Ritorna all'indice de La Voce 36 /-/ Ritorna all'indice completo dei numeri de La Voce


  La Voce 36 del (nuovo)Partito comunista italiano

 Il 16 ottobre e la nostra opera

Bando a ogni determinismo!

Sono gli uomini che fanno la loro storia, sulla base delle condizioni prodotte dalla storia che hanno alle spalle e applicando nella loro attività le leggi proprie della società che devono trasformare.

 

La manifestazione di sabato 16 ottobre a Roma conferma che FIOM, nonostante le resistenze dei suoi dirigenti ancora tutt’altro che decisi a impegnarsi nella costituzione del GBP, ha assunto un ruolo centrale nella vita politica della Repubblica Pontificia e nella lotta di classe nel nostro paese.

Gli avvenimenti di questi mesi confermano che il Partito complessivamente domina bene la logica dialettica della situazione nazionale e internazionale. Cioè

1. ha una comprensione abbastanza giusta delle leggi secondo cui procede il corso delle cose, la trasformazione della società,

2. la linea che seguiamo è abbastanza giusta, quindi il nostro lavoro è efficace più di quanto la piccolezza delle nostre forze lo fanno ritenere a chi ha una concezione unilateralmente quantitativa della realtà.

Effettivamente nel nostro paese gli avvenimenti potrebbero sfociare in tempi relativamente brevi in un salto decisivo, di portata storica e mondiale. Dati i legami dell’Italia con gli altri paesi europei e dell’Unione Europea con il resto del mondo e data la presenza e il ruolo che il Vaticano ha nel mondo, la formazione del GBP in Italia sarebbe infatti un avvenimento di portata storica mondiale, di gran lunga superiore alla portata della vittoria strappata dai compagni in Nepal nel 2006 - 2008. Non dico questo per sminuire l’importanza mondiale della vittoria dei compagni nepalesi: essa ha avuto un ruolo importante per la rinascita del movimento comunista, come l’ha la lotta che ancora oggi conducono facendo fronte alla reazione interna e internazionale. Lo dico per indicare nella sua giusta misura l’effetto che avrebbe la costituzione in Italia del GBP, il movimento internazionale che questo avvenimento metterebbe in moto.  Per il corso della storia mondiale e per il corso della rinascita del movimento comunista, la costituzione del GBP in Italia sarebbe un avvenimento di enorme importanza: cambierebbe le carte in tavola. Non ci sarebbe infatti difficile dimostrare che se riusciamo a far valere un simile corso delle cose in un paese come l’Italia (che non è un piccolo paese marginale del sistema imperialista mondiale, ma è ma un paese profondamente legato da rapporti culturali, politici, finanziari, bancari, monetari ed economici con il resto dell’Europa ed è la sede del Papato che è una puntello di rilevanza mondiale del sistema imperialista), esso contagerà gli altri paesi d’Europa e, attraverso di essi, il mondo intero, per la forza dei legami indicati e per il fatto che le masse popolari degli altri paesi devono far fronte a problemi analoghi a quelli per far fronte ai quali le masse popolari prendono in Italia quel corso.

Dobbiamo quindi essere coscienti del ruolo internazionalista che il nostro Partito svolge.

Nel nostro paese gli avvenimenti vanno verso quello la costituzione del GBP perché quando il corso delle cose si trova ad un bivio, ogni volta, o almeno nei casi più importanti, la carovana del (n)PCI, benché le nostre forze siano organizzativamente ancora deboli, ha impresso e imprime la direzione a noi favorevole, cioè favorevole alla meta verso cui noi tendiamo: l’instaurazione del socialismo secondo la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata.

Già in La Voce n. 28 (marzo 2008), nell’articolo Compagni all’attacco! ripreso anche nell’opuscolo Problemi di metodo 1, il compagno Marco Martinengo metteva in evidenza e criticava la tendenza a sottovalutare il ruolo dell’attività cosciente del Partito nel determinare la trasformazione della società. Ancora oggi, anche tra i membri del gruppo dirigente della carovana del (n)PCI, non vi è ancora una coscienza sufficiente del ruolo che il (n)PCI (cioè questo gruppo dirigente stesso con la sua debole organizzazione) ha giocato e sta giocando nello sviluppo della lotta politica in corso nel nostro paese.

È una sottovalutazione legata a una arretrata concezione delle leggi secondo cui procede la trasformazione della società in paesi imperialisti come il nostro e a una deformazione determinista, di stampo positivista, della teoria marxista del materialismo storico. È una questione di assimilazione della concezione comunista del mondo.

Certamente ci sono potenti forze che spingono ogni compagno a sottovalutare il ruolo che egli e la carovana svolgono. Se questo ruolo è scarso o nullo, se tanto la nostra azione incide poco o nulla sul corso degli avvenimenti, per quale motivo impegnarsi seriamente a lavorare bene? Perché essere comunista? “Fin che la barca va, lasciala andare. Fin che la barca va, tu non remare”, facevano cantare negli anni ’80 Craxi e i suoi accoliti diretti da Berlusconi. È evidente che la sottovalutazione del proprio ruolo da parte di ogni comunista o aspirante tale, interessa alla borghesia e asseconda le tendenze opportuniste (cioè le tendenze arretrate, le tendenze a rassegnarsi alla soggezione alla borghesia) che sono in ognuno di noi. Quindi per la loro natura sia le persone ideologicamente dominate dalla borghesia sia gli opportunisti sottovalutano il ruolo che l’individuo e il partito svolgono nella trasformazione della società. La giusta valutazione del proprio ruolo individuale e del ruolo del partito comunista è una questione importante per un comunista: noi comunisti non siamo millantatori. I comunisti la devono fare sulla base dell’esperienza e della concezione materialista dialettica della società. Nelle circostanze attuali noi non abbiamo elementi sufficienti per stabilire in modo indiscutibile in che misura noi determiniamo già oggi il corso delle cose. In questo caso ci conviene rischiare di sbagliare fissando la misura più in alto del reale che più in basso, salvo mirare ad acquisire più elementi oggettivi di misura.

