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La rivoluzione socialista, il consolidamento e rafforzamento del Partito comunista, il Nuovo Metodo di Lavoro
 

Do per scontato che i lettori di questo articolo abbiano letto il Comunicato dell’8 maggio 2009 con cui la CP illustra il senso della terza Lotta Ideologica Attiva (LIA) in cui è sfociata, nella seconda metà del 2008, la campagna per assimilare a un livello superiore il Materialismo Dialettico, la campagna a cui la CP ha incominciato a lavorare nel 2007 (vedasi L’opera che i comunisti devono svolgere in questi mesi in La Voce n. 26 - luglio 2007 e Il terreno è favorevole alla rinascita del movimento comunista in La Voce n. 27 - novembre 2007) e che ha lanciato apertamente all’inizio del 2008 (Compagni, all’attacco! in La Voce n. 28 - marzo 2008 e gli scritti sul metodo di lavoro che poi le Edizioni Rapporti Sociali hanno raccolto negli opuscoli 1 e 2 Problemi di metodo). Chi non l’avesse letto, farebbe bene a leggerlo (è reperibile sul Sito Internet del Partito www.nuovopci.it). Alcune considerazioni fatte in questo articolo gli risulteranno più chiare. In questo articolo non ripeto quanto la CP ha già detto in quel Comunicato a proposito della terza LIA e dei compagni ed ex compagni. Espongo alcune considerazioni che illustrano e sviluppano una delle importanti affermazioni di quel Comunicato.

La CP dice che all’origine e al fondo di tutte, o almeno della gran parte delle obiezioni dei nostri attuali destri, in particolare all’origine delle giustificazioni addotte dagli espulsi per le loro gravi infrazioni disciplinari, c’è l’opposizione o l’incomprensione della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata e di quello che essa comporta: in particolare, oggi, da una parte la clandestinità del Partito e le difficili e complesse relazioni tra il partito clandestino e il suo lavoro pubblico, dall’altra la lotta per il governo di Blocco Popolare (GBP). Infatti quest’ultima è giusta solo nell’ambito della strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata ed è capita e attuata giustamente solo da chi ha una buona comprensione di questa strategia: gli altri la interpretano come una deviazione di destra e, come tale, alcuni la praticano e altri la rifiutano.

Non a caso i casi di maggiore insofferenza della disciplina che si sono manifestati nel corso della campagna e della terza LIA riguardano le relazioni tra il partito clandestino e il lavoro pubblico. Non a caso i dubbi più diffusi riguardano la linea del GBP. Non a caso alcuni dei destri di oggi è dal 2003 che sollevano problemi ed esprimono insofferenze sulle relazioni tra partito clandestino e lavoro pubblico. Non a caso gli scissionisti hanno già abbandonato la lotta per creare le condizioni perché si formi un GBP. Non a caso le defezioni sono maggiori nel Partito clandestino che nelle altre organizzazioni della carovana.

Proprio di come stiamo conducendo la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata e dei risultati della nostra attività voglio qui di seguito ragionare.

 

La campagna per assimilare a un livello superiore il Materialismo Dialettico partiva dalla domanda: “Come mai le nostre forze crescono così lentamente, benché la nostra concezione e la nostra linea siano giuste e le condizioni favorevoli?” (La Voce n. 27, pagg. 17-19). Avevamo risposto che i risultati che otteniamo dal nostro lavoro sono scarsi perché avevamo un metodo di lavoro primitivo, abitudinario, casuale. Da qui la campagna per un livello superiore di assimilazione del Materialismo Dialettico e il suo risultato principale, il Nuovo Metodo di Lavoro che sempre meglio e più viene compreso nelle nostre file e che una parte crescente dei nostri collettivi e dei membri del Partito ha incominciato anche ad applicare sempre più sistematicamente e con capacità che cresce con l’esperienza.

Ma i destri espulsi o dimessisi dal Partito o dalle altre organizzazioni della “carovana del (n)PCI” ci hanno già dato e ci danno un aiuto importante a confermare e anche arricchire la nostra risposta. Quando i destri espulsi o dimessisi dal Partito si sono messi a “parlare in proprio”, è emerso che tra noi e loro vi sono visioni divergenti su questioni centrali.

1. La controrivoluzione preventiva è il regime politico illustrato nel nostro Manifesto Programma pag. 46-56 o si riduce a repressione compiuta prima dei fatti, per impedire che i rivoluzionari li compiano (il quinto pilastro del regime illustrato nel nostro MP a pag. 52)?

2. In cosa la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata si distingue dall’attività militare dei militaristi (Nuove Brigate Rosse e gruppi affini) e dall’attività rivoluzionaria condotta dai reparti migliori del vecchio movimento comunista?

3. In cosa consiste la clandestinità del Partito e la relazione tra partito clandestino e organizzazioni legali: il Partito clandestino è il reparto dirigente di tutte le forze che conducono la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata o è un’organizzazione parallela (una copia, bella o brutta che sia) delle organizzazioni legali in previsione di una futura messa fuorilegge?

4. Attività del partito comunista e lotte delle masse popolari sono i due fattori indispensabili della rivoluzione socialista: tra i due, quale è che determina il progresso di entrambi e la velocità di avanzamento della rivoluzione socialista?

5. In quali condizioni la destra (portatrice dell’influenza borghese, la parte che più risente dell’influenza borghese, la parte che frena nel compiere i passi in avanti necessari e possibili) può prendere il sopravvento nel partito e nel movimento comunista sulla sinistra?

Leggete alla luce di questa ricerca gli scritti dei destri espulsi o dimessisi dal Partito e ascoltate i loro discorsi: vi renderete conto che su queste cinque questioni e su altre pure importanti, noi e loro diamo risposte opposte.

Si tratta di questioni che sono alla base di tutto il lavoro di costruzione del Partito e dell’adozione del marxismo-leninismo-maoismo per fare la rivoluzione socialista nel nostro paese e in ogni paese imperialista. Il fatto che nelle nostre file sono coesistite, senza che ce ne rendessimo chiaramente conto e senza lotta aperta, visioni divergenti su questioni così importanti, conferma la gravità della contraddizione tra teoria e pratica presente nelle nostre file (che nel bilancio fatto in occasione del 4° anniversario della fondazione del Partito indicavamo come la contraddizione principale del nostro Partito - vedi La Voce n. 30, pag. 11).

