed ex soci di Sacconi e ha lasciato il pallino nelle loro mani. Ma non è grave, perché è una posizione che comunque i dirigenti della FIOM non potranno tenere a lungo. Se non sarà la nostra propaganda e la pressione degli esponenti più avanzati di OO e OP a convincerli che oggi per essere sindacalisti onestamente conflittuali, per ottenere qualche risultato dalle lotte rivendicative occorre gettarsi in politica perché solo in politica la crisi attuale ha soluzione, saranno i padroni che li costringeranno a scegliere, a decidersi a seguire la strada che noi indichiamo. I padroni (i Marchionne e i Sacconi) non daranno loro tregua. La crisi continua e si aggrava: obbliga i padroni a pretendere di più. I dirigenti borghesi sono uomini d’azione e non esiteranno ad andare avanti a spese delle masse popolari. Marchionne è stato chiaro: i lavoratori avranno (forse) un lavoro solo se combattono agli ordini dei padroni contro il resto del mondo. Quello che sta facendo alla FIAT non lascia margini al dubbio. Se noi non estromettiamo Marchionne, John Elkann e la loro compagnia dalla FIAT in tempo utile, Termini Imerese scompare peggio di quanto successo all’Alfa di Arese, Mirafiori è già in cassa integrazione per un anno, Pomigliano per alcuni mesi. Cosa diventeranno nel frattempo gli impianti, cosa diventeranno gli operai e le aziende dell’indotto e come cambierà la rete commerciale FIAT, lo decideranno solo Marchionne e i suoi mandanti. Sarà comunque dissolto il nucleo degli operai FIAT presenti in varie zone del paese, che sul terreno dei contratti e delle relazioni sindacali dava il là ai metalmeccanici che a loro volta lo davano agli altri operai e tramite loro al resto dei lavoratori.

La crisi attuale è una crisi sistemica, nel senso preciso che è generata dal sistema di relazioni sociali nei singoli paesi e dal sistema di relazioni internazionali del sistema imperialista mondiale come configurati dalla fine della seconda Guerra Mondiale. Quindi a grandi linee la crisi lascia aperte all’umanità (e al nostro paese nel suo particolare) due e solo due vie. Anche un nuovo assetto internazionale, la borghesia imperialista, se restasse a lei di instaurarlo, se la rivoluzione non prevenisse la guerra, non potrebbe instaurarlo senza guerra. La borghesia imperialista USA non cederà senza giocare tutte le sue carte, pacificamente, il suo posto, il suo ruolo e i suoi privilegi che le sono essenziali anche per mantenere l’ordine negli USA. La crisi quindi non lascia tregua, sospinge in avanti anche chi non vuole pagarne le spese, lo obbliga a fare.

Tra le masse popolari la classe meglio collocata per “non pagare la crisi dei padroni” sono proprio gli operai. I sindacati che stanno con gli operai, più in generale che stanno con i loro iscritti (la lezione di Claudio Sabattini: “mai più un contratto senza l’accordo degli operai” è radicata nell’attuale gruppo dirigente della FIOM) dovranno seguire la strada che noi indichiamo. Più coscientemente lo faranno, meglio sarà, tutto sarà più facile. Ma alla peggio ne prenderanno coscienza passo dopo passo. Questo renderà il cammino più tortuoso, più lento, con pause e riprese, più doloroso e più distruttivo. Ma non impossibile, se resterà comunque abbastanza sostenuto da impedire lo sviluppo della mobilitazione reazionaria: la guerra di ogni parte delle masse popolari “contro il resto del mondo” (Marchionne lo proclama e reclama) a livello internazionale e all’interno del paese. Ma la cosa si potrà fare lo stesso, se l’azione di noi comunisti verso le OO e le OP sarà abbastanza efficace, abbastanza capace. I sindacati alternativi sono combattivi e serviranno egregiamente come leva per indurre FIOM e altri sindacati CGIL a mobilitarsi. Per questo lo sciopero generale indetto per l’11 marzo da USB, SLAI Cobas e altri, è una iniziativa eccellente: dobbiamo sostenerlo. Lo sciopero e la dimostrazione del 17 ottobre 2008 (Patto di Base) hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo degli avvenimenti: hanno dimostrato che i sindacati alternativi e di base erano una potenza capace di mobilitare masse importanti. Se lo sciopero dell’11 marzo confermerà quella forza, indurrà molti sindacati CGIL e forse persino la direzione stessa della CGIL, pur fatta di nipotini di Craxi e di ex soci di Sacconi (non si tratta necessariamente di manovre e accordi segreti: condividono la stessa concezione del mondo), a rompere gli indugi. I dirigenti dei sindacati alternativi sono anch’essi ampiamente imbevuti delle concezioni della sinistra borghese. Concepiscono l’attività politica unicamente (o principalmente) come presenza e azione nelle istituzioni della Repubblica Pontificia e sponda dell’azione sindacale in quelle istituzioni (USB). Sono imbevuti di anticomunismo alla Bertinotti (“errori e orrori”) e peggio (Confederazione Cobas). Sono per tutta la loro formazione e storia affetti da estremismo movimentista: prendi oggi tutto quello che riesci a prendere, “del doman non v’è certezza” (SLAI Cobas). Ma sono combattivi: gli iscritti sono combattivi e i dirigenti non possono perdere gli iscritti. Nei dirigenti dei sindacati alternativi un rapporto di unità e lotta con i sindacati CGIL conflittuali (in primo luogo con la FIOM) sta prendendo il posto dell’astio che si è accumulato durante la lunga lotta che hanno dovuto sostenere con i sindacati di regime, CGIL in primo luogo e che hanno sostenuto con tenacia e coraggio nonostante la debolezza del movimento comunista e della sua influenza sulla loro concezione del mondo. La combattività e la dipendenza dei dirigenti dagli iscritti sono oggi le caratteristiche più importanti dei sindacati alternativi, affinché svolgano il ruolo di parti costitutive del centro autorevole del movimento per la costituzione del GBP e di leva nei confronti dei sindacati CGIL (la seconda grande componente di quel centro) che devono svolgere in questa fase.