Oggi nei paesi imperialisti (in particolare in Francia, in Germania e in Spagna - vale per la Grecia e presto varrà per la Gran Bretagna), le proteste per il peggioramento delle condizioni delle masse popolari sono vivaci, in certi casi più vivaci che in Italia. La Francia è stata e ancora è scossa profondamente e su larga scala dalla lotta politica di strada, dagli scioperi e dalle manifestazioni che hanno preso a pretesto l’infame peggioramento delle condizioni per l’accesso alle pensioni di vecchiaia deciso dal governo Sarkozy. Ma in tutti questi paesi la lotta politica è più arretrata che da noi: infatti l’obiettivo proclamato è indurre il governo in carica ad attenuare le sue pretese antipopolari. In nessuno di questi paesi, a mia conoscenza, tra le correnti capaci di farsi sentire, ve n’è una che reclami un miglioramento delle condizioni della massa della popolazione. Tanto meno fra le correnti capaci di farsi sentire, ve n’è una che mobiliti la popolazione a rovesciare il governo in carica e il sistema di relazioni sociali che esso impersona e difende e a instaurare un sistema di relazioni sociali socialiste. Niente di paragonabile al movimento che sabato 16 ottobre in Italia si è espresso con alla testa in termini organizzativi la FIOM e che va nel senso indicato dal nuovo Partito comunista italiano che chiama le Organizzazioni Operaie e le Organizzazioni Popolari (in sostanza le masse popolari organizzate), quelle che hanno aderito alla manifestazione del 16 ottobre, a instaurare un loro governo d’emergenza che prenda misure straordinarie. A percorrere cioè una delle vie realisticamente possibili, la meno dolorosa, la meno distruttiva e la più rapida e diretta per uscire dal caos putrescente in cui la borghesia imperialista e il clero hanno impantanato il nostro paese.

È razionale assumere che è l’esistenza della carovana del (n)PCI ciò che fa la differenza tra gli altri paesi imperialisti e l’Italia.

Il movimento della società nei paesi imperialisti è per sua natura tale che, una volta che ad un bivio la società ha imboccato una direzione, essa prosegue poi per la forza stesse delle contraddizioni (per la loro logica) che fanno sviluppare le cose. E in questo caso “le cose” sono soggetti (individui, organismi e classi) attivi e reattivi, dinamici, dotati ognuno di motore proprio: quindi una volta imboccata una strada procedono (quantitativamente diciamo) di moto proprio fino al bivio successivo. E quando ci si trova ad un nuovo bivio, cioè in uno stato di equilibrio instabile, per far pendere le cose in una direzione piuttosto che in un’altra, bastano forze modeste, cioè basta anche l’azione di una forza molto modesta (come noi ancora siamo) tra le forze che compongono la società e partecipano al suo movimento. La storia della società certamente la fanno le grandi masse, ma esse oggi sono dirette o dai comunisti o dalla borghesia imperialista e dal clero. Da qui il ruolo storico determinante del partito comunista, anche se organizzativamente ancora piccolo. Il partito comunista non ha un ruolo determinante perché siamo in tanti. Ha un ruolo determinante perché ha una comprensione abbastanza giusta delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe e su questa base la spinge sempre in avanti.

Ma non potremo indefinitamente giovarci del privilegio di cui ci avvaliamo oggi. La quantità ha il suo peso, a pari qualità. Perché giunti ad un bivio le cose vadano nel senso che noi vogliamo, sempre più bisognerà disporre di forze conseguenti - perché sempre più forti diventano anche le forze che si oppongono alla direzione che noi vogliamo imprimere (i gruppi fautori della mobilitazione reazionaria). In più diventano sempre più frequenti e ravvicinati i bivi decisivi, cioè quelli per loro natura tali che le due direzioni possibili divergono tanto nettamente che solo a prezzo di un lungo processo storico e comunque a un prezzo umano e materiale enorme, una volta imboccata una direzione, è possibile rimettersi sul percorso che si sarebbe raggiunto direttamente (“nel modo più diretto, meno doloroso e meno distruttivo”) se al bivio la società avesse preso l’altra direzione (quella che noi promuoviamo). La deviazione diventa sempre più lunga, più dolorosa e più distruttiva: più costosa. Quindi il nostro lavoro propagandistico e il nostro lavoro organizzativo (illustrati nell’articolo Per la crisi attuale la soluzione è solo politica di La Voce n. 35 pag. 3-22) diventano determinanti, sempre più determinanti ai fini della direzione che la società segue, che il corso delle cose segue.

Giustamente quindi il CC sta impegnando le sue forze per rendere un alto numero di compagni consapevole della posta in gioco e dell’importanza storica dell’opera che la carovana svolge e che ognuno dei suoi membri svolge e per dare a un alto numero di compagni gli strumenti per essere all’altezza del ruolo che possono svolgere.

Anna M.