Ritorna all'indice de La Voce 35 /-/ Ritorna all'indice completo dei numeri de La Voce


  Lavoro interno

Il lavoro di formazione del Partito

I due principali motivi di insoddisfazione e irrequietezza nelle nostre file

Nelle nostre file ci sono vari elementi di insoddisfazione: in fondo è per questo che alcuni lasciano, altri lavorano senza slancio e fiaccamente, altri sono più o meno sconvolti e i più determinati stringono i denti. In questa fase le principali fonti di insoddisfazione sono due:

1. la goccia e l’immenso mare,

2. l’inadeguatezza delle nostre forze rispetto all’obiettivo.

 

1. La goccia e l’immenso mare

L’immenso mare sono le immense possibilità di avanzamento e di successo che abbiamo davanti, più vicine a noi e più sensibili di quanto mai lo furono nel passato. Un tempo fonte di insoddisfazione era la stabilità apparente del regime. Il n. 1 di La Voce (marzo 1999) è dedicato a criticare quelli che negavano che ci trovavamo in una situazione rivoluzionaria, quelli che vedevano la crosta di ghiaccio e non le acque che si agitavano sotto, non percepivano il calore che scioglieva il ghiaccio, non avvertivano gli scricchiolii della crosta. Oggi che le cose non marcino più è sensazione diffusa. Persino la borghesia è abbacchiata. Oggi sono più diffuse di ieri la sensazione e la convinzione che “così non si andrà avanti a lungo”, che niente di quello che era fino a ieri durerà, che grandi cambiamenti ci attendono in tempi brevi ed enormi possibilità si sono aperte. Le nevi si stanno sciogliendo, i ghiacciai scricchiolano, il sistema imperialista si frammenta. Veramente un immenso mare è attorno a noi. Non facciamoci prendere dall’ansia e dal panico! Combattiamo ogni tendenza alla paura, ogni cenno di panico! Chi si perse di coraggio quando le armate hitleriane dilagavano in Europa ...

Ma abbiamo la sensazione che in questo immenso mare noi versiamo una goccia, facciamo un lavoro poco o per nulla efficace anche se a noi costa un grande sforzo.

Abbiamo questa sensazione perché abbiamo ancora una visione poco chiara delle priorità che dobbiamo dare al nostro lavoro, che per forza di cose è un lavoro limitato. 1. Non diamo le priorità giuste. 2. Non vediamo gli spostamenti e le trasformazioni che produciamo e gli effetti che hanno e avranno.

Non conosciamo abbastanza le leggi secondo le quali la società si trasforma, quindi non sappiamo dove è più importante intervenire. Cerchiamo di compensare il fatto che non sappiamo qual è l’anello decisivo che dobbiamo afferrare per muovere tutta la catena e afferriamo più anelli che possiamo, l’uno, l’altro e l’altro, il più vasto numero possibile. L’attività frenetica contraddistingue i compagni più determinati. E l’effetto apparente è limitato. Non distinguiamo cosa è effetto del nostro intervento e cosa avverrebbe comunque. Quello che vediamo è minore di quello che determiniamo. L’effetto non manca, ma è minore di quello che potrebbe essere se ci conformassimo meglio alle priorità dettate dalle leggi del processo in corso. Le nostre parole d’ordine e le nostre concezioni, dove le portiamo sono accolte ora con maggiore favore di un tempo, ma restano deboli il reclutamento e la formazione. La sensazione di insoddisfazione, di frustrazione è ancora più forte perché non sappiamo chiaramente quali sono i tempi del processo e quale l’azione più efficace che noi possiamo esercitarvi.

Facendo e riflettendo (facendo il bilancio di quello che facciamo), studiando la realtà che si muove intorno a noi, comprenderemo via via meglio le priorità che dobbiamo dare al nostro lavoro. Il nostro limitato intervento diventerà sempre più frequentemente e meglio l’intervento sul punto in cui bisogna rompere la diga per convogliare verso l’instaurazione del socialismo le acque che premono.

