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Viva il I Congresso del (n)PCI

 

Nelle scorse settimane abbiamo riunito il I Congresso del (nuovo) Partito comunista italiano.

Abbiamo così superato un’altra tappa importante dell’opera che abbiamo iniziato nel 1999 con la costituzione della Commissione Preparatoria (CP) del Congresso di fondazione del (nuovo)PCI, annunciata nel n. 1 di La Voce (marzo 1999). Per i motivi a suo tempo spiegati nel n. 18 di La Voce (novembre 2004) e nella Dichiarazione del 1° novembre 2004, invece che in un congresso abbiamo fondato il (n)PCI il 3 ottobre 2004 in una riunione della CP allargata che, in attesa di poter celebrare il Congresso, ha affidato la direzione del Partito a una Commissione Provvisoria (CP) del Comitato Centrale, eletta nella stessa riunione. Finalmente nelle scorse settimane siamo riusciti anche a riunire il I Congresso del Partito.

 

Il Congresso ha definitivamente approvato il Manifesto Programma già discusso nelle istanze provvisorie del Partito, ha discusso e approvato lo Statuto del Partito (vedasi qui a pag. 9) che conferma il carattere clandestino del Partito, ha elaborato e approvato 11 Risoluzioni, ha eletto il Comitato Centrale che a termini di Statuto dirigerà con pieni poteri il Partito fino al II Congresso. Il Congresso ha dato incarico al CC di elaborare definitivamente le Risoluzioni per la pubblicazione. Esse saranno prossimamente pubblicate come Supplemento del n. 34 di La Voce. A termini di Statuto, il CC ha eletto il Segretario Generale del Partito.

Il Congresso ha sciolto la Commissione Provvisoria (CP). La celebrazione del I Congresso è il coronamento del buon lavoro che la CP ha svolto. La CP ha passato le consegne al CC che le subentra ad ogni effetto.

Grazie alla celebrazione del Congresso, ora il nuovo Partito comunista italiano ha una direzione ben definita, stabile e autorevole. Nei prossimi mesi il CC procederà alla ristrutturazione dall’alto in basso di tutte le organizzazioni del Partito e in particolare dei Comitati di Partito, in conformità con quanto già indicato nel “Piano in due punti per iniziare simultaneamente da più punti la costruzione del Partito”, sulla base del quale i CdP si sono finora costituiti.

Supplemento a La Voce n. 34

(nuovo)Partito Comunista Italiano

Il primo Congresso e le sue 11 Risoluzioni

Presentazione

1. Approvazione del Manifesto Programma del Partito

2. Sulla guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, la strategia con cui costruiamo, facciamo, conduciamo nel nostro paese la rivoluzione fino all’instaurazione del socialismo

3. Statuto del (nuovo)Partito comunista

italiano

4. Sui Comitati di Partito

5. La crisi ambientale in cui siamo immersi è un aspetto della guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia conduce in ogni angolo del mondo contro le masse popolari

6. Sul (nuovo) Partito Comunista Italiano e il Movimento Comunista Internazionale

7. Sulla lotta contro la riabilitazione del fascismo e contro la rinascita dello squadrismo fascista

8. Sulla lotta sul I Fronte del PGL

9. Sulla lotta sul II Fronte del PGL

10. Sulla lotta sul III Fronte del PGL

11. Sulla lotta sul IV Fronte del PGL

Inverno 2009 - 2010

Il Nuovo Potere che, in conformità con la strategia della guerra popolare rivoluzionaria stiamo costruendo, ha ora anch’esso un centro ben definito e stabile. Il Partito è il centro propulsore del Nuovo Potere e dare al Partito una direzione ben definita, stabile e autorevole è un fattore importante nella fase attuale della guerra popolare rivoluzionaria per instaurare il socialismo. La fase terminale della crisi generale del capitalismo ha infatti posto all’ordine del giorno, come obiettivo immediato realistico, la costituzione di un governo d’emergenza da parte della Organizzazioni Operaie e delle Organizzazioni popolari, il Governo di Blocco Popolare. L’assetto stabile che il I Congresso ha dato al Centro del Partito e lo slancio che ha impresso alla riorganizzazione e al rafforzamento dei Comitati di Partito dei vari livelli, contribuiscono a rafforzare la possibilità di raggiungere questo obiettivo.

