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 A proposito delle Note di lettura è molto utile questo estratto da La Voce n. 20 (luglio 2005) pagg. 5-6.

 

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Oggi nel nostro pur piccolo Partito vi sono compagni che non studiano La Voce e i Comunicati della CP come testi che espongono la nostra concezione del mondo, come testi di scienze politiche che educano i lettori a comprendere e decidere con autonomia nelle situazioni concrete in cui essi operano. Al contrario, li leggono in fretta, come articoli di commento a fatti di cronaca o direttive per l’azione, attenti solo a vedere se su quel preciso fatto “dicono qualcosa di nuovo” o “assumono una posizione diversa da quella che essi hanno”. In una simile frettolosa lettura essi colgono solo o principalmente la conferma delle loro credenze e continuano quindi a fare grossomodo quello che hanno sempre fatto.

Questi compagni non esigono nulla per sé dalla rivista e dai Comunicati del Partito. Come se non fossero fatti per loro! Essi non mettono quasi mai a confronto il generale, l’universale che è detto nella rivista e nei Comunicati (ovviamente gli scritti dicono sempre il generale e l’universale, a meno che non siano racconti o rapporti che trattano proprio e solo di un caso particolare), con le situazioni particolari e concrete con cui essi hanno avuto o hanno a che fare. Quindi né traggono dalla loro esperienza concreta quegli insegnamenti generali e universali che essa contiene e che un accurato e giusto bilancio dell’esperienza mostrerebbe, né traggono dalla lettura della rivista e dei Comunicati la luce che questi gettano e che rischiarerebbe la loro pratica volenterosa ma cieca.

Quante volte lo stupore o il dolore colgono noi redattori quando nei contatti diretti e personali alcuni compagni ci pongono apertamente o i loro racconti e discorsi pongono implicitamente come oscuri problemi che sono stati più e più volte illustrati nella letteratura del Partito! Evidentemente si è trattato di scritti che sono scivolati sui nostri compagni come acqua sulla pietra, senza lasciare traccia! Capita spesso di vedere compagni affrontare isolatamente e artigianalmente, con scarsità di mezzi, di risorse e di tempo, senza analisi dell’esperienza storica e internazionale del movimento comunista, problemi che nella letteratura del Partito sono stati già affrontati con abbondanza di argomenti e di esempi, professionalmente, basandosi sull’esperienza compiuta dal movimento comunista nella sua storia di oramai 160 anni e da un capo all’altro del mondo. Di conseguenza ci si imbatte nelle affermazioni più strampalate.

Difficilmente incontrerete qualcuno che ha studiato l’elettricità e si occupa di elettricità, che afferma che due cariche elettriche dello stesso segno si attirano. Facilmente invece sentirete compagni, che pur si dicono d’accordo con noi, affermare che la borghesia riesce ad impedire ogni ribellione della classe operaia. Eppure la nostra scienza comunista ha mostrato e dimostrato al di là di ogni dubbio che dove c’è oppressione c’è ribellione, con la stessa forza con cui gli scienziati hanno nel campo della fisica mostrato e dimostrato la repulsione tra cariche dello stesso segno e l'attrazione tra cariche di segno opposto. Ovviamente però nella realtà ogni legge si combina con altre. Solo nella nostra testa una legge esiste da sola (in proposito vedere il Manifesto Programma nota 37 pag. 266, ndr). Se nella realtà vigesse solo la legge dell’attrazione delle cariche di segno opposto e della repulsione delle cariche di segno eguale, tutto sarebbe da tempo immemorabile neutro. Parimenti la legge della ribellione degli oppressi agli oppressori nella realtà si combina con altre leggi. La classe dominante (ad esempio) incarna e personifica la coesione sociale, senza cui nessuna società e nessuna vita umana oggi può esistere. Per cui non è possibile semplicemente eliminare la classe dominante (lo sciocco sogno degli anarchici) senza creare un tipo diverso di coesione sociale, senza la quale nessuna nuova società può nascere. Non è possibile eliminare la borghesia senza creare l’associazione dei lavoratori. Ragione per cui la ribellione degli oppressi non si sviluppa oltre un livello elementare o non si sviluppa affatto senza la lotta per instaurare il socialismo. Il compagno che ha compreso l’una e l’altra legge, dalla mancanza di ribellione non è spinto alla rassegnazione e non ne vede la causa nella soddisfazione degli oppressi. Ma vede in essa la conferma della necessità della lotta per instaurare il socialismo, della necessità di andare oltre la lotta rivendicativa.

Esempi di questo genere ogni compagno ne può proporre a volontà.