In questo contesto è utile per ognuno di noi rileggere Il metodo dell’economia politica di Karl Marx (è reperibile nella sezione Classici del marxismo in www.nuovopci.it) e riferire alla lotta di classe che avviene attorno a noi quello che Marx dice dell’attività economica. Se consideriamo le cose a livello mondiale, la lotta di classe oggi è l’insieme di attività condotte più o meno spontaneamente e in ordine sparso da milioni di individui e organismi. È fatta di un groviglio di movimenti, di mosse, di iniziative, di azioni e di organismi che in una certa misura si intralciano e si neutralizzano tra loro anche se in una certa misura invece si esaltano e rafforzano tra loro. A prima vista è un insieme caotico. In parte appare così a noi e in parte lo è davvero, perché è un’attività determinata da mille contraddizioni di livello diverso e di natura diversa, che gli attori non conoscono. È la resistenza che miliardi di individui conducono in ordine sparso contro la guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia conduce contro le masse popolari in ogni angolo del mondo. Per questo occorre costruire una direzione che conosca le circostanze della lotta di classe, scopra le leggi dei processi che la compongono e le applichi, guidi i vari attori ad agire secondo esse, anche quando le motivazioni sono effettivamente contraddittorie (contraddizioni all’interno delle masse popolari).

Noi abbiamo caratterizzato la lotta di classe dagli anni settanta in poi come “resistenza delle masse popolari al procedere della nuova crisi generale del sistema capitalista”. Quello che abbiamo detto e scritto in proposito è confermato: era giusto.

Abbiamo aggiunto che la resistenza delle masse popolari non può svilupparsi oltre un livello elementare se non è diretta da un partito comunista che ha una teoria rivoluzionaria giusta, una strategia giusta, un metodo di lavoro giusto. E noi lo siamo solo in parte. I risultati del nostro lavoro sono scarsi principalmente perché il livello del nostro lavoro è ancora basso.

Quando arriveremo alla vittoria, il nostro Partito avrà della lotta di classe una visione altrettanto chiara quanto è chiara la visione dell’economia capitalista dopo che Marx l’ha illustrata. Grazie a questa visione la dirigeremo con maestria. Oggi stiamo costruendo questa visione e stiamo imparando a usarla. Dobbiamo lavorarci con pazienza e slancio a costruirla: cerchiamo di individuare le priorità da dare nei nostri interventi, di individuare i processi che compongono il groviglio, le leggi di ogni processo e le relazioni tra i processi, le sue varie manifestazioni e le forze in campo: quelle delle masse popolari e quelle nemiche. Non demoralizziamoci perché non diamo ancora le giuste priorità, perché non sappiamo ancora quale è la giusta priorità: proviamo, diamola e capiamo se è quella giusta, quale doveva essere. Ma agiamo sempre meno a caso!

Siamo insoddisfatti perché non abbiamo una chiara comprensione delle leggi e delle priorità e non siamo sicuri che quello che facciamo è il meglio che possiamo fare. In effetti a volte lo è e a volte non lo è. In una certa misura lo è, ma non al cento per cento. Ma non c’è altro da fare che provare (mettere alla prova) e riprovare (nel senso di correggere ciò che si rivela sbagliato, rifiutare). La rivoluzione avanza criticando se stessa, crescendo di livello fino alla vittoria. Dobbiamo guadarci dall’insoddisfazione che amareggia il cuore, uccide in noi lo slancio e la gioia e ci rende sterili e acidi verso gli altri come a giustificare gli insuccessi con la loro arretratezza e, nei compagni più demoralizzati, giunge fino a trovare nell’arretratezza degli altri la giustificazione della sconfitta, la dimostrazione che la rivoluzione è impossibile, la ragione per abbandonare la lotta. Parimenti dobbiamo guardarci dalla soddisfazione che ci fa accontentare del poco che abbiamo, ci fa credere che non è possibile fare meglio di quello che facciamo, ci rende arroganti e settari, incapaci di vedere e valorizzare quello che fanno gli altri.