Indica che nel nostro Partito la destra (quella espulsa e quella rimasta nel Partito) pratica l’accettazione formale e burocratica della linea che si esprime nel liberalismo (lasciare che la pratica vada secondo l’abitudine) e nel dogmatismo (proclamare a ogni livello e in ogni circostanza le formule della nostra teoria anziché tradurle nella linea adeguata al particolare e nella condotta conforme al concreto). Questo vale in particolare per quanto riguarda la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata.

Indica però anche che la sinistra ancora non ha dato battaglia o non ha dato ancora una battaglia efficace per l’assimilazione pratica della nostra concezione e della nostra linea generale, perché la nostra concezione e la nostra linea siano tradotte nelle linee particolari corrispondenti a ogni settore di lavoro, a ogni zona e a ogni gruppo sociale, nella condotta (nell’attività) dei nostri collettivi e dei nostri compagni in ogni situazione concreta.

I destri ci forniscono la prova che avevamo ragione quando dicevamo che la scarsità di risultati dipende dai nostri limiti, ma ci indicano anche più precisamente quali erano i nostri limiti: come volete che dirigenti che le avevano assimilate così superficialmente da dimenticarsene appena varcata la soglia del Partito, traducessero bene nel particolare e nel concreto la nostra concezione e la nostra linea? Ecco dove dobbiamo intervenire, se vogliamo che i risultati del nostro lavoro siano adeguati alla giustezza della nostra concezione e della nostra linea e alla situazione favorevole! L’adozione del Nuovo Metodo di Lavoro comporta ed è un aspetto di una superiore relazione tra il generale e il particolare, tra l’universale e il concreto che noi membri del Partito, i nostri collettivi e ogni singolo, dobbiamo stabilire nel nostro lavoro.

Nella terza Lotta Ideologica Attiva (LIA) è emerso un aspetto illuminante, che riguarda appieno il lavoro futuro del Partito nella costruzione e formazione dei suoi quadri e dei suoi collettivi e più in generale tutta l’azione del Partito. È la superficialità dell’assimilazione di aspetti fondamentali della nostra concezione del mondo e della linea del Partito anche da parte di dirigenti che svolgono ruoli di grande rilievo. Questo non riguarda solo i destri espulsi o dimessisi dal Partito. Ci riguarda tutti.

 

La separazione tra teoria e pratica non è che sia una stranezza: è solo un limite che dobbiamo e possiamo superare.

Anzitutto non è strano che nelle nostre file sia superiore a quanto lo è in altre organizzazioni che pur si proclamano comuniste. Noi abbiamo elaborato la teoria rivoluzionaria molto più che le altre organizzazioni che si proclamano comuniste. In molte organizzazioni che si proclamano comuniste l’espletamento di iniziative pratiche abitudinarie, ereditarie (fare riunioni, indire manifestazioni o partecipare, diffondere volantini, pubblicare giornali, ecc.) convive con il pattume e la rimasticatura della cultura borghese versione revisionista e sinistra borghese. Quindi la contraddizione tra la pratica da una parte e la teoria rivoluzionaria dall’altra è poca cosa o del tutto inesistente, perché la teoria rivoluzionaria è inesistente o quasi.

In secondo luogo, nel nostro paese, a causa della lungo periodo di influenza dei revisionisti moderni (da Togliatti ai suoi eredi ed epigoni) e di tradizioni ancora più remote legate alla storia del nostro paese, sono ancora oggi molti quelli per cui nella pratica e nella concezione essere comunisti significa aderire a una data posizione o ad un partito, una professione di fede o anche solo un’opinione. Molti gruppi comunisti sono gruppi di individui che hanno delle opinioni sul mondo e sugli avvenimenti e si organizzano per professarle tra loro o al massimo per propagandarle. Sono persone che hanno e diffondono una certa interpretazione del mondo. Non sono uomini d’azione, nel senso che non mettono in pratica un progetto, una strategia, un piano tattico, un metodo per trasformare la società, sia pure un progetto che richiede anche conoscenze profonde e la propaganda per trasformare e mobilitare le masse popolari. Marx insegnava che è indispensabile che noi comunisti interpretiamo giustamente il mondo, ma che l’importante è trasformarlo: noi comunisti siamo i promotori della lotta per trasformare la società attuale in società comunista. La teoria serve alla pratica. Invece ancora oggi molti singoli e gruppi che pur sinceramente si dicono e si credono comunisti, sono in realtà più interpreti del mondo che trasformatori del mondo.

Certo i comunisti devono interpretare il mondo. Hanno e devono avere una buona comprensione di come va la società e devono preoccuparsi di allargare e approfondire la loro comprensione. Data la natura della rivoluzione socialista, i comunisti non riescono ad adempiere al loro compito di promotori se non hanno un’avanzata comprensione del mondo. Ma la comprensione è in funzione della trasformazione. La pratica è in definitiva il criterio della verità della nostra teoria. Noi comunisti conosciamo per fare meglio. La scienza delle costruzioni è importante, decisiva per costruire case e ponti di una certa complessità. Ma noi studiamo scienza delle costruzioni per costruire case e ponti, non semplicemente per ripetere e propagandare ad altri la nostra scienza. Noi siamo principalmente costruttori, non studiosi o insegnanti di scienza delle costruzioni. Confermiamo la bontà delle nostre conoscenze e le arricchiamo costruendo case e ponti che stanno in piedi. Ma la pratica, la trasformazione del mondo, è il nostro vero compito e ruolo. Se non le usiamo, non ha alcuna importanza che le nostre teorie siano vere o false, giuste o sbagliate. Ai bordighisti che esaltano le teorie mirabili di Bordiga o di Cervetto, noi chiediamo: cosa hanno combinato ai fini della rivoluzione socialista nel nostro paese? Ai trotzkisti che esaltano l’eccelsa intelligenza del loro Trotzki noi chiediamo: che ruolo ha avuto nella prima ondata della rivoluzione proletaria?