Il fattore decisivo per la costituzione del GBP sono tuttavia le OO e le OP, non l’orientamento dei sindacalisti, degli esponenti della società civile e degli esponenti della sinistra borghese. Gli avvenimenti di questi ultimi mesi hanno confermato che tra le OO e le OP il terreno è buono. La dimostrazione delle donne il 13 febbraio lo ha confermato su grande scala. I lavoratori immigrati hanno rotto un muro: hanno incominciato a organizzarsi e a ribellarsi. OO e OP si formano su ogni terreno. Dipende quindi da noi comunisti creare con energia e intelligenza le tre condizioni perché OO e OP costituiscano un loro governo d’emergenza. L’aggravarsi della crisi spinge le OO e le OP nella direzione che noi promuoviamo (a realizzare le tre condizioni e a rendere il paese ingovernabile da parte dei vertici della Repubblica Pontificia che a loro volta litigano e sempre più litigheranno tra loro per contrasti di interessi e di vedute politiche). In particolare dipende dalla nostra capacità di “sognare”: cioè di dare maggiore forza ed efficacia alle denunce e alle rivendicazioni particolari collocandole all’interno del percorso di trasformazione che le masse popolari devono compiere (costituzione del GBP e instaurazione del socialismo): quindi di non limitarci alle denunce e alle rivendicazioni, ma concepire l’intera strada che dobbiamo percorrere, di saperla indicare complessivamente e tratto per tratto, di sapere mostrare il generale nel particolare, il dispiegarsi della strada in ogni suo singolo passo. In sintesi, conoscere la strada, avere assimilato e usare la concezione comunista del mondo, essere degli “ideologi”. “Merita il nome di ideologo, ci ha insegnato Lenin, solo chi precede il movimento spontaneo e gli indica la via, solo chi sa risolvere prima degli altri tutte le questioni teoriche, politiche, tattiche e organizzative poste dalle condizioni oggettive e in cui urtano i protagonisti spontanei del movimento”. Il movimento spontaneo è frutto dell’azione delle circostanze sui protagonisti del movimento, ognuno dei quali reagisce in base alle condizioni in cui si trova e alla concezione del mondo con cui si ritrova (il senso comune).(4) La coscienza che l’ideologo porta nel movimento, partecipa a questa azione reciproca tra i vari fattori e componenti, da cui risulta il movimento effettivo. “Le associazioni operaie cattoliche e monarchiche in Europa, ricordava nel 1901 Lenin che scriveva dopo la convergenza della Chiesa Cattolica governata da Leone XIII con la borghesia e la consapevole e oculata azione preventiva che oramai la borghesia dispiegava contro il movimento comunista, sono anch’esse il necessario risultato dell’azione reciproca tra le circostanze e gli operai, ma a questa azione ha partecipato soltanto la coscienza dei preti e dei poliziotti, non la coscienza dei comunisti”.

Noi comunisti dobbiamo regolarci su questa legge che l’esperienza del movimento comunista ha mostrato e confermato più volte, anche nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria, anche nelle sue stesse sconfitte se studiamo con il materialismo dialettico quello che le ha determinate. La forza del colpo che il nemico riceverà oggi è determinata dalla misura in cui le masse sono mobilitate oggi. Ma nel pianificare la strada che faremo nel futuro, dobbiamo basarci non sulla mobilitazione attuale delle masse, ma sulla certezza che le masse via via si mobiliteranno tanto quanto noi comunisti saremo capaci di mobilitarle. Perché la capacità potenziale di mobilitarsi e trasformarsi è nelle masse adeguata al compito storico di questa fase (“l’umanità si pone solo obiettivi realizzabili”), pienamente adeguata quindi alla forza del nemico che devono vincere. Il limite della loro mobilitazione è la nostra capacità di mobilitarle, di risolvere tempestivamente i problemi teorici, politici, tattici e organizzativi che le masse incontrano per mobilitarsi, che per lo sviluppo pratico devono essere risolti e indicare loro la strada da seguire.

 

Con questa premessa (senza questa il resto sarebbe inutile, condannato alla sterilità e quindi fattore di demoralizzazione anche nelle nostre file: un lavoro che non produce risultati o produce scarsi risultati, conferma e rafforza il pessimismo e quindi porta alla routine, all’affanno, all’ansia e alla stanchezza e, se non ci si rimedia, prima o poi porta all’abbandono), noi comunisti faremo con tanta più forza il nostro lavoro quanto più ramificata e forte sarà la rete dei nostri CdP clandestini, ognuno nella sua zona operativa Stato Maggiore della lotta di classe (quindi, nell’immediato, centro promotore del movimento della costituzione del GBP) e quanto più efficace sarà il loro “lavoro operaio”,(5) perché a ogni livello gli operai sono la classe trainante delle altre classi e settori delle masse popolari.

Ai compagni scettici, che non “vedono”, noi diciamo che in realtà il problema principale su cui devono concentrare la loro attenzione non è quanta strada c’è ancora da fare. Le questioni su cui devono riflettere fino ad arrivare a conclusioni certe e definitive, chiare e nette sono se è una strada che l’umanità (e il nostro paese nel suo particolare) può percorrere (non tutte le strade sono percorribili, non tutti i progetti sono realizzabili, non tutti i sogni sono utili), se è la migliore tra quelle possibili, quali sono le condizioni per percorrerla con successo, se è possibile crearle, se stiamo lavorando bene a crearle, come possiamo lavorare meglio.

Gli avvenimenti dei mesi scorsi confortano i nostri sogni, sogni che però avevamo fondato sullo studio scrupoloso e assiduo delle condizioni attuali del mondo e del nostro paese.