 

2. L’inadeguatezza delle forze rispetto all’obiettivo

Effettivamente le nostre forze sono deboli, vanno migliorate e accresciute. Ma la debolezza delle nostre forze non è l’ostacolo alla nostra azione. È il bersaglio, l’oggetto principale della nostra azione. Destare, raccogliere, organizzare, orientare, migliorare, addestrare le forze rivoluzionarie, fare di una massa dispersa di individui e gruppi arretrati, corrotti moralmente e intellettualmente dalla borghesia e dal clero, da una storia di millenni di asservimento, una forza combattente è l’aspetto principale della rivoluzione socialista: la distruzione delle forze nemiche è un risultato che “viene da sé” con il primo aspetto del nostro lavoro.

Il limite nostro e delle masse popolari (quindi del nostro campo) è la nostra arretratezza. Essa è la nostra condizione stessa di partenza, il nostro retaggio storico, la condizione da cui dobbiamo uscire. I lavoratori non sono arretrati e corrotti moralmente e intellettualmente perché sono stupidi e tarati, come sostengono preti e borghesi (loro sarebbero invece la parte eletta dell’umanità). Siamo ancora arretrati e corrotti perché le condizioni in cui la società attuale relega e costringe le masse popolari, come le condizioni delle altre società basate sulla divisione in classi e sull’oppressione di classe che l’hanno preceduta, impediscono che le masse popolari assurgano in massa al livello intellettuale e morale necessario per dirigersi, benché oramai l’umanità possieda i mezzi e le condizioni perché lo facciano; perché le classi dominanti riservano a sé, come loro monopolio, il patrimonio morale, intellettuale e pratico (di forze produttive) dell’umanità. Se fossimo rimasti alla direzione di Leone XIII, la massa della popolazione europea non avrebbe imparato a leggere e a scrivere, perché per il clero e la Chiesa era negativo che la massa della popolazione imparasse a leggere e a scrivere: quindi sostenevano che non ne era capace. Ma la stessa borghesia ha creato un sistema di istruzione pubblica e ha fatto vedere che la massa della popolazione poteva imparare a leggere e a scrivere. Analogamente i comunisti creano Partito e organizzazioni di massa e mostrano che le masse popolari possono emanciparsi, uscire dall’arretratezza morale e intellettuale: la storia del movimento comunista e in particolare la prima ondata della rivoluzione proletaria hanno fatto intravedere la cosa.

Le condizioni in cui la borghesia e il clero relegano le masse popolari impediscono che esse si emancipino in massa. Per questo la concezione comunista del mondo deve essere portata alla classe operaia dall’esterno, dai comunisti (Lenin, Che fare?). Per questo è necessario che gli elementi avanzati si coalizzino e costituiscano il Partito comunista anche se all’inizio sono pochi (solo così cresceranno anche di numero). Per questo è necessario che si creino organizzazioni di massa. Per questo il compito della eliminazione della divisione e della contraddizione tra dirigenti e diretti sarà dall’umanità affrontato e assolto solo nel socialismo, nel corso della transizione dal capitalismo al comunismo, non ora. Ora i dirigenti devono dirigere, dobbiamo formarli e selezionarli con cura, ne abbiamo assoluto bisogno.

Nel socialismo esisterà ancora una classe dirigente, certamente una classe dirigente di tipo particolare e che va ad estinguersi dilatandosi via via fino a inglobare la massa della popolazione. Come esisterà ancora uno Stato sia pure di tipo particolare e che va ad estinguersi perché le sue funzioni sono assunte via via dalle organizzazioni di massa: una classe dirigente formata dai membri del Partito comunista e, a un livello diverso, dai membri delle organizzazioni di massa. Tutte le concezioni e le iniziative che hanno portato a eliminare o indebolire il partito comunista (in nome della obsolescenza della “forma-partito”), hanno disarmato il proletariato e le masse popolari e rafforzato la borghesia: i suoi dirigenti si formano e selezionano nella “società civile” e non hanno bisogno di partito per farlo. Quelle concezioni antipartito erano armi di guerra della borghesia contro il proletariato e contro il resto delle masse popolari.