Il I Congresso è quindi un importante passo avanti della lotta per mettere fine alla Repubblica Pontificia, fare dell’Italia un nuovo paese socialista e contribuire così alla nuova ondata della rivoluzione socialista che avanza in tutto il mondo. I suoi effetti diventeranno evidenti nei prossimi mesi.

 

Quali sono i significati principali del I Congresso del (n)PCI?

Ritengo che essi si possano riassumere in quattro punti..

 

1. Il I Congresso è una tappa importante nella costruzione del Partito

Con la riunione del Congresso abbiamo sancito il completamento del primo dei tre stadi della costruzione del Partito indicati nel nostro Manifesto Programma (pag. 184) e abbiamo sancito l’avvio del secondo stadio.

In cosa consisteva il primo stadio?

I comunisti dovevano costituirsi in partito sulla base della loro unità ideologica e della riunione delle condizioni organizzative minime indispensabili.

Il Manifesto Programma (MP) pubblicato nella primavera del 2008 dopo ampia discussione nelle organizzazioni provvisorie del Partito, documenta ed esprime la nostra unità ideologica. Il nostro funzionamento documenta che abbiamo riunito le condizioni minime e la riunione del

I Congresso ne è una ulteriore conferma.

Certamente nel nostro paese esistono ancora altri comunisti: uomini e donne formati dalla storia che abbiamo alle spalle a una concezione del mondo affine alla nostra e a un impegno morale analogo al nostro. Essi per motivi secondari non hanno partecipato al processo di costruzione del Partito e a tutt’oggi non fanno ancora parte di alcuna organizzazione del Partito, molti neanche della carovana del (n)PCI. Sono nella sinistra di Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista, nelle organizzazioni della sinistra borghese, nella sinistra dei sindacati, nella sinistra di organizzazioni operaie e di organizzazioni popolari, nei comitati di resistenza.

Essi potranno essere arruolati nel Partito. Nei loro confronti dobbiamo rifuggire dal settarismo ed essere pronti ad arruolarli nelle condizioni migliori per lo sviluppo della rivoluzione socialista.

Ma il grosso dei futuri membri del Partito li dobbiamo conquistare tra le masse popolari, principalmente nella classe operaia. Come? Trasformando la loro concezione del mondo e la loro condotta con la propaganda e con la dimostrazione pratica che perché l’umanità riprenda il suo cammino di progresso interrotto dalla lunga sopravvivenza del capitalismo e dal prolungarsi della sua decadenza (dalla sua fase imperialista), occorre un giusto e forte Partito comunista. Una dimostrazione pratica che, per quanto riguarda il nostro paese, daremo nel corso della lotta per creare le tre condizioni della costituzione del Governo di Blocco Popolare, della promozione della mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari, della lotta contro la mobilitazione reazionaria delle masse popolari, della lotta contro le manifestazione delle tre crisi (economica, politica e ambientale), in tutte le lotte sui quattro fronti del nostro PGL (Piano Generale di Lavoro - MP pag. 221).

 

Il nostro Manifesto Programma giustamente indica che l’essenza del secondo stadio della costruzione del Partito, quello del consolidamento e rafforzamento del partito, consiste nel conquistare al Partito gli operai avanzati in modo che il Partito diventi anche per la sua composizione l’avanguardia organizzata della classe operaia e quindi svolga il ruolo di suo Stato Maggiore nella lotta di classe.

Gli operai sono gli uomini e le donne che i capitalisti assumono nelle loro aziende per far loro produrre merci (beni o servizi) che, se vendute, aumentano il loro capitale. In Italia sono circa 7 milioni (MP pag. 170). Di questi circa 3 milioni lavorano in aziende con più di 100 dipendenti e, di questi, circa 1 milione lavorano in aziende con più di 500 dipendenti. Perché il Partito svolga effettivamente il suo ruolo di Stato Maggiore della classe operaia, cioè ne orienti e diriga i movimenti, abbiamo già detto (La Voce n. 20) che il Partito deve reclutarne almeno cento mila.

Una delle tesi costitutive del marxismo è che gli operai sono la classe dirigente della rivoluzione socialista e del socialismo. Per la condizione in cui la società borghese li colloca, gli operai costituiscono la classe che più facilmente assimila la concezione comunista del mondo se noi comunisti siamo capaci di portarla ad essi e che più facilmente elabora gli strumenti organizzativi per metterla in pratica: cioè per instaurare il socialismo e condurre le masse popolari a compiere la transizione dal capitalismo al comunismo.