Gli avvenimenti dei mesi scorsi hanno confermato i nostri sogni, hanno confermato l’efficacia dei nostri sforzi, la fertilità del lavoro che abbiamo fatto come centro promotore del movimento per la costituzione del GBP, benché le nostre forze siano ancora poche. Ne hanno anche messo in luce i limiti che dobbiamo superare. La sintesi è che abbiamo ottenuto un risultato che sembrava impossibile a chi non aveva una concezione dialettica della realtà.

Non che non ci siano più problemi: anzi! I nostri problemi si moltiplicano man mano che le OO e le OP con quei sindacati, quelle associazioni e quegli esponenti della sinistra borghese e della società civile che sono confluiti a comporre il centro autorevole del movimento, avanzano verso la costituzione del GBP: man mano che entriamo nel vivo della cosa. Ma per noi comunisti i problemi che incontriamo sulla nostra strada verso l’instaurazione del socialismo, non sono ostacoli che ci impediscono di avanzare: proprio la soluzione di questi problemi è anzi il contenuto principale del nostro lavoro. Di fronte alle difficoltà, i comunisti raddoppiano gli sforzi, coalizzano le forze e le superano.

Dobbiamo quindi identificare quali sono i problemi, quali le priorità, come risolverli. La strada che noi promuoviamo è possibile, è una delle due strade che oggi l’umanità può prendere e la costituzione del GBP è quella specifica per il nostro paese, è la strada più diretta, meno dolorosa e distruttiva per porre fine alla crisi. È una strada realistica, perché pone fine al sistema di relazioni sociali e di relazioni internazionali che hanno generato la crisi e la perpetuano e aggravano. Tiene conto che le nostre forze oggi sono ancora molto limitate, che la rinascita del movimento comunista è ancora solo agli inizi.

 

Quali sono gli insegnamenti principali degli avvenimenti dei mesi scorsi? Si riassumono in tre.

1. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno dimostrato che quando un centro autorevole chiama alla lotta, una parte importante della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari già oggi risponde subito all’appello. Hanno mostrato che l’iniziativa di un centro autorevole galvanizza le forze ed esalta la volontà e la determinazione a lottare di masse che in assenza di quell’iniziativa restavano inerti o disperdevano le loro forze in azioni contraddittorie e senza futuro (una lezione decisiva per condurre la guerra popolare rivoluzionaria). Hanno confermato che nel nostro paese la classe operaia, quando scende in lotta, trascina con sé il resto delle masse popolari.

Questo è l’insegnamento principale, il più fecondo, su cui ritorno più avanti.

 

2. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno dimostrato che la FIOM insieme alla USB e agli altri sindacati alternativi o di base costituiscono già un centro abbastanza autorevole per mobilitare una parte decisiva degli operai e delle masse popolari. Oggi quindi essi possono mettersi alla testa del movimento per costituire un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare. Spetta a noi comunisti, direttamente o attraverso le OO e le OP, indurli a farlo. Se lo faremo con successo, rivolteremo contro i padroni, i vertici della Repubblica Pontificia e la banda Berlusconi anche la loro stessa insaziabile arroganza criminale e la loro avidità e corruzione.

Ma il compito principale nei confronti dei sindacati e della società civile lo devono e lo possono svolgere le OO e le OP. Noi comunisti dobbiamo agire principalmente su queste e tramite queste. Dobbiamo creare le condizioni perché esse costituiscano un loro governo d’emergenza.

 

3. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno dimostrato che quando quel centro autorevole prende l’iniziativa, trova l’iniziativa giusta e chiama alla lotta, il suo appello produce effetti a catena, si ripercuote su un largo raggio. Cresce la confluenza tra FIOM e sindacati alternativi e di base (USB, Confederazione Cobas, SLAI Cobas, ecc.). Aumentano i sindacati CGIL che si aggregano o sono tentati di aggregarsi alla FIOM: Flc (scuola - Domenico Pantaleo), FP (pubblici dipendenti - Rossana Dettori), SPI (pensionati - Carla Cantone). Costringe perfino la destra che spadroneggia nella CGIL, la combriccola dei nipotini di Craxi ed ex soci di Sacconi, a darsi una regolata, mentre oggi rifiuta di impegnarsi nella lotta, collabora sottobanco con i padroni e comunque è convinta e cerca di convincere tutti che lo scontro con i padroni i lavoratori non lo possono vincere, che l’hanno già perso. Camusso & C ricevono pugni nel naso da governo, padroni e sindacati complici (contratto separato del 4 febbraio per i pubblici dipendenti, tavolo sulla produttività con CISL e UIL, tavolo sulla rappresentanza con Sacconi) e devono seguire la FIOM sulla via della costituzione del GBP. L’iniziativa ha effetti perfino tra i seguaci dei sindacati gialli e complici (CISL, UIL, UGL, ecc.): i sindacati complici sono abbandonati dagli iscritti, i lavoratori non seguono le loro direttive e le loro strutture si sgretolano.

La controtendenza è la spinta a risindacalizzare l’iniziativa, a riportarla nell’alveo delle iniziative rivendicative, a ridursi a fare pressioni sulla destra sindacale e a chiedere al governo Berlusconi (o ai suoi effettivi o progettati surrogati) di fare questo o quello (es. una politica industriale, una politica come la Germania, ecc.), a far dipendere la propria azione dalle decisioni della destra sindacale o addirittura del governo, ad anteporre l’unità con la destra sindacale all’unità con i sindacati alternativi e di base, a togliere la motivazione politica dell’iniziativa e del ruolo assunto dalla FIOM.

 

Sono tre insegnamenti di enorme importanza. Il principale dicevo è il primo. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno smentito uno dei luoghi comuni dietro cui la sinistra borghese da due decenni in qua ha mascherato la sua subordinazione alla destra borghese, in realtà dovuta alla sua natura di classe e all’assenza di un forte movimento comunista che la influenzasse: il luogo comune che le masse popolari sono apatiche, rassegnate, sorde ai “generosi appelli” della sinistra borghese (pensiamo alla retorica di Bertinotti!).