L’essenza della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata consiste

nella costituzione del partito comunista come centro del Nuovo Potere popolare della classe operaia;

nella mobilitazione e aggregazione crescente di tutte le forze rivoluzionarie della società attorno al partito comunista;

nella elevazione del livello delle forze rivoluzionarie;

nella loro utilizzazione secondo un piano

per sviluppare una successione di iniziative che pongono lo scontro di classe al centro della vita politica del paese in modo da reclutare nuove forze,

per indebolire il potere della borghesia imperialista e rafforzare il Nuovo Potere,

per arrivare a costituire le forze armate della rivoluzione,

per dirigerle nella guerra contro la borghesia fino a rovesciare i rapporti di forza,

per eliminare lo Stato della borghesia imperialista e instaurare lo Stato della dittatura del proletariato.

 

(Manifesto Programma, cap. 3.3. pag. 203)

 

Dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria noi abbiamo tratto la conclusione che l’instaurazione del socialismo è un processo sociale che, una volta che ne esistono le condizioni oggettive (e queste in Europa esistono dalla seconda metà del secolo XIX), dipende per intero dall’azione dei comunisti: dalla loro adeguata comprensione delle leggi di sviluppo della società e dalla loro coerente e decisa azione per sviluppare la società in conformità con quelle leggi. A un comunista non chiediamo: “Come sta andando il mondo”. Chiediamo: “Cosa stai facendo, cosa intendi fare per trasformarlo e perché”. Aprite invece le riviste e leggete i volantini della stragrande maggioranza dei gruppi che sinceramente si dicono e si credono comunisti, andate ad ascoltare le loro conferenze: troverete descrizioni più o meno convincenti di come il mondo sta andando, poche o nessuna indicazione di quello che loro stanno facendo e che voi dovete fare per fare andare il mondo dove deve andare.

 

La superiorità della concezione del mondo dei comunisti rispetto a quella dei borghesi e del clero, in definitiva deve manifestarsi nella capacità dei comunisti di vedere più a fondo e più lontano dei borghesi e del clero e quindi di surclassarli nella trasformazione della realtà. Loro cercano di manipolare le masse popolari per perpetuare il loro sistema di relazioni sociali, mantenersi al potere e conservare i loro privilegi. Nostro compito è trasformare le masse popolari in costruttrici della propria emancipazione dalla borghesia e dal clero e in costruttrici del proprio futuro. Chi dei due lavora con più efficacia? Chi conosce meglio il terreno?

La superiorità della nostra concezione del mondo deve manifestarsi e confermarsi nella capacità di noi comunisti di prevedere le mosse della borghesia e del clero, di prevenirle o di volgerle a nostro favore. Molti che pur sinceramente si dicono e si credono comunisti, sono invece rispetto ai borghesi e al clero sulla difensiva non meno degli Epifani e degli altri destri che dirigono i sindacati di regime. Sono sorpresi e oppressi dalle iniziative della borghesia e del clero. Ogni giorno li rincorrono con affanno per denunciare le loro malefatte e riparare a questo o quello dei guai che essi combinano. Non hanno un loro piano d’azione che realizzano con metodo e secondo le priorità sue proprie. Non anticipano le attività della borghesia o del clero. Tanto meno le determinano essi o almeno le volgono a favore della nostra lotta, ne fanno altrettante trappole e lacci che impigliano e rovinano borghesi e preti, strumenti che contribuiscono a sprigionare l’energia trasformatrice e creatrice delle masse popolari.

Rispetto agli altri proletari il carattere più avanzato della nostra concezione del mondo deve manifestarsi e confermarsi nella capacità di noi comunisti di sciogliere le catene che imprigionano i proletari a questo maledetto e marcio sistema di relazioni sociali, di comprendere le contraddizioni che caratterizzano le classi, i gruppi, le organizzazioni e gli individui e di intervenire su di esse in modo che si sprigioni la potenza trasformatrice del mondo che è nelle masse popolari della società attuale, in modo che la masse popolari si organizzino, che le loro organizzazioni si aggreghino attorno al Partito comunista e contribuiscano al suo consolidamento e al suo rafforzamento, come previsto dalla strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Se non facessimo questo, le nostre elevate teorie varrebbero come le parole vuote di un folle.

Riportiamo ciò nella nostra attività. Consideriamo la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Elaborando alla luce del maoismo l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria nei paesi imperialisti, noi abbiamo scoperto questa strategia che durante la prima ondata della rivoluzione proletaria il movimento comunista ha praticato istintivamente, alla cieca: quindi con risultati importanti ma non risolutivi.

Abbiamo in particolare concluso che tra resistenza popolare al procedere della crisi generale del capitalismo e attività del partito comunista il fattore decisivo, il motore dirigente della contraddizione, quello che determina i tempi dello sviluppo della rivoluzione socialista è l’attività del partito comunista. Molti che pur sinceramente si dicono e credono comunisti scuotono la testa sconsolati che “le cose vanno male perché le masse popolari sono arretrate”. Noi diciamo che le cose vanno male o non vanno bene quanto la situazione favorevole lo consentirebbe perché noi comunisti siamo ancora arretrati e molti resistono alla propria trasformazione. I destri espulsi o dimessisi dal Partito erano dei campioni in questo. Tutto quello che sapevano fare in proposito era dire che anche altri resistono, che non erano gli unici. Come se il male comune scusasse il singolo mentre in realtà gli addossa maggiori responsabilità e compiti più elevati. Effettivamente non erano gli unici, salvo che loro hanno spinto la loro resistenza fino alla violazione della disciplina, al sostegno a chi violava la disciplina, alla complicità con chi violava la disciplina. In questo si sono distinti.

