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  La Voce 36 del (nuovo)Partito comunista italiano

Lettera alla redazione

Sulla morale

 

27.09.10

Cari compagni,

vi scrivo perché voglio condividere con voi una nuova, importante lezione che, grazie a questa magnifica scuola che è il Partito, sto imparando in questi ultimi mesi. E’ una lezione che tocca la parte “più intima” di se stessi, ossia la parte sentimentale.

Grazie al Partito quattro anni fa capii che un comunista deve essere costruttivo anche in campo sentimentale: ossia deve contrastare l’individualismo e il soggettivismo; non deve concepire la coppia come un ostacolo per lo sviluppo della propria azione al servizio della causa; non deve ridurre i rapporti sentimentali unicamente (o principalmente) alla sfera sessuale; deve invece costruire una coppia proiettata in avanti, legata con entusiasmo alla nostra impresa, in continua trasformazione ed evoluzione. Una coppia comunista, complice, che nasce, cresce e si sviluppa nel Nuovo Potere, nel solco della GPRdiLD. Questa lezione mi ha aperto le porte ad una (a mio avviso) grande crescita personale e politica. Ha sviluppato per molti versi l’essere “per” facendomi via via superare, in questo campo, l’atteggiamento (mentalità) del ribelle anti-sociale individualista, permettendomi di desiderare una relazione di coppia di tipo nuovo, di costruirla, di viverla a fondo, di iniziare a ragionare “in due”, come collettivo-coppia appunto, e non “da solo” e, inoltre, di ragionare “in due all’interno della causa comune”. Grazie a questa lezione il Partito mi ha fatto capire cos’è l’amore per un comunista, in una situazione in cui, invece, il marasma prodotto dalla seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale fa sbandare le masse popolari anche nel campo delle relazioni sociali e, quindi, anche in campo sentimentale. Il Partito mi ha insegnato ad amare. Da questa lezione è nata una storia d’amore per me inedita, bellissima, vissuta, ricca, per molti versi fantastica.

In quest’ultimo mese il Partito mi sta permettendo di capire una nuova importante lezione, che tocca anche il campo sentimentale. Un dirigente comunista non deve aver paura di perdere la vita: solo chi non mette la conservazione della sua vita in cima ai suoi obiettivi, solo chi è disposto a perdere la vita, non la spreca, ha una vita grande, realizza grandi cose, il meglio di cui è capace.

In effetti potrebbe sembrare che questa “lezione” sia in contrasto con la precedente. In realtà non lo è, anzi sono legate dialetticamente tra di loro, si completano a vicenda. Un comunista si sviluppa tanto più quanto più si lega alla causa, quanto più mette al centro delle propria vita la causa, subordinando tutto ad essa, compresi gli aspetti sentimentali e personali. Questa seconda “lezione” è più difficile della prima da assimilare e da usare come guida per l’azione. Ma proprio per questo è più decisiva. I limiti della sinistra del vecchio movimento comunista hanno permesso al regime di controrivoluzione preventiva e ai revisionisti moderni di “scavare a fondo” nella morale delle masse popolari dei paesi imperialisti, dilapidando il patrimonio di concezione e morale costruito con eroismo dai comunisti durante la prima ondata della rivoluzione proletaria. Morire per la causa durante la Rivoluzione d’Ottobre, la Resistenza, la Seconda Guerra Mondiale, la Lunga Marcia, subordinare tutto alla causa era diventato un asse portante della vita dei comunisti. Per questo erano capaci di compiere imprese inedite ed eroiche. Andare in carcere, al confino, in clandestinità, affrontare continue aggressioni e olio di ricino, lasciare moglie e figli, vivere rapporti di coppia con lunghi periodi di distanza, non avere figli per via della lotta rivoluzionaria, affrontare lunghi periodi di solitudine senza relazioni di coppia, ecc. erano a loro volta cose che rientravano “nella norma”. Oggi si tratta di ricostruire quella morale, nel fuoco della lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista.

Siamo quindi davanti alla “negazione dell’individuo”? Stiamo quindi affermando che un comunista non deve amare? No! Stiamo dicendo che un comunista ama, deve amare, deve vivere la vita come un’opportunità e l’amore come qualcosa di fantastico, radioso, bellissimo ma deve avere la forza morale per amare innanzitutto la causa, essere disposto a morire per essa, a “perdere tutto, per conquistare tutto”.

Solo così diventerà un combattente d’avanguardia e, inoltre, saprà vivere senza sbandare le distanze, le lacerazioni sentimentali, i momenti (fasi) di solitudine, le rotture, l’arresto, l’aggressione, la morte del/della proprio/a compagno/a e saprà, anche, vivere i rapporti sentimentali in maniera costruttiva, facendoli fiorire e crescere in maniera avanzata, rendendoli frutti speciali, nel solco della guerra che stiamo conducendo e non contrapponendoli ad essa.

Questa nuova lezione è molto più difficile della prima. Ma, come già detto, è quella decisiva.

Un abbraccio. Avanti, il futuro è nostro!

Claudio G.