Alcuni dicevano, e dicono tutt’ora, che le masse sono addormentate e corrotte, che la classe operaia non esiste neanche più. Tonino Bucci (Liberazione 17.02) dice ancora oggi con le parole di Carlo Donolo (Italia sperduta) “La vecchia classe operaia ha perso pezzi e soprattutto si è intimamente differenziata e dispersa. Il lavoro dipendente è comunque sotto assedio da parte di forme del lavoro autonomo, reali o fittizie. La classe operaia ha perso ogni egemonia culturale, anzi nei suoi nuclei più consistenti e residuali si è trasformata in una congerie microborghese negli stili di vita e nei consumi. Per una buona metà vota centro-destra, e avrà pure le sue ragioni per farlo”.

Altri dicono che sia le masse sono addormentate sia l’avanguardia è inerte e per avanguardia intendono i partiti della sinistra borghese (in sintesi il PRC) e addirittura la destra moderata (in sintesi il PD) e comunque non osano rompere con il PD. Dino Greco (Liberazione 12.02) scrive: “Quanto al popolo, è auspicabile che si svegli dal lungo sonno. Magari aiutato da una sinistra [che nel suo vocabolario vuol dire principalmente PD, perché PRC è Dino Greco e quindi già è tornato, ndr] che torni capace di produrre cultura e progetto, di riprendere parola e iniziativa”. Lo stesso DG aveva intonato arie da funerale il 15 gennaio, all’indomani della vittoria a Mirafiori, stravolgendo Gramsci (Uomini in carne ed ossa). Quindi lui non si è ancora accorto che “l’Italia s’è desta”: sveglia, Dino! Tanto meno ha capito perché “s’è desta” e al suono di quale tromba.

Gli avvenimenti hanno confermato che la causa del declino della lotta degli operai e delle masse popolari è stato il declino, la corruzione e la disgregazione fino alla scomparsa del PCI prima sotto la direzione dei revisionisti moderni (Togliatti prima, Berlinguer dopo) che avevano ridotto la politica rivoluzionaria alla sola partecipazione alla lotta politica delle forze borghesi (“via democratica e parlamentare al socialismo”) e poi sotto la direzione della sinistra borghese. Questa ha lasciato cadere anche l’obiettivo del socialismo, ha ripudiato il marxismo e si è messa a denigrare l’esperienza del movimento comunista in gara con i fascisti, con Berlusconi e il suo “libro nero” (del bambino ha visto solo la merda e ha sapientemente proclamato a destra e a manca che il bambino era merda, la merda era tutto, tutto era merda).(6) Gli avvenimenti hanno confermato che quando le masse non lottano, la causa principale per cui le masse non lottano è la mancanza di un partito comunista adeguato.

Gli avvenimenti non hanno solo dimostrato che la classe operaia e al suo seguito le altre classi e settori delle masse popolari sono combattivi, rispondono all’appello di un centro autorevole. Hanno anche dimostrato quanto è forte l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria in termini di concezioni (intellettuale), sentimenti (morale) e capacità organizzativa (politica). Quindi le cose oggi possono svilupparsi molto più rapidamente che nella prima ondata.

Gli operai e le masse popolari hanno abbandonato la sinistra borghese (le elezioni di aprile 2008 sono state la rivelazione plateale dell’abbandono) perché la sinistra borghese ha mostrato apertamente che ha abbandonato il comunismo: per la sua mancanza di progetto, per la sua natura di classe, per la sua subordinazione alla destra: ancora oggi invece di guardare alle masse popolari e agli operai, guarda alla destra moderata, al PD che a sua volta è subordinato a Casini e a Fini, complici fino a ieri e partecipi della concezione del mondo arrogantemente sbandierata dalla banda di criminali, fascisti, speculatori, clericali e avventurieri raccolta attorno a Berlusconi che il Vaticano ha investito del governo della Repubblica Pontificia. La sinistra borghese ha giustificato se stessa, non poteva autocriticarsi, cambiare natura. Ha spiegato il suo fallimento principalmente con l’arretratezza, la vigliaccheria e la corruzione delle masse popolari. Le masse popolari sarebbero corrotte dalla borghesia imperialista, dal benessere, dal consumismo, dal modello di consumo. Ha inventato che la classe operaia non c’era più (Marco Revelli & C). Ha inventato che la classe operaia era diventata berlusconiana o leghista: i voti DC travasati (e addirittura solo in parte) a Berlusconi o a Bossi le hanno permesso di elaborare le tesi del berlusconismo e del leghismo che avrebbero conquistato le masse, addirittura che sarebbero sgorgati dalle masse spontaneamente (cioè per molecolare inconsapevole combinazione di elementi della loro “natura umana” e delle circostanze). E ancora oggi si attarda in simile fantasie giustificatorie.

Alle donne che scendono in piazza, la sinistra borghese nei casi migliori reagisce come lo scemo della leggenda: “quando il saggio indica col dito la luna, lo scemo guarda il dito”. Quando le donne, tramite un percorso complesso e lungo (l’8 marzo di quest’anno è il 100° anniversario della prima Giornata Internazionale delle Donne promossa nel 1911 dalla II Internazionale principalmente per opera di Klara Zetkin) emergono dal ruolo in cui sono finora rimaste relegate lungo tutto il corso della plurimillenaria evoluzione della specie umana, Pasquale Vozza (Liberazione 17.02) propone che gli uomini facciano anch’essi collettivi di autocoscienza: se sono serviti alle donne (per liberarsi dal ruolo a cui venivano sempre più contraddittoriamente educate (“donne non si nasce, si diventa”, aveva ben chiarito Simone de Beauvoir) da una società per la quale oramai il ruolo subordinato delle donne era diventato un peso imposto dal passato in contrasto con le condizioni pratiche del presente), perché non dovrebbero servire anche agli uomini? - come se nel sistema di relazioni sociali gli uomini non avessero un ruolo del tutto diverso da quello delle donne e quindi un diverso problema di trasformazione per andare verso il futuro.

