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L’idea che ha guidato la costruzione di questo numero

I prossimi mesi per il nostro paese saranno mesi importanti nella lotta di classe, nel senso più definito e particolare della trasformazione delle relazioni politiche tra le classi, della trasformazione delle relazioni di potere tra le classi: forse questi mesi decideranno del percorso di alcuni anni.

Tutto quello che noi membri del nuovo Partito comunista italiano abbiamo imparato negli anni passati, in termini di metodo per conoscere la realtà delle relazioni tra le classi, i gruppi e gli individui e di metodo per trasformarle (cioè l’uso del materialismo dialettico come metodo) sarà messo alla prova della pratica, nella lotta politica.

La nostra concezione del mondo, che è anche bilancio del passato e guida della nostra azione (obiettivo strategico a cui tutta la nostra attività deve essere finalizzata, stella polare per la nostra direzione di marcia ma assolutamente non indicazione della tattica), servirà per essere “fermi nella strategia”.

Sarà quindi essenziale. Perché ogni mossa tattica, ogni linea tattica dovrà da noi essere valutata alla luce della strategia, del nostro obiettivo strategico, se è o no un tratto della strada che, stante la natura particolare e concreta delle cose e i presupposti esistenti del socialismo, dobbiamo percorrere per arrivare al nostro obiettivo. Per chi non ha una strategia ben definita, ogni discussione sulla tattica deve portare alla strategia. Con chi non ha una strategia, possiamo discutere di tattica solo per convincerlo che deve darsi una strategia.

Quindi sono essenziali 1. il nostro schieramento marxista per l’instaurazione del socialismo come primo salto, porta d’ingresso dell’era comunista della storia dell’umanità, oltre che soluzione delle contraddizioni insanabili e distruttive cui è giunta l’umanità con la società borghese, 2. il bilancio positivo che diamo dei primi paesi socialisti come conferma della concezione marxista della storia umana e gli insegnamenti che traiamo dalla loro esperienza (lotta al dogmatismo).

Bisogna instaurare il socialismo inteso nei tratti essenziali che Marx ha descritto desumendoli dai presupposti creati dalla storia che l’umanità ha alle spalle e che l’esperienza dei primi paesi socialisti ha nelle sue grandi linee confermato.

Quindi contro la sinistra non comunista o francamente anticomunista (con cui però nella pratica lavoreremo e che useremo per fare la nostra strada). Essa capisce che la società, il mondo devono essere profondamente trasformati. Ma quanto a cosa creare, al modello della nuova società da creare, essa resta chiusa nell’orizzonte della società borghese o addirittura mira sostanzialmente, più o meno chiaramente a seconda dei gruppi e degli individui, a restaurare sistemi di relazioni sociali più arretrati del capitalismo, precedenti al capitalismo, desunti da visioni più o meno fantastiche del passato, basate su un legame più intenso e diretto, primitivo, dell’uomo con la terra (con il resto della natura) e di relazioni su piccola scala (locali) tra gli uomini. Quindi visioni utopistiche. Essa concepisce il capitalismo come un errore compiuto dall’uomo e per confortare questo giudizio porta mille fatti reali desunti dalla storia e dalla cronaca. In realtà il capitalismo è stato il percorso tormentoso attraverso cui l’umanità ha rotto con i rapporti di dipendenza personale e ha costruito l’individuo ricco di nuove superiori forze produttive. È nelle vesti di questo individuo che l’umanità affronta un tratto assolutamente nuovo della sua storia che oggi non immaginiamo neanche, se non in linee generalissime e per gli anni più vicini.

Concezioni della storia simili a quelle della sinistra non comunista, riviste e adattate a concreti compiti di mantenere il potere nelle mani della borghesia imperialista e del clero suo complice e associato al potere e ai suoi privilegi, sfoggeranno anche i gruppi fascisti (che dovremo combattere senza riserve, tagliando loro la strada, sottraendo loro ogni seguito fino a isolare e stroncare i promotori irriducibili), i gruppi promotori delle prove di fascismo. Una società presente senza lotta di classe, in cui la divisione in classi non è superata ma negata (non presa in considerazione - Marchionne) e quindi la lotta in cui si ostinano le classi oppresse è soffocata e repressa. Un presente senza divisioni, senza polemiche, senza contrasti, in cui tutti collaborano felici eseguendo il disegno e le direttive del capo (il sogno di Berlusconi e Marchionne). L’immagine della società da costruire, cui ispirarsi nella fantasia, è tratta da un passato particolare, locale, che si dirà nazionale (benché collocato in un tempo in cui non esistevano ancora le nazioni nel senso moderno del termine, quali le ha create il capitalismo man mano che gruppi storicamente dati di capitalisti si creavano un mercato), immaginato anche se mai esistito (le fantasie padane di Bossi). La realtà della società costruita dai fascisti sarà invece la guerra della parte delle masse popolari acquisita alla direzione della borghesia contro il resto delle masse popolari (per soffocarne la lotta di classe e impedire che il dissenso si organizzi in forza politica) e la guerra di singoli paesi o di coalizioni per assoggettare e saccheggiare il resto del mondo (mobilitazione reazionaria delle masse popolari).

Ma la questione realmente decisiva del successo dell’opera che svolgeremo, della nostra effettiva fedeltà nella pratica alla nostra strategia, sarà la nostra azione tattica, di fase e giù giù fino all’azione quotidiana e concreta, che ogni singolo organismo del Partito fino a ogni suo singolo membro compirà nel suo settore particolare, nella zona particolare, nel territorio particolare, nel gruppo sociale particolare in cui svolge la propria attività. La strategia si realizza con l’attività tattica. E la tattica è certo funzionale alla strategia, ma non è eguale alla strategia. Spesso (e è la parte più difficile) apparentemente, a prima vista va contro la strategia. Esegue la trasformazione particolare e concreta della realtà e questa, per arrivare dove la strategia indica, a volte ha bisogno di compiere giri e svolte in senso contrario alla strategia. Dovremo essere “flessibili nella tattica”.

Quindi quanto è importante il materialismo dialettico, il marxismo-leninismo-maoismo, come concezione del mondo che ci guida nel definire l’obiettivo strategico a cui educhiamo il partito, i candidati al partito, gli esponenti più avanzati della classe operaia e delle masse popolari, le masse popolari in generale con una parte della nostra propaganda,

altrettanto importante e decisivo è

- il materialismo dialettico (il marxismo-leninismo-maoismo) come metodo per conoscere la realtà delle relazioni sociali e la realtà delle relazioni degli individui con la società, nel generale e nei dettagli, quindi la dialettica del “generale che guida ogni organismo di partito e ogni membro a elaborare la conoscenza del particolare e trae dall’esperienza della trasformazione particolare arricchimento del generale”,

- e il materialismo dialettico (il marxismo-leninismo-maoismo) come metodo per trasformare le relazioni sociali e le relazioni degli individui con la società.

A questa seconda parte, la più difficile, quella in cui ancora siamo meno ferrati, quella in cui dobbiamo essere più creativi, quella in cui l’esperienza del passato, della prima ondata della rivoluzione proletaria ci insegna molto ma niente nel particolare e in positivo (come bisogna fare) perché non ha instaurato il socialismo in nessun paese imperialista, è dedicato gran parte del numero 35.