Il nostro Partito deve diventare una scuola, una istituzione di formazione permanente per i suoi membri. Con iniziative collettive e con iniziative individuali dobbiamo promuovere lo studio di La Voce e dei Comunicati della CP come testi di scienze politiche che, pur trattando ognuno di casi particolari (ad esempio dell’opera di Papa Woityla), insegnano questioni generali (ad esempio i criteri materialisti dialettici di valutazione di un personaggio), che insegnano a comprendere le classi e i gruppi sociali e i loro comportamenti, a distinguere e a far risaltare differenze su cui la cultura corrente sorvola o che addirittura nasconde, a vedere leggi laddove in apparenza si combinano caoticamente comportamenti e avvenimenti arbitrari di individui ognuno agente in libertà. Insomma trasmettono una concezione del mondo, un metodo per conoscere e un metodo per agire. L’Università Popolare che la Delegazione della CP ha oganizzato nel 2004 è stata un esempio particolare del tipo di scuola di cui abbiamo bisogno. Antonio Gramsci, il reale fondatore del primo PCI, quando alla fine del 1923 per incarico dell’Internazionale Comunista assunse la direzione del Partito, subito avviò negli anni 1924-25 una “scuola di Partito” che fu il primo passo per la bolscevizzazione del PCI. Nella raccolta dei suoi scritti del periodo (La costruzione del Partito 1923-26, Einaudi editore) si può leggere il programma che Gramsci diede a quella scuola. L’indifferenza per lo studio e per l’acquisizione della concezione comunista del mondo (il materialismo dialettico e storico) e del patrimonio teorico del movimento comunista, che alcuni compagni e varie FSRS ostentano (Rossoperaio-Proletari Comunisti valga come esempio per tutte), è di fatto rassegnazione a restare ideologicamente soggetti alla borghesia. Ognuno di noi ha e segue una concezione del mondo, un metodo di pensare e un metodo di agire. Dove non è la concezione e il metodo comunisti che predominano (e predominano solo se sono acquisiti con uno sforzo apposito, consapevole e sistematico: nella società borghese non sono acquisiti spontaneamente), predomina una delle concezioni e dei metodi borghesi, predominano le idee e i metodi che le classi degli oppressori hanno messo a punto lungo i millenni di oppressione di classe, per la classe dominante e per le classi oppresse. Idee e metodi che hanno oramai la forza del pregiudizio e del luogo comune, che ognuno ripete senza mai chiedersi se è proprio vero e che la classe dominante impone capillarmente in mille modi.

Il “buon senso comune” con cui alcuni compagni affrontano la loro pratica di lotta di classe, molte volte non è che una delle varianti della concezione della classe dominante, che grazie alla sua lunga vigenza ha acquisito la solidità e l’evidenza di un pregiudizio, di una cosa così ovvia che non occorre neanche dimostrarla e che solo la teoria rivoluzionaria dei comunisti scuote e mette in discussione. Certo nel buon senso elementare del semplice proletario si riflette sempre e comunque, in qualche misura e in qualche modo, anche l’esperienza pratica di oppressione e di ribellione all’oppressione a cui nessun proletario sfugge e la cui influenza la borghesia non può in nessun caso eliminare completamente e in modo permanente. Ma quanto più questo buon senso comune è cultura, deve affrontare problemi complessi come l’organizzazione e la direzione sociale, problemi dai quali normalmente la borghesia esclude la massa della popolazione, tanto più esso è influenzato dalla classe dominante, partecipa della sua cultura. Gli operai avanzati e i dirigenti o seguono la concezione comunista del mondo o seguono la concezione borghese del mondo. Più si sale nella gerarchia del movimento delle masse popolari, più netta si fa la distinzione tra comunisti da una parte e portavoce della borghesia dall’altra. Le teorie elaborate, necessarie per trattare problemi complessi, sono solo due: la nostra e quella della borghesia. Questo lo si è visto in modo particolarmente chiaro nei primi paesi socialisti.

Grazie alla loro concezione del mondo rivoluzionaria i comunisti hanno da dire la loro e da orientare le masse su ogni problema. Alla conservazione del presente e alla restaurazione del passato contrappongono la mobilitazione delle masse popolari per costruire un mondo nuovo, a misura delle conquiste materiali e spirituali che gli uomini hanno raggiunto, in primo luogo senza più divisioni in classi di sfruttati e sfruttatori.

Di fronte a ogni articolo di La Voce e a ogni Comunicato della CP, ogni compagno deve porsi la questione: quali sono gli insegnamenti principali di questo scritto in relazione con i problemi del consolidamento e del rafforzamento del Partito e dell’attuazione del Piano Generale di Lavoro? Cosa mi insegna in relazione alle mie idee, ai miei metodi, alla mia esperienza? Non sono ammissibili articoli che non dicono niente! Un compagno che trovasse scritti del genere, deve protestare presso il Centro del Partito. D’altra parte un indice del livello dello studio condotto è la quantità di riferimenti alla propria esperienza che il lettore trova nello scritto che ha studiato.

Ovviamente uno studio condotto in questo modo porterà ogni compagno a rilevare nella propria esperienza un certo numero di elementi che confermano, chiariscono, arricchiscono, contrastano, apparentemente o effettivamente, le affermazioni generali del testo. Tutto questo, trasmesso alla CP anche semplicemente tramite la casella e.mail via Internet, renderebbe più vivo il lavoro della redazione, arricchirebbe di molto la nostra letteratura e la nostra scuola di formazione permanente, accelererebbe il nostro lavoro. All’inizio uno studio del genere sottrarrà tempo all’attività cosiddetta pratica, istituzionale. Ma in breve questa attività sarà resa da esso tanto più ricca e più feconda, più efficace, che la riduzione del tempo dedicato ad essa sarà più che compensata. Uno studio di questo genere può essere condotto anche individualmente, ma esso sarà ancora più fecondo ovunque è possibile farlo in gruppo di due, tre o al massimo quattro compagni.