La produzione mercantile
capitalista e il socialismo

 

La produzione mercantile e la produzione capitalista hanno oramai dato all’evoluzione della specie umana tutto quello che di positivo potevano dare: hanno rotto l’isolamento materiale e spirituale degli individui e delle comunità e fuso l’umanità in una sola comunità di produzione e di cultura da un capo all’altro della Terra. Hanno eliminato l’asservimento degli uomini alla natura e li hanno indotti ad accrescere enormemente le loro forze produttive. Hanno legato ogni uomo agli altri e hanno aperto campi illimitati alla conoscenza, alla ricerca e alla creazione.

Ma oramai la produzione mercantile e la produzione capitalista sono diventate un ostacolo al progresso e ritorcono le stesse conquiste dell’umanità contro la sua sopravvivenza. Gli uomini devono eliminare la proprietà privata dei mezzi e delle condizioni della produzione di beni e di servizi. Cosa, come e quanto produrre deve diventare una questione pubblica decisa democraticamente con la partecipazione di tutti. La progettazione e la gestione della società devono diventare un affare pubblico gestito con la partecipazione democratica di tutti. In nessuna questione sociale è ammesso il segreto. Ogni essere umano deve partecipare al massimo delle sue capacità al patrimonio spirituale e morale che l’umanità ha accumulato. Ogni individuo deve fare un lavoro socialmente utile, una quota del lavoro che la società deve fare per produrre i beni e i servizi di cui vuole disporre. Ogni individuo deve disporre dei beni e dei servizi necessari per una vita dignitosa, come dispone dell’aria che respira. Dobbiamo smettere di lasciare che le tradizioni e l’eredità del passato, quando non ce n’era abbastanza per tutti, soffochino la nostra vita presente. Dobbiamo riorganizzare l’insieme della nostra vita e delle nostre relazioni sociali.

Questo è il compito che le masse popolari del nostro paese devono affrontare. Questa è la strada che noi comunisti e i lavoratori avanzati dobbiamo indicare e aprire. Questo è il compito

che deve assumere il movimento che si è messo in moto per resistere e rispondere all’attacco dei Marchionne e dei Berlusconi.

Questo compito sembra complesso, difficile da attuare. All’inizio lo sarà realmente, lo si è visto anche nei primi paesi socialisti, a proposito dei quali bisogna tuttavia tenere presente che sono stati istituiti in paesi arretrati e durante la loro breve esistenza hanno dovuto continuamente combattere e dedicare molte risorse ed energie per resistere all’aggressione delle potenze imperialiste. Comunque all’inizio sarà effettivamente difficile, ma è come ogni nuovo mestiere. All’inizio sembra complicato. Quante cose da imparare! Quante cose che non si sanno fare! Quante cose che contrastano con quello che si è abituati a fare! Sarà peggio che fare la raccolta differenziata dei rifiuti per chi è abituato a gettare tutto alla rinfusa. Poi man mano che si impara, le cose scorrono via via più facilmente. Oggi gli individui più dotati, più energici, più capaci si dedicano a spremere gli altri, sono educati e spinti a farlo per arricchirsi. Anche se tu non lo fai, altri lo fanno comunque e anche tu ne sopporti le conseguenze. Infatti la causa dei mali non sta nell’individuo: sta nel sistema di relazioni sociali che lo forma e lo vincola. Nel socialismo gli interessi degli individui non saranno più contrapposti come oggi lo sono gli interessi del venditore e del compratore, dell’operaio e del capitalista, di due operai in concorrenza per un solo posto di lavoro. Gli individui saranno educati e spinti a dedicarsi al miglioramento della vita sociale e individuale. La stima generale circonderà gli individui che più contribuiranno al benessere e al progresso comune. Ogni individuo sarà incoraggiato a partecipare alla gestione della società e a dedicarsi, al massimo delle sue capacità e inclinazioni, alla conoscenza, alla ricerca, alla creazione: lo sviluppo delle capacità e attività intellettuali e delle relazioni sociali è la massima ricchezza della specie umana e può svilupparsi senza limiti.

 

Convinto di sfoggiare “audacia e fantasia”, Vozza propone “... infine, oserei chiedere: noi uomini, per cominciare noi militanti, dirigenti di Rifondazione Comunista, non potremmo immaginare momenti collettivi di analisi e di riflessione su grandi temi quali patriarcato, cultura e identità maschili oggi? Sarebbe bello ... Ci mettiamo a fare gruppi di autocoscienza maschile?”.

 

La denigrazione delle masse popolari è una prassi internazionale della sinistra borghese da quando è venuta meno l’influenza del movimento comunista e la destra borghese ha lanciato la sua offensiva. Ma in Italia assume un carattere particolare, dovuto alla nostra storia e si intreccia 1. con l’analisi della formazione economico-sociale del nostro paese e 2. con i compiti ineludibili della rivoluzione nel nostro paese. In un recente libro (La peste dei rifiuti) di denuncia dello sfascio prodotto in Campania dai governi del centro-destra e dai governi del centro-sinistra (in fatto di denunce la sinistra borghese, non meno della destra borghese, ci fornisce un contributo importante di cui dobbiamo approfittare), il dirigente del PRC Tommaso Sodano col plauso del giornalista di Liberazione (16.02.) apre qualificando “una buona fetta della popolazione italiana” con il giudizio che Piero Calamandrei dava del popolo italiano: “una naturale inclinazione alla putrefazione morale, all’indifferenza, alla sistematica vigliaccheria”. Un giudizio che nella sinistra borghese, tradita e abbandonata dalle masse, è luogo comune: “Gli italiani in massa non sono in grado di riconoscere una regola, di seguirla, o di darsela in coerenza con criteri universalizzabili. Il malgoverno del territorio, il traffico urbano, la diffusa maleducazione, l'arroganza, il farsi giustizia da sé: tutte tracce evidenti di un accoppiamento fatale tra crisi cognitiva (chiamiamola analfabetismo sociale) e crisi normativa (chiamiamola analfabetismo delle regole)”, sentenzia Tonino Bucci (Liberazione 17.02) con le parole di Carlo Donolo (Italia sperduta), “Da un lato, l'incapacità di capire come sta cambiando la società e, dall'altro, l'incapacità di seguire regole che non siano quelle dell'egoismo individuale, del rancore e del conformismo”.