La borghesia, il clero e tutti gli esponenti e portavoce (coscienti o inconsapevoli) della loro cultura hanno fatto e continuano a fare una grande sforzo per confutare (o, meglio, per confondere e nascondere, perché confutare è difficile e tentare di farlo pericoloso) sia la tesi del marxismo sul ruolo storico della classe operaia sia il dato di fatto che nel nostro paese, nonostante lo smantellamento dell’apparato produttivo, l’esternalizzazione, la moltiplicazione dei contratti, l’imposizione dei subappalti e del lavoro precario, gli operai che lavorano in aziende di più di 100 dipendenti sono ancora oggi circa 3 milioni, quindi in base sia all’esperienza storica sia alla riflessione sui rapporti correnti, una massa più che sufficiente per trascinare alla lotta e dirigere il resto delle masse popolari.

La storia del movimento comunista, nel nostro paese e negli altri paesi capitalisti, ha ampiamente confermato la tesi del marxismo. È però vero che oggi nel nostro paese ben pochi operai sono membri del Partito comunista. Non solo, ma pochi operai si considerano comunisti e la massa degli operai è lungi dall’essere in qualche modo favorevole al comunismo. Una situazione completamente opposta a quella di anche solo quaranta anni fa. Sociologi borghesi e apologeti del capitalismo, intellettuali anticomunisti per mestiere o per depressione amano pascersi di questo dato di fatto come della dimostrazione che la tesi marxista non regge di più. Hanno incominciato quaranta anni fa gli esponenti della sinistra anticomunista (Scuola di Francoforte e affini) a riempirsi la bocca della “integrazione della classe operaia nel sistema” e il loro pensiero in tutti i paesi imperialisti ha acquistato tra gli intellettuali di regime la solidità del luogo comune. In realtà il distacco della classe operaia dei paesi imperialisti dal movimento comunista è il risultato della crisi del movimento comunista, non la sua causa. La classe operaia non è spontaneamente comunista: questa è un dato di fatto che Lenin ha illustrato ampiamente più di cento anni fa (Che fare? 1902), prima dello sviluppo della prima ondata della rivoluzione proletaria, cioè prima che la classe operaia dei maggiori paesi capitalisti in vari modi e gradi aderisse in massa al comunismo. Lenin ha anche indicato come i comunisti avrebbero conquistato in massa al comunismo la classe operaia. Lo sviluppo della prima ondata della rivoluzione proletaria ha messo alla prova e confermato le sue teorie.

Ci sono voluti alcune decine di anni di collaborazione politica dei partiti comunisti con la borghesia e di trasformazione della politica comunista in rivendicazioni economiche (alla Togliatti, alla Berlinguer e alla Bertinotti), di riduzione della teoria comunista a vuota declamazione di dogmi chiamati marxisti (alla Ingrao, alla Cossutta e simili), perché gli operai dei paesi imperialisti, sollecitati e pressati dalla borghesia e dal clero con tutti i mezzi dei regimi di controrivoluzione preventiva (MP pag. 46-56), abbandonassero i partiti comunisti e il movimento comunista. La rinascita del movimento comunista avviene dopo che questo distacco di massa si è consumato. Bisogna quindi rimontare la china. Sta a noi comunisti trovare la via e i mezzi. Il compimento del primo stadio della ricostruzione del Partito pone ora la conquista degli operai avanzati al Partito come obiettivo centrale e ineludibile. Ogni proposito di instaurare il socialismo senza aver raggiunto questo obiettivo è fantasia dannosa. La pretesa di agire a nome degli operai, di parlare a nome degli operai, di dire cosa pensano gli operai senza aver organizzato gli operai d’avanguardia la cui consonanza con la massa è verificata nel rapporto pratico d’avanguardia che essi hanno giorno dopo giorno con gli altri operai e quindi senza che gli operai d’avanguardia abbiano modo di esprimersi, è puro anarchismo e apre la via a ogni arbitrio, menzogna e fantasia.

Il reclutamento degli operai avanzati avviene nei CdP. Quindi la riorganizzazione del sistema dei Comitati di Partito dei vari livelli, il rafforzamento dei CdP e la moltiplicazione del loro numero diventano la parte centrale e decisiva del nostro lavoro.

