Ritorna all'indice de La Voce 36 /-/ Ritorna all'indice completo dei numeri de La Voce


  La Voce 36 del (nuovo)Partito comunista italiano

 

Il senso della vita individuale e la trasformazione della società

 

Nelle vecchie società (schiaviste, feudali e simili, insomma preborghesi) la sostanza delle relazioni sociali era la dipendenza personale: dalla famiglia, dal padrone, dal signore, dal prete, ecc. Ogni individuo dipendeva da un altro, era la creatura di un altro. Dio era il padre e padrone di tutti. Tutti erano creatura di dio.

Nella società borghese la relazione mercantile è diventata universale, investe la produzione e riproduzione di tutte le condizioni dell’esistenza. Ogni individuo è una persona a sé e la sua relazione con gli altri è lo scambio.

Nelle società antiche il padre padrone conferiva uno scopo alla vita e un fine e una regola all’attività del dipendente. Perché esisto? Per servire il mio padre e padrone, per adempiere il compito che egli mi ha assegnato. Se vengo meno al compito che il mio padre e padrone mi ha assegnato, merito di morire: la mia vita non ha più senso.

Nella società borghese, se il bisogno di procurarsi il denaro necessario per comperare le condizioni (beni e sevizi) socialmente necessarie per vivere lo costringono ad agire, l’individuo ha un fine, la sua vita e la sua attività hanno uno scopo: darsi da fare per avere il denaro necessario. Questo il fine, questa la morale.

Se questo bisogno è soddisfatto senza esaurire il tempo e l’energia del lavoratore, se questo avviene per una larga parte della popolazione, si apre un capitolo nuovo nella storia dell’umanità: quale è lo scopo e quale la regola dell’attività e della vita dell’individuo?

Ogni individuo deve dare uno scopo e quindi una regola alla sua vita e alla sua attività. Esisto e decido di dedicare la mia vita a questo o a quello.

Durante la prima ondata della rivoluzione proletaria l’avanzata del movimento comunista ha ridotto su larga scala per le masse popolari dei paesi imperialisti il tempo di lavoro. La borghesia ha reagito dilatando i bisogni che socialmente è necessario soddisfare: la quantità di beni e servizi che ogni proletario e ogni lavoratore deve comperare per essere all’altezza delle relazioni che vigono nella società. Questo ha spostato in là il problema, ha ritardato il momento della scelta. Per alcuni in misura sufficiente, per altri no.

Da qui nei paesi imperialisti la massa di individui dall’identità incerta, privi di scopo per vivere, che non sanno perché vivono perché effettivamente non si sono mai dati uno scopo per vivere, non si sono mai fissati un obiettivo per la loro vita; la diffusione della depressione, dell’uso di antidepressivi, del suicidio, di droghe e di comportamenti autodistruttivi.

Quando dettavano ancora legge, nel Medioevo, i preti di Santa Romana Chiesa non educavano in massa i fedeli a leggere, perché la lettura e l’interpretazione delle Sacre Scritture dovevano restare monopolio del clero. Analogamente la società borghese, dato l’antagonismo di interessi tra capitalisti e proletari che è alla sua base e che proietta la sua luce su ogni relazione sociale e su ogni aspetto della vita sociale e individuale, non può educare in massa gli individui a una vita intellettuale elevata (“Perché insegnare filosofia a uno che dovrà fare lo spazzino?” retoricamente si domandava la Letizia Moratti, quando era ministra della Pubblica Istruzione del governo Berlusconi: non a caso la scuola è sempre più ridotta a scuola di arti e mestieri) e alla connessa morale autonoma. Lo scopo della vita di ogni lavoratore deve restare competenza della borghesia (e del clero che la sostiene). Marchionne esprima a gran voce e con chiarezza la prassi corrente, il lavoratore deve lavorare, obbedire e combattere. La morale del lavoratore deve restare eteronoma, dettata dalla borghesia e dal clero.