Insomma, per non riconoscere se stessa la sinistra borghese sconfina nel razzismo: è colpa della natura degli italiani.

Lungi dal capire che le caratteristiche negative particolari delle masse popolari italiane che la sinistra borghese attribuisce alla “natura degli Italiani” e la destra borghese alla “natura del basso popolo”, sino a sconfinare entrambe nel razzismo masochistico, piagnoso e piagoso, in realtà sono un risultato della nostra storia: una storia che la borghesia ha essa stessa fatto. Sono caratteristiche di cui le masse soffrono e da cui si guariranno esse stesse, se le mobilitiamo nella lotta contro l’oppressione presente (dei borghesi e dei preti libertini e viziosi) risultante dalla storia fatta dalla borghesia (rigidamente virtuosa e morigerata, in combutta, è vero, già allora con libertini e dissoluti e lo jus primae noctis, da Pio IX a Vittorio Emanuele). E quindi anzitutto comprendiamo noi quei risultati e li indichiamo. L’indignazione morale che si manifesta nella sinistra borghese e in qualche misura persino nella destra moderata (il PD), diventa invece razzismo e agitazione sterile e piagosa perché sinistra e destra borghesi rifiutano di partire dalla situazione reale e dalla storia che l’ha prodotta. Cosa che la borghesia, di sinistra e di destra, evita accuratamente di indicare e forse, a forza di non volerla affrontare, neppure più è capace di capire mentre si profonde in manifestazioni pratiche (economiche e politiche) e in manifestazioni formali (visite a corte, inchini e baciamano) del comune servilismo ai rappresentanti di quei risultati: il Papa, i cardinali, i vescovi, ecc. e i protettori di questi a Washington.(7)

Il ricorso al razzismo della “natura del popolo italiano” evita infatti di dover dire che l’anomalia del nostro paese, le deleterie caratteristiche “naturali” della “popolazione italiana”, sono il frutto della persistenza della Corte Pontificia e della sua Chiesa (la sua rete capillare di curie diocesane, parrocchie, ordini e congregazioni, associazioni laiche, seminari e orfanotrofi, scuole, ospedali, opere pie, proprietà e istituzioni immobiliari e finanziarie) che inquinano le masse popolari e formano le nuove generazioni con idee riflesso delle relazioni schiaviste o feudali d’altri tempi (donde l’ignoranza, l’evasione dalla realtà e l’abbrutimento particolari) e con precetti avulsi dalle condizioni concrete (donde la doppia e tripla morale e il cinismo pratico particolari: i precetti inapplicabili lasciano il vuoto reale di regole e principi corrispondenti alle relazioni reali), imprimono alle classi dominanti del nostro paese le particolari caratteristiche di ipocrisia, di arroganza e di servilismo che le distinguono nel mondo (“cambiare il nome delle cose per non cambiare le cose”, “scrivere leggi e costituzioni che vengono sistematicamente ignorate o aggirate dall’interpretazione”, ecc.), succhiano risorse ed energie dall’intero paese e le deviano verso i loro riti, i loro lussi, le loro opere di corruzione e i compiti della loro missione reazionaria nel mondo intero.

Ma grazie a chi nella storia del nostro paese sono sopravvissute e si sono perpetuate nel loro ruolo la Corte Pontificia e la sua Chiesa che dopo il regime DC sono infine approdate al governo delle Organizzazioni Criminali capeggiate da Silvio Berlusconi? Proprio grazie alla classe che presiedette alla fondazione del Regno d’Italia, ai Calamandrei (che allora si chiamavano con altri nomi: Quintino Sella, Giovanni Giolitti, Giovanni Amendola e tanti altri) del periodo in cui venne fondato il Regno d’Italia e degli anni successivi, che ostentavano e rigorosamente professavano private individuali virtù da Decalogo (condotte adeguate a società umane d’altri tempi), mentre contemporaneamente perpetuavano l’abominio e i pubblici vizi d’altri tempi (la borghesia inglese nell’Ottocento chiamava lo Stato Pontificio “la vergogna d’Europa”) pur di evitare la riforma agraria. Bronte è l’immagine emblematica della loro opera perversa che ha creato l’Italia borghese.

 

Dicevo sopra che la denigrazione delle masse popolari nel nostro paese si intreccia non solo con l’analisi della nostra formazione economico-sociale, ma anche con i compiti ineludibili della rivoluzione nel nostro paese. Infatti la crisi generale in corso generalizza lo sfacelo economico, ambientale, intellettuale e morale del nostro paese. Moltiplica la miseria e l’abbrutimento fino a renderli insostenibili: impedisce che si perpetuino almeno nella vecchia forma. Infatti mentre noi comunisti lottiamo per la costituzione del GBP che è la via alla instaurazione del socialismo, la Corte Pontificia e la sua Chiesa sono alla ricerca di una forma nuova del loro dominio.