La crisi generale del capitalismo e in particolare la sua fase terminale creano condizioni favorevoli al nostro lavoro, nel senso che la borghesia imperialista e il clero hanno infognato persino i più avanzati paesi imperialisti in un marasma e in una barbarie tormentosi e distruttivi e la rinascita del movimento comunista è diventata per il complesso delle masse popolari l’unica via per uscirne. Le armi del capitalismo sono spuntate, tuttavia la rinascita del movimento comunista non è né automatica, né scontata. Avverrà solo se e man mano che i comunisti dei paesi imperialisti supereranno il dogmatismo e l’economicismo che ancora rendono sterili gli sforzi di gran parte dei gruppi comunisti dei paesi imperialisti, anche dei gruppi più avanzati e useranno il marxismo-leninismo-maoismo come guida pratica per condurre la rivoluzione socialista. Il marxismo-leninismo-maoismo è la concezione del mondo più avanzata che l’umanità ha finora elaborato. Esso deve guidare l’attività di ogni partito comunista. Il marxismo-leninismo-maoismo è anche il metodo che ogni partito comunista deve seguire per conoscere il mondo e per trasformarlo.

Quindi è del tutto comprensibile il motivo dell’attuale distacco degli operai in massa dal movimento comunista e proprio il motivo del distacco ci dice che esso è del tutto superabile. Sta a noi comunisti superarlo.

Il compito che dobbiamo adempiere nel secondo stadio della ricostruzione del Partito è quindi necessario e possibile. Esso implica uno sforzo particolare per costruire Comitati di Partito di base, cioè CdP costituiti nelle aziende, nei reparti, nelle zone di abitazione. Porre questo compito al centro del lavoro di costruzione del Partito è il primo e più importante significato del I Congresso.

 

2. Il Nuovo Potere deve avere e ora ha un centro ben definito attorno a cui costruirsi

Lo sviluppo della guerra popolare rivoluzionaria nel nostro paese consiste nella fondazione e nel rafforzamento del Nuovo Potere (NP) contrapposto alla Repubblica Pontificia e destinato a soppiantarla. Il Partito comunista è il centro propulsore del Nuovo Potere (MP pag. 203). La piena strutturazione del Partito comunista in tutti i suoi organismi e nei mezzi indispensabili al suo funzionamento è un aspetto indispensabile della costruzione del NP. Dopo il I Congresso il (n)PCI è un organismo unitario basato su una concezione del mondo espressa dal suo MP, retto da uno Statuto, dotato di un CC eletto, raggruppato attorno al Segretario Generale del Partito e avente pieni poteri nella direzione dei CdP che a loro volta periodicamente eleggeranno i delegati al Congresso che controllerà l’operato del CC e eleggerà il nuovo organismo dirigente del Partito.

Perché la rivoluzione socialista avanzi, occorre una teoria rivoluzionaria e una direzione che la incarni. A questo compito ha assolto il I Congresso del nuovo Partito comunista. È la rottura definitiva non solo con le teorie, ma anche con il clima antipartito a cui la crisi del movimento comunista ha lasciato spazio, di cui la borghesia ha approfittato e di cui la sinistra anticomunista o comunque non comunista è stata l’espressione. Il fallimento pratico dei suoi propositi e dei suoi progetti è tale che vale più di ogni ragionamento. Vale per la sinistra non comunista o anticomunista quello che vale a proposito dei revisionisti moderni e delle loro “vie democratiche al socialismo”, delle loro “vie al socialismo tramite le riforme di struttura”, del loro “socialismo costruito sotto l’ombrello della NATO”. I fatti li hanno smentiti più di quanto potrebbe fare qualunque ragionamento. Ma siccome certamente le concezione anarchiche, democraticiste, trotzkiste, ecc. non scompariranno di colpo con il fallimento pratico dei progetti politici in cui si sono tradotte, vale la pena fissare chiaramente la tesi comunista che gli operai riescono a erigersi a classe dirigente solo nel Partito comunista. La borghesia forma e seleziona i suoi dirigenti nel corso dei traffici della “società civile”. Il proletariato, stante la sua posizione sociale, può formarli, selezionarli e verificarli solo nella lotta di classe che essi conducono inquadrati nei ranghi del Partito comunista. Il I Congresso ha completato la cornice perché questo lavoro possa avere sistematicamente corso.