 

Il nostro problema oggi non è quanto è vasta e determinata la lotta (la resistenza) delle masse popolari. L’attivismo delle masse non è il limite per la nostra azione: è l’indice della bontà della nostra azione. Abbiamo detto più volte che la mobilitazione delle masse non può svilupparsi oltre un certo livello se il partito comunista non indica la strada (propaganda) e non apre la via (organizzazione). Eppure nelle nostre file alcuni ancora si rincuorano dicendosi quanto lottano le masse popolari. Alcuni compagni addirittura gonfiano importanza, quantità e determinazione delle lotte per farsi coraggio, per dimostrare che le cose per noi vanno bene. Sotto i nostri occhi la partecipazione delle masse popolari alle mobilitazioni contro gli effetti peggiori della crisi indette, dirette e gestite dalla sinistra borghese, dalla destra che dirige i sindacati di regime (gli Epifani, i Bonanni, gli Angeletti e soci) spesso diminuisce a causa della loro gestione unilateralmente difensiva della mobilitazione delle masse e della complicità della destra sindacale con la borghesia e con il clero. Addirittura anche la partecipazione alle mobilitazioni e alle iniziative indette e gestite dai sindacati alternativi e dalla sinistra dei sindacati di regime non è scontata e tanto meno è universalmente in crescita, stante i limiti difensivi ed episodici della loro gestione della mobilitazione delle masse popolari. In realtà abbiamo addirittura detto, scritto e mostrato che le masse popolari possono prendere la via della mobilitazione reazionaria, incanaglire agli ordini delle peggiori canaglie della borghesia, del clero e delle altre classi dominanti. Alcuni compagni ripetono e si illudono che la crisi sta generando, genererà la rivoluzione, che la rivoluzione socialista prima o poi scoppierà perché la borghesia non è in grado di porre fine alla crisi, perché la crisi si aggrava.

Noi abbiamo detto e scritto, derivandolo dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, dall’analisi della realtà che abbiamo sotto gli occhi e dall’esperienza stessa del nostro lavoro, che la rivoluzione la costruisce, passo dopo passo, il partito comunista. Per sua natura la rivoluzione socialista non può avvenire in altro modo. Che le masse popolari da millenni vivono, lavorano e combattono agli ordini di classi dominanti e che, come è vero che finalmente nella società moderna esse, in particolare la classe operaia, sono capaci di svolgere un’attività rivoluzionaria autonoma, questa senza l’azione d’avanguardia del partito comunista può svilupparsi solo limitatamente, entro limiti che si allargano con lo sviluppo della rivoluzione socialista, ma la cui scomparsa coinciderà con l’avvento del comunismo: nel comunismo le masse popolari non solo si saranno liberate dalle classi sfruttatrici, ma non avranno più bisogno né di Stato né di partito comunista.

Abbiamo detto che i nostri predecessori, i comunisti promotori della prima ondata della rivoluzione proletaria, sono stati sconfitti, non sono riusciti a portare a termine il loro compito perché non avevano capito e tradotto consapevolmente e sistematicamente nella loro pratica queste verità, queste leggi della trasformazione della società borghese in società comunista.

 

Coerentemente, prima ancora che esplodesse la fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo, ci siamo chiesti perché il nostro lavoro procedeva tanto lentamente e in modo incerto, nonostante le verità che avevamo capito. Ci siamo risposti che il nostro metodo di lavoro non era all’altezza della nostra teoria. La campagna per assimilare a un livello superiore il Materialismo Dialettico promuoveva la comprensione e l’adozione di un nuovo superiore metodo di lavoro, basato più profondamente sulla concezione materialista dialettica della realtà. Abbiamo detto che il Partito, i suoi collettivi e i suoi membri dovevano trasformarsi. Che la concezione del mondo, la mentalità e la personalità formate in ognuno di noi dalla sua storia, dobbiamo trasformarle in modo da diventare capaci di dirigere la trasformazione delle masse popolari. Beninteso, il Partito comunista non è una setta: non abbiamo un ideale di comunista né di umanità a cui conformarci. La perfezione è un concetto proprio dei metafisici. Ci è estraneo. Per noi si tratta, a livello di Partito e in generale di comunisti di superare di fase in fase quegli aspetti della personalità, della mentalità, della concezione del mondo o della condotta che ci impediscono di essere all’altezza del nostro compito in quella fase, come per le masse popolari si tratta di superare di fase in fase, in termini di coscienza e di organizzazione, quegli aspetti che impediscono loro di combattere vittoriosamente contro la borghesia, il clero e le altre classi reazionarie fino a emanciparsi dal loro sistema di relazioni sociali e fondare un nuovo sistema di relazioni sociali, il socialismo e poi il comunismo.

Via via è emersa nelle nostre file una destra che si opponeva a questa trasformazione. In alcuni casi con mille pretesti e in vari modi rifiutava ed eludeva i passi in avanti che dobbiamo e possiamo compiere. In altri casi cercava di raggiungere lo stesso obiettivo mescolando i passi in avanti possibili e necessari con utopie, astrattezze e fantasie (come il Dibattito Franco e Aperto senza ordine del giorno e obiettivo). Infine quando si trattava di tradurre in pratica le acquisizioni della campagna, una parte della destra è arrivata alle gravi violazioni disciplinari e alle cricche. Da qui le espulsioni a cui sono seguite le dimissioni degli amici (che mettevano le relazioni personali al di sopra della causa) e di quanti hanno approfittato delle circostanze per defilarsi. Abbiamo quindi chiuso la questione?

Assolutamente no. Si tratta infatti ora di tradurre in pratica le acquisizioni della campagna. Ma proprio i destri espulsi ci hanno permesso di capire più a fondo la nostra questione. Già nel Comunicato CP n. 12/09 dell’8 maggio 2009 la CP aveva messo in luce, ma solo a proposito della direzione dei Comitati di Partito, la combinazione di liberalismo (lasciare andare le cose come vanno accontentandosi di interventi secondari) e di dogmatismo (ripetere pari pari alla base la concezione e la linea generale). I discorsi e scritti dei destri, costituitisi in Collettivi Comunisti, ci permettono di capire meglio il problema che noi dobbiamo risolvere per rompere l’ostacolo principale che frena la rinascita del movimento comunista e il dispiegarsi della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Di passaggio, richiamiamo sul beneficio che noi ricaviamo dai destri l’attenzione di quei compagni e simpatizzanti che non vedono o sottovalutano l’aspetto positivo delle lotte aperte e delle scissioni, che ne vedono solo l’aspetto negativo.

 

“Come volete che dirigenti che le avevano assimilate così superficialmente da dimenticarsene appena varcata la soglia del Partito, traducessero bene nel particolare e nel concreto la nostra concezione e la nostra linea?”, ci siamo chiesti all’inizio. Questo è il problema.