Non dobbiamo quindi impazientirci per la nostra arretratezza e per l’arretratezza dei nostri compagni e delle masse popolari. Perché proprio questo è il muro che dobbiamo abbattere, l’acciaio che dobbiamo affilare. Se fosse già affilato, non ci sarebbe rivoluzione socialista da compiere.

La rivoluzione socialista è necessaria non tanto per scuoterci di dosso la cappa che la borghesia e il clero fanno gravare sull’umanità, per rovesciare la loro forza. È necessaria principalmente perché le masse popolari solo nel corso della rivoluzione socialista si trasformano e assurgono a un superiore livello di civiltà, a un livello intellettuale e morale superiore. Per questo noi da una parte riconosciamo l’arretratezza che l’oppressione genera tra le masse popolari e dall’altra combattiamo con decisione tutti quelli che usano e fanno leva sull’arretratezza delle masse popolari per soffocarle, per ributtarle indietro, per giustificare, consacrare, benedire, ribadire o addirittura rafforzare l’oppressione che è causa dell’arretratezza.

I militaristi pensano che la borghesia domini perché ha le forze armate, che la causa principale per cui la società attuale resta in piedi siano la forza e la ferocia della borghesia. È la vecchia concezione di Eugenio Dühring che Engels ha esaurientemente criticato (II sezione, cap. 2-4 Anti-Dühring, 1876-1878). In realtà la borghesia e il clero dominano ancora perché le masse popolari non hanno ancora raggiunto il livello intellettuale e morale necessario per dirigersi, benché le condizioni generali oramai raggiunte dall’umanità rendano la cosa possibile e anzi “indispensabile per ogni ulteriore progresso dell’umanità intera”.

Quindi non è che noi non avanziamo perché siamo arretrati e perché le masse popolari sono arretrate. Noi avanziamo lentamente, non avanziamo, addirittura facciamo a volte temporanei passi indietro (lo scioglimento della I Internazionale, la sconfitta della Comune di Parigi, il tradimento della II Internazionale, l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria, la crisi del movimento comunista, la decadenza e il crollo dei primi paesi socialisti) perché conosciamo poco l’arte per liberarci dalla nostra arretratezza, lavoriamo con poco ardore a liberarci dalla nostra arretratezza intellettuale e morale, maneggiamo ancora poco e maldestramente i procedimenti e i metodi per emanciparci ed emancipare gli elementi avanzati delle masse popolari. Il nostro nemico principale è in noi: man mano che ci trasformiamo, la borghesia, il clero e le altre classi sfruttatrici non possono nulla, nonostante la potenza delle loro armi e la ferocia e la mancanza di scrupoli con cui le usano. Esse per ostacolare la nostra trasformazione fanno tutto quanto sanno fare. Noi comunisti siamo anzitutto i promotori della trasformazione nostra (di noi comunisti e degli elementi avanzati delle masse popolari). È quello che non capiscono gli economicisti e i meccanicisti in generale. Essi si fermano alla superficie delle cose: da una parte la borghesia, dall’altra le masse popolari, come se fossero due pugili (guerra simmetrica), due antagonisti della stessa natura, che lottano tra loro e uno dei due vincerà. No! Per sua natura uno dei due è incommensurabilmente più forte, ma l’altro per le attitudini che eredita dalla storia lo tiene sotto alimentando la sua corruzione morale e intellettuale per cui il primo non fa ancora valere, non dispiega ancora tutta la sua forza. Ma via via impara a farlo e la lotta finirà solo quando il primo vincerà.