Con il regime DC la Corte Pontificia e la sua Chiesa (sostenute da Washington) erano riuscite a contenere, corrompere e infine soffocare il movimento comunista. L’incalzare della seconda crisi generale del capitalismo ha travolto il “capitalismo dal volto umano” e il regime DC ha lasciato il posto al governo delle Organizzazioni Criminali capeggiate da Berlusconi che alla fine degli anni ’90, dopo l’esperienza negativa del dicembre ’94, ha legato a sé Bossi con un patto i cui termini sono finora stati tenuti segreti non solo dai due contraenti, ma anche dai principali (morigeratissimi - vedi Pisanu e Prodi, per non parlare degli eminenti cardinali) esponenti della classe politica che ne sono sicuramente al corrente (stante la natura dei contraenti sono certamente termini basati su corruzione garantita da ricatto: Sindona e Ambrosoli sono un monito). Ma quella soluzione politica anche dal punto di vista della Corte Pontificia e della sua Chiesa non regge di fronte alle difficoltà della crisi generale. Oggi l’Italia non tiene più il passo neanche con gli altri paesi imperialisti della UE. I vertici della Repubblica Pontificia sono nel panico, il Vaticano cerca di salvarsi dal naufragio della banda Berlusconi, come negli anni ’40 si salvò dalla sconfitta del fascismo. Perfino Bagnasco, portavoce della Corte e della struttura più segreta e meno trasparente del mondo, pretesa partecipe in esclusiva e amministratrice unica dei “misteri imperscrutabili della Divina Provvidenza”, ha scoperto che la trasparenza è buona cosa! Ma non sanno chi mettere al posto di Berlusconi e Berlusconi a sua volta non può e non se ne vuole andare: certamente non se ne andrà con le buone. La crisi è complicata dalla rete di corruzione e di ricatti in cui sono coinvolti tutti i maggiori esponenti della classe politica: Fini nella cabina di regia della “macelleria messicana” di Genova 2001 e il Pio Albergo Trivulzio di Milano sono solo esempi.

La Corte Pontificia e la sua Chiesa sono alla ricerca di una soluzione di ricambio per la banda Berlusconi. Ma la soluzione sarebbe, se possibile, peggiore di Berlusconi. Avendoci liberato da Berlusconi, un governo emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia ci imporrebbe Marchionne. Che per gli operai, gli studenti e i rom, non sarebbe una soluzione migliorativa. Riprenderebbe la solfa dei sacrifici reali oggi in cambio di promesse di benefici per domani, mentre “chi ha avuto ha avuto”, delle ragionevoli restrizioni (CIE, espulsioni, respingimenti e roghi) per gli immigrati. Il “processo di Bologna” nelle scuole, nelle università e nella ricerca targato Zecchino-Berlinguer invece che Gelmini. Disoccupazione a gogò mitigata dal precariato, dal lavoro nero e dall’arte dell’arrangiarsi perseguitati dalla legge a tutela della sicurezza. E così via. A questo “ricambio” si contrappone la linea del GBP, che quindi è incomprensibile a chi delle masse popolari ha la stessa concezione che la sinistra borghese professa e che gli avvenimenti di questi mesi ancora una volta smentiscono.

Il GBP e il suo programma sintetizzato nelle sei misure che possono essere realizzate con provvedimenti semplici e di immediata attuazione, sono la via d’uscita dal marasma attuale e la base di partenza per un percorso di rinascita e progresso adeguato al passaggio epocale che l’umanità deve compiere. Un percorso che le masse popolari del nostro paese percorreranno in unità con le masse popolari degli altri paesi, la cui ribellione è in corso, perché hanno problemi analoghi ai nostri e sempre più ne avranno. Il freno alla creazione delle condizioni perché le OO e le OP costituiscano il GBP, non sta nelle masse popolari. Il freno principale è nei promotori, negli organizzatori del processo. I “sognatori” sono la parte che oggi più manca, quella che detta il passo a tutto il movimento.

La concezione comunista del mondo tratta della plurimillenaria evoluzione compiuta dalla specie umana, delle leggi secondo cui si è svolta e si svolge, indica il passaggio che l’umanità deve compiere e come deve trasformare le sue relazioni sociali e se stessa per usare positivamente le forze produttive materiali e spirituali di cui dispone e proseguire il suo cammino.

Per questo è importante che noi comunisti assolviamo meglio ai nostri compiti, che ci mettiamo in condizione di assolvere meglio ai nostri compiti, che “sogniamo” di più e meglio, più alto.

Assimilare la concezione comunista del mondo, liberarci la testa dal “senso comune” creato in noi dalla sconfitta subita dal movimento comunista amplificata e sfruttata dall’offensiva della borghesia e del clero, imparare a tradurre la concezione comunista del mondo nel particolare della propria zona operativa e del proprio settore di lavoro, diventare con l’esperienza e la pratica della critica e autocritica (CAT) e del dibattito franco e aperto (DFA) più abili a tradurla nel concreto di ogni nostra azione. Tutte cose che chi vuole impararle, imparerà con relativa facilità.

Ma proprio qui sta il punto: chi vuole impararle. Perché anche nelle nostre file molti compagni sono ancora oggi frenati dal disconoscimento del proprio compito e ruolo di classe dirigente del socialismo e da una corrispondente concezione negativa delle masse popolari. Da qui, dalla trasformazione della nostra concezione del mondo, noi dobbiamo partire per rafforzare l’organizzazione e le attività clandestine del Partito, rafforzare il Partito moltiplicando i Comitati di Partito, sviluppare il “lavoro operaio” dei CdP per fare di ogni CdP lo Stato Maggiore della lotta di classe nella sua zona operativa.

Quando una lotta è seria (e man mano che la crisi si aggrava la lotta diventa sempre più seria), dirige chi mostra la strada e lancia le parole d’ordine in cui chi vuole andare avanti si riconosce.

Rosa L.

 

Note

 

1. La prima esposizione pubblica della linea “le OO e OP devono costituire un loro governo di emergenza, il GBP” è stata fatta nel Comunicato CP 37/2008 del 14 novembre e in La Voce n. 31 (marzo 2009).

 

2. Vista la situazione a cui siamo arrivati, chi ha partecipato all’attività ma è convinto che lui ha sempre capito tutto quello che doveva fare e non ha mai fatto errori, deve credere che è dio o il destino che ci ha portato al punto attuale.