Stante la natura della nostra impresa, la nostra concezione, la nostra linea generale, le nostre parole d’ordine non vanno ripetute né applicate pari pari a tutti i livelli a cui i nostri compagni e i collettivi del Partito svolgono al loro attività, come protocolli di processi chimici o di terapie, procedure o formule magiche. Ogni collettivo del Partito e ogni membro del Partito deve “tradurre” la nostra concezione, la nostra linea generale, le nostre parole d’ordine nella linea e nell’attività particolari del suo settore di lavoro e della sua zona e ambiente d’attività e nella sua condotta nel concreto di tempo e di luogo.

Da tutte le fonti e da tutti i ruscelli l’acqua può e deve convergere verso il mare. Questa è la legge generale. Ma per convogliarla, ogni fonte e ogni ruscello chiede un’opera sua propria. Questa è la linea particolare. A secondo degli eventi, caso per caso si richiedono determinati interventi. Questa è la condotta concreta. Ovviamente il movimento della società, la trasformazione della società borghese in società comunista è un fenomeno ben più complesso e molto più contrastato del convogliamento delle acque di innumerevoli fonti e ruscelli verso il mare. Il lavoro dei promotori della rivoluzione socialista (dei comunisti) è un lavoro di livello molto superiore e noi stessi siamo oggetto oltre che soggetto, dobbiamo trasformarci per trasformare. Ma, detto questo, resta che ogni collettivo e ogni compagno deve tradurre il generale nel suo particolare e nel suo concreto.

 

Come fare a tradurlo? Sulla base dell’analisi materialista dialettica del suo settore di lavoro e della sua zona, della situazione concreta (qui e ora) in cui lavora, del carattere particolare della contraddizione con cui ha a che fare. Nessuna nostra tesi, linea o indicazione generale dice cosa esattamente uno deve fare in un caso concreto. Lo aiuta a scoprire cosa deve fare. Contrariamente alla caricatura che ne fanno Guareschi e altri simili denigratori, ogni comunista deve pensare, noi educhiamo ogni compagno a pensare. Noi non diremmo mai quello che era la massima saggezza di un F. Taylor e di altri dirigenti borghesi: “Lei non deve pensare. Altri sono pagati per farlo”. E del resto, nella società moderna, neanche la borghesia può più fermarsi alla massima di Taylor!

La traduzione a sua volta conferma che il collettivo e il compagno hanno compreso abbastanza profondamente la nostra concezione, la nostra linea generale, le nostre parole d’ordine e rende possibile che, con il bilancio dell’esperienza, arricchiscano, completino, correggano la nostra concezione, la nostra linea generale, le nostre parole d’ordine. Questo è il Nuovo Metodo di Lavoro. Questo è il nostro centralismo! Questa è anche la nostra democrazia!

 

Ritorniamo da un altro lato alla nostra strategia, alla Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Una bella formula, ma in concreto cosa vuol dire? In cosa si distingue un comunista maoista che organizza e costruisce la rivoluzione socialista, da un comunista vecchio stampo che prepara la rivoluzione socialista che prima o poi scoppierà? In cosa si distingue un comunista maoista che indica e apre la via alla lotta delle masse popolari (che, secondo quanto noi diciamo, si sviluppa oltre un livello elementare, non si spegne per mancanza di risultati o non si capovolge in mobilitazione reazionaria solo ne noi comunisti indichiamo e apriamo la via della (costruiamo la) rivoluzione socialista, la via alla instaurazione del socialismo), da un comunista vecchio stampo che sostiene le lotte delle masse popolari, vi partecipa, le promuove, le sollecita, vi lancia parole d’ordine, ecc. (tutte cose che ovviamente facciamo anche noi ogni volta che serve a realizzare i compiti di questa fase della GPRdiLD); da un comunista vecchio stampo che, per dirla con le parole dei destri espulsi o dimessisi dal Partito o dalla carovana, quando le masse si mobilitano “sta a fianco delle masse e si pone alla loro testa” e che “quando le componenti del movimento comunista costruiscono iniziative sul tema dell’unità dei comunisti e quando ci sono altre occasioni per rafforzare l’unità dei comunisti per approdare alla costruzione del partito della classe operaia, promuove la partecipazione”?

Direi che ogni collettivo del nostro Partito, ogni suo membro deve provare a rispondere a queste due domande, riferendosi al settore o alla zona in cui svolge la sua attività. Probabilmente in molti casi la risposta non sarà né facile né scontata. Ma lo sforzo per rispondervi sarà molto utile. Non è che noi già sappiamo tutto, ma siamo decisi a imparare quanto necessario, a scoprire le vie delle rivoluzione socialista che sono nella realtà sociale attuale, come l’elettromagnetismo era nella realtà fisica anche quando gli uomini ancora non l’avevano scoperto, ma che solo grazie a chi l’ha scoperto e capito ha portato alle macchine che oggi ci circondano.

 

E se un collettivo o un compagno non sa rispondere o risponde in modo sbagliato? A questo serve il dibattito franco e aperto in ogni istanza del Partito. Proprio a questo serve la direzione. Il dibattito franco e aperto servirà certamente a chiarire lo stato delle cose e a unire le forze dell’istanza per trovare il meglio che l’istanza sa esprimere. La direzione deve, oltre a dare, come già in generale dà, indicazioni generali (“la nostra concezione, la nostra linea, le nostre parole d’ordine”), insegnare a ogni collettivo del partito e a ogni suo membro a tradurre il generale nel proprio particolare, a vedere il proprio particolare alla luce del generale, ad arricchire il generale con il bilancio dell’esperienza del proprio particolare, a definire la condotta giusta in ogni caso concreto che affronta. Certamente, giovandosi delle forze dell’intero partito e facendo leva nel suo funzionamento collettivo, la direzione darà le migliori risposte, troverà le migliori soluzioni, darà il migliore insegnamento di cui siamo capaci. E sarà un processo di crescita a livelli via via superiori.

 

Consideriamo il lavoro di massa del partito, il lavoro volto a organizzare le masse popolari e ad elevare la loro coscienza, in sintesi a promuovere la loro trasformazione e a impegnarle nella lotta per instaurare il socialismo. Il Partito ha assunto consapevolmente come sua strategia la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Questo significa che il Partito nel suo complesso, ogni suo collettivo, ogni suo membro, di fronte a ogni gruppo e organismo delle masse popolari vede e trova (impara a vedere e a trovare) gli appigli per il suo intervento. Interviene sulla sinistra fino a raggiungere il risultato che l’attività del gruppo o dell’organismo (consapevolmente o meno) si inserisca positivamente nel Piano Generale di Lavoro e contribuisca alla costituzione del Governo di Blocco Popolare. Mette in moto un processo a valanga: da un sassolino può formarsi un cataclisma irresistibile.