Un largo spettro di persone, da Benedetto XVI a Costanzo Preve, proclamano che il comunismo è fallito (così battezzano la sconfitta della prima ondata della rivoluzione proletaria, il suo esaurimento e per i primi paesi socialisti il crollo dopo 30 anni di revisionismo o il cambio di colore) perché “il comunismo è contrario alla natura umana”. Effettivamente il comunismo è contrario alla concezione del mondo, alla mentalità e alla personalità borghesi e clericali, quindi alla natura umana forgiata dalla borghesia. Quanto alla relazione dei proletari e delle masse popolari con il comunismo, la questione è meno netta: lo confermano gli sforzi che la borghesia e il clero hanno dovuto fare per far fronte al movimento comunista durante la prima ondata della rivoluzione proletaria.

È un fatto che gli individui sono forgiati dalle circostanze in cui crescono e quindi la vita nella società borghese forma nei proletari i sentimenti e le concezioni necessari a vivere nella società borghese, ma da proletari e quindi con le contraddizioni che i proletari hanno rispetto ai rapporti sociali che sono costretti a vivere.

L’ordinamento sociale che noi comunisti prospettiamo è possibile e luminoso, ma nuovo, con le incertezze e l’inesperienza che il nuovo porta con sé e con lo sforzo morale e intellettuale che richiede un ordinamento che può essere attuato e può prosperare solo con la crescente partecipazione cosciente e organizzata della massa della popolazione alla creazione e alla direzione della nuova società: richiede una trasformazione morale, intellettuale della massa della popolazione e delle sue relazioni sociali.

La borghesia, il clero, le loro autorità e i loro sostenitori e seguaci devono imporre giorno dopo giorno misure nere che distruggono la vita, le speranze, i sogni e le prospettive di una parte crescente della popolazione; possono però giovarsi sia del concorso della parte della popolazione che corrompono con la promessa di partecipare al bottino del saccheggio dell’altra parte e della popolazione di altri paesi, sia del prestigio e dell’autorità che il potere costituito e la tradizione conferiscono, sia della forza e della conoscenza di raggiri e trucchi che la lunga pratica del potere ha accumulato nelle mani delle classi dominanti, sia della pigrizia mentale a cui la società borghese educa i proletari: lei non è pagato per pensare!

Quindi il nostro successo nello sbarrare il passo alla mobilitazione reazionaria e far prendere al nostro paese la via più diretta, meno distruttiva e meno dolorosa verso il socialismo (questo è la costituzione del GBP), non è garantito, ma non è nemmeno escluso. Possiamo vincere. Quindi ci batteremo con tutte le forze per vincere. Questo sono oggi i comunisti, nella tormenta che imperversa sul mondo!

Quello che decide del corso delle cose è l’attività politica dei comunisti, la loro capacità di indirizzare la trasformazione politica in corso. La loro capacità a sua volta dipende dalla comprensione che essi hanno delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e dalla loro capacità di tradurre questa comprensione nel particolare e nel concreto (qui e ora) di ogni conflitto, in ogni zona e su ogni terreno, in ogni momento. Tanto maggiore è la possibilità che i comunisti riescano nell’impresa, quanto maggiore è l’eredità positiva della prima ondata della rivoluzione proletaria che resta tra le masse ed entra in contrasto con le nere prospettive e le misure che la borghesia e il clero, le loro autorità e i loro sostenitori e seguaci impongono per tenere in piedi il loro ordinamento economico, monetario, finanziario, politico e sociale.

La borghesia imperialista e il suo sistema di relazioni sociali hanno portato l’umanità in un marasma putrescente, combinazione della crisi economica e della crisi ambientale. Vale per il nostro paese e per tutto il resto del mondo. Per uscirne occorre una trasformazione sociale che come movimento di massa può avere inizio solo da una trasformazione politica.

Per sua natura questa trasformazione politica e sociale implica una trasformazione profonda degli individui, un ulteriore progresso intellettuale, sentimentale e morale degli individui: nel suo insieme si tratta di un progresso della specie umana che va oltre quello portato dal sistema borghese.