Questo è per importanza il secondo dei principali significati del I Congresso.

 

3. Il nuovo PCI è un Partito di tipo nuovo che raccoglie l’eredità del primo PCI

Nel ricostruire il Partito, dovevamo tener conto e abbiamo tenuto conto sia della grande ed eroica opera storica che il primo PCI ha compiuto sia della rovinosa sconfitta che esso ha subito fino alla corruzione, alla disgregazione e poi allo scioglimento. Abbiamo dovuto dividere la sua vita nelle fasi contrapposte che corrispondono ai ruoli contrastanti che ha avuto nella lotta di classe nel nostro paese e nel movimento comunista internazionale. Dovevamo fare e abbiamo fatto tesoro dell’esperienza del primo PCI di cui siamo e vogliamo essere eredi. Nello stesso tempo abbiamo fissato chiaramente cosa ci distingue dal primo PCI, in che senso siamo Partito di tipo nuovo.

Le espressioni principali del Partito di tipo nuovo sono il Manifesto Programma e l’unità ideologica del Partito sul Manifesto Programma, lo Statuto del Partito e il ruolo dato in esso alla lotta tra le due linee, il carattere clandestino del Partito.

Il (n)PCI è Partito di tipo nuovo per la concezione del mondo che lo guida, per la strategia che pratica per costruire la rivoluzione socialista e per lo Statuto che ne regola l’esistenza. In questo senso il (n)PCI innova nella storia della lotta di classe del nostro paese e nel panorama dei partiti comunisti dei paesi imperialisti. È un’innovazione che ci è stata dettata dal bilancio dell’esperienza del movimento comunista del nostro paese e dell’esperienza del movimento comunista internazionale, di cui il (n)PCI si considera reparto, per ora solo idealmente, in attesa che si creino le condizioni per una unità anche organizzativa.

È importante rilevare che nello Statuto del Partito la lotta tra le due linee è posta come principio organizzativo del Partito, sullo stesso piano del centralismo democratico.

La clandestinità del Partito non è solo uno strumento indispensabile per far fronte alla repressione, ma è anzitutto strumento indispensabile per promuovere e dirigere la guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, quindi per adottare effettivamente la strategia che il bilancio dell’esperienza della prima ondata della rivoluzione socialista nel nostro paese e nel mondo ha dimostrato essere la strategia universale della rivoluzione socialista.

Questo è per importanza il terzo dei principali significati del I Congresso.

 

4. Il I Congresso rafforza l’azione e il ruolo del (n)PCI nel movimento comunista internazionale

Con il I Congresso noi abbiamo confermato il nostro impegno a fare dell’Italia un nuovo paese socialista, a eliminare la Repubblica Pontificia e quindi a rendere con questo un servigio importante alle classi oppresse e ai popoli oppressi del mondo intero, stante il ruolo che il Vaticano e la sua Chiesa hanno avuto e hanno per l’imperialismo europeo e americano e l’oppressione che questi ancora fanno gravare sul resto del mondo. Abbiamo quindi confermato il nostro impegno a contribuire alla seconda ondata della rivoluzione proletaria che avanza in tutto il mondo. Sulla base dei risultati del I Congresso rafforzeremo le nostre relazioni nel movimento comunista internazionale e daremo con più forza il nostro contributo perché esso si liberi dal dogmatismo e dall’economicismo che ancora frenano la sua rinascita.

Questo è per importanza il quarto dei principali significati del I Congresso.

 

Il I Congresso non ha solo posto una solida base per quanti lottano o aspirano a lottare per instaurare il socialismo e per trasformarsi in funzione di questa lotta. Esso in definitiva è anche un appello a continuare con maggiore slancio l’opera che abbiamo intrapreso, l’opera che mira a coronare il sogno dei nostri padri, l’opera che mira a contribuire a creare un futuro radioso per l’umanità: col pensiero rivolto alle nuove generazioni che costituiranno questo futuro e nel ricordo dei nostri martiri che hanno dato la loro vita per la causa e di tutti quelle compagne e quei compagni che ad essa hanno dedicato la loro vita. È l’appello che faccio anche personalmente ai compagni e agli organismi del Partito, mentre mi impegno a far fronte con onore al ruolo che il CC del (n)PCI mi ha affidato.

Il Segretario Generale del Partito