 

Ovviamente, ma conviene precisarlo, nel nostro lavoro esterno (tra le masse popolari) noi dobbiamo partire da situazioni, gruppi, organismi e persone che già si muovono, che lottano già, che sono già in fermento. Orientando, unendo e organizzando questi, coinvolgeremo nel movimento anche quelli che oggi ancora non lottano. Come un corso d’acqua che sgretola, erode e trascina con sé le rive, una volta che con appropriati lavori abbiamo reso abbastanza rapido, concentrato e vorticoso il suo corso.

Se ci poniamo fin dall’inizio di fronte alla parte ancora inerte delle masse e ci poniamo come obiettivo e compito diretti e immediati (cioè come obiettivo e compito che noi dovremmo realizzare senza la mediazione di “quelli che già si muovono”) quello di muoverla noi, non verremo a capo di nulla. Se seminiamo a pioggia, sui sassi come sul terreno fertile, combineremo poco. Nella realtà ci sono mille fili che a scala, a rete uniscono quelli che già si muovono a quelli che sono ancora inerti: vi è una gradazione decrescente dall’attività piena e appassionata all’inattività e passività assolutamente abulica e autistica, abbrutita di individui ancora succubi, sottomessi alla borghesia, al clero e alle altre classi dominanti. Dobbiamo sfruttare questi legami a nostro vantaggio, per promuovere la rivoluzione socialista, organizzarla, costruirla. Quelli che si muovono, se si muovono bene, trascinano nel movimento quelli che ancora non si muovono. Se noi orientiamo in modo giusto quelli che si muovono, ecco il processo a valanga, il dispiegarsi irresistibile della guerra popolare rivoluzionaria.

Finché quelli che già si muovono combinano poco o nulla, finché hanno obiettivi, metodi d’azione e strategia inconcludenti, essi non tirano nel movimento quelli che sono ancora inerti (ma piuttosto demoralizzano e scoraggiano anche se stessi con l’esperienza cronica di attività a vuoto; in alcuni casi si demoralizzano e si scoraggiano fino ad abbandonare la lotta). A volte addirittura la borghesia e il clero, giovandosi della propria posizione sociale, del proprio tradizionale ascendente e della propria tradizionale autorità, riescono a mettere la parte ancora inerte delle masse (“la maggioranza silenziosa”) contro quelli che già si muovono.

Per capire meglio la questione assumiamo per un momento la sinistra borghese come esempio di “quelli che già si muovono, ma in maniera sconclusionata e inconcludente”. Ora (quaranta o cinquanta anni fa neanche sognava di farlo) spesso la destra borghese schernisce la sinistra borghese, le dice che non capisce le masse, non sa parlare alle masse, mentre la destra sì. In definitiva è vero, nel senso che la destra gioca bene sulla parte più arretrata e abbrutita, invece la sinistra borghese non raccoglie, non mobilita, non organizza la parte avanzata! Ecco grossomodo la situazione in cui si trovano quelli che già si muovono, ma si muovono ancora in maniera sconclusionata e inconcludente.

Invece quando quelli che si muovono hanno obiettivi, metodi e strategia adeguati a sviluppare un movimento in ascesa, una campagna dopo l’altra, essi incominceranno a combinare qualcosa (a ottenere risultati) e via via coinvolgeranno porzioni crescenti della parte delle masse ora inerte, si rafforzeranno quantitativamente, oltre a rafforzarsi qualitativamente. Saranno un movimento a valanga, irresistibile per la borghesia e il clero. Noi comunisti possiamo e dobbiamo portare gli elementi avanzati a fare meglio quello che di positivo già fanno, ma sopratutto a rendere efficace la loro attività e a raggiungere gli obiettivi positivi che si pongono.

Ovviamente non dobbiamo nemmeno essere gradualisti. Al contrario, dobbiamo restare capaci di vedere che in alcuni casi chi ora si muove meno, può diventare più attivo ed efficace di chi ora si muove di più. Quindi noi non seguiamo una scala fissa di intervento, graduata sulla intensità del movimento delle situazioni, gruppi, organismi e persone che troviamo. Capire su chi dobbiamo puntare, in una data situazione, fa parte del nostro mestiere, dobbiamo imparare a capirlo. È importante che in questo campo elaboriamo criteri e principi per facilitare che molti compagni imparino a farlo.

Dunque noi dobbiamo iniziare ponendoci l’obiettivo di orientare, unire e organizzare quelli che già si muovono e portarli a compiere un movimento efficace, invece degli attuali movimenti scomposti, scoordinati, contraddittori, accidentali, inconcludenti e che in parte reciprocamente si neutralizzano, a tutto vantaggio della borghesia e del clero. Quindi strategia, obiettivi, linee, piani: cioè Nuovo Metodo di Lavoro!

Quelli che già si muovono, quelli che già sono attivi nelle contraddizioni tra classi di oppressi e oppressori, di sfruttati e sfruttatori, offrono con il loro stesso movimento mille appigli, occasioni e possibilità al nostro (di noi comunisti) intervento. Sta a noi vederle (imparare a vederle) e sfruttarle nel modo migliore di cui siamo capaci (e via via imparare e diventare più capaci di vederle e sfruttarle) per sviluppare la mobilitazione delle masse popolari e rendere l’antagonismo oggettivo delle masse verso sfruttatori e oppressori il principale fattore dirigente del movimento delle masse stesse (che proprio per questo diventa anche più unitario) fino all’instaurazione del socialismo e oltre verso il comunismo. Ogni lotta deve portare le masse popolari a un livello superiore di organizzazione, di coscienza, di mobilitazione. È questo il suo risultato più importante in questa fase (difensiva strategica) della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata.