Contrariamente a quello che dicono i pensatori metafisici e tra loro in primo luogo i preti, la trasformazione politica e sociale non è il risultato della trasformazione degli individui (“bisognerebbe che gli uomini fossero diversi”, “tutto deriva dal fatto che gli individui sono cattivi”, “l’uomo è un essere imperfetto” e altre simili tiritere pretesche). La trasformazione in massa degli individui necessaria per il comunismo, sarà il coronamento, lo sbocco e il completamento della trasformazione politica e sociale. Questa è la reale relazione dialettica tra individuo e società. Ogni tentativo o pretesa di trasformare in massa gli individui prima di trasformare le condizioni in cui essi si formano e devono vivere, è destinata al fallimento. In pratica serve a chi non vuole cambiare la società, a chi si oppone alla trasformazione politica e sociale.

I fautori di simile pretesa controrivoluzionaria fanno tuttavia leva su un fatto reale.

La trasformazione politica e sociale di cui l’umanità oggi ha bisogno deve essere promossa da una avanguardia, di cui i comunisti sono la parte più avanzata. Questa avanguardia deve essere composta da individui che si trasformano intellettualmente, sentimentalmente e moralmente nonostante le condizioni sociali in cui si sono formati e sono costretti a vivere. Vanno contro corrente.

Che nella nostra epoca è impossibile che un movimento rivoluzionario cresca oltre un livello elementare senza teoria rivoluzionaria, è un principio del marxismo, che già Lenin aveva fatto valere con forza e in termini pratici nella costruzione del partito comunista e delle sue organizzazioni generate. I comunisti devono avere una concezione rivoluzionaria del mondo. I revisionisti moderni aveva ripudiato anche questo principio: avevano persino scritto negli statuti del partito comunista che potevano far parte del partito i seguaci di ogni teoria, perfino i seguaci delle religioni. Giustamente noi comunisti abbiamo ristabilito che l’unità del partito comunista si basa sulla concezione comunista del mondo, che è la concezione scientifica, sperimentale del mondo fisico e della società. La rinascita del movimento comunista implica l’elaborazione della concezione comunista del mondo superando i limiti per cui il vecchio movimento comunista non ha avuto una comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe abbastanza avanzata da riuscire a spingerla avanti con successo: i limiti che hanno impedito che la sinistra del vecchio movimento comunista riuscisse a sbarrare il passo all’influenza della borghesia e del clero di cui i revisionisti erano portatori, nonostante la sua dedizione alla causa e il suo eroismo. Il Manifesto Programma che il (n)PCI ha pubblicato nel 2008 è l’espressione più alta della nostra lotta su questo terreno.

Ma l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ci ha insegnato che per essere all’altezza dei suoi compiti d’avanguardia, del suo ruolo, il partito comunista deve promuovere tra i suoi membri una trasformazione non solo intellettuale (della concezione del mondo), ma anche sentimentale e morale. Il comunista deve essere disposto a compiere uno sforzo deciso per trasformare la sua mentalità e in una certa misura anche la sua personalità per adeguarle alle necessità della lotta che il partito conduce. La dedizione alla causa non è un atteggiamento e una condotta spontanei. I sentimenti, i comportamenti, la sensibilità che ogni individuo ha acquisito spontaneamente nella sua formazione, che ha assorbito dall’ambiente in cui è cresciuto, nell’ambito del Partito vanno rimessi in discussione. Gli individui che vogliono essere avanguardia del processo di trasformazione della società, devo compiere oggi nell’ambito del partito quella trasformazione che, in termini in parte diversi, l’umanità farà nel corso del socialismo.

Il Partito accoglie come candidato ogni individuo disposto a trasformarsi e deciso a impegnarsi nelle file del Partito alla lotta per instaurare il socialismo. I comunisti non sono moralisti. Se un individuo è deciso a partecipare alla rivoluzione socialista nei ranghi del Partito, questa è condizione sufficiente per arruolarlo. Gli chiediamo di assumere alcuni impegni che verifichiamo sia nel corso della candidatura sia nel seguito della sua militanza: di condividere l’obiettivo e il programma del Partito e impegnarsi a osservarne lo Statuto, di entrare a far parte di un Comitato di Partito attenendosi alla sua disciplina, di sostenere il Partito con tutte le proprie risorse, di assimilare la concezione comunista del mondo e di essere disposto a trasformare la propria mentalità e la propria personalità in conformità con le esigenze della lotta che il Partito conduce: quindi di accettare il processo di critica-autocritica-trasformazione (CAT).

Tonia N.