 

3. Lavoriamo in un contesto in cui molti usano le parole per riempirsi la bocca e abbondano frasi approssimative e periodi senza senso. Sono quindi costretto a spiegare il significato in cui uso espressione che pure corrono di bocca in bocca. Cosa indico con l’espressione società civile? Intendo l’insieme di persone che nel giro normale di attività della società attuale hanno individualmente un ruolo che di per se stesso le rende punti di riferimento per una certa parte della popolazione, conferisce loro un certo ruolo politico. Facendo riferimento all’analisi delle classi della società italiana esposta nel capitolo 2.2 del Manifesto Programma del (n)PCI (disponibile anche sul sito http://www.nuovopci.it), sono persone che appartengono alle classi popolari non proletarie o al campo della borghesia imperialista. Certamente la putrefazione della Repubblica Pontificia e la crisi generale del capitalismo rendono molte di queste persone mobilitabili per un’azione politica che inverta il corso delle cose, per alcuni versi le spinge a mobilitarsi: quando la nave affonda, anche tra la classe dominante non tutti si accontentano di ballare! La reazione che la banda Berlusconi suscita contro di sé e i contrasti esplosi nei vertici della Repubblica Pontificia accentuano il loro numero e la loro mobilitazione. Persone che pure hanno partecipato a creare lo stato presente di degenerazione del paese o vi hanno assistito in sostanza passivamente (ne cito tre per tutti: Duccio Valori ex direttore centrale dell’IRI sotto la direzione di Sette e poi durante la sua liquidazione sotto la direzione di Prodi, Luciano Gallino, Paolo Flores D’Arcais) si alzano indignate e dicono cose di buon senso comune a cui la loro posizione sociale conferisce autorevolezza.

Per forza di cose il Governo di Blocco Popolare sarà composto da persone che godono già oggi della fiducia delle Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni Popolari, quindi in sostanza in larga misura anche da esponenti della sinistra borghese, da sindacalisti e da altri membri della società civile, a condizione che siano decisi a dare forza e forma di leggi ai provvedimenti di caso in caso indicati dalle OO e OP interessate, per attuare nel caso concreto le sei misure generali che sono il programma del GBP, anche se sono provvedimenti che ledono interessi della borghesia, del clero, dei ricchi e del sistema imperialista mondiale e vanno contro le loro abitudini, le loro istituzioni, le loro aspirazioni e la loro mentalità.

Noi comunisti dobbiamo osare sostenerli, se godono della fiducia di OO e OP e sono in condizione di contribuire a costituire il GBP.
La sorte del GBP non dipenderà dalla loro affidabilità e dal loro carattere: dipenderà principalmente dall’azione delle OO e OP. Non c’è altra soluzione politica immediata alla crisi che avanza e al disastro che incombe, per sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria.

 

4. Sul “senso comune” leggere il brano che gli dedica Antonio Gramsci, in Quaderni del carcere, ed. Einaudi vol. II, pagg. 1396-1401, reperibile anche nella sezione Classici del Movimento Comunista del sito http://www.nuovopci.it.

 

5. A proposito di cosa si deve intendere per “lavoro operaio” dei CdP, leggere l’articolo di Antonio G. Sul lavoro operaio del Partito, in La Voce n. 36 (novembre 2010), pagg. 55-59.

 

6. Un esempio tra tanti. Liberazione sotto la direzione di Dino Greco e Paolo Ferrero si vuole organo dei rifondatori del comunismo, contrari alla concezione di Bertinotti e Sansonetti che il movimento comunista è stato una sequela di “errori e orrori”. Orbene nel numero del 20.02 Francesco Bilancia tratta del governo della banda Berlusconi (Il potere non può arrestare la giustizia) e dice: “Il consenso popolare e le istituzioni legittime hanno più volte nella storia fatto scempio dell'ordinamento giuridico e dei diritti individuali. Ed in fondo anche la democrazia, nella lettura autocratico-populista in voga oggi in Italia, può essere feroce se agisce fuori dai vincoli del costituzionalismo. Non avevano forse consenso popolare anche Hitler e Stalin? E non agivano anch'essi nell'interesse del popolo?”. Oltre ad avvallare la tesi che Berlusconi avrebbe avuto il voto della maggioranza degli elettori (in realtà al suo apogeo, nel 2008, ha avuto il consenso del 29% degli elettori e del 37% dei voti validi), più significativo ancora è che per Bilancia Stalin e Hitler sono sullo stesso piano nel rapporto con le masse del rispettivo paese. Logicamente Bilancia avrebbe anche potuto scrivere Stalin, Hitler e Mussolini. Vi ricordate quando Berlusconi proclamò che in fondo Mussolini era una persona perbene, che i suoi oppositori si limitava a mandarli in vacanza nelle isole? Provate ora a spiegarvi in che senso Bilancia ha della storia, della politica e delle classi una concezione diversa da quella di Berlusconi. E, spersonalizzando, in che cosa la sinistra borghese differisce dalla destra quanto a concezione del mondo e della storia, se non è al seguito della destra. Troverete che in definitiva differisce solo nel senso che è eclettica e ondivaga. Qui scrive che Stalin = Hitler e Mussolini, poco distante scrive che Gramsci era una brava persona, salvo dopodomani dire che è sorpassato. Non è chiaro che la sinistra borghese quanto a concezione del mondo e della storia, è la copia sfocata e incerta della destra? Che anche se si dichiara antifascista e antirazzista, in realtà riabilita il fascismo e denigra il movimento comunista?

 

7. “Essere di casa a corte, perdio! Questo è salire. Stare e farsi vedere con i grandi, studiare i loro gusti, assecondarne le fantasie, servire i loro vizi, approvare le loro prevaricazioni: questo è il segreto”: lo spirito dei politicanti italiani in visita alla Corte Pontificia o a Washington, descritto da Il nipote di Rameau di Denis Diderot (1713-1784) citato da Marco Bascetta, il Manifesto (17.02).