 

 

Consideriamo il lavoro del Partito verso il campo della borghesia imperialista (la seconda gamba della nostra attività). Ogni aspetto dell’attività della borghesia, del clero, delle altre classi dominanti presenta appigli per il nostro intervento. Il Partito non si limita alla denuncia in attesa che l’indignazione delle masse popolari esploda, che le masse popolari trovino spontaneamente il modo di esprimere la loro indignazione. Il Partito ha assunto consapevolmente come sua strategia la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata. Questo significa che il Partito nel suo complesso, ogni suo collettivo, ogni suo membro, di fronte a ogni aspetto dell’attività della borghesia, del clero, delle loro autorità vede e trova (impara a vedere e a trovare) gli appigli migliori, più favorevoli che gli permettono di intervenire a neutralizzarlo, renderlo più difficile, sviluppare le contraddizioni tra destra e sinistra, mobilitare in modo mirato ed efficace le masse popolari contro la borghesia imperialista, il clero e il resto delle classi reazionarie. Anche qui, ogni lotta deve portare le masse popolari a un livello superiore di organizzazione, di coscienza, di mobilitazione. È questo il suo risultato più importante in questa fase (difensiva strategica) della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata.

 

Ogni nostro collettivo, ogni membro del Partito, tutto il Partito deve adottare simili e analoghi criteri. Deve diventare maestro nel padroneggiare le contraddizioni e i movimenti, nel campo delle masse popolari e nel campo della borghesia imperialista. La realtà è ricca di contraddizioni, infinitamente divisibile nella nostra testa e nella nostra azione pratica. Sempre più si dividerà per ricomporsi diversamente in un nuovo mondo. È grazie a questa attività del Partito che la GPRdiLD cessa di essere una bella fase e diventa l’indirizzo che permea e orienta tutta l’azione del Partito. In questo senso noi siamo costruttori già oggi della rivoluzione socialista, conduciamo già oggi la GPRdiLD, siamo già oggi trasformatori del mondo.

Per fare questo, per diventare capaci di fare questo, dobbiamo trasformare noi stessi: i collettivi e i membri del nostro Partito e delle organizzazioni che il Partito influenza e orienta. I comunisti devono diventare capaci 1. di vedere quello che gli altri non vedono e neanche essi ancora vedono e 2. di fare quello che gli altri non fanno e neanche essi ancora fanno.

Ogni individuo ha alle spalle una storia che ha formato in lui una personalità, una mentalità, una concezione del mondo. Nel campo della lotta di classe abbiamo alle spalle una tradizione in cui c’è eroismo e lotta ma anche, più direttamente in contatto con noi, rassegnazione, soggezione, attività a vuoto, moralismo, dogmatismo e tutto il resto dell’eredità di decenni di predominio del revisionismo moderno e della sinistra borghese. Nei paesi imperialisti pesa molto l’eredità economicista delle lotte rivendicative, che per alcuni decenni sono state efficaci. La borghesia ha messo in atto, con il regime di controrivoluzione preventiva, un sistema di relazioni e un insieme di condizioni per riempire di nulla la vita di milioni di donne e uomini e distogliere le masse e gli individui, in particolare quelli che se la passano un po’ meglio, dalla lotta di classe, dall’affrontare efficacemente i problemi della propria vita. Il clero ha dato il suo contributo, proporzionato ai privilegi che ne ha tratto. La corruzione intellettuale e morale degli intellettuali è stata portata a grandi sviluppi. Alcuni intellettuali del nostro paese sono un concentrato di questa corruzione: chiacchierano molto elegantemente di tutto e di niente e non contribuiscono per nulla a mobilitare le masse popolari ad affrontare con qualche efficacia i loro problemi, al contrario alimentano tra le masse popolari l’evasione e la disperazione: sono “ultramoderni”, inutili se non dannosi.

Dobbiamo liberarci da tutto questo, trasformarlo nel suo contrario. Quindi noi comunisti abbiamo un compito per alcuni versi individualmente difficile a farsi e anche a comprendersi, ma grandioso. Abbiamo da dare inizio ed essere i promotori di un’impresa che la formazione che la maledetta storia che abbiamo alle spalle ci ha dato, ci porta a ritenere impossibile, addirittura a neanche riuscire a concepirla. Ma essa è possibile, essa è una necessità delle larghe masse. Quelli che vi si dedicheranno, tanti o pochi che siamo all’inizio, vinceranno e conquisteranno il concorso delle ampie masse, se siamo decisi ad andare moralmente e intellettualmente fino in fondo alle cose.

La trasformazione della propria personalità, della propria mentalità, della propria concezione del mondo è un aspetto essenziale della formazione dei comunisti maoisti, in particolare dei dirigenti. Anche l’epurazione del partito, in particolare del suo gruppo dirigente, è quindi un aspetto indispensabile della sua crescita, della trasformazione che esso deve compiere per essere e restare in grado di svolgere il suo ruolo nella trasformazione dell’umanità. Dobbiamo sempre considerarla come una eventualità probabile. Gramsci ci ha lasciato in proposito grandi insegnamenti, nei suoi Punti preliminari di riferimento per una introduzione e un avviamento allo studio della filosofia e della storia della cultura (che le Edizioni Rapporti Sociali hanno recentemente ripubblicato e che è reperibile anche sul Sito Internet del Partito, nella sezione Classici del Marxismo). Chi chiacchiera della costruzione del nuovo partito comunista per aggregazione dei comunisti, tramite l’unità dei comunisti attuali, in linea generale ha capito poco o nulla di questo. Oggi non pochi che si dicono comunisti, in realtà quello che fanno o almeno che cercano di fare, il ruolo che si assegnano, è quello di interpretare il mondo, capire ed esporre quello che la società umana sta diventando. Come se la società umana potesse diventare qualcosa di diverso da quello che l’umanità stessa ne farà. In generale sono insoddisfatti perché il mondo non va come essi vorrebbero. In realtà sono loro che non lo fanno andare nella direzione in cui il mondo può e deve andare.

Il comunismo oggi è lotta e trasformazione. Chi è disposto a trasformarsi e a lottare ha davanti a sé un grande avvenire. Non il quieto vivere, ma la lotta e la trasformazione sono la nostra insegna. Questo consoliderà e rafforzerà il nuovo Partito comunista. Questo lo porterà a dirigere con successo la Guerra Popolare Rivoluzionaria, fino all’instaurazione del socialismo per marciare verso il comunismo.

Umberto C.