La rivoluzione socialista consiste principalmente nel superamento dell’arretratezza nostra e delle masse popolari. Quelli che si lamentano e soffrono dell’arretratezza morale e intellettuale delle nostre file e del nostro campo, come se mancasse loro lo strumento per compiere la loro opera, ignorano che non dello strumento si tratta ma dell’opera: si lamentano dell’opera che devono compiere. Gli altri non sono una loro massa di manovra. La nostra opera consiste nella trasformazione morale e intellettuale di noi e delle masse popolari. Noi dobbiamo vincere la nostra arretratezza, la nostra stupidità, la nostra scarsa comprensione delle cose, la nostra difficoltà a stabilire relazioni costruttive e vaste, la nostra inerzia, la nostra abulia, la debolezza del nostro impegno, il basso livello morale e la corruzione che le masse popolari ereditano dalla storia, a cui le classi dominanti le condannano e che le classi dominanti cercano di perpetuare. Facendo questo, spazziamo via la borghesia e il clero. Non sono la borghesia e il clero che ci impediscono e che possono impedirci di avanzare. Essi ostacolano più che possono, con ogni mezzo. Ma essi sono solo la nostra ombra, l’incarnazione della nostra arretratezza. Non sono solo una nostra creatura nel senso in cui lo sono gli incubi notturni e la religione. Hanno anche un’esistenza reale, esterna a noi e alle masse popolari. Ma la gran parte della loro forza e del loro potere consiste nel rispetto che noi portiamo loro, nella soggezione che ci ispirano, in quello che non osiamo pensare, in quello che non osiamo fare e in quello che non sappiamo fare. Vivono e possono vivere e nuocere solo perché noi siamo arretrati. E fanno di tutto per mantenerci tali.

Ogni volta che vediamo un aspetto della arretratezza del nostro campo, siamo portati a scoraggiarci, a pensare che con compagni così non ce la caveremo mai. Ogni volta che ci rendiamo conto di aver fatto un errore, pensiamo che non ce la faremo mai a vincere. In realtà abbiamo visto un aspetto dell’opera che dobbiamo compiere. Come è possibile essere così mal messi? Da dove viene il nostro “destino cinico e baro”? Forse dal cielo? No, viene da noi. È la storia che abbiamo alle spalle. È la condizione originaria, primitiva da cui la specie umana, una delle specie animali, la più dotata delle specie animali, proviene ed è evoluta. Dobbiamo solo trasformarci ulteriormente. Siamo solo bambini che devono ancora crescere. Noi occupiamo poco spazio, perché siamo ancora piccoli. Non è che siamo piccoli perché la borghesia e il clero ci lasciano poco spazio. Il nostro limite non è lo spazio che occupiamo, ma la nostra dimensione. Tra noi e la borghesia c’è la relazione che c’è tra la lampada e l’oscurità: l’oscurità è profonda perché la lampada è debole. Non dobbiamo lamentarci e tanto meno demoralizzarci per l’arretratezza che c’è nelle nostre file: dobbiamo trovare i mezzi per superarla. Questo è l’aspetto principale della rivoluzione socialista.

Come ben dice (pag. 203) il nostro MP: “L’essenza della GPRdiLD consiste

1. nella costituzione del partito comunista come centro del nuovo potere popolare della classe operaia;

2. nella mobilitazione e aggregazione crescente di tutte le forze rivoluzionarie della società attorno al partito comunista;

3. nella elevazione del livello delle forze rivoluzionaria;

4. nella loro utilizzazione secondo un piano per sviluppare una successione di iniziative che pongono lo scontro di classe al centro della vita politica del paese in modo da

reclutare nuove forze,

indebolire il potere della borghesia imperialista e rafforzare il nuovo potere,

arrivare a costituire le forze armate della rivoluzione,

dirigerle nella guerra contro la borghesia fino a rovesciare i rapporti di forza, a eliminare lo Stato della borghesia imperialista e a instaurare lo Stato della dittatura del proletariato”.

La trasformazione nostra e delle masse popolari è l’aspetto motore del tutto, la parte principale della nostra strategia.

 

Nicola P.