 

 

Il Nuovo Metodo di Lavoro

(dal Comunicato CP 12/09 8 maggio 2009)

 

Il NML riguarda ogni aspetto del nostro lavoro nella fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo. Implica quindi innumerevoli aspetti. Molti di essi sono illustrati negli articoli, negli opuscoli, nei documenti e nei dibattiti della campagna e della terza LIA. Altri saranno messi in chiaro man mano che l’applicazione del NML si estenderà. Ma a grandi linee e per contrasto con i difetti che il nostro metodo di lavoro presentava e che volevamo correggere, il NML può essere sintetizzato nei seguenti sedici punti, che costituiscono un elenco certamente destinato ad allungarsi.

1. Tradurre sistematicamente la nostra strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata in piani tattici adeguati alla fase (come il Piano Generale di Lavoro, l’instaurazione del Governo di Blocco Popolare, l’uso sistematico del “sistema delle leve”) e via via più particolareggiati, articolare sistematicamente le nostre parole d’ordine e i nostri appelli in lotte per realizzarli, in campagne, battaglie e operazioni tattiche, muovere le nostre forze in modo coordinato, applicare sistematicamente il “sistema delle leve” con cui una forza piccola determina e orienta il movimento di una forza maggiore e perfino di un movimento di massa su grande scala.

2. Ogni volta che è possibile, nell’analizzare la situazione, nel definire la linea, nello stendere il piano, nell’esecuzione del piano e nell’elaborazione del bilancio valorizzare ad ogni livello il collettivo nel modo più ampio di cui siamo capaci: mettere in gioco sia la responsabilità del collettivo sia la responsabilità individuale, attenersi alla divisione delle istanze, praticare la divisione del lavoro e osservare il centralismo democratico.

3. Applicare ad un livello superiore il centralismo democratico, contro l’adesione formale alla linea e contro l’adozione di una pratica non conseguente e non coerente, contro le dichiarazioni di condivisione della linea mentre nella pratica ci si mobilita lealmente solo nell’attuazione di quegli aspetti della linea e di quelle decisioni che si condividono e quindi si determina un’attuazione unilaterale e deformata: il centralismo democratico non è solo una risorsa pratica per combinare l’iniziativa e l’attività degli individui nell’iniziativa e attività collettiva e trasformare la realtà. È anche un metodo per raggiungere una superiore comprensione della realtà da parte degli individui e dei collettivi.

4. Compiere l’analisi concreta di ogni situazione concreta in cui dobbiamo operare e di ogni cosa su cui dobbiamo agire: non agire mai alla cieca e fecondare nella misura più ampia di cui siamo capaci la spontaneità con la scienza della rivoluzione socialista e con l’iniziativa organizzata da essa guidata, praticare il dibattito franco e aperto come mezzo per fare l’analisi concreta della situazione concreta e per elaborare linee d’azione.

5. Di ogni iniziativa, situazione, persona e organismo definire le relazioni con il contesto nel modo più ampio e dettagliato di cui siamo capaci.

6. Di ogni iniziativa, situazione, persona e organismo individuare meglio che ne siamo capaci le parti e gli aspetti in cui è articolata, definire nel modo più approfondito e completo di cui siamo capaci le contraddizioni che ne determinano la natura e la trasformazione, le relazioni tra di esse e le leggi del loro sviluppo.

7. Ad ogni livello tradurre il generale dell’analisi e della linea del Partito nel particolare della situazione in cui operiamo e nel concreto di tempo e di luogo.

8. In ogni aggregato in cui dobbiamo intervenire, preliminarmente individuare la sinistra, il centro e la destra, nell’intervento puntare principalmente sulla mobilitazione e sul rafforzamento della sinistra, aggiornare sistematicamente e periodicamente l’analisi.

9. Prima di intraprendere un’operazione, definire chiaramente gli obiettivi principali e secondari e tracciare un piano di lavoro il più dettagliato di cui siamo capaci, combinare sempre la semina e la raccolta.

10. Praticare ad ogni livello la sinergia e suonare il pianoforte con dieci dita: nello stendere i piani e nell’attuarli valorizzare il fatto che ogni cosa ne contiene una seconda, una terza e anche più.

11. Ad operazione compiuta verificare il raggiungimento degli obiettivi e verificare il generale dell’analisi e della linea del Partito nel particolare e nel concreto in cui abbiamo operato, confermarla e arricchirla, praticare il dibattito franco e aperto come mezzo per fare il bilancio.

12. Nel bilancio, “partire dalla testa” (cioè dai dirigenti) anziché scaricare sui compagni di livello inferiore la responsabilità (per un’iniziativa non riuscita, per errori commessi o per limiti emersi), sviluppare ad un livello superiore il processo critica-autocritica-trasformazione (CAT) a partire dai dirigenti e in funzione della trasformazione.

13. In ogni individuo e collettivo, individuare, distinguere e contrapporre gli aspetti positivi e gli aspetti negativi, trovare metodi e iniziative per mobilitare il positivo affinché prevalga sul negativo. In ogni individuo e in ogni collettivo promuovere la critica, l’autocritica e la trasformazione (CAT).

14. Sfruttare con spregiudicatezza in ogni situazione i rapporti di forze, le contraddizioni in campo nemico e la dipendenza della borghesia e del clero dalle masse popolari nell’ambito del regime di controrivoluzione preventiva, contrastando sistematicamente il legalitarismo. Attuare i piani tattici attraverso appropriate campagne, battaglie e operazioni tattiche, contrastando anche nella pratica la concezione legalitaria della lotta. L’ordinamento politico e sociale della borghesia imperialista si traduce anche in un sistema di leggi e regole che per costruire il Nuovo Potere le masse popolari devono violare e rifiutare. Applicare su grande scala il principio “non è legale, ma è legittimo”, cioè non è conforme alle leggi e regole della Repubblica Pontificia, ma è conforme agli interessi delle masse popolari.

15. Con iniziative appropriate volgere sistematicamente la repressione a nostro favore e riversarla contro gli oppressori stessi. Contrastare nell’individuo e nel collettivo l’idea che la repressione è una disgrazia e una malattia di cui vergognarsi e da temere. Far valere che essa è anche la dimostrazione dell’efficacia delle azioni che le masse popolari e i comunisti compiono contro gli oppressori.

16. Usare sistematicamente il “metodo delle leve” per operare con efficacia per il rinnovamento del movimento sindacale.